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Autore: Kim_HyunA    24/08/2015    1 recensioni
“Dovresti lasciarmi il tuo numero”. Voleva sembrare sciolto e disinvolto, ma era certo che la velocità con cui aveva parlato avesse rivelato il suo nervosismo e l’aver abbassato lo sguardo a terra l’aveva sicuramente tradito.
Kibum tornò verso di lui, un sorriso storto sul volto.
“Mi vuoi chiedere di uscire?” domandò.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Non ci misero molto per raggiungere la casa di Kibum. Era una semplice abitazione ad un piano, con un  vialetto che collegava il cancello all’ingresso. Jonghyun rimase seduto sulla sella della moto quando Kibum scese e gli restituì il casco. Stava cercando di capire come salutarlo e con quali parole, ma ancora una volta fu l’altro a risolvere il problema al suo posto.
 
“Vuoi entrare?” chiese, lanciando un’occhiata alla casa e mettendogli una mano sul braccio, accarezzandolo. Jonghyun non sapeva se fosse per risultare più convincente o perché volesse semplicemente toccarlo.
 
Il suo cuore sarebbe comunque presto scoppiato, ne era certo.
 
Ma per quanto ogni cellula del suo corpo volesse urlare “Sì”, gli si presentò alla mente un piccolo inconveniente.
 
“Non c’è tua mamma in casa?” domandò, sentendosi un guastafeste, ma quando gli venne spiegato che no, non ci sarebbe stata perché non vivevano insieme ma che quello era l’appartamento che aveva affittato per essere più comodo a raggiungere l’università, Jonghyun riusciva quasi a sentire i fuochi d’artificio esplodergli nel petto.
 
E dopo essersi assicurato sulle sue condizioni di salute — dopotutto restava sempre un futuro dottore, anche mentre non indossava il camice —, lo seguì in casa.
 
Era un monolocale arredato con gusto. Anche se la mobilia sembrava essere piuttosto economica, Jonghyun era certo di vedere il tocco personale dell’altro in alcuni poster e soprammobili che avrebbe potuto definire solo come “estrosi”. Sul tavolo della cucina, poco più in là dell’ingresso, erano sparpagliati fogli, squadre e compassi; dovevano essere per uno dei suoi progetti di architettura. Cucina e soggiorno erano fusi insieme, con un grazioso divano a due posti dall’aria molto comoda davanti ad una televisione. Dalla parte opposta vide una porta chiusa ed immaginò che portasse alla sua camera. Deglutì a fatica.
 
“Vuoi qualcosa da bere?” domandò l’altro, distogliendolo da pensieri che sperava si avverassero entro la serata.
 
“S-sì” rispose imbarazzato, quasi temendo che Kibum avesse potuto vedere le immagini che gli erano passate per la mente.
 
Regnava un’atmosfera strana, sospesa. Nemmeno mezz’ora prima erano uno sull’altro, sdraiati su un prato, senza che si riuscissero a distinguere le mani dell’uno da quelle dell’altro. E ora erano in silenzio mentre sorseggiavano un cocktail analcolico (Jonghyun aveva precisato che non reggeva per niente l’alcool e, a meno che non volesse vederlo piangere o mettersi a parlare da solo per ore, sarebbe stato meglio limitarsi a qualcosa di leggero).
 
Ma Jonghyun si pentì subito di non aver scelto qualcosa di più forte, così forse ora avrebbe avuto il coraggio necessario per alzarsi e baciare Kibum contro il muro, intrappolandolo tra le proprie braccia.
 
Aveva bisogno di riordinare le idee.
 
“Posso darmi una rinfrescata?” chiese e seguì Kibum verso la porta che pensava condurre alla sua camera. Ed era così.
 
Al centro della stanza, appoggiato ad un muro, c’era un enorme letto.
 
L’altro doveva aver notato che ne era rimasto come ipnotizzato, perché si mise a ridere, “Il bagno è da quella parte”.
 
E Jonghyun dovette fare un enorme sforzo per capire perché Kibum gli stesse indicando la porta lì accanto, quando in realtà tutto quello che voleva fare era buttarsi sul letto insieme a lui e farsi fare tutto ciò che gli passava per la mente.
 
“Grazie”.
 
Entrò chiudendosi dietro la porta. Per prima cosa controllò il suo riflesso allo specchio e tirò un sospiro di sollievo vedendo che aveva ancora un aspetto impeccabile, senza ciuffi ribelli piegati in strane direzioni.
 
Lasciò che l’acqua gelata gli scorresse tra le mani e l’effetto calmante fu istantaneo.
 
Ora non vedeva solo l’ora di sfilarsi quei pantaloni che si erano fatti tremendamente stretti.
 
Non aveva fatto in tempo ad aprire la porta che il suo naso colse l’avvolgente ed intensa fragranza di muschio e mogano, una delle sue preferite. Kibum aveva acceso delle candele profumate su una mensola e non poté fare a meno di sorridere perché era sicuro che l’altro le avesse acquistato espressamente per lui, sapendo quanto fosse sensibile ai profumi.
 
“Ottima scelta” gli disse avvicinandosi, già pregustando il momento in cui l’avrebbe nuovamente baciato.
 
E fu un attimo poi. Le labbra unite, le lingue intrecciate e le mani di Kibum che gli abbassavano la cerniera della giacca di pelle, sfilandogliela guardandolo dritto negli occhi e indugiando poi sulle sue braccia nude.
 
Jonghyun non esitò a tuffarsi nell’incavo del suo collo, così profumato, così invitante, e soprattutto così esposto da quello scollato maglione. La sua pelle era di velluto e avrebbe voluto non allontanarsene mai più.
 
Non sapeva per iniziativa di chi, ma poco dopo si era ritrovato su letto, la schiena premuta contro il morbido materasso. Gli strinse le mani intorno alla vita sottile mentre sentiva la sua bocca calda contro il collo.
 
Lingua, denti, baci e morsi. La sua pelle era l’entusiasta bersaglio degli attacchi dell’altro.
 
Lunghe dita lo accarezzavano da sotto la maglietta, facendogli desiderare di più, sempre di più. Gliela sollevò quel tanto che bastava per lasciargli il petto scoperto e Jonghyun non era sicuro che sarebbe sopravvissuto.
 
E ne ebbe l’assoluta certezza di lì a poco, quando le mani di Kibum presero ad armeggiare con i suoi pantaloni. Il solo sapere che le sue dita erano pericolosamente vicine a quella zona così sensibile gli fece annebbiare la vista.
 
Alzò i fianchi per aiutarlo mentre glieli sfilava e non respirava più. Non respirava più mentre lo toccava da sopra i boxer — le labbra strette tra i denti — e non respirava più quando glieli sfilò, accarezzandolo con le dita. Tenendo gli occhi strizzati, si lasciò sfuggire un lamento che era certo avrebbe fatto capire quanto fosse impaziente.
 
Kibum vi chiuse intorno le dita, iniziandole a muovere per tutta la lunghezza e soffocò un suo gemito in un bacio.
 
Il corpo di Kibum contro il suo, i movimenti precisi e veloci della sua mano, la sua bocca che gli succhiava avido una clavicola, uniti alla forte aspettativa che aveva di quel momento non lo fecero resistere ancora a lungo.
 
Con un gemito nel profondo della gola e afferrando con forza il lenzuolo tra le dita, venne nelle mani dell’altro.
 
Rimase con gli occhi chiusi, con il petto che si alzava e abbassava furiosamente. Le sensazioni che gli avevano attraversato il corpo erano state così intense che gli girava la testa. E capì che riaprire gli occhi fu una pessima idea quando si accorse che Kibum lo guardava attento, succhiandosi un dito alla volta tra le labbra. Vide una goccia bianca che gli era rimasta su un angolo della bocca e la sua lingua scorrervi lentamente sopra. Mugugnò frustrato. Sentiva l’eccitazione crescere di nuovo.
 
 
 
 

Qualche minuto dopo, avendo ripreso del tutto il fiato, si trovava lui sopra l’altro, intento a baciargli ogni centimetro di pelle del petto. Con il suo ampio maglione gettato con noncuranza da qualche parte nella stanza, non si lasciava sfuggire nemmeno una parte del suo corpo.
 
E mentre Jonghyun era più il tipo da rimanere in silenzio e conficcarsi i denti nelle labbra, Kibum era invece più vocale e le sue espressioni appagate gli facevano provare un certo senso di soddisfazione.
 
Gli lanciò un’occhiata e lo vide con gli occhi chiusi e la testa affondata nel cuscino, il suo collo teso era un invito che non poteva rifiutare. Prese lentamente a leccargli il collo e poteva sentire la sua gola vibrargli sotto la lingua. Prese il suo tempo per succhiarlo con attenzione, con l’intenzione di lasciargli un segno talmente evidente che per nasconderlo non avrebbe avuto altre alternative se non indossare una sciarpa o un maglione a collo alto.
 
E mentre nei movimenti Kibum era impeto e foga, Jonghyun era calma e passione controllata. Gli piaceva concentrarsi su un punto alla volta per procurare il massimo del piacere. Lentamente prese a baciarlo tra le clavicole, seguendo la linea del petto e arrivando appena sotto l’ombelico.
 
Quei pantaloni erano decisamente un intralcio; doveva liberarsene il prima possibile. Lottò per qualche secondo di troppo per i suoi gusti, perché erano davvero stretti e non sembravano avere nessuna intenzione di scivolare lungo le gambe di Kibum. Una volta tolti, gli sembrava così disperato che non perse altro tempo prima di spogliarlo completamente.
 
Gli sembrava un sogno, un sogno particolarmente vivido, trovarsi insieme a Kibum, così bisognoso, così disperato, così nudo.
 
Non poteva chiedere niente di meglio.
 
Nel momento stesso in cui glielo prese tra le labbra, lo sentì trattenere il respiro e stringergli con forza i capelli. Non gli dispiacque quella lieve sensazione di dolore.
 
Muoveva la testa ritmicamente e non ci mise molto prima di capire che l’altro era particolarmente sensibile ai suoni, avendo notato come i suoi gemiti si facessero più forti quando lo succhiava rumorosamente o la sua lingua creava suoni umidi contro la sua pelle. Stava dedicando particolare attenzione alla punta, con le guance incavate e le labbra umide, quando lo sentì gemere ancora di più. Rise (per quanto poteva ridere con la bocca piena).
 
“Tutto bene?” gli chiese, con un misto di ironia ed orgoglio.
 
L’altro ci mise qualche secondo prima di riuscire a rispondere. E quando lo fece, era senza fiato.
 
“Alla grande”.
 
Dal tono non gli fu difficile capire che l’altro desiderava solo che riprendesse al più presto da dove si era interrotto.
 
Jonghyun non lo fece aspettare.
 
Era certo che non dovesse mancare ancora molto da come la sua voce si era fatta più spezzata e ansimante, o da come le sue dita avevano smesso di corrergli tra i capelli per afferrarlo con forza.
E non si sbagliava.
 
Di lì a poco, un caldo liquido gli invase la bocca.
 
E mentre lo guardava giacere sul letto apparentemente senza più forze, Jonghyun pensò ancora una volta a come aveva avuto modo, fino a quel momento, di conoscere tre diversi lati di Kibum. Quello del dolore, quello della sfrontatezza unita ad un pizzico di malizia, e ora questo totale abbandono tra le sue mani, o meglio, nella sua bocca. Tre lati così diversi ma tutti altrettanto reali.
 
Ancora immerso nei suoi pensieri, non si era accorto che Kibum si era seduto sul letto, i capelli arruffati e un’espressione sorniona sul volto. Lo vide alzarsi e fermarsi davanti alla porta che gli sembrava di aver attraversato milioni di anni prima. Ovviamente i suoi occhi non poterono non correre subito alla sua lattea pelle nuda.
 
Kibum gli lanciò un’occhiata complice.
 
“Doccia?”.
 
Jonghyun non se lo fece ripetere due volte.
 
 
 
 

Era ancora mezzo intorpidito dal sonno, quando aprì gli occhi.
 
Non appena la luce gli colpì le pupille, grugnì infastidito e si girò dalla parte opposta con l’intenzione di trovare conforto stringendosi a Kibum, con il quale aveva trascorso la notte. Ancora non ci poteva credere. Stava sorridendo solo nel ricordare il calore che si era diffuso tra i loro corpi quando si era addormentato tenendolo abbracciato.
 
Ma c’era qualcosa che non andava.
 
La sua mano incontrò il lenzuolo freddo al suo fianco. Dov’era finito Kibum?
 
La risposta non tardò ad arrivare.
 
Non aveva ancora del tutto riaperto gli occhi quando sentì il fragrante aroma del caffè venire dalla porta lasciata aperta e che gli risvegliò i sensi.
 
Cercò i propri boxer che ritrovò a fatica in fondo al letto, poi si diresse verso la cucina, dove lo accolse la vista di un Kibum con addosso solo la sua maglietta bianca — e non poteva negare di aver sentito il suo stomaco contorcersi felice.
 
Era in piedi dandogli le spalle e i suoi occhi si fissarono subito sulle sue gambe pallide.
 
Kibum si accorse quasi subito della sua presenza e si voltò con un sorriso.
 
“Hey bellezza”.
 
Jonghyun arrossì e trattenne a stento un sorriso soddisfatto. Gli si avvicinò e lo salutò con un lento, lungo bacio. La sua bocca sapeva del caffè che stava bevendo da un’enorme tazza fumante e il suo corpo ancora profumava per la doccia che avevano condiviso la notte prima e al solo ricordo si sentì le guance avvampare di calore.
 
Bevve una veloce tazzina di caffè, prima di saltare in sella alla sua moto per passare a casa prima di iniziare un nuovo turno in ospedale.
 
Si infilò il casco, guardando Kibum sulla soglia di casa che sorseggiava il suo caffè con ancora addosso la sua maglietta — Jonghyun aveva dovuto indossare la giacca di pelle sul torace nudo quando l’altro si era categoricamente rifiutato di restituirgliela.
 
“Ti chiamo io” promise, prima di scappare via tra i primi raggi mattutini.
 
 
 
 

Si sentiva ancora frastornato quando arrivò a casa poco dopo.
 
Sua mamma doveva già essere uscita, perché mancavano le sue scarpe all’ingresso. Per una volta era contento di non doversela trovare davanti, non gli andava di dare spiegazioni.
 
Era deciso a sgattaiolare in camera prima di diventare il bersaglio delle battutine della sorella, ma aveva fatto appena in tempo a salire qualche gradino per andare al piano di sopra, quando la capigliatura castana di Sodam sbucò dalla porta della sua stanza.
 
“Mi sembrava che non fossi tornato questa notte” commentò con aria divertita. “Immagino sia andato bene l’appuntamento”.
 
Leggermente in imbarazzo, Jonghyun non sapeva cosa risponderle.
 
“Non era un appuntamento” negò ancora una volta sottovoce, arrossendo.
 
Roo scelse proprio quel momento per corrergli incontro, annusandolo freneticamente. Doveva essergli rimasto addosso l’odore di Kibum e Roo l’aveva colto subito.
 
Sospirando sconfitto, si ritirò in camera, accompagnato dalle risate di Sodam.
 
 
 

 
Una settimana dopo, approfittando della casa vuota (sua mamma da alcuni parenti in una città vicino e la sorella che doveva trascorrere la serata con degli amici), Jonghyun decise di invitare Kibum per guardare un film con il suo nuovo proiettore e maxischermo dei quali era particolarmente orgoglioso. Naturalmente nel suo piano sperava che avrebbero ignorato abbastanza presto il film, ma decise di omettere quel particolare quando lo aveva chiamato.
 
Ad essere sincero, si sentiva piuttosto nervoso all’idea di avere Kibum in casa sua, in camera sua.
 
Voleva che tutto fosse perfetto, ma c’era poco da sistemare. Tutto era sempre in ordine in quella stanza quasi del tutto spoglia. Il letto era già rifatto e i libri già al loro posto sulle mensole.
 
Mancava poco al suo arrivo e decise di tenersi impegnato accendendo la sua candela preferita al cocco, il dolce aroma che subito si diffondeva nell’aria, emanando una tremolante luce soffusa.
 
Stava con le orecchie tese, pronto a scattare al minimo rumore del motore di una macchina. Ad un certo punto, per evitare di alzarsi continuamente dal letto per scrutare attento fuori, si appoggiò alla finestra, dove poteva godere di una visuale completa sulla strada.
 
Gli vibrò il cellulare nella tasca. Gli aveva mandato un messaggio.
 
Si preoccupò che potesse esserci stato un inconveniente e che la loro serata insieme sarebbe saltata. Con il cuore in gola, appoggiò un dito sullo schermo per leggere il messaggio.
 
Prepara i popcorn, sono lì tra 5 minuti ;)”.
 
Squittì dalla gioia e si augurò che nessuno lo avesse sentito, o sarebbe stato davvero imbarazzante.
 
Scese le scale di corsa, quasi inciampando su Roo che, infastidita dal rumore dei suoi passi, si era avvicinata incuriosita per vedere cosa aveva disturbato il suo sonno.
 
Era quasi arrivato alla porta di ingresso, quando frenò di colpo. Sua sorella era ancora lì, intenta a mettersi le scarpe.
 
“Cosa ci fai ancora qua?!” chiese, senza riuscire a nascondere un certo senso di fretta.
 
Non voleva che si incontrassero, non ancora. Era già abbastanza irrequieto senza doversi anche preoccupare di presentare Kibum alla sorella.
 
Sodam lo rassicurò che stava uscendo, ma ci tenne a fare una precisazione. “Non preoccuparti, non intralcerò il tuo appuntamento”.
 
“Non è appuntamento” si passò frustrato una mano tra i capelli. Si era scordato quante volte aveva già ripetuto quella frase negli ultimi giorni.
 
Gli sembrò di sentire il rumore di una macchina che si avvicinava e fu preso dal panico. Guardò la sorella con gli occhi spalancati.
 
Le appoggiò le mani sulle spalle e la spinse letteralmente fuori da casa.
 
Erano appena arrivati oltre il cancello all’ingresso quando vide Kibum parcheggiare impeccabilmente con una sola manovra e scendere dalla macchina.
 
Jonghyun mormorò un leggero “Grazie” alla sorella che doveva aver capito la sua ansia, perché liberò in fretta il campo, andando nella direzione opposta di quella in cui arrivava l’altro ragazzo.
 
Si girò verso Kibum che era già a pochi passi da lui e non riuscì nemmeno a salutarlo, la gola all’improvviso secca, perché l’altro si era pericolosamente avvicinato al suo volto.
 
“Impaziente di rimanere solo, eh?” gli fece un occhiolino, prima di avviarsi da solo verso la porta di ingresso.
 
Doveva aver assistito alla scena in cui cacciava a tutta fretta la sorella. Gemette frustrato passandosi ancora una volta la mano tra i capelli.
 
Quando lo raggiunse in casa, lo trovò accovacciato accanto a Roo che, scodinzolante e sdraiata sulla schiena, si faceva accarezzare entusiasta la pancia.
 
“Allora” iniziò Kibum, alzando lo sguardo verso di lui, “Questo magnifico proiettore dov’è?”.
 
Mentre gli faceva strada e lo portava al secondo piano con il cuore che martellava, si preoccupò del modo in cui camminava: non poteva sapere dove fossero puntati gli occhi dell’altro, nel dubbio, era meglio non rischiare.
 
Entrato in camera, Jonghyun si sentiva sulle spine, come se si aspettasse che l’altro esprimesse un giudizio. Ma quando Kibum commentò il buon profumo che aleggiava nella stanza, si rilassò immediatamente. Lo vide spostarsi verso il suo comodino dove erano posati alcuni saggi di prosa.
 
“Sei un cervellone” rise, prendendoli in mano e leggendo i titoli. E non li aveva ancora posati quando la sua attenzione venne completamente catturata dall’enorme proiettore, che guardò estasiato. Gli occhi di Jonghyun si riempirono di orgoglio.
 
“Ci mettiamo qui?” domandò Kibum indicando il suo letto, e nella penombra della camera, non era certo di poter interpretare con esattezza la sua espressione. Era una domanda come un’altra oppure, come lui, non vedeva l’ora di dimenticarsi del film?
 
Improvvisamente gli tornò alla mente il letto matrimoniale di Kibum e non poté fare a meno di notare la differenza con il suo.
 
“Mi spiace, il mio letto è più piccolo del tuo” disse quasi con un tono di scusa.
 
“Meglio” gli rispose con un’occhiata maliziosa che lo fece smettere di respirare per qualche secondo. “Vorrà dire che dovremmo stare più stretti”.
 
E Jonghyun non aveva niente in contrario.
 
 
 
 
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A/N: ed eccoci qua con l’ultima parte della storia. spero davvero che vi sia piaciuta, almeno quanto è piaciuto a me scriverla! era da più di un anno che non scrivevo nulla e devo dire che mi è piaciuto tornare alle vecchie abitudini
 
 in queste ultime settimane ho scritto un altro paio di fanfic, molto più corte di questa, ma devo capire se mi piacciono abbastanza da pubblicarle. nel caso, non tarderò a postarle
 
grazie se l’avete letta fino alla fine e grazie anche per averla inserita tra le preferite, l’apprezzo davvero molto c:
  
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