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Autore: harinezumi    24/08/2015    4 recensioni
“Con te era molto più semplice” mormorò, al buio, mentre aspettava l'ascensore per salire alle stanze in cui lui e Damian vivevano; non era certo che rivolgersi a lui avrebbe aiutato, considerando che non avrebbe potuto ascoltarlo. Ma tanto, non aveva ricevuto comunque risposta, il più delle volte, anche quando Bruce era lì in carne ed ossa. “Eri lì a prendermi, quando saltavo nel buio”. [pre New52]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dick Grayson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! c:
Come forse si è capito dall'introduzione, questa breve fic è ambientata dopo Batman RIP e la "morte" di Bruce Wayne, e Dick è già diventato il nuovo Batman. Il titolo è tratto da una delle saghe di Nightwing "Il grande salto", appunto, e la fic avviene nello specifico dopo il numero 6 della vecchia testata di Batman e Robin di Morrison del 2009. Comunque, non è importante averlo letto per capire i riferimenti.
Mi ha sempre affascinato come Dick diventi quasi incapace di reagire alla situazione nei primi tempi come Batman; nel contempo, trovo che sia proprio grazie a questo cambiamento che i tratti migliori del personaggio sono venuti a galla, rendendolo un Batman unico. Ci sarà sempre un posto speciale nel mio cuore per Batman!Dick :'
Spero che quello che ho scritto vi piaccia, se vorrete lasciarmi un commento ne sarò felicissima!

harinezumi






 

The great leap








Dick si tolse la maschera con cura, gemendo quando un lato del cappuccio gli sfiorò la palpebra dolente, mentre lo sfilava. L'appoggiò sul piedistallo che la teneva rigida e in ordine, voltandosi verso l'anta che lo rifletteva leggermente nel metallo, e osservando con aria scoraggiata l'ematoma viola che gli copriva metà volto.

Sembrava che nemmeno quella settimana sarebbe stata adatta alle relazioni pubbliche, per lui. Doveva mandare l'ennesimo messaggio a Tim per informarlo che non sarebbe stato d'aiuto alla festa di beneficenza organizzata dalla società Wayne; sperando che Tim fosse stato in vena di ascoltarlo.

Era qualcosa che faceva di rado, dal momento che la maggior parte delle volte che si rivolgevano la parola, adesso, era per litigare, per la felicità di Damian. Dick aveva i suoi dubbi che il ragazzo sarebbe rimasto a lungo a Gotham, o in contatto con lui tanto per cominciare.

 

Si sfilò la parte superiore del costume, gettandola, mantello e tutto, dentro l'armadietto, poco propenso all'ordine ora che aveva visto lo stato del proprio viso. Il peggio era che non poteva farla pagare a Jason, stavolta, perché Cappuccio Rosso si era fatto catturare e picchiare un prigioniero sarebbe stato un gesto poco nobile da parte di Batman. Sbollire quella rabbia era comunque tutt'altro che facile. Poteva ancora sentire le urla che si erano scambiati davanti agli sguardi attoniti di metà del corpo di polizia di Gotham, tenuti entrambi stretti tra le braccia di diversi agenti.

Dick, a posteriori, riconosceva che non aveva trattato la situazione con la dovuta professionalità. Non c'era da stupirsi se il commissario Gordon lo guardava ancora con aria scettica, dall'alto in basso, come se si chiedesse in continuazione cosa ci facesse in un costume da Batman.

 

Eppure, quello era nulla. Se c'era qualcuno che aveva fatto un'arte del considerarlo un impostore, era Damian. C'erano momenti in cui il bambino assumeva atteggiamenti normali nei suoi confronti, quasi teneri: ma Dick li poteva contare sulle dita di una mano.

Per quanto bisognoso di attenzioni e spaesato, Damian Wayne era un bambino difficile e Dick non aveva chiesto nessun figlio a carico, tanto per cominciare, figurarsi di trovarsi in una situazione del genere. Alfred lo aveva supportato, per un po', poi anche lui aveva cominciato a chiedergli perché non stesse dando più possibilità e spazi a Damian, dal momento che “ne aveva davvero bisogno”.

Non passava giorno che Dick non capisse più in profondità l'ossessione di Bruce per quel lavoro, e perché avesse posto tutte quelle condizioni per lasciare che un Robin lo aiutasse. E alcune erano situazioni che nemmeno Alfred poteva capire.

 

Il vecchio maggiordomo, occhiate di disappunto a parte, però, era un tipo paziente. Non era affatto così quando si trattava di Barbara, o Stephanie. Le due ragazze sembravano determinate a metterlo in difficoltà il più possibile.

Babs in particolar modo aveva probabilmente deciso di dargli contro a prescindere, visti i fatti, e Steph era decisamente troppo immatura per fare qualunque cosa si fosse messa in testa di fare con quel costume da Batgirl. L'unica persona che avrebbe potuto farla rinsavire era in quel momento dispersa chissà dove, probabilmente chiusa nel suo dolore. E Cassandra non mancava solo a lei.

 

Dick spense la luce dell'armeria, uscendo con indosso soltanto i pantaloni della tuta, dopo essersi cambiato; pregò che Robin avesse fatto lo stesso e fosse andato a dormire, come gli aveva chiesto, perché per quella notte non era sicuro di riuscire a sopportare l'ennesima discussione con Damian. Era stato già abbastanza vicino, in quei giorni, all'uscire dalla porta dell'attico che dividevano, e a non tornare per un bel po'. Cosa che era nel suo tipico, e sapeva benissimo che non avrebbe più potuto fare.

 

“Con te era molto più semplice” mormorò, al buio, mentre aspettava l'ascensore per salire alle stanze in cui lui e Damian vivevano; non era certo che rivolgersi a lui avrebbe aiutato, considerando che non avrebbe potuto ascoltarlo. Ma tanto, non aveva ricevuto comunque risposta, il più delle volte, anche quando Bruce era lì in carne ed ossa. “Eri lì a prendermi, quando saltavo nel buio”.

 

Sorrise al vuoto, e nel finire della salita in ascensore si sorprese con il cuore in gola, come se Bruce fosse stato al di là delle porte ad aspettarlo.

Quando si aprirono, non c'era anima viva.

 

Damian, come constatò sbirciando nella sua camera dal letto socchiusa, stava dormendo della grossa; poco importava che avesse ancora addosso la metà del suo costume da Robin. Alfred sembrava sveglio a sbrigare le ultime faccende, a giudicare dalla luce della cucina accesa, ma Dick non osò andare a parlargli; l'atmosfera tra lui e il maggiordomo, in quei giorni, era pesante (tra lui e tutti, in verità), e poi preferiva un sano riposo ad un impacco di mezz'ora all'occhio. Bruciava, gli ricordava Jason ed era perfetto, perché al momento aveva bisogno di dare la colpa di tutto a qualcuno.

 

Si gettò tra le coperte sfatte del proprio letto troppo grande, in quella stanza gigantesca e informale; Alfred non l'aveva rifatto da quella mattina, altro segno che era arrabbiato con lui.

Chiuse gli occhi, cercando di non dare peso alla cosa e di concentrarsi sul pensiero di Bruce, e di come sperasse, in fondo, che Tim avesse sempre avuto ragione su di lui. Dopotutto, in quanto a Ragazzo Ostaggio, aveva il diritto di rivangare nei ricordi e sentire il bisogno di essere salvato, ogni tanto, per ricordare i vecchi tempi.

 

“Andiamo, boss... cosa aspetti ad arrivare e portarmi a casa?” sussurrò, con un altro sorriso vuoto.

 

Spalancò gli occhi con una risatina, sentendosi incredibilmente patetico, e nel buio, in quel momento, scorse la sagoma di un cappuccio, del tutto simile al suo ma completamente differente, anche troppo familiare.

E poi quella voce, che risuonò nelle sue orecchie come un eco, così distante e dimenticata che Dick si chiese se non fosse un'allucinazione.

 

“Tu sei a casa. Ci sei arrivato con le tue gambe”.

 

Il cuore gli balzò in gola, sentì il sangue salirgli alla testa e pulsare nei suoi timpani, mentre mille domande gli esplodevano nel cervello e al contempo i suoi pensieri venivano annullati dalla confusione e lo stupore.

Il tempo che ci mise a riprendersi e a fare un balzo verso l'interruttore, e la sagoma era sparita.

 

Al suo posto, il sollievo della sensazione che tutto stava cominciando ad andare al suo posto.

 

 





 
  
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