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Autore: milla4    23/08/2015    9 recensioni
Ognuno deve passare oltre, lasciare le proprie spoglie mortali per essere condotto in altri luoghi.
Nessuno però si chiede mai cosa si provi a dover essere il mietitore ? Colui che toglie ogni speranza?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sentii nulla quando morii, né dolore, né angoscia, nulla. Passai solo da una camera d’ospedale al bianco senza confini.
Non mi feci domande, percepii  che ogni dubbio aveva una risposta proprio lì, nella mia testa. Strano vero? Non mi sentii disperato, era tutto così naturale; la mia nuova esistenza era già stata programmata, il mio compito sarebbe stato quello, lo sapevo.
Divenni l’Angelo della morte… La cara e vecchia Morte, quella con la quale ogni essere vivente, prima o poi, dovrà fare i conti ero io.
Non avevo un corpo definitivo, per mia scelta decisi di riprendere le sembianze della mia forma mortale, una valeva l’altra.
L’unica cosa che mi differenziava dal me stesso di prima era un sottile paio di ali, leggere e trasparenti: erano lì per ricordarmi che tutto era cambiato. Un corpo non fa un umano.
Non provavo sentimenti, né emozioni e mi odiavo per questo. Volevo stare male, sentire un senso di colpa che mi avrebbe lacerato l’anima, ma nulla. Tutto era così logico, solo un lavoro da portare a termine, senza complicazioni di sorta.
Mi ricordavo cosa significasse sentire un qualcosa dentro sé, ma era come un ricordo lontano, non mio. Questa era la mia vita adesso.
Un tocco.
 Un semplice tocco e l’anima veniva strappata dal proprio involucro. Per chi era ancora in vita non era una carezza era un autobus, un infarto, un assassinio.
 Non avrebbero mai scoperto la verità, erano come bambini che dovevano essere protetti da informazioni troppo grandi per loro e chi mi mandava a fare il lavoro sporco lo sapeva bene.
Sì, perché qualcuno doveva esserci, altrimenti come avrebbero fatto quei dati così schematici ad apparirmi in testa? Soprattutto, doveva esserci, perché in caso contrario sarei impazzito.
Ero il fantasma di me stesso, è vero, ma ancora sentivo il bisogno di un contatto.
 
Perché in realtà ero solo; non seppi mai dell’esistenza di altri come me. In fondo, prima che assumessi l’incarico, qualcuno avrà dovuto strapparmi alla vita, no?
Strane voci stanziate nella mia testa cercavano di tranquillizzarmi, erano lì da sempre, forse.
 
Le mie dita avevano portato via la speranza di donne, uomini, bambini, cani, insetti, tutto ciò che prima del mio arrivo era vivo, parlava, giocava, mangiava, ora era cibo per i vermi; il loro corpo, compianto da parenti e amici, giaceva in una tomba perenne. Le loro anime? Non mi dissero mai dove finissero, era irrilevante che conoscessi tutto il meccanismo, io ero solo un ingranaggio.
 
Un’immagine… arrivai al luogo prestabilito: una ragazza, sui vent’anni, stava attraversando la strada con un enorme libro in mano. Era bellissima, o forse solo viva. Piombai davanti a lei e le accarezzai il viso con dolcezza: lei vide solo un’auto che la investì. Mi fermai, non avevo fretta di tornare nel mio mondo di oblio.
Il libro le era accanto, sporco del suo sangue. Mi chinai...
 
 
Uomini fummo, e or sem fatti sterpi:
ben dovrebb'esser la tua man più pia,
se state fossimo anime di serpi *
 
 
Qualcosa mi colpì al petto, proprio dove un tempo si trovava un cuore pulsante: stava parlando di me.
Una folata di vento spostò innumerevoli pagine...
 
 
 
...Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate... **
 
 
 
Un monito che da lì in poi mi perseguitò per il resto della mia esistenza.
Decisi di ignorare le voci che volevano obbligarmi a tornare al mio posto. Avevo bisogno di rimanere solo, veramente solo.
 
Ero un dannato e questa sarebbe stata la mia punizione perenne; cosa avessi fatto di talmente grave in vita non lo ricordai. Non potevo cambiare la mia sorte… o forse si?
 
Mi ribellai, ora ero al comando.
Decimai intere famiglie, uccisi senza rimorso migliaia e migliaia di poveri, piccoli esseri umani: mi chiamarono epidemia… bel nome!
Perché lo stavo facendo? Perché ne avevo voglia, perché l’essere apatico mi aveva trasformato in un mostro sanguinario, perché… volevo essere punito.
 
******
La cara e dolce Morte aveva bisogno di qualcuno che la sgridasse, qualcuno di reale e non una semplice voce. Un contatto e nulla più.
******

 





 

Ps: eoni fa (nel 2016) ha partecipato all'ultima edizione finora noti degli Oscar efpiani, purtroppo non ha avuto alcuna nomination ma comunque i giudizi non sono stati proprio negativi, mi aspettavo di peggio, su:

#36 - Milla4 – Il lamento della morte 

Sigyn: Ho adorato la tua storia, ma era difficile riuscire a collocarla in una categoria precisa perché non aveva elementi di spicco rispetto ai parametri da giudicare. Quindi non l'ho Nominata ma è una bellissima storia e sono contenta di averla letta. 

Sif Styrjordottir: Ciao, la tua storia non era male, hai usato bene le citazioni dantesche, ma mancava qualcosa che la facesse spiccare 


 Note:
 *  Inferno, Canto XIII - Dante Alighieri

 ** Inferno, Canto III - Dante Alighieri
La storia è nata come partecipante a un contest i cui pacchetti richiedevano una citazione (Inferno, Canto XIII - Dante Alighieri) e il tema principale su cui bisognava incentrare la storia era una trasformazione dopo la morte.
Ho aggiunto un'altra citazione sempre da dalla Commedia di Dante: Inferno, Canto III.
   
 
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