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Autore: drunk_hotstepper    24/08/2015    0 recensioni
Haruka ha già ventott'anni e non può più permettersi di ignorare i suoi doveri nella società. Come avere una famiglia.
Genere: Introspettivo, Romantico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Family

 

"Ciao Nanase, ci vediamo lunedì! Buon giorno libero!"
"Ciao, grazie."
Haruka uscì dal ristorante stanco, ma soddisfatto della giornata e felice di avere finalmente un giorno di riposo. Anche perché il giorno successivo sarebbe stato il suo compleanno e almeno quello aveva promesso a Makoto che lo avrebbero passato assieme.
Arrivò a casa, un comune appartamento non lontano dal luogo di lavoro di entrambi. Makoto non era ancora arrivato, per cui si infilò in doccia praticamente subito di modo da poter stare a mollo in vasca il più a lungo possibile. Quando l'altro sarebbe arrivato sicuramente l'avrebbe tenuto impegnato a lungo approfittando dell'occasione.

Erano ormai passati anni da quando i due avevano iniziato a vivere assieme a Tokyo. Nove per l'esattezza, Haru in questi anni era diventato anche nuotatore olimpionico per poi ritirarsi per conto proprio con il suo migliore amico e vivere una vita tranquilla.
Ora che ne stava per compiere ventotto di anni si faceva sempre più spesso martellare dagli stessi pensieri.
Aveva ventotto anni e i suoi genitori volevano una cosa sola.
Sia lui che Makoto avevano detto in casa che erano fidanzati con delle ragazze della città e che ci vivevano assieme. Cosa che ovviamente era falsa.
Non erano fidanzati e tanto meno con delle ragazze. Vivevano assieme non perché avessero una vera e propria relazione amorosa, ma principalmente perché non riuscivano a vivere l'uno lontano dall'altro e non avevano interesse per stare con altri.
Prima che i coniugi Nanase glielo dicessero ad Haruka non sarebbe mai passato per la testa di diventare padre e invece ora il pensiero lo assillava. 
Lui non poteva essere padre perché questo significava che sarebbe dovuto stare con una donna e un bambino, e questo lui non lo voleva. Lui viveva con Makoto e questo andava benissimo, ma ciò che spesso lo preoccupava era il fatto che la paternità non era una cosa che era richiesta solo a lui bensì anche al suo amico.
Makoto era una persona più che propensa ad essere un buon padre e certamente non avrebbe avuto problemi nel trovare una donna che sarebbe stata al suo fianco.

Si abbandonò nell'acqua sperando che i pensieri se ne andassero via da lui come il sudore e la stanchezza. Si stava addormentando quando sentì le chiavi nella serratura, i passi pesanti che si dirigevano verso il divano e il grande sbadiglio che annunciava la pennichella di Makoto.
Si alzò con molta calma e iniziò i suoi rituali quotidiani dopo-bagno. 
Andò in cucina e iniziò a preparare la cena. Cucinava tutto il giorno, ma mai si sarebbe stancato di cucinare per Makoto. Era la sua parte preferita della giornata, quelle sere dove sembravano essere solo loro due nel loro piccolo mondo.
La cena era in tavola e Makoto dormiva ancora. Haru si avvicinò al divano, osservò il volto angelico dormente dell'altro e gli sfuggì un sorriso. Allungò la mano e lo scosse per la spalla.
"Makoto. Makoto... svegliati, la cena è pronta."
Questo mugugnò qualcosa e senza neanche aprire gli occhi prese la mano di Haru e se la posò sulla guancia lasciandoci poi un bacio sopra. Aprì piano gli occhi e lo guardò in volto con il suo sorriso.
"Arrivo, Haru."
Haru si rigirò sui suoi passi arrossendo.
"Muoviti"
L'altro si stiracchiò e si diresse verso la tavola imbandita.
"Wow! Quante cose buone!"
Si sedette tutto contento e iniziò a divorare voracemente le vivande.
Haru mangiava con calma, non faceva un lavoro dove costringeva costantemente il corpo a sforzi. Osservava sempre il compagno mentre mangiava felice e pensava che questa era la soddisfazione maggiore della sua vita, oltre ad aver gareggiato alle olimpiadi con Rin.

Haru se ne stava tranquillo sul divano a leggere il giornale quando Makoto uscì dal bagno dopo la doccia. Indossava solo l'asciugamano sui fianchi lasciando scoperto il fisico diventato ormai più robusto di prima. Si sedette accanto al moro senza badare troppo al fatto di non essere completamente asciutto e gli appoggiò la testa sulla spalla osservando annoiato il giornale dal quale l'altro non aveva ancora distolto lo sguardo. Guardò poi il volto di Haru; provava a concentrarsi il più possibile nella lettura nonostante le guance fossero arrossate. Makoto animò un leggero sorrisino e gli lasciò un bacio stampo sulla guancia.
Il giornale finì a terra lanciato da Haru che si era precipitato tra le braccia dell'altro alla ricerca di coccole facendoli sdraiare sui cuscini. Appoggiò la testa sul petto caldo e lasciò che le dita lunghe di Makoto gli accarezzassero lentamente i capelli. Ad Haru piacevano tantissimo le carezze tra i capelli, lo facevano sentire al sicuro e allo stesso tempo lo elettrizzavano.
Si sentiva sempre più caldo e la pelle umida del castano non lo aiutava a calmarsi. Sollevò la testa cadendo negli occhi smeraldi dell'altro e premette le loro labbra fino a far intrecciare anche le loro lingue. Si sollevò a sedere e tolse la maglietta. Il contatto con della pelle calda e umida sulla propria era una sensazione magnifica per lui. Appoggiare il proprio petto a quello dell'altro per poi scivolare sull'addome fino ad allineare i loro bacini e sentire l'erezione dell'altro sulla propria. Il loro era un rapporto di condivisione. Condividevano tutto.
Casa, letto, vita, corpi. Come da sempre.
Mai nessuno dei due aveva detto all'altro 'ti amo' e mai si erano preoccupati di pensare se fosse o meno giusto.

La sveglia suonò come ogni mattina, soltanto che per quel giorno poteva benissimo spegnerla e riarrotolarsi tra le coperte. 
Quando però si rivoltò verso il posto accanto al suo notò un grande spazio vuoto. Makoto non c'era. Non si sorprese più di tanto, anche se era un pigrone la mattina si alzava, volente o nolente. Quel giorno infatti Makoto avrebbe lavorato soltanto mezza giornata per passare poi tutta la sera con lui. Si riaddormentò quasi subito cullato dal canto degli uccellini.

*

Haru era seduto su quella panca di legno scuro e scomodo. Erano ore che era lì, o almeno a lui sembrava così. La donna di fianco a lui continuava a tirargli gomitate per impedirgli di addormentarsi, non ci sarebbe riuscito comunque. Sentiva un peso sul grembo e quasi non urlò quando vide un bambino piccolo in braccio a lui. Stava quasi per lanciarlo via quando la donna accanto a lui gli riservò uno sguardo severo. Haru si sentiva in obbligo di stare calmo, ma non voleva. Quel bambino poi gli assomigliava troppo per i suoi gusti; occhi grandi e blu, capelli neri e lucidi e lo sguardo perso nel vuoto. Gli stava sbavando su tutti i pantaloni e facendo strani versi soffocati. 
Venne per un attimo distratto da una voce di sottofondo, un vecchio stava parlando.
Si guardò finalmente attorno e notò di essere in una grande sala con tantissime altre persone sedute anche loro su quelle panche scure. Arrivò Rin, benvestito, e gli disse che toccava loro. Lui non capì ma d'istinto lasciò il marmocchio alla donna, lo fece volentieri, e seguì l'amico fino alla fine della sala dove in cima a degli scalini li aspettava il vecchio che parlava e Makoto. Sia lui che l'amico erano vestiti impeccabilmente e Haru si sentì la testa pesante quando vide il sorriso di Makoto spostarsi dal suo viso all'entrata della sala, dalla quale uscì una ragazza molto bella vestita completamente in bianco.

*

Haru si svegliò sudando e stringendo i denti per il mal di pancia. Corse in bagno e solo dopo essersi liberato e aver fatto una doccia fredda tornò alla realtà.
Quell'incubo non lo avrebbe raggiunto lì e nel giro di poco Makoto sarebbe tornato. Guardò l'orologio, implorandolo. L'idea di sposarsi e avere un figlio, se prima non gli piaceva, ora la stava proprio detestando. Quando sarebbe arrivato Makoto tutto sarebbe ritornato alla normalità.

Makoto tardò di una mezz'oretta quel pomeriggio. Appena entrato stranamente Haru era davanti all'entrata ad aspettarlo e non lasciò tempo all'altro di togliersi le scarpe che già gli era saltato addosso. Makoto, sorpreso dal gesto, ci mise un po' prima di ricambiare e poi ridacchiando gli disse: "Ti sono mancato?"
Haru si limitò ad annuire ed entrambi si diressero in soggiorno. 
Si sedettero sul divano in attesa che il loro tè finisse di bollire.  
Makoto prese un bel respiro e iniziò a parlare.
"Haru, l'altro giorno ho sentito i miei genitori."
Haru alzò gli occhi dal tavolino che stava fissando e li spostò sul castano.
"Mi hanno chiesto di me. Del lavoro e ..."
Gli occhi di Haru non gli si staccavano di dosso.
"... e della mia famiglia."
Haru si pietrificò, le ultime parole al mondo che voleva sentire erano state dette.
"C-che gli hai detto?"
"Che non ne avevo ancora una. Che per il momento sto bene così. Ed è vero."
"Balle."
"Eh?"
"Sono tutte balle!"
"Cosa stai dicendo Haru?"
Haruka aveva quasi le lacrime agli occhi.
"T...tu non stai bene così. Tu vuoi una famiglia tutta tua! Ne hai bisogno! Io no! Io sono un impedimento per te e per il tuo futuro!"
"Haru? Ma cosa stai-?"
Haru si alzò e fece per correre via in lacrime quando la mano di Makoto lo trattenne facilmente e lo riportò a confronto.
"Haru... cosa dici? Sei impazzito?"
Lui non rispose. Rimase nel suo silenzio che venne accerchiato dalle braccia calde dell'altro. Makoto lo abbracciò forte e sentì il petto bagnarsi leggermente dal pianto sommosso di Haru.
"Haru... ascolta. La mia famiglia sei tu ora. Tu ci sei sempre stato e ciò che voglio è che tu resti con me. Non mi importa di avere figli, credimi."
Il moro si tirò insieme asciugandosi le lacrime.
"D-davvero?" 
"Certo. Io sono felice così e se ci sei tu non ho bisogno di nessun altro..."
Makoto sfoggiò uno dei suoi confortevoli sorrisi e si allontanò dall'amico.
"Tra l'altro, ho quasi dimenticato una cosa."
"Eh?"
Aprì la porta d'entrata e prese qualcosa che tenne ben nascosto tra le braccia.
"Chiudi gli occhi."
Haruka non se lo fece ripetere ed eseguì.
Si ritrovò poi un peso caldo sul grembo e la voce calma di Makoto che lo risvegliava.
"Aprili pure. Buon compleanno, Haru."
Se prima in un qualche modo era riuscito a non frignare vergognosamente ora non si poteva più trattenere. Davanti a lui c'era uno splendido cucciolo di golden retriver scodinzolava felice, sorridente quanto il ragazzo dietro. Makoto inginocchiato gli aveva posto sulle gambe ciò che a loro mancava. Una terza, dolce presenza.
Cosa gli serviva un marmocchio schifido e una donna rompiscatole quando potevano entrambi avere la loro piccola famiglia composta da loro due e un cucciolo meraviglioso?
 

Continua...

   
 
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