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Autore: Odinforce    23/08/2015    6 recensioni
La maledizione che lo aveva afflitto per anni era ormai svanita. Era trascorso più di un anno, ma Ranma sorrideva ancora compiaciuto ogni volta che si bagnava con l’acqua fredda senza subire alcuna trasformazione. Si sentiva felice come non mai, alla pari di un uomo che aveva sconfitto una malattia mortale, libero di assaporare tutte le piccole cose straordinarie che la vita ha da offrire.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardando indietro
 
Ovunque Ranma si voltasse, non riusciva a trovare una posizione comoda in cui riposare in santa pace. Naturalmente, quella fila di sedie imbottite su cui aveva deciso di sdraiarsi non potevano reggere il confronto con il comodo letto di casa sua, ma quella notte avrebbe dovuto farne a meno con sommo dispiacere. Il corridoio dell’ospedale dove aveva portato la ragazza a ricoverare pochi minuti dopo l’aggressione era semivuoto, a quell’ora, eccezion fatta per un limitato viavai di medici, infermieri e pazienti insonni. Il ragazzo aveva preferito restare lì, davanti alla camera in cui la ragazza riposava; le avevano detto che stava bene grazie al suo intervento e che avrebbe presto ripreso i sensi... ma avevano anche suggerito di lasciarla riposare per tutta la notte, per non provocarle ulteriori turbamenti.
Ranma aveva ignorato l’ultimo consiglio; sarebbe rimasto a vegliare su di lei per giorni interi, se necessario, pur di riuscire a parlare con lei al suo risveglio. Dopo tutto quello che aveva passato nella sua vita, ormai non credeva più nelle coincidenze: quella ragazza dai capelli rossi, raccolti in un codino... così simile a lui quando l’acqua fredda lo trasformava; l’aveva incontrata di sfuggita più volte quello stesso giorno, e ora l’aveva addirittura salvata da un tentativo di stupro.
Dopo tutto quello che aveva passato nella sua vita, non riusciva a credere di averla incontrata solo per caso. Doveva parlarle, conoscerla... per scoprire la verità che, ne era certo, doveva essere ben più grande delle apparenze.  
Così continuò ad aspettare, cercando di dormirci sopra. Un’impresa non facile, vista la scomodità di quelle sedie, ma non poteva farci nulla. Nel frattempo la sua mente tornava indietro, verso giorni lontani; il passato, rievocato dalla misteriosa ragazza con il codino, scorreva rapido tra i suoi neuroni, come le immagini di un film, fino a soffermarsi sul capitolo che più lo interessava. Il giorno in cui era cambiato tutto.
La fine di una storia, l’inizio di un’altra.
 
Diciotto mesi prima.
Ranma affrontava dei giorni difficili. La scuola era finita da poco; lui e Akane avevano ottenuto il diploma con ottimi voti, e per entrambi non restava che decidere cosa fare al termine delle vacanze. Il ragazzo era indeciso: oltretutto, suo padre e il signor Tendo facevano ulteriori pressioni affinché i loro figli convolassero finalmente a nozze, come programmato ormai da anni. Peccato che le cose non fossero migliorate nemmeno un po’ in quel periodo tra Ranma e Akane: lui, sempre il solito immaturo con la fobia dei gatti e perseguitato da rivali in amore e individui di ogni sorta; lei, sempre il solito maschiaccio che non mancava di ricordargli quanto fosse stupido.
La realtà era questa: Ranma mangiava ormai da anni la solita minestra insipida, fatta di intrecci, equivoci, magie e duelli strampalati. Cominciava ad averne abbastanza, però, soprattutto nell’ultima settimana: aveva respinto per l’ennesima volta le accese avances di Shampu e di Kodachi; aveva sconfitto Ryoga in un altro duello, dopo che lui aveva appreso una nuova tecnica micidiale; era sfuggito di nuovo a Kuno mentre era in forma di ragazza; ora – ed era solo giovedì – stava inseguendo il vecchio Happosai per tutto il quartiere, dopo che questo aveva fatto la solita razzia di biancheria intima femminile.
« Torna qui! » gridava Ranma, infuriato come non mai. « Non cambi mai, vero? Tu, razza di pervertito, aspetta che ti prendo... »
« Spiacente, moccioso! » ribatteva Happosai, diversi metri più avanti. « Sono in ritardo, ora non ho proprio tempo per farmi prendere da te! Uiiii! »
Il vecchio, agile e forte nonostante l’età avanzata, schizzava per la strada con la grinta di uno scoiattolo, saltando tra i palazzi con balzi enormi. Ranma riusciva a stargli dietro, ma cominciava a stufarsi: doveva fermarlo subito, o gli sarebbe sfuggito. Un'altra scena già rivissuta svariate volte...
Happosai saltò su un balcone, urtando un vaso di fiori che cadde di sotto; Ranma lo prese in pieno sulla testa e rovinò pesantemente al suolo. Vide le stelle per breve tempo, ma sufficiente per dare al vecchio l’occasione per svignarsela via indisturbato. Il ragazzo lo sentì gridare trionfante mentre spariva tra i tetti, lieto di aver conquistato un nuovo bottino con la sua depravazione.
« Maledetto » ringhiò Ranma mentre cercava di rialzarsi. « Ma tanto ti ritrovo... »
Splash.
Un’ondata di acqua fredda lo investì in pieno, gettata via da un ignaro cittadino intento a svuotare un secchio dal piano superiore. Il ragazzo scomparve, lasciando il posto alla ragazza con il codino: lo scherzo della natura, vittima delle Sorgenti Maledette da cui non c’era via di scampo. Un supplizio ormai durato fin troppo a lungo, da cui non era mai riuscito a liberarsi...
Ranma urlò al cielo, giunto al limite della sopportazione. Tutta l’ira accumulata nell’ultima, orrenda settimana veniva fuori: un grido lungo, acuto, colmo di tutta la sofferenza che si portava dentro da fin troppo tempo. Il suono che indicava nella misura esatta quanto fosse stufo di tutto questo. La poca gente nei paraggi si fermò un attimo a guardare quella ragazza nel suo breve scatto d’ira, per poi ignorarla come se nulla fosse.
Nessuno poteva aiutarlo. Ranma Saotome era solo, solo con i suoi tormenti.
« Serve aiuto? »
La ragazza alzò lo sguardo, mentre era ancora in ginocchio. Qualcuno si era fatto avanti e le stava tendendo una mano, per aiutarla a rialzarsi: un uomo vestito con un lungo soprabito bianco, il cui volto era celato completamente da un cappuccio. Ranma lo guardò sorpresa per una manciata di secondi, poi afferrò la sua mano; lo sconosciuto l’aiutò a rialzarsi con gentilezza, rimettendola in piedi.
« Va tutto bene? Sei bagnata fradicia » osservò lo sconosciuto.
« Hah... niente di grave » borbottò Ranma, l’aria ancora seccata. « Mi è successo altre volte. »
« Uhm, capisco. Abito qui vicino, posso darti qualcosa di asciutto se lo desideri. »
« Ti ringrazio, ma non ce n’è bisogno... ormai tanto vale che vada a casa a cambiarmi. »
« Peccato. Eppure credevo che tu avessi bisogno di aiuto. »
Ranma lo fissò ancora, invasa da una notevole ondata di stupore. Era quasi come se quel tizio avesse letto nella sua mente... come se avesse percepito ciò che provava in quel momento. Quella mano tesa per rimetterla in piedi sembrava apparsa dal buio, come un’ancora di salvezza.
« Io... va bene » disse alla fine, accettando la sua richiesta.
Lo sconosciuto condusse Ranma in una strada laterale, fino a una serranda abbassata. La sollevò e invitò la ragazza ad entrare: l’interno era un vasto locale abbandonato, ridotto in pessime condizioni; un tempo doveva essere stato un ristorante o qualcosa del genere; c’erano ancora il bancone e qualche tavolo e sedie sparsi in giro. Il sospetto di Ranma nei confronti di quel tipo cominciò ad aumentare. Cosa ci facevano in posto come quello?
« Tu abiti qui? » fece Ranma incredula. « Cosa sei, un vagabondo? »
« Una specie » rispose lui alle sue spalle, mettendole nel frattempo una calda coperta addosso. La sua voce era glaciale, ma giovanile; doveva trattarsi di un ragazzo, non molto più grande di lei. Continuava a tenere nascosto il volto, comunque, e fu impossibile stabilire la sua identità.
« Chi sei? » chiese Ranma.
« Puoi chiamarmi Nul. Non temere, non voglio farti alcun male. Voglio solo aiutarti, tutto qua. »
« E perché vuoi aiutarmi? »
« Perché ho sentito il tuo bisogno di aiuto » rispose Nul. « Un disperato bisogno di aiuto, come non ne sentivo da molto tempo. Perciò eccomi qui... pronto a fare tutto il possibile per farti stare meglio. »
Ranma era senza parole. Ora ne era certa, quel tipo non era una persona qualsiasi. La voce, le parole, l’aria misteriosa con cui si atteggiava e le cose che sapeva di lei, come se avesse letto nella sua mente... tutti indizi che lo rendevano un essere fuori dal comune. Sovrannaturale, per giunta... un ambiente con cui ormai aveva a che fare da tempo.
Per Ranma ce n’era abbastanza per farlo scattare in posizione di guardia, pronto a combattere.
« Ora basta! » esclamò irritata. « Dimmi subito cosa diavolo vuoi da me. Ormai è ovvio che mi conosci, l’ho capito... non è così? »
Sentì Nul ridacchiare divertito.
« In effetti è così » dichiarò, incrociando le braccia. « Ti conosco, Ranma Saotome, figlio di Genma e di Nodoka, futuro marito di Akane Tendo, di Shampu e di Ukyo... accidenti, che fortunello. E naturalmente, vittima della maledizione delle Sorgenti che ti trasforma in ragazza con l’acqua fredda. »
Ranma non tentò nemmeno di replicare o negare in alcun modo. Quel tipo aveva capito tutto, in un modo che non riteneva possibile. Rimase inchiodata al suo posto, stringendosi nella coperta come se fosse l’unica difesa a sua disposizione. Nul era riuscita a metterla a nudo come nessun altro, negli ultimi tempi.
« Ma... ma come... »
« Ti conosco bene » riprese lui. « Ti ho osservato a lungo. Diciamo che sono un tuo ammiratore, in un certo senso. Hai vissuto molte avventure in questi anni, Ranma, cominciate quando arrivasti a Tokyo un paio di anni fa, in quel dì di pioggia sulle spalle pelose del tuo stupido padre. Quante nei hai passate, da allora? Il tuo insediamento in casa Tendo; il tuo matrimonio combinato con una delle figlie di Soun; il liceo Furinkan, con quel fesso di Kuno che ti odia quando sei un uomo e ti adora quando hai le tette; le tue numerose spasimanti, e tutte quelle persone che hai affrontato, vittime come te della maledizione delle Sorgenti.
« Ormai va avanti da anni, non puoi negarlo. È come leggere lo stesso libro svariate volte, o vedere una serie televisiva che non finisce mai... con episodi tutti uguali tra loro. Sappiamo entrambi che sei stufo, non è vero? Stufo marcio. Coraggio, Ranma, dillo con le tue parole... voglio aiutarti, ma per farlo ho bisogno di sentire la verità dalle tue labbra. »
Ranma non rispose subito; le mani e le labbra tremavano, il cuore batteva all’impazzata nel suo petto. Nul aveva capito tutto... uno sconosciuto senza volto era riuscito a fare breccia nel suo animo come nessun altro; e ora, grazie a lui, riusciva a sfogarsi come desiderava da tempo.
« SI'! » esclamò. « Sono stufo, stufo marcio! Vorrei poter trascorrere anche solo una giornata come tutte le persone normali! Senza dover tornare a casa e vedere mio padre trasformato in un panda... senza essere tormentato dal signor Tendo sul matrimonio... senza tutte quelle ragazze che vogliono il mio cuore... senza dover inseguire ogni tre giorni un vecchio pervertito che ruba mutandine... senza dover sentire Akane che mi ripete quanto sono stupido! »
E scoppiò in lacrime, come non faceva da tempo. Nul restò a guardare, immobile e inespressivo, ma soddisfatto; aspettò che Ranma si calmasse un po’ dopo quell’esplosione di dolore, prima di intervenire di nuovo.
« Capisco bene il tuo dolore » disse, avvicinandosi. « Vorresti fuggire da tutto questo, ma sai di non poterlo fare. Dove potrebbe andare una persona come te? Finora ti è andata bene, ma basterebbe una secchiata d’acqua fredda nel posto sbagliato, al momento sbagliato, per rovinarti la vita in un secondo. Le persone sbagliate scoprirebbero la tua maledizione; ti prenderebbero con la forza, allo scopo di studiarti... di controllarti. Nemmeno io posso immaginare a quanti governi o potenze potrebbe fare comodo una maledizione come la tua. In un mondo del genere – e anche in altri, purtroppo – c’è sempre qualche idiota che fa il passo più lungo della gamba. »
Ranma si asciugò le lacrime, limitandosi ad annuire.
« Hai ragione » disse. « Finché resto con la mia famiglia, sono al sicuro... ma non ce la faccio più. Vorrei andare via... liberarmi di tutto questo schifo che mi circonda. Ne ho avuto abbastanza. »
Nul si allontanò di nuovo, iniziando a trafficare con degli arnesi in un angolo del locale. Ranma lo vide afferrare un secchio d’acqua e una teiera, ignaro di cosa volesse farci.
« Sei sicuro? » disse Nul nel frattempo. « È questo ciò che desideri più di tutto? Vorresti andare via, trasferirti altrove? Vorresti un’occasione per vivere la tua vita come più ti piace? »
Nel frattempo aveva acceso un fuoco, mettendo la teiera – riempita con acqua – su un fornelletto da campo.
« Sì » dichiarò Ranma con decisione, levandosi la coperta di dosso. « Me lo merito, in fondo. Ormai sono maggiorenne, sono libero di fare ciò che voglio. E al diavolo i progetti di mio padre... non ho assolutamente nulla contro i Tendo, ma se devo passare la mia vita a farmi dare dello stupido da Akane, preferisco fare harakiri! »
« Ah, non temere... la morte non è certo l’unica alternativa a una vita così complicata. Pensa a quante persone al mondo stanno peggio di te, eppure vogliono continuare a vivere. Io posso aiutarti, Ranma... ma prima occorre fare qualcosa per il tuo problema maggiore. La maledizione. »
Nul tornò da lui con la teiera ormai calda, versandogli il contenuto sulla testa. Ranma sentì il calore scottargli la pelle, ma ormai c’era abituato, insieme alla sgradevole sensazione che provava il suo corpo ogni volta che si trasformava. Ora era di nuovo un ragazzo, con sua somma gioia.
« Ci ho provato un sacco di volte, non sono mai riuscito a spezzarla » ammise il ragazzo. « Cosa pensi di poter fare tu? Qualche sostanza magica? Un incantesimo? Un rituale? Ormai non ricordo più quanti ne ho sperimentati... ognuno è stato un fiasco totale. »
« Certo » disse Nul. « Niente di tutto ciò che hai provato doveva funzionare, perché così era stato deciso. Così la tua storia poteva andare avanti a lungo, affinché tu potessi vivere nuove avventure. »
Ranma non sembrò capire, ma lo sconosciuto s’interruppe. Gli voltò le spalle per un attimo, mentre afferrava stavolta il secchio d’acqua.
« Ma io non faccio parte del sistema » dichiarò, afferrando da una tasca interna quella che sembrava una fiala. « Né di questo mondo. Ecco perché il mio rimedio funzionerà... per liberarti una volta per tutte dal tuo supplizio. »
Versò il contenuto della fiala, un liquido luminoso trasparente, nel secchio, sotto lo sguardo incredulo di Ranma. Dopodiché, senza aspettare un ordine o una richiesta, gli gettò l’acqua addosso, investendolo in pieno. Il ragazzo fu inzuppato ancora una volta, con sua somma irritazione.
« Ma che diavolo fai? » gridò spazientito. « Prima mi fai tornare uomo, ora mi ritrasformi in... eh? »
Non ebbe bisogno di guardare nello specchio che Nul aveva tirato fuori dal nulla. Ranma si rese conto, pur mantenendo l’incredulità, di non essere diventato femmina per l’ennesima volta, nonostante l’acqua fredda. Niente capelli rossi, niente tette, né altri attributi che lo rendevano di fatto una bella ragazza agli occhi di tutti; era ancora se stesso, anche se bagnato fradicio.
Aveva provato di tutto, ma nessun rimedio era durato a lungo. Ranma continuò a fissarsi, al culmine dello shock.
« Io... è... è proprio vero? » balbettò. « È tutto vero? Non è un sogno, è vero... io... io sono... »
« Libero » completò Nul, soddisfatto. « Ho appena spezzato la tua maledizione. Per sempre. Non diventerai mai più una ragazza... a meno che tu non decida di sottoporti a stupide operazioni chirurgiche per cambiare sesso. »
« Ma come hai fatto? Cosa era quella roba che hai messo nell’acqua? »
« Un antidoto, naturalmente. È tutto quello che ti basti sapere, il resto non lo capiresti mai. Non ha importanza ormai, no? Quel che conta è che finalmente sei libero dal tuo tormento. »
Ranma cominciò a ridere, felice di quanto era appena accaduto. Ma la sua gioia fu breve, non appena il sospetto cominciò a insinuarsi tra i suoi pensieri.
« Un momento » disse, tornando serio. « Sento puzza di fregatura. Ho imparato da un pezzo che per simili miracoli c’è sempre un prezzo da pagare, tipo patto con il diavolo. Sei il diavolo, per caso? Che cosa vuoi in cambio? »
Nul scoppiò a ridere. Una risata inquietante, priva di gioia.
« Hai ragione » disse. « Effettivamente c’è un prezzo da pagare per questo servizio. In cambio voglio una cosa da te, Ranma. Voglio che tu faccia la cosa giusta. »
« Come? La cosa giusta? »
« Sì, quello di cui parlavamo prima che ti curassi. La cosa giusta, ovvero partire e rifarsi una vita lontano da qui. Era quello che volevi, no? Liberarti di tutto questo schifo che ti circonda... come hai detto tu stesso. Bene, ora hai la possibilità di farlo: ho spezzato l’unica catena che ti legava a questo mondo ingiusto fatto di maledizioni, genitori opprimenti, spasimanti varie e scocciatori. Ora sei un ragazzo normale, Ranma Saotome... a parte la forza che hai ottenuto con le arti marziali. Sei libero di vivere la vita che desideri, lontano da qui. »
Ranma restò in silenzio, turbato se possibile più di quanto non lo fosse mai stato in vita sua. Nel giro di pochi minuti aveva visto accadere l’impossibile: quell’uomo venuto dal nulla gli stava offrendo l’occasione per una vita migliore.
A patto di andare via, abbandonando tutto ciò che aveva di più caro. Ci aveva pensato un mucchio di volte, ma era sempre stato facile parlare e immaginare... compiere il passo decisivo era tutta un’altra cosa.
Era davvero disposto a farlo?
« L-la mia famiglia » mormorò, indeciso. « I miei amici... dovrei parlargli di tutto questo. Anche loro meritano di essere liberati dalla maledizione... non potresti darmi dell’altro antidoto per loro? »
Nul scosse la testa.
« Perché ti preoccupi tanto per loro? » domandò. « Un attimo fa eri pronto a mandarli tutti a quel paese, per tutto ciò che ti hanno fatto passare. Credimi, non meritano il privilegio che ho appena riservato a te. Pensa a tuo padre... il mondo diventa un posto migliore ad ogni minuto che lui passa in forma di panda. Ryoga? Odia essere un maialino, ma nel frattempo adora stare tra le braccia della tua fidanzata quando è in quello stato. Shampu? La sorte che le è toccata dispiace anche a me... ma sai bene quanto lei sia forte, nel corpo e nello spirito. Se la caverà, come tutti gli altri. »
Ranma ascoltò con attenzione, restando in silenzio anche dopo che Nul aveva finito di parlare. Quest’ultimo aspettò paziente, finché il ragazzo non decise di annuire.
Lo aveva convinto.
« Bene, allora » dichiarò Nul. « Non ho altro da dire, né da fare. Ti ho dato tutto quello di cui avevi bisogno per essere felice, amico... ti suggerisco di sfruttarlo bene, perché occasioni del genere capitano davvero di rado in mondi come questo. »
Entrambi uscirono dal locale. Ranma diede un’occhiata al cielo, che ormai tendeva all’imbrunire. Si stava facendo tardi... ma per cosa? Ormai nulla aveva più importanza. Era pronto a lasciarsi tutto indietro.
Sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Nul era accanto a lui. Cercò di guardarlo in faccia, ma era come se ci fosse solo pura ombra sotto quel cappuccio. Non riusciva proprio a capire chi – o che cosa – fosse.
« Perché fai questo per me? » gli domandò, ancora un po’ preoccupato.
« Perché voglio aiutarti » rispose Nul con semplicità. « E l’ho fatto. Ora tocca a te, Ranma Saotome. Vivi libero... vivi felice. »
Detto questo, mollò la presa dalla sua spalla e si voltò, inoltrandosi in una strada diventata più affollata di prima. Ranma cercò di seguirlo con lo sguardo, ma ben presto lo perse di vista. Sembrava sparito nel nulla... lo stesso dal quale era arrivato per venire in suo aiuto.
Uno sguardo determinato riempì gli occhi del ragazzo, finalmente libero dal dolore e dall’angoscia. Non aveva più dubbi su ciò che doveva fare, e non ne avrebbe avuti mai più.
Tornò quindi a casa, salutando i Tendo e suo padre con tono piatto; cenò insieme a loro il più in fretta possibile, e tornò in camera sua con la scusa di sentirsi poco bene. Attese il momento giusto per agire, quando tutti erano andati a dormire. Prese vestiti, accessori e provviste, tutto il necessario per un lungo viaggio, e li infilò con calma nello zaino più grosso che trovò in casa. Si occupò infine di scrivere una lettera ai suoi cari, spiegando le sue intenzioni; meditò a lungo sulle parole giuste, cercando di apparire sincero nei loro confronti e deciso su quanto stava per fare.
Infine, prese un coltello e si separò dall’ultima cosa di cui voleva sbarazzarsi per sempre: il suo codino. Non era più importante, come tutto il resto, e lo lasciò insieme alla lettera sul tavolo in cucina.
Uscì di casa mentre una leggera pioggia aveva cominciato a cadere, ma non ci badò minimamente; ricordò il giorno in cui era venuto dalla Cina insieme a suo padre, sotto una fitta pioggia. Era giusto così, per non dire ironico, andarsene nel modo in cui era venuto.
E Ranma proseguì, senza voltarsi indietro, verso il suo futuro.
Verso un nuovo inizio.
   
 
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