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Autore: Heyale    25/08/2015    2 recensioni
Tutti sappiamo come Yata ha reagito dopo tanto tempo al tradimento di Saruhiko, e l'abbiamo visto forte e determinato come al solito, fronteggiando Fushimi come se fosse un suo rivale da sempre.
 
Ma com'è stato per lui nei primi giorni da quando quella scimmia ha abbandonato l'Homra? Quali erano i suoi sentimenti, e come ha reagito l'Homra nel vedere così la sua avanguardia?
Sarà Mikoto, e successivamente l'intero gruppo, a far ragionare - con le maniere forti e non - Misaki, facendogli capire cosa realmente è importante per lui.  
 
Dal testo:
Il Re guardò negli occhi il diciottenne che lo guardava a sua volta con uno sguardo confuso, annebbiato leggermente dal rivolo di sangue che scendeva dall'angolo dell'occhio, ma appena Suoh accese il fuoco sulle sue dita e le avvicinò al petto di Misaki, questo gli diede un calcio e lo allontanò di qualche metro. Sentiva il cuore battere troppo forte, il respiro quasi gli mancava.
"Che cazzo vuoi fare?!" gridò poi, levandosi il cappello nero dalla rabbia.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fushimi Saruhiko, Mikoto Suoh, Misaki Yata, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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yata
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PRIDE



Da quando Fushimi aveva abbandonato l'Homra, Yata non era stato più lo stesso.
Aveva eliminato quell'aria da ragazzino che aveva sempre avuto da quando ne aveva memoria, piuttosto preferiva andarsene in giro sul suo skateboard e la sua mazza appoggiata alla spalla.
Cosa poteva importare a uno come Misaki delle persone che erano o no nella sua vita?
Il diciottenne sorrideva forzatamente ogni volta che si poneva quella domanda, gli sembrava talmente stupido che quella dannata scimmia avesse fatto così tanta differenza nella sua quotidianità da quando aveva tradito gli Homra che spesso si chiedeva se si era per caso innamorato di quel bastardo.
Anche quel giorno, come succedeva da quando aveva visto Fushimi per l'ultima volta, era entrato nel bar Homra e aveva lanciato il suo skateboard nell'angolo, per poi sedersi al banco senza salutare nessuno. Del resto, nessuno - tranne Totsuka - salutava mai lui. Se ne stava con lo sguardo perso nel vuoto, il cappello vicino a lui e i capelli castani che gli davano decisamente fastidio. Ogni tanto sbuffava, ascoltava le conversazioni che gli altri facevano senza particolare interesse o girava su se stesso con lo sgabello.
Quel giorno, stranamente, anche Suoh era con loro. Ovviamente se ne stava in disparte con Anna accanto, ma sembrava particolarmente interessato all'evidente distacco di Yata. In genere quel ragazzo era il più allegro di tutti, sempre pronto a gridare e ad attacar briga con qualcuno, proprio non capiva come potesse essere così indifferente a tutto ciò che gli stava succedendo attorno. Lui era il Re Rosso, avrebbe dovuto capire cosa succedeva alla sua avanguardia, eppure per qualche motivo sapeva che Misaki non ne avrebbe parlato facilmente, al contrario delle sue attitudini.
"Ehi, chihuahua*," Eric prese posto accanto a Misaki. "Fatto qualcosa di interessante oggi?"
"No." Misaki alzò dallo sgabello e fece per uscire dal bar, quando Eric però l'aveva preso per la manica della felpa. Tutti i membri dell'Homra presenti si erano voltati verso di loro, dato che trattandosi di Misaki probabilmente non sarebbe finita bene. 
"Che problema hai, Yata?" gli domandò direttamente il biondo, impedendogli di liberarsi.
"Lasciami andare, cane randagio*" sibilò lentamente il rosso, strattonando nuovamente il polso per cercare di liberarsi della presa di Eric.
"Vacci piano, Yata." lo riprese Kusanagi. "Possiamo sapere cosa diamine ti prende?"
Il diciottenne alzò lo sguardo verso il padrone del bar: "Mi prende che voglio che Eric mi lasci andare."
"Lascialo andare." ordinò improvvisamente Mikoto, alzandosi in piedi facendo sussultare Anna. "E tu, Misaki, vieni con me."
Yata roteò gli occhi al cielo, recuperando il suo skateboard mentre usciva e seguiva il Re Rosso nel vicolo accanto. Dentro il bar, Totsuka era rimasto sorpreso dalla reazione di Yata, ma era stato ancora più sorpreso da quella di Mikoto: da che si ricordava, Suoh non aveva mai amato fare da psicologo alla gente.

Mikoto afferrò saldamente il colletto del maglione di Yata e lanciò il ragazzo poco distante, incurante del fatto che potesse farsi male o meno. Misaki però non reagì, comunque sapeva che prima o poi il Re si sarebbe accorto di ciò che gli stava succedendo e avrebbe voluto parlargli. Certo si aspettava una chiacchierata con qualche insulto, non di certo che Mikoto attivasse la sua aura rossa e che buttasse la sigaretta a terra.
"Forza, Misaki" tuonò allora il Re, facendo partire una fiamma che sfiorò appena il ragazzo. "Ti do tre scelte: la prima, ti brucio esattamente sul posto. La seconda, ti caccio a calci in culo fuori dall'Homra. La terza, ovvero la più conveniente, mi dici che ti prende."
"Mi bruci?" domandò retoricamente Yata, facendo un ghigno. "Non fare il bastardo, Mikoto."
"Hai dimenticato forse il nostro motto?" Suoh lanciò un colpo che colpì Yata nello stomaco, poi proseguì. "No blood, no bone, no ash. Ed è quello che intendo fare se non ricevo alcuna risposta."
Misaki si strinse lo stomaco con la mano, dolorante, ma non aveva intenzione di spiegare a uno come Mikoto cosa gli stesse prendendo. Un uomo come lui non avrebbe mai potuto capire cosa un diciottenne reduce dell'abbandono del suo migliore amico potesse provare. Perciò si rialzò in un baleno, guardò il Re Rosso dritto negli occhi e si difese dal seguente colpo, saltando di lato. Iniziò così una battaglia infuocata tra il Re e l'avanguardia della Homra, anche se quest'ultimo riuscì a sferrare colpi d'attacco ben poche volte rispetto a Suoh, che invece attaccava e si difendeva allo stesso tempo senza problemi.
A Yata tutto quello sembrava ridicolo, ma più di tutto gli sembrava ridicolo di star combattendo col suo Re per colpa del pensiero fisso di Saruhiko che ormai non gli lasciava un secondo di libertà nella sua vita. Così sferrava colpi senza neanche mirare, come quando si divertiva a giocare con Fushimi, e quelli che prendeva non facevano nemmeno male. Si chiese se Suoh li stesse tirando piano apposta per non fargli male, e poi si chiese se forse era lui ad avere la testa talmente soprappensiero da non riconoscere il dolore. A quel punto, si domandò che senso aveva restare con quei ragazzi che tanto amavano combattere se lui nemmeno sentiva il dolore. Così abbassò la difesa, e si fece colpire in pieno nuovamente da Mikoto, che sferrato quel colpo, e gettato Yata contro il muro e successivamente a terra, fece sparire l'aura rossa attorno a lui e si avvicinò al ragazzo, prendendolo per la collottola: "E' così che si comporta uno dell'Homra? E' così che hai sempre combattuto, Yatagarasu?"
Misaki rimase colpito dalla rabbia impressa sul volto del Re Rosso, ma rimase ancora più colpito dalla mancanza di parole per rispondere. Non sapeva più cosa dire, si sentiva come un topo intrappolato. Improvvisamente Mikoto prese il colletto del maglione bianco e lo abbassò fino a scoprire il marchio impresso sulla clavicola sinistra di Yata. Il Re guardò negli occhi il diciottenne che lo guardava a sua volta con uno sguardo confuso, annebbiato leggermente dal rivolo di sangue che scendeva dall'angolo dell'occhio, ma appena Suoh accese il fuoco sulle sue dita e le avvicinò al petto di Misaki, questo gli diede un calcio e lo allontanò di qualche metro.
Sentiva il cuore battere troppo forte, il respiro quasi gli mancava: "Che cazzo vuoi fare?!" gridò poi, levandosi il cappello nero dalla rabbia.
"Se non riesci nemmeno a parlare con il tuo Re, allora quel marchio è troppo per te" decretò Mikoto. "Se vuoi posso darti la possibilità di bruciarlo da solo come ha fatto il tuo amico. Ricordi, no?"
"Non nominare quel bastardo!" sbottò Yata, sistemandosi il colletto del maglione. "Questo marchio rimane qui dov'è, chiaro? Nessun fottutissimo bastardo lo toglierà dalla mia pelle!"
"Allora dimostrami che non devo bruciarlo!" sbottò Suoh a sua volta, alzando improvvisamente la voce. "Dimmi perché l'avanguardia della Homra Yatagarasu è ridotta peggio del traditore che ci ha lasciati!"
Misaki non ci vide più, si portò le mani in viso e cacciò un grido di frustrazione, scatenando attorno a sé un tornado di fiamme rosa e rosse: "E' per colpa di quel figlio di puttana se io non ci sto più con la testa! Voglio solo capire perché non io riesca a darmi pace a causa del suo tradimento, non voglio altro!"
Yata prese a respirare velocemente, era la prima volta che si ritrovava affaticato solo per aver gridato. Le fiamme attorno a lui si attutirono lentamente, esattamente come il suo cuore rallentò i battiti fuori dal comune. Si sentiva in qualche modo più leggero ora che era riuscito a dirlo, non credeva di essere capace di dire ad alta voce che da quasi un mese a quella parte lui riusciva a pensare solo a Saruhiko. In realtà, non era nemmeno sicuro di saperlo con certezza. Ormai era così abituato a nascondere i suoi sentimenti che non era nemmeno più capace di riconoscerli, ma per quanto frustrante fosse non aveva ancora fatto nulla in proposito. Non aveva assolutamente intenzione di diventare buono e carino con tutti: certo ammirava come Totsuka lo facesse sembrare un comportamento normale e facile da tenere, ma per lui non c'era speranza di diventare come Tatara, e per quello stesso motivo nemmeno così rilassato come Kusanagi. Sapeva bene che il suo carattere era fatto per distruggere qualsiasi cosa: era come una bomba con la miccia costantemente accesa.
Poi c'era Saruhiko.
Yata aveva sempre pensato a lui come compagno di vita e di Clan, come migliore amico, come persona su cui poter sempre contare. In quel momento invece era solo un traditore, un bastardo che li aveva piantati in asso, che aveva preso in giro il marchio sul petto, che aveva sputato sul suo orgoglio. Yata questo non poteva proprio sopportarlo, ma più di tutto non poteva sopportare il fatto di pensare in fondo a Fushimi ancora come un suo amico. Si sentiva uno stupido: gli sembrava di non aver fatto abbastanza, di essere stato sempre un passo indietro a Saruhiko.
Si sentiva esattamente come un idiota troppo orgoglioso per ammettere come le cose stavano realmente.
"Misaki" Mikoto si piegò appena sulle ginocchia per raggiungere l'altezza degli occhi del ragazzo, notando che un rivolo di sangue gli correva sulla guancia per aver sbattuto la fronte addosso al muro. "Se vuoi unirti allo Scepter4 per seguire Fushimi, puoi farlo. Non mi fa né caldo né freddo."
Yata sgranò gli occhi, sentendo il fiato mancare a livello del petto. Tradire l'Homra e seguire Saruhiko? Gli si gelò il sangue nelle vene, e improvvisamente sentì il suo corpo fremere, scosso dall'aura che cercava di venire fuori in tutti i modi, condizionata dalla rabbia che stava provando in quel momento. Non avrebbe mai perdonato se stesso se avesse fatto come Fushimi.
"L'Homra è la mia famiglia!" gridò allora, sprigionando una danza di fiamme attorno a lui. "Essere l'avanguardia di questo gruppo è la cosa di cui sono più orgoglioso, non potrei mai tradirvi! Il fatto che quel bastardo mi manchi non è un motivo buono per mandare a puttane tutto, vadano a fanculo gli altri Clan!"
"E' così che stanno le cose, Yata?"
Misaki guardò oltre le spalle di Mikoto, notando che quasi tutta l'Homra si era riunita all'inizio di quel vicolo in cui il Re lo stava tenendo spalle al muro. Colto così dall'imbarazzo di essersi fatto sentire e vedere in un momento del genere, girò lo sguardo di lato e sperò che nessun altro proferisse parola. Ovviamente però, nessuno dell'Homra sembrava voler lasciare da solo l'avanguardia in quel momento: Izumo, Rikio, Sohei, Bando, Anna, Eric e nemmeno Tatara, che se ne stava a pochi passi dalle spalle di Mikoto, davanti al resto del gruppo. Se avesse potuto tenere fede al suo motto e non lasciare nemmeno la cenere, in quel momento Yata avrebbe voluto sparire con tutto se stesso. Si sentiva schiacciare sapendo che il suo Clan lo stava guardando spalle al muro, infuriato come non mai, col viso insanguinato e soprattutto dopo aver esternato che il problema di fondo era la mancanza di Fushimi.
"Yata, senti...potevi dircelo, lo sai." Tatara si avvicinò al ragazzo, allargando le braccia. "Come hai detto tu, siamo la tua famiglia. E tu, King," continuò il biondino guardando male Mikoto. "Ti pare il modo di ridurre il nostro Misaki?"
"Stavamo solo parlando" se ne uscì il re Rosso, alzando le spalle indifferentemente. "Sistemagli quel taglio, Totsuka."
Il biondino rise appena, e poi fece cenno a Yata di seguirlo. L'avanguardia della Homra così passò tra i suoi compagni senza proferire parola, troppo imbarazzato per dire altro.
Non parlò nemmeno con Tatara quando gli mise un cerotto sulla ferita in fronte, e se ne andò a casa senza salutare nessuno, pensando a come il giorno dopo avrebbe potuto salutarli dopo la sceneggiata a cui avevano assistito. Probabilmente l'avrebbero guardato male e poi avrebbero fatto finta di niente, o direttamente l'avrebbero cacciato fuori dall'Homra, al che Misaki si sarebbe sicuramente sentito morto.

Quella notte naturalmente non riuscì a chiudere occhio, e la mattina dopo fu ancora peggio in quanto sotto gli occhi aveva due occhiaie viola che avrebbero spaventato perfino Anna. Nemmeno i capelli gli stavano come al solito: non avevano niente dei ciuffi ribelli che di solito faticava a tenere, quel giorno erano flosci e sembravano essere anche più scuri. Yata proprio non si riconosceva quella mattina, ma per lo meno, per la prima volta da due settimane a quella parte, non si era svegliato pensando a Saruhiko.
"Misaki, sei in bagno da più di mezz'ora!" la voce di sua sorella minore Megumi tuonò fuori dalla porta.
"E tu dovresti essere a scuola." rispose lui, levandosi la maglietta del pigiama e restando a torso nudo davanti allo specchio. Osservò attentamente il marchio impresso sulla clavicola sinistra e sospirò pesantemente, domandandosi cosa ne sarebbe stato.
"Ho la febbre da due giorni, se ti ricordi" brontolò lei, picchiando i pugni sulla porta. "Sei qui dentro dalle nove!"
"Ho le mie esigenze."
Megumi sbuffò nuovamente, ma persa la pazienza aprì senza nemmeno avvisare il fratello, e quando trovò Yata seduto sul bordo della vasca con la testa fra le mani iniziò a preoccuparsi. Era raro vedere suo fratello a casa, ma era ancora più raro vederlo senza energie.
"Mamma si arrabbierà quando vedrà il tatuaggio che ti sei fatto" esordì lei, piazzandosi davanti al ragazzo. "Ha fatto male fartelo?"
Yata sorrise appena: "Ha bruciato un po'. Non dirlo a mamma, chiaro?"
"Chiaro." la sorella appoggiò la mano sul marchio dell'Homra inciso sulla clavicola di Misaki. "E' caldo, qui." disse poi, guardando confusa il fratello.
Il ragazzo prese la mano della sorella e la staccò dalla sua spalla, creando poi una fiamma attorno alla sua mano che passò poi attorno al braccio di Megumi senza però scottarla. La bambina rimase incredula a quello che aveva appena visto, ma rimase ancora più incredula alla tristezza di Misaki sul viso.
"Cos'era?" domandò poi con gli occhi spalancati dalla meraviglia. "E cosa sei tu, una specie di mostro?"
Yata sorrise, toccandosi il marchio: "Sono l'avanguardia della Homra. Quello era fuoco, Megumi."
"Ma la Homra non è quella banda di tep-"
"Misaki!" la voce del patrigno dei due ragazzi risuonò dal piano inferiore interrompendo i due fratelli. "Ci sono alcuni tuoi amici alla porta!"
Yata si mise in fretta la maglietta che si era preparato, prese la mano di sua sorella - ironicamente era abituato con Anna - e andarono giù insieme. Durante il tragitto, Yata si chiese chi diamine poteva essere alle nove e quaranta della mattina, ma poi si ricordò di aver appena svelato - con una strana malinconia - di essere una sottospecie di criminale a sua sorella, quindi mentre scendeva le scale si abbassò leggermente per parlarle senza farsi sentire dal loro patrigno.
"Mi raccomando, bocca chiusa con la mamma."
"Solo se rifarai quel giochetto" lo minacciò Megumi con occhi sognanti. Non aveva ancora capito come il fratello avesse potuto fare una cosa del genere, ma voleva saperne assolutamente di più.
Misaki sorrise: "Andata. Ora devo solo capire chi è che è venuto a salutarmi a quest'ora indecente."
Megumi guardò il fratello incuriosita, e una volta scese le scale girò verso la cucina, lasciandolo andare alla porta da solo.
Quando Yata arrivò all'entrata, spalancò gli occhi e rimase immobile per qualche istante. Sentì il suo cuore fare un sussulto e il sangue farsi improvvisamente caldo, mentre dentro di lui cresceva un sentimento simile all'imbarazzo misto alla confusione più totale.
Di fronte a lui c'erano Mikoto, Kusanagi, Tatara, Kamamoto, Eric e Anna, tutti vestiti un po' più eleganti del solito e stranamente senza nessuna sigaretta accesa. Misaki guardò il gruppetto sorridergli - tutti tranne Anna e Mikoto, ovviamente - come per salutarlo, Tatara fece anche un cenno con la mano come al solito. Che cosa volessero alle nove e quaranta del mattino dopo la scenetta di ieri era una domanda taboo per Yata, che in quel momento avrebbe voluto sparire. Fortunatamente però fu Megumi a salvare la situazione, interrompendo l'incontro imbarazzante tra il gruppo e il fratello.
"Chi sono?" domandò ingenuamente la bambina, mettendosi al fianco di Misaki. Lui portò una mano sulla sua spalla e l'avvicinò a sè in un istinto infondato di protezione, come se quei ragazzi potessero farle qualcosa.
"Amici." rispose solamente Misaki, vedendo Tatara avvicinarsi alla bambina e sorriderle gentilmente.
"Sei Megumi, giusto?" le chiese il biondino, stringendole la mano. "Io sono Totsuka, un amico di tuo fratello. Ci lasceresti parlare con lui per poco, per favore?"
La castana guardò negli occhi tutti quanti, e sentì dei brividi correrle lungo la schiena quando i suoi occhi entrarono in contatto con quelli di Mikoto, che come al solito aveva lo sguardo assente. A quel punto faticava a credere che quei tipi loschi fossero amici di suo fratello.
"Misaki..." lo chiamò lei, attaccandosi alla sua maglietta. "Non...io..."
"Andrà tutto bene, staremo qui davanti casa. Poi ti racconto tutto, va bene?"
La bambina si morse il labbro inferiore, e poi si alzò sulle punte e spinse la spalla del ragazzo in basso per raggiungere il suo orecchio: "Se ti fanno qualcosa, usa questo." e nel dire quello toccò la clavicola di Misaki, sentendo caldo anche da sopra il tessuto della maglia.
Yata scoppiò in una fragorosa risata, si rialzò e le fece l'occhiolino: "Chiaro. Userò questo, promesso." e così dicendo fece cenno agli altri di seguirlo fuori dal cancello del piccolo giardino. I ragazzi della Homra, che avevano seguito la scena con un sorriso tenero stampato sul volto, seguirono la loro avanguardia appena fuori dal cancello della casa, fermandosi in una stradina a pochi metri da lì.
Misaki si sentiva sottopressione, ma in qualche modo l'intervento di Megumi gli aveva dato una sicurezza in più, dandogli la forza di agire come aveva sempre fatto in presenza dei suoi compagni di Clan. Così calciò una lattina ai suoi piedi e poi guardò tutti: "Scusate mia sorella, non ha paura di voi, è solo spaventata per me."
"E' stato bello vederti in veste di fratellone" sorrise Rikio, grattandosi la nuca imbarazzato. "Mi ha sorpreso che sapesse dei tuoi poteri."
"Gliel'ha appena detto" esordì Mikoto, puntando i suoi occhi in quelli di Yata. "Se avesse avuto più tempo, le avrebbe detto di non dirlo a nessuno. Sbaglio, Yata?"
"E' esatto." confermò il castano. "Si può sapere cosa ci fate a casa mia alle dieci della mattina, voi idioti?"
"Se tutto andasse bene saresti già in bar" iniziò Tatara. "Così abbiamo deciso di venire noi da te. Chitose, Sohei e gli altri non ci sono perché non erano ancora arrivati, non li abbiamo nemmeno avvisati che saremmo venuti qui."
"Non c'è problema, bastate voi." Misaki si appoggiò con la schiena al palo della luce.
Eric appoggiò la mano sulla spalla del castano: "Senti, Yata, se hai qualche problema ce lo puoi dire. Non saremmo certo un branco di mammolette depresse che mangiano gelato e piangono sulle loro ragazze che li hanno mollati, ma possiamo capirti. Siamo tutti quanti clansmen per un motivo."
"Non ve ne ho parlato perché non ci riuscivo, non perché non volessi" borbottò Yata, guardando a terra. "Il mio orgoglio mi impediva di dirvi quello che stava succedendo. Mi dispiace di avervi fatto preoccupare."
"Non ce ne frega se ci hai fatti preoccupare" Kusanagi sorrise appena all'avanguardia, dandogli un leggero schiaffo sulla guancia. "Ci frega che tu non ci abbia detto niente e abbia finito per farti pestare dal qui presente Re-non-tratto-bene-nessuno-Rosso."
"Taci, Izumo" brontolò Mikoto, guardando poi Misaki. "Possiamo aiutarti, se vuoi. Posso anche darti il permesso di andartene in giro a picchiare gente, se ti fa star meglio. Voglio solo sapere se intendi rimanere nell'Homra o no."
"E' la tua famiglia" sorrise Tatara, mostrano uno di quegli sguardi languidi che solo lui sapeva fare. "L'hai detto tu."
Kamamoto fece finta di piangere, mimando un pianto da ragazzina isterica: "Ricordati tutti i bei momenti passati assieme, Yatuccio."
Yata fece una faccia a metà tra il divertito e il seccato, dando un pugno sulla spalla del biondo che aveva appena fatto quella smorfia rivoltante.
"Anche se è una banda di teppisti e cani randagi," Eric si tolse il cappuccio della felpa lilla con la mano, mostrando i suoi capelli biondo chiaro. "Sono sicuro che riesci a trovare il tuo posto anche dopo che quella maledetta scimmia - che non ho fatto in tempo a conoscere - ci ha traditi."
"E poi hai appena diciannove anni" sghignazzò Kusanagi, dandogli una pacca sulla spalla. "Ne hai di tempo per fare la ragazzina depressa."
Yata rise di gusto, scuotendo la testa rassegnato. Stava per rispondere quando sentì un peso attaccato alla sua maglietta, e si accorse che Anna stava stringendo il bordo inferiore.
"...Misaki" lo chiamò, guardandolo appena negli occhi. "Non voglio che ci lasci."
Intenerito da quella scena, Yata prese in braccio la bambina e le sorrise, sebbene lei non mostrasse alcun cambio di espressione.
"Non l'avrei lasciata anche se voi non mi aveste fatto questa ridicola sceneggiata" il castano guardò tutti loro. "Sappiate che siete ridicoli quando fate i sentimentali, brutti idioti."
"Taci, Yatagarasu" brontolò Kusanagi, indicandogli la porta di casa sua. "Tua sorella ti sta aspettando."
Il castano fece un sorriso: "Le parlo un attimo, prendo lo skateboard e vi seguo. Va bene?"
"Ti aspettiamo qui." Mikoto lo guardò negli occhi, accennando ad un leggero sorriso che fece diventare Yata ancora più felice di quanto non fosse prima.
Quella dannata scimmia si sarebbe potuta andare a far fottere, pensava il ragazzo mentre usciva di casa con lo skateboard sotto il braccio dopo aver parlato con Megumi. Certo non avrebbe potuto dimenticare cosa lui e Saruhiko avevano passato insieme, e odiarlo sarebbe stato impossibile, ma ci avrebbe provato. Ora lui faceva parte di un Clan rivale, e la sua devozione era solo per l'Homra, non certo per un traditore che gli aveva fatto passare le pene dell'inferno.
Così balzò fuori dal cancello battendo il cinque a Kamamoto, e mentre questo se lo caricava scherzosamente in spalla accompagnato dalle risate degli altri, Yata pensava che se aveva l'Homra al suo fianco, allora aveva tutto ciò di cui aveva bisogno.





There I go.
Salve a tutti!
Wow, che saluto penoso.
Comunque, questo è il mio primo debutto in questa fandom e spero che la storia vi sia piaciuta :) Gli asterischi sono un riferimento al manga Memory of Red!
Ero così presa da K che ho fatto pure un AMV e caricato sul mio canale youtube, sono fuori di testa a questo punto.
Beh, vi saluto e spero di avere altre idee per pubblicare qualcosina qui.
Un bacione :*

Ale xx
  
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