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Autore: kirsikka_makea    23/08/2015    0 recensioni
Alle volte mi guardavo attorno, mi fermavo a riflettere su ciò che vedevo, ragazzine in piena esplosione d’amore per me che sto qui sopra e ragazzini animati dalla violenza. Poi, dopo tanto, vidi lei: lei che non potevo leggere, lei che non si lasciava scrutare, che non si lasciava amare, che non si faceva vedere mai, lei che si inchinava e non si faceva sottomettere.
fanfiction scritta in appena qualche ora, era una situazione che avevo sognato e ho pensato di farci una storia sopra
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un giorno come tanti altri, nuova città, nuovi incontri e un nuovo concerto da fare, come ogni volta io, mio fratello Mikey, il mio migliore amico Frank e l’insostituibile Ray ci aggiravamo per l’aeroporto verso il ritiro bagagli cercando di farci notare il meno possibile ma come ogni volta, una alla volta, arrivò qualche ragazza fan “scoperti anche questa volta…” mugugnò Mikey prima di essere sommersi tra foto e autografi. Quando finalmente riuscimmo a prendere le nostre valige e uscimmo dallo stabile una ragazza si avvicinò a noi accompagnata da quello che sembrava essere suo padre “ciao, voi siete i My Chemical Romance, Giusto?” chiese lei anche conoscendo già la nostra risposta “benvenuti in Italia, io mi chiamo Hanna, vi farò da interprete perché qui gli adulti non parlano molto le lingue straniere”
“grazie infinite, io mi chiamo Gerard, loro sono Frank, Mikey e Ray” anche loro salutarono la ragazza, una tipa all’apparenza simpatica, io personalmente non le davo più di 18-19 anni ma sembrava sapere il fatto suo
“prego, seguitemi verso l’auto, vi porteremo dove si terrà il concerto, i ragazzi della crew stanno già preparando tutto il necessario” poi si voltò e assieme a suo padre ci condusse alla macchina così caricammo le valige, molto probabilmente l’auto era stata preparata per il momento, si notava che era un veicolo a 5+2 posti, rimasi comunque sorpreso, mi sarei aspettato che volesse sedersi vicino a qualcuno di noi invece con noncuranza salì dal baule e si accomodò nell’ultimo posto, per tutto il tempo del viaggio guardò fuori dal finestrino senza dire una parola, si e no rispondeva alle domande.
Ci vollero più di due ore per arrivare nel luogo del concerto “Hanna” la chiamai io “si? Dimmi…”
“Lo sai, sei diversa da tutte le altre ragazze”
“eh? Io? Perché?”
“chiunque altra si sarebbe esaltata al nostro arrivo” lei scrollò semplicemente le spalle e si legò la chioma di capelli ricci in una semplice coda di cavallo  “vi faccio strada per entrare, vi porto nel retro da dove potrete poi andare avanti e indietro senza dover passare tra le fan, e a fine concerto ci sarà una piccola cena per tutti” e si incamminò con passo deciso verso il retro dell’edificio.
Durante le prove tornai nel retro e notai la ragazza dietro il banco del bar “em Hanna, potrei sapere dov’è il bagno?”
“certo!” mi rispose con un sorriso “è appena più in la, dietro a quella parete in legno”
“grazie mille”
“figurati” mi disse sorridendo ancora, poi quando uscii notai che si era cambiata, una semplice t-shirt bianca, un paio di jeans neri e un corto grembiule da cameriera, in mano un grande vassoio con il quale stava portando delle birre a tutti quanti “se vuoi ti aiuto”
“non serve grazie, ce la faccio, mi basta solo che sposti le tende” e così feci, quando mi passò accanto notai i muscoli delle sue braccia gracili tesi ma nessun segno di fatica nel suo viso “wow sei forte” e appoggiò il vassoio poi corse di nuovo nel dietro le quinte, qualcuno l’aveva chiamata.
Era tutto pronto, dovevamo lasciare il palco e aspettare che la massa di fan riempisse il locale, già si sentivano le urla impazzite di tutte quelle persone che non aspettavano altro che l’apertura delle porte. Ricordo che lasciai il palco per ultimo riportando il vassoio con i bicchieri vuoti, una volta arrivato nell’altra stanza rividi Hanna al lavoro, questa volta stava portando un tavolo in legno con le gambe richiudibili aiutata da un signore che lavorava in cucina notando il suo abbigliamento “certo che non ti fermi mai” ironizzai appoggiando il vassoio sul banco del bar “mi fermerò quando sarà tutto pronto, mentre voi farete il concerto”
“perché non prima? Insomma, ho visto che c’è altra gente che può fare quello che stai facendo tu”
“perché tu canti sempre? C’è tanta altra gente che lo fa” io rimasi spiazzato “perché l’ho scelto come lavoro, anche tu lo fai per lavoro?”
“no, lo faccio semplicemente perché di tutta la gente che c’è qui sono quella che ha più voglia di darsi da fare, altrimenti qui non sarà pronto nemmeno domani” mi sorprendeva la sua voglia di fare, si vedeva che iniziava ad avere il fiato corto per le continue corse dalla cucina, al bar a quella stanza
“hey Gee! Dai andiamo, tocca a noi!” Frank mi richiamò sull’attenti e andammo sul palco per iniziare il concerto.
Salito sul palco guardai la folla che avevo davanti, provai a leggere qualche striscione « Gerard Ti Amo »
« Frank se fossi un cane mi adotteresti? »
« Gerard+Frank=True♥ » e tra la folla urlante si distinguevano a malapena due parole: Gerard e Frank. Per un attimo mi bloccai, la mia mente era invasa
Gerard,Frank, Frank, Gerard, Gerard e Frank, Franky e Gee
Una mano sulla spalla mi fece trasalire, mi voltai e vidi Ray “va tutto bene?”
“si certo…”  mentii “dai iniziamo e facciamo casino!” così scacciai quei pensieri, lo ammetto, il basso di mio fratello mi aiutò parecchio in questo, mi riportò con i piedi a terra, o meglio sul palco e demmo vita ad uno dei migliori concerti che io possa ricordare.
Durante l’esibizione continuavo a vagare con lo sguardo sui fan esaltanti, posseduti dalla nostra musica, una vera e propria folla impazzita, poi qualcosa attirò la mia attenzione, un punto bianco sul nero, mi girai per vedere meglio che cos’era, Hanna, in tutta la semplicità di quella che si poteva dire essere la sua divisa, ondeggiava le spalle al ritmo delle nostre canzoni e mi seguiva con le parole, sembrava quasi stonare in quella stanza, una nota sbagliata in una canzone all’apparenza perfetta, mi venne da sorridere.
Il concerto era finito, stavamo cantando il secondo bis che ci avevano chiesto, feci per voltarmi nuovamente verso Hanna ma lei era sparita, lasciando quasi un vuoto incolmabile ma allo stesso tempo impercettibile; finito tutto era il momento di foto e autografi vari, era la prima volta che non vedevo l’ora di liberarmi, la testa si era nuovamente riempita di quelle due parole che ormai per me avevano perso tutto il loro significato.
Quando riuscimmo a tornare nel dietro le quinte la sala si era trasformata, ora sembrava quasi un ristorante, erano stati preparati molti tavoli, coperti con una tovaglia e ogni piatto, ogni bicchiere, ogni posta erano perfetti al loro posto, mi sedetti assieme a tutti e dopo solo qualche minuto Hanna uscì dalla cucina a passo sicuro seguita da altre ragazze più incerte, provai a fermarla ma era come se non mi avesse sentito, andò diretta alla fine del tavolo e iniziò a distribuire gli antipasti “Paola!” e poi disse qualcosa che non riuscii a capire ma un’altra ragazza arrivò da lei e iniziò a distribuire quello che aveva nel vassoio, “Marta!” e una ragazza mise del pane in tavola “Andrea!” e un ragazzo uscì dalla cucina poi Hanna si avvicinò a me “mi avevi chiamata?”
“oh, si, ma non fa nulla” e sorrisi, volevo lasciarla lavorare visto quanto era impegnata.
Passò anche la cena tra scherzi e risate con quelli della crew fino a che i primi non iniziarono ad alzarsi dal tavolo, io uscii a fumarmi una sigaretta, e guardai verso la cucina ma vidi sono un mucchio di persone che riordinavano così continuai a chiacchierare con i ragazzi, tanto non saremmo ripartiti prima del pomeriggio seguente; quando rientrai per prendere il bicchiere di birra che avevo lasciato a metà vidi che era già tutto sbaraccato “hey, la mia birra!” mentre Hanna già stava spazzando a terra mi avvicinai a lei “Hanna!” lei alzò il capo e mi sorrise “dimmi!”
“sai… prima mentre cantavo dal palco ti ho vista che ci stavi ascoltando..”
“oh si, avevo finito di preparare la stanza di qua così sono venuta a vedere come andavano le cose”
“non pensavo che conoscessi le nostre canzoni e mi sono sorpreso quando ti ho vista cantare”
“in realtà vi ho conosciuti con la black parade e poi sono andata ad informarmi anche sugli album precedenti”
“posso chiederti una cosa?”
“certo, io però continuo a ripulire se non ti dispiace”
“oh no certo, fai pure, anzi, se vuoi ti aiuto!”
“non serve” e mi sorrise ancora, iniziavo quasi ad odiare quel sorriso così gentile “cosa volevi chiedermi?”
“ah! Sì! Tu che vedi le cosa da un punto di vista diverso dal mio, perché ce l’hanno tanto su con me e Frank? Sembra quasi che esistiamo solo noi due?” lei si fermò per un istante “è per quella cosa che… aspetta come si chiama?... quella cosa con i nostri nomi fusi assieme?”
“intendi la storia del Frerard?”
“si, quella”
“beh, perché la gente vi vede sul palco, vede come flirtate e ci costruisce sopra molte fantasie”
“però tu non sembri farlo”
“una volta lo facevo pure io, poi però questa storia ha iniziato a prendere una piega troppo pesante per i miei gusti, perché la realtà dei fatti è questa…” poi mi prese la mano sinistra facendomi vedere la fede che porto al dito “la realtà è che tu sei felicemente sposato con una bellissima donna e hai una bellissima figlia, e li sul palco questo non cambia, potete giocare quanto volete ma per me rimarrete sempre due grandi amici!... almeno fino a quando non mi darai una prova contraria” e accennò una lieve risata buttando nel cestino tutto lo sporco che aveva raccolto da terra poi andò a prendere una macchina per lavare il pavimento “e perché tutti continuano a credere a questa storia?” lei scrollò le spalle “non so cosa passi nella testa delle persone, so solo che sono stanca di girare per internet e sentire i fan che parlano solo di questo frerard” poi arrivarono le ragazze che prima avevano aiutato Hanna a servire ai tavoli parlarono per un istante con lei poi si salutarono lasciandole finire il lavoro “se ne vanno?”
“sì”
“e non ti aiutano?”
“hanno già fatto tanto oggi”
“nulla rispetto a quello che hai fatto tu” lei spense il macchinario “ora ho finito anch’io” mi disse evidentemente stanca poi ripose la macchina nello sgabuzzino “e ora che fai? Vieni a farti un giro con noi?” mi guardò come per chiedermi se stavo scherzando “no, ora aspetto che finiscano di pulire in cucina e me ne torno a casa perché come appoggerò la testa sul cuscino mi addormenterò, tanto i tuoi amici sanno dove avete l’hotel, qui ora si chiude tutto”
“di già? Ma io volevo finirmi la mia birra!” lei sospirò per un attimo anche se non voleva farlo vedere dopo di che tornò dietro il banco del bar e mi preparò una nuova birra “grazie, ma non dovevi farlo a tutti i costi”
“ti ho buttato via quella di prima, è il minimo” a quel punto arrivò una signora a parlare con Hanna “ciao Gerard, ora chiudiamo tutto e me ne torno a casa”
“ciao Hanna, devo ammettere che non ho mai conosciuto una ragazza strana come te”
“non sono strana, sono…” si fermò un attimo a pensare “lasciamo stare quello che sono, non ho più nemmeno le forze per pensare, ci vediamo” e mi accompagnò fuori prima di chiudere a chiave anche l’ultima porta. Ci salutammo così, con un semplice ciao come se ci conoscessimo da sempre, solo arrivato in stanza e ripensando q tutto quello che era successo mi resi conto che in realtà non la conoscevo affatto, il giorno seguente speravo di trovarla in aeroporto ma non si presentò nessuno.
   
 
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