Sabato

Ogni sabato Haruka sentiva quel ricordo più forte di ogni altro giorno. Il ricordo di quel giorno terribile. 
Il giorno dal quale smise completamente di parlare e nel quale perse ciò che di più caro aveva al mondo.
Ogni sabato andava in quel luogo maledetto.
 

Rin si era offerto di accompagnarlo, di sostenerlo almeno un po', anche se alla fine era sempre lui quello che finiva per piangere.
Solitamente Nanase andava da solo, ma non tornava mai di sua spontanea volontà, qualcuno -Rei o Nagisa di solito- lo riportava a casa.
Quel sabato pioveva, una pioggia leggera che non si sentiva quasi, se non dal gelo nelle ossa.
"Haru! Cammina piano per favore! Non sono abituato io!"
Rin supplicava l'amico di rallentare, Haruka correva sempre quando doveva andare lì, quasi non facesse in tempo. Rin ormai non si allenava più e di conseguenza non poteva più sostenere facilmente una salita ripida nel cuore del bosco. Dopotutto aveva ormai quarant'un anni.
Arrivarono finalmente in un piccolo spazio di pianura senza alberi. Ricoperto dalle foglie secche e marroncine dei castagni sembrava ancora più piccolo di quello che era.
Haruka si sedette su un tronco caduto tanti anni prima, appoggiò a terra un mazzo di gigli colorati e iniziò a osservare la ripida discesa davanti a lui. Oltre quella il terreno risaliva ancora più ripido e accidentato fino ad arrivare ad una strada.
Da dove si trovavano loro il fondo del burrone si trovava ad appena due metri, mentre dalla strada erano parecchi di più. 
Rin era in piedi accanto all'amico a guardare triste il fondo del burrone.
Nonostante siano passati vent'anni da quel giorno c'era ancora un cerchio in lega di una Toyota. 
La Toyota che Makoto guidava vent'anni prima, quando correndo troppo sulla strada, dopo un litigio con il suo ragazzo, si era ritrovato un cervo davanti e l'auto, per evitare lo scontro, arrivò fino al fondo del burrone. Haruka se l'era cavata perdendo la voce a causa di una ferita alla gola. Makoto no.
Rin guardando il cerchio sentì una lacrima bagnargli la guancia. Quel ragazzo era l'unico al mondo al quale mai avrebbe augurato ciò.
Haruka non piangeva. Non piangeva più, non aveva più lacrime ormai.
Haruka rimase in silenzio come suo solito e spostò lo sguardo sulla sinistra. Sbarrò gli occhi.
Un ragazzo alto e castano era in piedi accanto a lui e lo stava guardando con grandi occhi verdi. La vecchia tshirt verde chiaro e un paio di jeans strappati erano macchiati dal sangue che era colato e ormai seccato dalla sua testa. Dalla ferita al capo si poteva intravvedere un buco con sotto qualcosa di bianco che a sua volta aveva un buco.
Makoto gli sorrideva sereno e felice.
Lui si sentiva paralizzato. Era un'allucinazione?
Il castano gli si avvicinò e Haruka poté sentire il calore della sua mano sfiorargli la guancia e le labbra del suo fidanzato sfiorare le sue.
'Grazie, amore mio.'
A quanto pareva le lacrime del moro non erano ancora finite e quelle rimastogli le riversò tutte in quel momento.
Quando riaprì gli occhi bagnati, però, non vi era più traccia del ragazzo.





 

N.d.A.
Lo sapete che amo le storie con un bel finale vero? Ebbene si, ne ho fatta una che finisce bene! (?)