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Autore: Odinforce    23/08/2015    4 recensioni
La maledizione che lo aveva afflitto per anni era ormai svanita. Era trascorso più di un anno, ma Ranma sorrideva ancora compiaciuto ogni volta che si bagnava con l’acqua fredda senza subire alcuna trasformazione. Si sentiva felice come non mai, alla pari di un uomo che aveva sconfitto una malattia mortale, libero di assaporare tutte le piccole cose straordinarie che la vita ha da offrire.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il nuovo Ranma
 
Diciotto mesi dopo.
Il sole di un nuovo giorno illuminò il cielo sopra Roma, la Città Eterna, limpido e asciutto nonostante l’inverno rigido che la opprimeva. Ranma Saotome aprì gli occhi al suono della sveglia, programmata da tempo per le sette del mattino. Il giovane sbadigliò sonoramente, ancora assonnato: un tempo avrebbe distrutto la sveglia per rimettersi a dormire, ma quei giorni erano finiti da un pezzo. Maturità e responsabilità dominavano ormai la sua vita, due fattori che lo spinsero dunque ad alzarsi dal letto e a cominciare la giornata nel migliore dei modi.
Trascorse la prima ora facendo ginnastica, come al solito. Flessioni, addominali, salti sulla corda, un po’ di pesi e il ripasso generale delle sue tecniche di arti marziali. Fece tutto alla perfezione, poi andò a farsi una doccia; l’acqua, dapprima calda, si raggelò dopo qualche minuto a causa di un guasto alla caldaia. Ranma imprecò, irritato: si era dimenticato di avvisare il padrone di casa di quel problema, ma avrebbe rimediato con calma più tardi. Si rassegnò all’acqua fredda e finì di lavarsi; quando si guardò allo specchio, il suo riflesso gli restituì l’immagine a cui era abituato da molti mesi, quella di un ventenne alto e robusto con corti capelli neri, lo sguardo indifferente. Un tempo, dopo una doccia gelata era costretto a sopportare una visione ben diversa: una chioma di capelli rossi, due grandi occhi azzurri, un fisico snello e un bel paio di seni rotondi... l’immagine della ragazza in cui si trasformava ogni volta che si bagnava con acqua fredda.
Ma quei giorni erano finiti da un pezzo. La maledizione che lo aveva afflitto per anni era ormai svanita. Era trascorso più di un anno, ma Ranma sorrideva ancora compiaciuto ogni volta che si bagnava con l’acqua fredda senza subire alcuna trasformazione. Si sentiva felice come non mai, alla pari di un uomo che aveva sconfitto una malattia mortale, libero di assaporare tutte le piccole cose straordinarie che la vita ha da offrire.
Il ragazzo, dopo aver fatto una sostanziosa colazione, uscì di casa, un comune bilocale nella zona Eur della città che aveva preso in affitto. Non doveva lavorare quella mattina, perciò camminò a lungo senza avere una meta precisa: l’aria era fredda, ma resa sopportabile da un sole tiepido che risplendeva senza impedimenti. Contemplava silenziosamente il quartiere immerso nel verde; il laghetto artificiale poco lontano, e i moderni palazzi che sorgevano nei dintorni. Il traffico chiassoso era un elemento costante di ogni città, e non poteva farci niente. Ranma non amava girare in auto, né con altri mezzi di trasporto che andavano a benzina: dopo anni di allenamento aveva sviluppato una potenza nelle gambe tale da permettergli di saltare tra i palazzi come una cavalletta, rendendolo di fatto superiore a tanta gente comune. Per questo si trovava a guardarli fin troppo spesso dall’alto, forte di un potere a disposizione che non poteva più usare a suo piacimento. Saltare tra i palazzi era rischioso: avrebbe dato nell’occhio... la voce si sarebbe sparsa... e qualcuno che non desiderava rivedere avrebbe potuto raggiungerlo in un batter d’occhio.
Lo svantaggio di aver cambiato vita era il non poter più affrontare minacce di ogni sorta con le sue tecniche, come i suoi avversari storici: Ryoga, Kuno e il vecchio Happosai, tanto per cominciare. Non sentiva certo la mancanza di quegli imbecilli, certo, ma non poteva negare il fatto di essere diventato con il tempo un guerriero a tutti gli effetti... un eroe.
E gli eroi hanno bisogno di combattere, ogni tanto.
Ranma sbuffò seccato, e si guardò i piedi per distrarsi. A pensarci bene, aveva bisogno di scarpe nuove, così decise di raggiungere il centro commerciale; sarebbe stato un ottimo passatempo in una mattina noiosa come quella. Entrò nell’edificio, vagando distrattamente tra gli ampi corridoi fino a trovare un negozio di scarpe degno della sua attenzione; aveva iniziato a guardare i vari modelli in esposizione, quando qualcosa urtò la sua schiena.
« Oh! Mi scusi tanto » disse una voce italiana, giovane e femminile. Ranma, per nulla infastidito, si voltò per dire che era tutto a posto, ma le parole gli si bloccarono in gola non appena vide la persona che lo aveva urtato.
Non conosceva quella ragazza, ma il suo aspetto giustificava lo stupore più grande che avesse mai provato nell’ultimo anno. Un po’ più bassa di lui, aveva grandi occhi azzurri e una folta chioma di capelli rossi, raccolti in un codino; aveva lineamenti europei e un comune abbigliamento urbano, ma erano gli unici dettagli che Ranma considerava “fuori posto”. A parte questo, ebbe di nuovo l’impressione di guardarsi allo specchio dopo una secchiata d’acqua fredda... come un tempo.
« Ehm... va tutto bene » riuscì a dire alla fine. « Nessun problema. »
La ragazza sorrise, e proseguì voltandogli le spalle.
Ranma era allibito. Quella ragazza somigliava tantissimo a ciò che lui diventava una volta, a causa del sortilegio di cui era stato vittima anni prima, quando era caduto nella Sorgente della Ragazza Affogata. Da allora, ogni volta che l’acqua fredda bagnava il suo corpo, si trasformava in una ragazza dai capelli rossi. Per un po’ aveva cercato di convivere con quella triste sorte, anche perché suo padre lo aveva portato in Giappone a conoscere la famiglia Tendo... un evento che aveva dato inizio a una lunga serie di avventure e disgrazie di varia natura.
Al diavolo!
Ranma ordinò a se stesso di lasciar perdere, tornando a concentrarsi sulle scarpe. Era finita, lui era libero, non aveva senso ricordare quel passato. Quella ragazza non era lei; lui non era più lei... e non lo sarebbe stato mai più.
Lo shopping riprese tranquillo, e Ranma uscì dal centro commerciale dopo mezzogiorno, con un paio di scarpe nuove di zecca. Prese l’autobus con l’intento di tornare indietro, poiché lo stomaco cominciava a brontolare per la fame; era da un po’ che non faceva un salto da Leandro’s, la migliore tavola calda del suo quartiere. Cercò di immaginare cosa offriva il menu di quel giorno, quando qualcosa attirò la sua attenzione all’interno del bus.
La ragazza con il codino di prima. Ranma la fissò, ancora più allibito, in piedi vicino alla porta dell’automezzo, in attesa di scendere alla sua fermata; lei guardava in avanti con aria distratta, ignara del fatto che il tipo a cui aveva sorriso poco prima era là vicino. Il ragazzo fu sul punto di alzarsi dal suo posto e di andare a parlarle, quando le porte dell’autobus si aprirono e lei scese senza guardarlo.
Una coincidenza, ripeté a se stesso, solo una coincidenza... nient’altro che una dannata, fottuta coincidenza! Abbiamo preso lo stesso autobus, non si significa niente... assolutamente niente!
Ranma continuò a ripeterselo a lungo, finché non arrivò alla sua fermata poco dopo. Per poco non dimenticò le scarpe sull’autobus, tanto era distratto da quel pensiero. Alla fine, tuttavia, riuscì a scacciare quel tormento ed entrò da Leandro’s, pronto a riempirsi lo stomaco senza troppi complimenti.
Il locale era caldo e accogliente come al solito. Ranma attese pazientemente il suo turno al bancone, finché non fu servito da un’attraente ragazza che conosceva ormai da tempo.
« Ehi, Ranma! » disse lei con un gran sorriso. « Come te la passi? Era da un po’ che non ti facevi vedere da queste parti. »
« Ciao Sharon » fece Ranma, ricambiando il sorriso. « Scusa, sono stato un po’ impegnato... il lavoro, sai com’è... »
« Già, ti capisco. È la maledizione di chi lavora, che vuoi farci... e ormai sai bene quanto me come va in questo paese. »
« Allora, che c’è di buono oggi? » tagliò corto il ragazzo.
« Oggi abbiamo un ottimo risotto alla milanese » dichiarò Sharon. « Vuoi tentare la sorte? »
« Certo, perché no? Fammi una bella porzione... e non preoccuparti per le bacchette, ormai sono pratico con la forchetta. »
Sharon ridacchiò, e lo invitò a sedersi al tavolo libero più vicino. Ranma obbedì, e poco dopo fu raggiunto dalla ragazza con la sua ordinazione.
« Oggi sei più allegra del solito » osservò, guardandola bene. « Devo essermi perso qualche novità in questi giorni, dico bene? »
« Altroché » rispose Sharon con un altro gran sorriso. « Guarda bene... ta-dah! »
E gli mostrò la mano, sul cui anulare scintillava un anello con brillante nuovo di zecca. Anche per uno straniero poco sveglio come Ranma, quell’oggetto poteva significare una sola cosa.
« Oh... magnifico! » esclamò stupito. « Non mi dire... finalmente ha chiesto la tua mano? »
« Siii! Ancora non mi sembra vero, ormai non ci speravo più. »
Sharon era entusiasta, in una maniera che non gli capitava di vedere da tempo. 
« Congratulazioni, allora! Sono felice per te, Sharon, davvero. E avete già deciso la data? »
« Ci sposeremo a maggio... non vedo l’ora! Onestamente pregherò che questo inverno passi il più in fretta possibile. Dio solo sa quanto ho aspettato l’arrivo di questo giorno. »
« Hehe... ottimo » disse Ranma. Guardò il suo riso, e decise di assaggiarlo prima che si raffreddasse troppo.
« E tu che mi racconti, invece? » domandò Sharon, rimasta in piedi davanti a lui. « Non hai novità per me su questo stesso argomento? »
Ranma deglutì, prima di rispondere con un sorrisetto.
« Temo di no, mi dispiace. »
Sharon sospirò, come al solito ogni volta che il ragazzo le riportava questa spiacevole notizia.
« Peccato » commentò. « Sai, da quando ti conosco ho sempre sperato di vederti entrare qui con una ragazza al tuo fianco... ma non è mai successo. Sembra quasi che tu voglia stare alla larga dalle donne. »
« Be’... diciamo solo che per un po’ voglio starmene tranquillo. Vengo da una situazione in cui c’erano fin troppe donne nella mia vita. Non è come pensi » disse subito, intercettando lo sguardo stupito di Sharon. « Non sono il tipo che se la fa con più ragazze nello stesso periodo. È... è una storia complicata e non mi va di sconvolgerti... puoi credermi. »
Sharon tacque per un po’, ma poi tornò a sorridere.
« Ti credo, Ranma » disse. « Ormai so bene che tipo sei. E puoi credermi, se ti dico che sei da sposare. »
« Davvero? »
« Certo. Lo so perché, se non fossi già impegnata con il mio moroso, mi candiderei volentieri per quel posto vicino a te. »
E Sharon tornò alla sua postazione, non prima di avergli fatto un simpatico occhiolino. Ranma restò ammutolito a lungo, e tornò al suo risotto ormai raffreddato.
Doveva ammetterlo, quella ragazza aveva un bel caratterino. Questo, insieme al lavoro che faceva e al suo stesso nome, gli facevano ricordare Shampu, una delle “spasimanti” che avevano tormentato la sua vita nei giorni della maledizione: giunta dalla Cina, anche lei era stata vittima di una Sorgente Maledetta, e si trasformava in gatto ogni volta che si bagnava con l’acqua fredda. Shampu si era innamorata di lui dopo una serie sfortunata di eventi, e lo scopo principale della sua vita era diventato quello di sposarlo, ricorrendo spesso a trucchi o incantesimi con cui fece regolarmente fiasco.
Shampu, purtroppo, non era stata l’unica ad aspirare al suo cuore in quel periodo; ma lei era stata la più tenace, la più forte... perché era una guerriera come lui. Ranma la rispettava, almeno sotto questo punto di vista; e non poteva negare che fosse davvero bella. Forse le cose sarebbero andate diversamente tra loro, se suo padre e il signor Tendo non avessero tentato di segnare il suo destino.
Un destino da cui aveva deciso di fuggire.
Finito il pranzo, Ranma tornò a casa e si rilassò per qualche minuto, prima di uscire ancora una volta. Era ora di andare a lavoro: il ragazzo era riuscito a diventare insegnante di arti marziali in una palestra del quartiere, e dal suo punto di vista non poteva chiedere di meglio. Le arti marziali era ciò in cui riusciva meglio, e per un tipo come lui non c’erano altri posti in cui sentirsi a proprio agio.
Certo, non era stato facile ottenere un lavoro del genere. Ranma aveva vagato a lungo prima di stabilirsi a Roma, alla ricerca di un posto lontano in cui cominciare una nuova vita; aveva visitato molti luoghi e molte città sulla lunga strada dal Giappone all’Italia, facendo diversi lavoretti e conoscendo persone di ogni sorta. Alla fine aveva conosciuto, proprio a Roma, un maestro di kung fu con cui era entrato subito in simpatia; lui lo aveva aiutato molto, insegnandogli le basi della lingua italiana, trovandogli un buon alloggio e indirizzandolo alle palestre che potevano fare al caso suo. I suoi sforzi, alla fine, erano stati premiati, e molte persone imparavano ora le arti marziali sotto la guida del maestro Saotome.
Ranma insegnava a una notevole varietà di persone nei suoi corsi; insegnava soprattutto karate e kung fu, ma teneva anche un corso di difesa personale per le donne. Gli piaceva pensare di essere d’aiuto, di donare a quelle persone una parte del suo potere per difendersi dalle ostilità.
Le lezioni di Ranma durarono tutto il pomeriggio; il sole era calato da un pezzo a causa dell’ora solare, e il ragazzo tornò a casa quando il buio era ormai totale. Consumò una rapida cena e si sdraiò sul divano, esausto, con solo una lattina di Sprite a fargli compagnia; cercò di rilassarsi, ma nella sua mente infuriava un piccolo caos, fatto di pensieri e immagini di varia natura. Una ragazza dai capelli rossi continuava a emergere dal buio, come un riflesso in acque agitate...
Vattene via, ti prego...
Era inutile. Più cercava di non pensarci, più lei lottava per venire fuori. E il passato, quelle persone di cui era stufo, tutti i guai che aveva subito sulla sua pelle... insopportabili come una scopa infilata nel...
« Aiuto! »
Ranma aprì gli occhi. Guardò verso la finestra socchiusa, da cui aveva sentito l’urlo: una donna, senza dubbio. Non tentò di convincersi di averlo solo immaginato, perché un altro grido risuonò nell’aria, spingendolo quindi ad alzarsi in piedi e a verificare.
Aprì la finestra, ma da quella posizione non vedeva nulla; solo la strada principale, illuminata dai lampioni. Eppure qualcosa di grave stava succedendo nelle vicinanze; una donna era in pericolo...
Doveva intervenire. Ne aveva la forza, dopotutto... una forza tale da fare di lui un guerriero. Un eroe. E gli eroi salvano le persone.
Così, senza indugiare un secondo di più, Ranma balzò fuori dalla finestra. Poco importava il fatto di trovarsi al quarto piano: atterrò tranquillo sul tetto vicino, restando fermo per qualche secondo. Sentì un nuovo urlo, breve ma sufficiente per guidarlo in quell’oscurità che celava il misfatto; balzò su un altro tetto e si calò giù per il vicolo sottostante, arrivando dunque a destinazione.
« Aiutatemi, vi preg... argh! »
« Zitta! »
Aveva ragione: una donna era in pericolo... il peggiore che potesse capitare in una città del genere. Era appoggiata al muro, circondata da tre balordi con intenzioni tutt’altro che piacevoli: uno si era già avventato su di lei, pronto a violare con la forza le sue parti più intime, minacciandola con un coltello. Gli altri due facevano la guardia, in attesa del loro turno... ma ora la loro attenzione era tutta rivolta verso il ragazzo giunto sulla scena.
« Lasciatela subito, animali! » gridò Ranma, improvvisamente furioso.
« Tu che vuoi? » disse uno di quei teppisti. Il suo accento non era romano, ma il ragazzo non era nella posizione di poter giudicare qualcuno in base al luogo d’origine. « Vattene, se non vuoi guai. »
Ranma lo ignoro, e fece un passo in avanti.
« Vi do dieci secondi per lasciarla andare. »
Il teppista avanzò a sua volta, coltello alla mano.
« Io te ne do tre per sparire, muso giallo! »
« Uno... due... tre... quattro... »
Ranma continuò a contare, man mano che si avvicinava alla banda senza avere alcun timore. Ora erano rivolti tutti e tre verso di lui, dimenticandosi della ragazza. Dopo Ryoga, Kuno, Happosai e tutti gli altri soggetti che aveva affrontato in passato, come poteva temere un trio di simili imbecilli? Non sapevano affatto con chi avevano a che fare.
« ...otto... nove... dieci!»
Un coltello scattò in avanti, dritto contro il suo stomaco. Afferrò la mano che lo stringeva e con un gesto fluido la piegò da un lato; l’uomo gridò di dolore, mollando la presa. Ranma lo colpì allo stomaco con il ginocchio, facendolo crollare a terra. Meno uno.
Il secondo uomo avanzò, armato anche lui di coltello. Ranma schivò il suo fendente e arrivò alle sue spalle; lo colpì forte al collo, poi gli sferrò un calcio alle gambe, e rovinò anche lui al suolo. Meno due.
Toccava al terzo, finalmente, l’uomo che aveva aggredito la ragazza. Aveva ancora i pantaloni abbassati, tanto era stato colto alla sprovvista. Nonostante i suoi compari fossero caduti giù come birilli davanti ai suoi occhi, cercò anche lui di opporre resistenza; si avventò su Ranma senza alcuna strategia, in un gesto disperato per farla franca, ma un attimo dopo andò incontro alla sua fine. Il ragazzo sfruttò lo slancio per afferrarlo a un braccio, proiettandolo al suolo senza alcuno sforzo; Ranma sperò che finisse così, ma l’uomo di rialzò in piedi. Ne voleva ancora, evidentemente. Ranma non guardò nemmeno mentre gli sferrava un calcio in piena faccia.
« Aaargh! Il mio naso... il mio naso! Brutto figlio di... »
« Sì, te l’ho rotto » commentò Ranma, restando serio. « Mi sembra un buon motivo per passare la notte in ospedale anziché in galera. Dovresti ringraziarmi, ti sto facendo un favore... ma se preferisci l’alternativa, puoi aspettare qui con me l’arrivo della polizia o dei cala... cara... be’, di quegli altri.
« E questo vale anche per voi » aggiunse, rivolgendosi agli altri due balordi intenti a rimettersi in piedi. « Ospedale o galera? A voi la scelta! »
Si scrocchiò rumorosamente le nocche mentre lo diceva. Pochi secondi dopo, tutti e tre se la diedero a gambe, sparendo fuori dal vicolo. Ranma non li degnò di uno sguardo, ma sorrise soddisfatto per il risultato. Aveva sconfitto i cattivi, poteva andarne fiero.
Poi si ricordò di colei che stava per diventare vittima di quegli animali, e abbassò lo sguardo verso il muro. La ragazza era svenuta per lo spavento e, a parte qualche graffio e botta, sembrava stare bene; i suoi vestiti erano stati strappati in vari punti. Lei doveva aver opposto molta resistenza, ma Ranma era giunto appena in tempo per impedire danni ben più gravi. Si avvicinò ulteriormente per portarla via dal vicolo, e quando la guardò in viso sgranò gli occhi per l’improvviso stupore.
La ragazza con il codino di quella mattina.
 
   
 
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