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Autore: Ayumu Ena    24/08/2015    1 recensioni
Lasciò che il sangue la macchiasse e senza pensare alle conseguenze affondò la disperazione sulla figura dinnanzi a sé; la lastra di vetro si ruppe e nel punto in cui aveva colpito, le schegge non trovarono sollievo nel cadere a terra, ma si accontentarono di insediarsi nella carne di Mary.
{Mary Kozakura centric | 795 parole}
▪ Quarta classificata e vincitrice del premio Miglior Titolo al contest "L'arte di morire" indetto da Fear.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mary Kozakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Titolo storia: Il cielo prega ancora per salvarti
Nickname sul forum e su EFP: Ayumu Okazaki Ayumu
Fobia utilizzata: ommetafobia
Fandom: Makakucity Actors/Kagerou Project
Personaggi: Mary Kozakura
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo
Raiting: giallo
Avvertimenti + note: Tematiche delicate [?]
Introduzione: Lasciò che il sangue la macchiasse e senza pensare alle conseguenze affondò la disperazione sulla figura dinnanzi a sé; la lastra di vetro si ruppe e nel punto in cui aveva colpito, le schegge non trovarono sollievo nel cadere a terra, ma si accontentarono di insediarsi nella carne di Mary.
Note dell'autore: (alla fine)



Il cielo prega ancora per salvarti
Dolcemente affonda con te, la speranza di sopravvivere ancora.



Mary credeva che allontanarsi dalla città per un po' le avrebbe fatto bene. Le cose inutili come il trambusto, il caos, i clacson che ripercuotevano nei padiglioni auricolari quello stridio – come lo chiamava lei – sgradevole, le persone che marciavano convulsamente come formiche rosse e seguivano la monotona routine di tutti i giorni, era riuscita a lasciarsele alle spalle. E di questo ne era felice, quel luogo di montagna le comunicava calma e pace. Se la sua anima era, da una parte, in uno stato di beatitudine, dall'altra non riusciva ad accettare il fatto di convivere con la paura. L'ansia di evitare accuratamente ogni contatto umano era diventata una mania. E sottrarsi a qualsiasi legame era diventato difficile; pensava che ritirarsi in una casa isolata di montagna avrebbe migliorato la situazione, ma gli occhi erano dappertutto, persino nei suoi sogni, dove ormai la sua mente non distingueva più ciò che era reale da ciò che era solo frutto del suo inconscio. In un moto perpetuo la sua coscienza tentava di ridestarla da quel sonno a occhi aperti, ma l'intelletto non ne voleva sapere di darle ascolto.
Per un paio di giorni non si era imbattuta in nessun riflesso, o qualunque cosa che potesse rivelare la sua persona, in particolar modo le sue iridi rosa perlato, con sfumature di magenta chiaro. Bastò uno spiraglio di spensieratezza a far cadere tutte le sue speranze, o come preferiva chiamarle: illusioni.
Quando ciò avvenne, camminava tranquilla verso il bagno di casa, era mattina presto, la luce del sole picchiettava sulle ante in legno e gli uccellini bisbigliavano armoniosamente, appoggiati a qualche ramo secco. Quando vi entrò non pensò minimamente di evitare lo specchio e l'idea di potersi osservare finalmente, dopo tanto tempo, ebbe il sopravvento. Quindi sorrise, e fissò lo sguardo su di lei.
Fu pietrificata lentamente da se stessa, quelle pupille che la guardavano le rimembrarono tutti i momenti disperati in cui tentava di lottare contro la sua fobia, e regolarmente perdeva.
Allungò una mano e protese il dito indice verso la superficie fredda e liscia. Al primo tocco ritirò l'arto, incapace di fermare il tremore. Lo specchio traballò leggermente sotto la pressione causata da Mary. L'oscillazione modificò, seppur impercettibilmente, i lineamenti della giovane, un movimento così simile al sasso che affondò nel lago lo scorso pomeriggio, facendo ondeggiare l'acqua. Al secondo toccò, la mano era chiusa su stessa e le unghie affondavano nella pelle morbida, qualcuna graffiava l'epidermide. Lasciò che il sangue la macchiasse e senza pensare alle conseguenze affondò la disperazione sulla figura dinnanzi a sé; la lastra di vetro si ruppe e nel punto in cui aveva colpito, le schegge non trovarono sollievo nel cadere a terra, ma si accontentarono di insediarsi nella carne di Mary. Si distese sul marmo, e unì il palmo sano a quello ferito, cercando conforto. Le fitte si fecero mano a mano più acute, e l'angoscia offuscò la sua vista di gocce salate. Le lacrime erano calde, come il rosso che fluiva dalla ferite.
Ora che finalmente aveva trovato un luogo in cui pensava di poter guarire, sentiva di dover andare via. Come la casa di città anche quella si era infettata della sua paura, e non poteva continuare a vivere lì. Si alzò, ancora scossa, uscì dall'abitazione e si diresse al dirupo, un luogo dove poteva pensare lucidamente e prendere la decisione migliore. Il tragitto si fece sempre più scosceso e impavido, Mary inciampò svariate volte procurandosi sbucciature su entrambe le ginocchia. I sassolini che si alzavano sotto i suoi passi, si incastravano tra la scarpa e il piede, ricordandole le punture degli aghi, veloci e amare. Arrivò alla meta con il respiro irregolare, le ginocchia dolenti e la mano martoriata la sentiva appena. Mosse ancora qualche passo verso la punta del precipizio e esaminò il fondo, un cumulo di rocce che si stagliava per chilometri e chilometri.
Un'aquila padroneggiava con elegante sicurezza le correnti d'aria e si librava sola nel cielo, scrutando le sue prede dall'alto. Sbatteva le ali quando voleva riprendere quota e si riposava, lasciandole semplicemente spiegate quando voleva abbassarsi. Mary ne rimase incantata, mai ne aveva contemplata una. Le sembrò libera in tutto quel fluire azzurro che la volta celeste le riservava. Anche lei non voleva più essere sottomessa da quella paura che la incatenava lì dov'era. Così, mosse un passo di troppo e il sostegno mancò sotto i suoi piedi.
Non si accorse nemmeno di star cadendo, ora che il suo sogno era diventato realtà si concentrò su quei pensieri positivi. Essi le infondevano un'infinita sicurezza, e solo quando urtò violentemente il suolo si rese conto di aver sbagliato tutto. Di lei rimase solo un corpo afflitto e scomposto dalle molteplici ossa rotte. Il sangue era rimasto accanto a lei, fino alla fine.


NOTE DELL'AUTRICE
Premetto che la bozza di questa storia non mi era piaciuta per niente, ma quando sono andata a correggerla, riguardarla e ampliare certi momenti, ne sono rimasta soddisfatta. Non mi sarei mai aspettata di approdare su questo fandom con una storia così triste, drammatica, però è successo, quindi pace. Mary è un personaggio che amo tanto e mi dispiace averla fatto morire, ma è così che doveva andare. La paura che presenta Mary è l'Ommetafobia (paura degli occhi) e non so se sono riuscita a renderla al meglio, io comunque so di essermi impegnata con tutta me stessa.
La storia doveva essere una flash, ma contro ogni mia previsione – come spesso capita – si è trasformata in una OS, non troppo lunga ovviamente. Credo di aver detto tutto il necessario, quindi sparisco, con l'augurio di tornare presto a scrivere su questo fandom con Kano Shuuya, l'amore mio, perché sì.
Ayumu
   
 
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