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Autore: perkynurples    25/08/2015    4 recensioni
Bilbo Baggins conduceva una vita piuttosto tranquilla, grazie mille, fino a quando una vecchia conoscenza non ha deciso di stravolgerla, e ha finito per accettare un lavoro che è... diciamo che non è proprio la sua specialità, e potrebbe alla fine costargli un po' di più del suo prezioso stile di vita accogliente. Chi l'avrebbe mai pensato che fare il tutor al nipote un po' più che leggermente prepotente di un monarca leggermente minaccioso potesse rivelarsi una tale... avventura?
[Modern Royalty AU; Pairing: Bilbo/Thorin]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Gandalf, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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E dopo 7 mesi, 433 pagine e 297.258 parole, siamo arrivati alla fine! Vi ringrazio per aver seguito questa storia, per il vostro supporto e per le vostre recensioni! Ma tanto ci rivediamo prestissimo perché questa storia ha un sequel! Quindi rimanete sintonizzate su questo canale! CIAOOOO!


CAPITOLO XXV
{non mi ha mai spezzato il cuore, l’ha solo trasformato in una bussola che mi riporta sempre a lui ~ clementine von radics}

 

Ovviamente, sta piovendo in Inghilterra. Heathrow è più tetra di quanto la ricordi, ma del resto, ha trascorso la totalità del volo diventando lentamente daltonico – un effetto collaterale del dolore, ovviamente. Gli serve un sacco di tempo per tutto. Scendere dall’aereo, venir accolto nel paese da un assistente di volo bruscamente ignorante sul suo stato d'animo, aspettare il bagaglio... La pioggia grigia scende sui marciapiedi grigi, e una massa di gente grigia si affretta qua e là, senza un minimo di considerazione – viene rallentato dalle sue tre valigie, la ferita e il cuore pesante, e quando chiama un taxi, sembra come se fossero passati secoli da quando si era svegliato nel suo piccolo appartamento in Erebor quella mattina.

Non ci sono stati grandi epici eventi imprevisti precedenti alla partenza, nessun Thorin che appare nell'aeroporto di Erebor per impedirgli di partire, e Bilbo non si rende nemmeno conto che forse se lo sarebbe dovuto aspettare finché non li separano un paio di paesi e un mare. No, è tornato... qui adesso (chiamarla casa non gli va ancora a genio, e si chiede se succederà mai), e ha fatto la cosa giusta a partire e Thorin ha fatto la cosa giusta a lasciarlo andare, ed è triste, ed è orribile, e Bilbo odia essere un adulto su tutto.

Il tragitto in taxi al suo appartamento dura un’eternità. La radio del conducente chiacchiera, un mormorio indistinguibile di notizie che Bilbo non si può prendere la briga di ascoltare – lascia che si armonizzi con tutti gli altri rumori, le auto strombazzanti e motori che accelerano e la pioggia che picchietta, e fissa il trambusto con occhi ciechi.

È ancora verde. La porta al suo appartamento è ancora di quel colore verde bottiglia, e non sa quello che si aspettava davvero – una parte di lui immaginava un colore sbiadito, la lacca incrinata, perché è stato lontano per tanto, tanto tempo, giusto? ... Ma la verità è che non è così, ed eccolo lì, e la vecchia porta sembra quasi accusatoria – come osa supporre che qualcosa sia cambiato?

Il taxi si allontana prima che Bilbo possa chiedere al conducente di aiutarlo con le valigie – non dovrebbe avere nulla di pesante comunque – ma per fortuna ha smesso di piovere. E così Bilbo si ritrova nella via con la sua caterva di bagagli, desiderando di essersi portato il bastone, e fissa il vuoto e cerca di ricordare come respirare.

“Signor Baggins!”

È il signor Gaffiere, il vecchio padrone di casa, che lo aspetta all'appartamento come da accordi, e sta ora zoppicando verso di lui giù per le scale. Anche lui sembra esattamente lo stesso. È come se Bilbo non fosse mai partito.

“Salve,” riesce a evocare un sorriso un po’ amaro, e l'uomo lo squadra.

“Ha un aspetto un po’ logoro,” commenta, “cos’è che ha fatto in quel suo paese?”

“Un semplice lavoro di tutor,” Bilbo ridacchia anche se fa male solo a pensarci, “gli racconterò tutto, ma forse non per strada?”

Forse. Dio, l'appartamento è più piccolo di quanto ricordi. Più scuro, anche, e odora vagamente di gatto. Il padrone di casa parla a vanvera sulla persona che ha vissuto qui quando Bilbo non c’era, ‘sono solo contento che è tornato, e non aggiungo altro – spero ci sarà meno fumo di marijuana, almeno’, e Bilbo valuta i danni dalla sua sedia al tavolo vicino alla finestra. Tutte le credenze sono a posto. Il divano sembra quasi intatto (anche se è certo che prenderà comunque una nuova coperta per esso, e presto). La TV è ancora lì, così come la libreria, tutta vuota e anche se non esattamente coperta di polvere, tutto sembra ancora... abbandonato. In attesa di lui. Lo odia.

“E lei che mi dice?” chiede il padrone di casa, mettendo una tazza di tè davanti a Bilbo, “qualche storia eccitante dall’estero?”

Prima, Bilbo fissa il liquido scuro lentamente vorticoso, poi il tondo viso onesto dell'uomo.

“Non... non proprio, no,” decide alla fine, e il padrone di casa si acciglia, ma poi sorride.

“Capisco. Deve essere esausto, adesso la lascio. Ho acceso il termostato stamattina, ma conosce bene questa vecchia cianfrusaglia, ci vorrà un po’ prima che si senta alcuna differenza. Passerò domani per l’anticipo dell'affitto di cui abbiamo parlato, se le sta bene?”

“Oh, sì, sì, perfettamente bene. Grazie.”

Perfettamente bene. Bilbo lo guarda andare alla porta, blaterando sul rispondere a qualsiasi domanda Bilbo potrebbe avere, ‘sa dove trovarmi’, e solo quando la porta si apre e si chiude scricchiolando, si rende conto quanto sia veramente freddo.

Rimane seduto per più tempo, rimane seduto e basta, e ascolta. Il rubinetto perde, come ha sempre fatto, e i gatti lo stanno accogliendo con una serenata confusa di sibili e miagolii affamati, senza dubbio rannicchiati sui bidoni fuori... Si nasconde il viso tra le mani e geme, ma qualsiasi emozione si aspettava che lo soggiogasse non arriva mai. Sente freddo e dolore ed è ai limiti della fame, e questo è tutto.

Può ancora vedere tutti loro in modo perfetto, lì in piedi in cima alle grandi scale di marmo bianco in una linea perfetta, i loro volti mentre si scambiavano i loro ultimi addii... Ma lui è qui ora, e il tè ha quel sapore decisamente amaro che non assaporava da quasi un anno, e sta cominciando a piovere di nuovo, e non sente altro che stanchezza assoluta.

Alla fine, si trascina in camera da letto – è ancora più freddo lì, e il letto è nudo e l'armadio vuoto, e non sa se ha quello che serve per riempire tutti questi spazi vuoti simili a ferite aperte.

Ma immagina che dovrà iniziare presto, se vuole superare l'inverno.

Disfare i bagagli è il modo più facile per tenersi occupato, davvero – la vista delle sue valigie nel bel mezzo del salotto è abbastanza deprimente da farlo scattare in azione, per quanto lento e poco entusiasta sia. Si sente innaturalmente felice di scoprire la sua radiolina vecchia da cucina in una delle credenze, e ci gingilla per un po’ prima di accenderla con successo sintonizzandola su... qualcosa, qualunque cosa, non sta prestando attenzione. Ha solo bisogno del rumore, ha bisogno di qualcosa che scacci via la maggior parte dei suoi pensieri dalla sua testa mentre comincia a disfare i bagagli, iniziare il tentativo senza dubbio inutile di togliere l’interno di tre valigie di medie dimensioni e riempire un appartamento con una camera da letto abbastanza da dargli la sensazione di esserci vissuto.

Non diventa emotivo quando liscia i risvolti del suo smoking, coprendolo con una tela morbida abbinata ad esso in modo che nemmeno un granello di polvere si posi sul tessuto lucente. Non versa lacrime quando riempie la libreria e si rende conto di non avere abbastanza libri per farlo, perché si era abituato a prendere in prestito tutto dalla biblioteca enorme del Palazzo. Trova il raccoglitore pieno dei disegni di Kíli, appendendoli alcuni sul frigo senza alcun accenno di tristezza, riuscendo perfino a fare un piccolo sorriso. Non ci pensa nemmeno due volte a buttare l’opuscolo che ha ricevuto sull’aereo che contiene una fotografia molto bella del Palazzo.

Trovare posto per tutti i cimeli che ha raccolto nel corso dell'ultimo anno viene fatto quasi meccanicamente – la bandierina delle Celebrazioni della Pace infilata nella terra sabbiosa facendo compagnia all’unica pianta in casa finora, un piccolo cactus resiliente che probabilmente apparteneva alle persone che vivevano qui mentre lui non c’era. L'invito bordato d’oro del Gala in mostra sullo scaffale. L’album di foto di Fíli non aperto, nascosto al sicuro nel comodino. Tutti i piccoli regali che aveva ricevuto per il suo compleanno, quel misirizzi aveva comprato per se stesso nel suo bar preferito, quelle adorabili coppette per i tortini con un delicato motivo floreale che probabilmente non userà mai. Le diverse cartoline che aveva comprato e collezionato, il biglietto per quello spettacolo d'opera all'aperto dove Frida l’aveva portato secoli fa, anche quella tessera annuale per il Teatro Nazionale che gli ha dato per il suo compleanno, e che adesso non riscatterà mai...

Trova un posto per tutte queste cose, lentamente, con attenzione, con tenerezza, e ci mette molto tempo. Ha cominciato a fare buio quando ha finito, e decide che tutti i problemi della vita reale saranno trattati domani, tra cui fare spesa. La sua prima cena consiste di frugare in quel cesto regalo che Deidre aveva fatto per lui...

Ed è allora, mentre mastica i deliziosi cracker al rosmarino e la salsiccia speziata (veramente la cena dei campioni) e f zapping, cercando di capire quando i notiziari effettivamente iniziano in Inghilterra, che è finalmente sopraffatto. Le lacrime arrivano dal nulla, non sono portate da nessuna memoria particolare o qualcosa del genere – semplicemente scendono, improvvisamente gli rigano il volto e si mischiano con il gusto del suo cibo tappandogli il naso, e pensa che sia ridicolo, perché è finalmente al caldo, finalmente si sente almeno un po’ a suo agio, finalmente sistemato... Eppure, mentre la melodia familiare annuncia l'inizio del notiziario, Bilbo versa le sue lacrime, singhiozzando nel buon vecchio stile con le spalle che tremano e la gola che gli fa male e il fiume di lacrime che non si ferma mai, non importa quanto ci provi.

Si sente incredibilmente nauseato e incredibilmente fragile, raggomitolato su se stesso, la coperta sulle spalle che porta quell'odore di essere rimasta inutilizzata per troppo tempo, e più cerca di fermare il pianto, più dirompenti i suoi singhiozzi sono. Si addormenta sul divano così, dopo ore vedendo a malapena cosa c'è in televisione perché la sua vista è sfocata, dopo ore di lacrime che sempre tornano quando pensa che si sono finalmente fermate, e si sveglia troppo presto la mattina, rigido e freddo e dolente, la gola secca e gli occhi cerchiati di rosso, e si sente peggio che mai, e completamente impreparato ad affrontare la sua vecchia/nuova realtà di tutti i giorni.

~~~

Il vento non lo raggiunge. Il colletto alzato lo protegge da esso, le mani infilate in tasca, e sospetta di sentire già molto più freddo del tempo che rapidamente peggiora. È rigido e fissa dritto davanti a sé, spaventato di tentennare se dovesse muoversi anche solo un poco. Scambia uno sguardo con Dwalin, il quale inclina la testa in una sorta di messaggio illeggibile – Thorin non si degna di decifrarlo però. Probabilmente qualcosa sulla falsariga di ‘Beh? Non farai nulla?’.

Beh? Certo che non farà nulla. Che scelta ha? Che scelta hanno tutti e due? Bilbo deve allontanarsi per non andare in pezzi, e Thorin deve lasciarlo andare. È l’ordine naturale delle cose. Avrebbe potuto implorare, e Bilbo avrebbe potuto prendere la decisione di essere avventato e rimanere, ed entrambi ne avrebbero sofferto, ad un certo punto, prima o poi.

Ed ecco che se ne va. Così piccolo, così pallido. È come se i ragazzi fossero l’unica cosa che lo aiutano ad avanzare, entrambi che gli stringono le mani. Un fievole sorriso brevemente gli illumina il viso quando li vede tutti loro in fila, tutte le persone che sono venuta a dire il loro ultimo addio. Thorin spasima dal bisogno di distogliere lo sguardo, di guardare tutto tranne che lui, ma trova che ha anche paura di non passare ogni loro singolo ultimo momento che avranno ad imbeversi di lui, affidando ogni singolo frammento di lui alla propria memoria come i dettagli di un quadro bellissimo.

Perché è quello che Bilbo sarà, alla fine – nient’altro che un ricordo, un guizzo di colori nella mente di Thorin, una fotografia di un tempo così surreale che Thorin dubiterà per sempre che non fosse solo un sogno.

Passa troppo tempo, troppo tempo prima che Bilbo si trovi davanti a lui. Per fin troppo tempo, Thorin si domanda come invertire tutto questo. Ma ha fatto il suo tentativo, no? Se può essere definito così. La scorsa notte, sapendo che molto probabilmente non avrebbe cambiato nulla, ha attraversato la distanza tra il suo ufficio e l’appartamento di Bilbo, e può pensare uno svariato numero di ragioni del perché fosse sciocco, ed inutile, e ingiustamente doloroso per entrambi, ma alla fine, è contento di averlo fatto. Bilbo stesso gli ha detto di essere contento, e Thorin desidera fosse stato più difficile da credere.

Non si dimenticherà il dolce sussulto che è sfuggito a Bilbo quando Thorin l’ha abbracciato – ogni cosa di lui era gentile e fragile, Thorin aveva quasi paura di spezzarlo. Eppure, ha capito le sue intenzioni perfettamente, e si sono baciati come non si erano mai baciati prima e mai l’avrebbero più fatto. Thorin si domanda se anche Bilbo l’abbia sentito – ad un certo punto, era quasi sicuro che sarebbe bastato, che avrebbero potuto sistemare tutto in quel singolo prezioso momento, baciarsi e cancellare ogni cosa che si era inasprita. Ma non era così ingenuo, e Bilbo non era così ingenuo.  Me ne vado comunque.

Lo so, aveva risposto Thorin, Volevo solo…

Essere sicuro che sei reale, che eri reale, prima che mi scivoli via tra le dita per sempre.

Già, in cima a quella scala facendosi forza mentre Kíli singhiozza silenziosamente nella spalla di Bilbo, i ricordi dello scorso anno si stanno sciogliendo insieme nella mente di Thorin, niente di più che una serie di immagini, balenando con intensità variabile. Le emozioni sono fissate saldamente a loro, per ora. Quanto durerà?

Una stretta di mano. Naturalmente, una stretta di mano. Non sarà mai sufficiente dopo tutto, ma lo sanno entrambi. La mano di Bilbo è molto più piccola e molto più fredda, e prima che Thorin ci pensi, la sta coprendo con le sue – Bilbo ha la stessa idea, a quanto pare, e così rimagono lì in quel modo per moltissimo tempo, e il vento soffia sempre di più.

“Grazie,” gli dice Thorin, e mantenere la sua voce calma è l’impresa più difficile della sua carriera, “per tutto.”

Per una frazione di secondo, Bilbo sembra come se fosse stato colpito, ma Thorin sospetta che non se ne è nemmeno reso conto. Si limita ad annuire, con la pallidissima ombra di un sorriso, e Thorin non lo biasima per non aver detto niente. Né biasima se stesso per non essere in grado di lasciarlo andare. No, aspetta, sarebbe stato davvero bello se avesse detto qualcosa. Un addio. Un ‘prego’. Qualsiasi cosa per porre fine a tutto questo.

Ma no, per l'ultima volta, Bilbo si comporta contro ogni aspettativa di Thorin, e se ne va. Senza dire una parola.

La limousine striscia lungo il viale e si allontana in modo insopportabilmente lento, ma più si distanzia dal Palazzo, più apatico Thorin si sente. Pensa di sentire qualcuno tirare su col naso – probabilmente Deidre. Piccole dita si chiudono intorno alla mano, e Kíli lo scutra timido, gli occhi pieni di lacrime come enormi pozzanghere luccicanti e scure. Thorin evoca un sorriso da una riserva che non sapeva di avere e appoggia la mano sulla spalla del bambino, l'altra che gli scompiglia i capelli e Kíli seppellisce il volto nel suo cappotto.

“Non puoi corrergli dietro?”

Ecco Fíli, guardando dritto davanti a sé, le spalle squadrate, assomigliando così tanto a suo padre, senza nemmeno saperlo.

“Non posso,” risponde Thorin semplicemente, “l’ho promesso.”

Non si sono fatti una promessa tale, non detta chiaramente comunque, ma forse sarebbe stato più facile se l’avessero fatto. Più volte nel corso delle ultime settimane, Bilbo ha ritenuto necessario assicurarlo che avrebbe fatto capire ai ragazzi perché se ne stava davvero andando. Thorin ha continuato ad imbattersi in lui in modo imprevisto, incontrandolo a pranzo e nelle stanze dei ragazzi... Desiderare che fosse lì quando si sedeva sul divano, sveglio fino a tarda notte, cercando di trovare una soluzione adeguata ad un problema che non aveva niente a che fare con le elezioni o le udienze o dei criminali latenti, ma si è dimostrato abbastanza potente per occupare la sua mente in prima linea, sempre.

Non importa quanto si sforzasse, non importa quanti dispositivi di distacco professionale a prova d’errore ha messo in atto, Thorin non è stato capace di pensare lucidamente da quando... da quando quella sera è tornato a casa dai suoi viaggi all'estero e l’ha trovata in rovina, in senso figurato o altro. Tutto ciò che conosceva, tutto quello che aveva dato per scontato, capovolto.

L’ho promesso. Thorin ha promesso a se stesso che avrebbe trovato un modo, come aveva sempre trovato un modo. Che avrebbe fatto in modo che non sarebbe più accadute cose più orribili alle persone che amava. Il fallimento non era il proprio, non per sé, ma non è stato affatto in grado di guardare Bilbo dritto negli occhi in queste ultime settimane.

Questo – stare davanti a Bilbo, splendido, coraggioso, bellissimo Bilbo, che alla fine ha trovato il suo punto di rottura e ha deciso di non attraversarlo, ma piuttosto di ritirarsi prima che fosse troppo tardi – era l'unica cosa che Thorin potesse fare per lui. Lo addolorerà sempre, quanto poco hanno in realtà parlato una volta che entrambi sapevano che se ne sarebbe andato. Thorin non ha bisogno di scuse – non ne ha mai avuto bisogno né ne avrebbe mai avuto. Ha richiesto spiegazioni e soluzioni, senza la capacità di escogitare una delle due, e senza che nessun’altro le offrisse in maniera soddisfacente.

E davvero, una parte di lui se lo aspettava – dopo la rivoluzione una parte di lui ha smesso di credere nel lieto fine. Ad un certo punto, le perdite che aveva sopportato sono diventate una parte intrinseca di quello che era, e che sarebbe sempre stato. Perdere le persone ed andare avanti era sia nel suo mansionario che nel suo sangue.

L'unico problema questa volta è che Bilbo gli ha fatto davvero credere per un istante che potesse spezzare questa serie di eventi sfortunati.

“Io vado dentro,” annuncia Fíli con freddezza, poi, allungando la mano verso il fratello ancora aggrappato al cappotto di Thorin, “dai, Kíli.”

“Rimango con Indâd,” è la risposta mormorata del bambino, e Fíli si acciglia, non deluso, solo infastidito.

Sono fuori da soli ora, ad eccezione di Dwalin e le guardie del corpo dei ragazzi, e Thorin non si ricorda nemmeno di aver notato tutti gli altri che se ne sono andati.

“Vieni qui,” sospira, sollevando Kíli tra le braccia, “è freddo, dovremmo rientrare tutti.”

Fíli lo fissa con un'espressione del tutto illeggibile per un attimo, ma cammina ancora al suo fianco come si vanno a nascondere dal tempo sempre più orribile. Thorin mette giù Kíli in sala, il bambino che sembra ugualmente triste e sonnolento, sfregandosi ogni lacrima rimasta dagli occhi, e il petto di Thorin si stringe alla vista.

“Vai con Tom ora, akhûnîth. Ci vediamo a pranzo,” dice a suo nipote, e il bambino tira su col naso.

“Verrai a leggerci qualcosa prima di andare a letto?”

“Posso farlo io,” dice Fíli rapidamente prima che Thorin possa rispondere, ma Kíli è ancora sul punto di piangere, e così Thorin controbatte con un gentile, “certo. Ci sarò. Adesso vai, manca ancora molto tempo prima di allora.”

Li osserva andarsene, la mano di Kíli che scivola in quella del fratello, ed è solo quando non ci sono più che tutto il rumore del Palazzo intorno a lui ripiomba, mentre si trova nel bel mezzo della Sala Principale in uno stato di leggero stordimento, a malapena notando che ci sono altre persone lì con lui, che si affrettano in tutte le direzioni.

“Thorin,” la voce di Dwalin lo conduce via dalla sua confusione, “hai quella telefonata in attesa nel tuo ufficio.”

Manca ancora molto tempo prima di allora. Thorin si domanda, mentre lascia che i suoi piedi lo portino attraverso corridoi e corridoi, rapido e meccanico, se così che vivrà d’ora in poi. Da un pranzo con i ragazzi ad un altro, dalle letture della buonanotte ai compiti di matematica, respirando appena nel frattempo.

Stai vicino a loro. Bilbo non l’ha mai detto ad alta voce, ma è stato sempre lì – è stato il suo obiettivo fin dal primo giorno, dopotutto. Conciliare Thorin con i suoi nipoti. Ha realizzato così tante cose, nonostante tutto, e Thorin non l’ha ringraziato per questo. Come sarà, sedersi al grande tavolo da pranzo oggi, solo loro tre? I suoi ragazzi vorranno trascorrere del tempo con lui senza Bilbo che lo guida attraverso eventuali malintesi che potrebbero sorgere?

Thorin smetterà mai di vederlo ovunque si gira, vedendo il suo volto come era pochi secondi prima della sua partenza, pallido contro i risvolti oscuri del suo cappotto, i capelli scompigliati dal vento, le labbra che sorridevano debolmente e gli occhi che cercavano di trasmettere troppo in troppo breve tempo?

Riuscirà mai smettere di sentirsi come se si stesse scavando una fossa sempre più profonda con le cose giuste che fa, e le decisioni sensate che prende?

~~~

Il tempo continua ad essere orrendo, come previsto. Londra probabilmente non ricorderà cosa significa la neve fino a Natale... Natale. Bilbo non vuole particolarmente pensarci, ma non può evitarlo – il primo negozio in cui entra lo travolge con canti ed esagerate decorazioni stagionali. Non osa avventurarsi verso il centro della città, ben sapendo quanto sia letale il trambusto può esserci in questo periodo dell'anno...

Non ha bisogno di molto, comunque. Cibo, sì, e un sacco. Nuove lenzuola. Un nuovo computer portatile – o forse un tablet, dato che ci si è abituato così tanto in Erebor. Una nuova agenda...

In realtà dovrebbe rallentare e cercare di non comprare tutto nel giro di due giorni, ma l'idea di sedersi nel suo appartamento per troppo tempo lo riempie di un particolare tipo di paura. Non può sopportarlo. E così rifornisce il frigo prima. Facile. Un po’ deprimente, dato che i negozi qui non hanno alcune delle cose a cui si era abituato. Inoltre, ricorda a malapena come si fa l'intero ‘vivere da soli e cucinare per se stessi’ calvario. E se comprasse troppo tutto in una volta, o troppo poco...

Ma tutto ciò che conta davvero, alla fine del Giorno Uno è che è abbastanza stanco da assopirsi davanti alla TV di nuovo, niente lacrime questa volta. Forse, se non si ferma mai, se trova sempre qualcosa da fare, non ritorneranno mai più. Una buona strategia, per ora.

Giorno Due; assicurarsi di non spendere metà dei suoi fondi in prelievi – il che significa andare in banca, qualsiasi banca, ed ascoltare l’impiegato per quelle che potrebbero essere ore, e probabilmente prendersi un raffreddore per colpo dell’aria condizionata. Una volta ottenuto pieno accesso ai suoi soldi, i sistemi elettronici necessari. Una nuova carta SIM per il cellulare, un nuovo computer. Può permettersi quel diavolo che vuole, probabilmente, ma scopre ben presto che sinceramente non gli importa. Lascia l'uomo nell’odiosa divisa giallo brillante scegliere quello che pensa possa soddisfare le sue esigenze, risolutamente rifiuta ‘il miglior affare natalizio che si possa desiderare!’, e quando torna a casa passa moltissimo tempo semplicemente a guardare il portatile prima di radunare abbastanza risolutezza per accenderlo.

Perché... sì, perché una volta lo fa, non c'è alcuna via di fuga dalla realtà. Controlla la sua casella postale prima – immediatamente e automaticamente va al suo account come personale del Palazzo, che è, ovviamente, inesistente ora, e subito cerca di dimenticare di averlo fatto – e ci sono già migliaia di messaggi ad attenderlo. Frida che si preoccupa, la Royal Bank di Erebor che gli descrive seccamente tutto ciò che ha bisogno di fare per far trasferire i fondi, tutta Erebor che gli ricorda di essere stato nel paese solo due giorni fa, di essere stato una parte di esso, e ora non lo è, e non lo sarà mai più.

Due e-mail da Balin, una molto professionale che richiede qualsiasi informazione ancora necessaria su Bilbo per scomparire definitivamente dal libro paga del Hurmulkezer, e l'altra che gli ricorda... che gli ricorda che i Principi vogliono parlare con lui al più presto possibile, ‘facci sapere quando sei pronto, conosci il loro programma ma posso ancora fornirtelo in forma di documento...

Bilbo non è pronto. Lo è? Non lo è? Ai ragazzi non importa – ha promesso che avrebbe parlato con loro via Skype il più presto possibile, e non può deluderli in questo. Non deve. Non è che Thorin sarà dietro le loro spalle. Dio. Fai l’uomo, Bilbo Baggins.

Scrivere un’e-mail molto semplice e molto educata richiede molto più tempo di quanto dovrebbe, davvero. Continua esitante e distraendosi e cambiando le parole non importanti e frasi come ‘mi piacerebbe’ e ‘appena ti è possibile’ in tutto ciò che pensa che suonerà più come se non stesse avendo nessunissimo problema, grazie mille.

Balin risponde fin troppo in fretta, e la data e l'ora vengono stabilite in modo semplice, e Bilbo in realtà non è troppo contento di essere così eccitato. Sicuramente questo non durerà a lungo – non può permetterlo. Non può passare il resto della sua vita in attesa di chiamate Skype, e nemmeno i ragazzi possono...

Ma tutto è dimenticato, almeno temporaneamente, quando lo schermo tremola vivo il giorno quasi precisamente alle quattro del pomeriggio, e le facce pallide e un po’ sgranate dei due Principi appaiono. A volte, negli ultimi due giorni, sembrava come se fossero passati degli anni da quando se n’era andato, ma ora sembra essere passato un batter d'occhio da quando li stava abbracciando davanti al Palazzo, ed è allo stesso tempo esilarante, e la peggiore sensazione del mondo.

“Bilbo!” esclama Kíli e si sporge in avanti in modo che il suo volto occupa la maggior parte dello schermo, solo per essere spostato da una parte dal fratello maggiore.

“Ehi, ci senti?” chiede Fíli, e Kíli riecheggia, “puoi vederci? Noi possiamo vederti!”

“Posso vedervi,” Bilbo sorride, contento che la sua voce abbia un tono relativamente normale, “ciao.”

“Ciao! Come stai? Sei sopravvissuto al volo?” vuole sapere Kíli, dimenandosi in braccio a Fíli.

“Certo che è sopravvissuto al volo,” il Principe più grande sospira, tenendo fermo fratello, “non sei un fantasma, vero, Bilbo?”

“Penso di no,” mormora Bilbo, scoprendo di non riuscire a combattere il sorriso – forse dovrebbe essere considerata una buona cosa. Può vedere la luce del sole pomeridiano che filtra attraverso la finestra nella stanza dietro i ragazzi, ed è un netto contrasto alle grige nuvole pesanti fuori della propria finestra. E li fa apparire quasi eterei, quasi irreali.

“Balin dice che possiamo parlare con te solo dopo i compiti,” annuncia Kíli, “ma Fíli voleva...”

“Mi domandavo se potevo parlare con te quando ho bisogno di aiuto con i compiti.”

“Oh, beh, io non – non vedo perché, voglio dire finché Balin lo permette–”

“Che cos'è?” lo interrompe Kíli, presumibilmente notando qualcosa dietro Bilbo.

“Cos’è cosa? Ah, quello? Questo è solo il riflesso sulla finestra, vedi…”

“Ah, fammi vedere, fammi vedere!” pretende Kíli, e Fíli aggiunge, “facci vedere tutta la casa!”, e Bilbo deve ridere.

“Non ho esattamente… una casa. Un appartamento davvero, davvero piccolo, piuttosto. Niente di speciale da vedere qui, penso…”

“No, no, facci vedere!”

E così Bilbo lo fa – trasporta il portatile attentamente e lascia che i ragazzi diano un’occhiata fuori dalla finestra, e nella sua camera da letto, e alla libreria e al frigorifero (‘È il mio disegno? È il mio disegno!’), ed è mille volte meno struggente di quando si aspettasse, davvero. Non ha nemmeno l’occasione di chiedere loro come stanno. O come sta Thorin. O altro.

La chiamata è finita prima che se ne accorgano, perché Kíli deve ancora andare a lezione di pianoforte, e Bilbo ordina a Fíli di fare quella lettura che sa fin troppo che sta posticipando… Ed è strano, più di qualsiasi altra cosa. Siede sul suo divano dopo aver terminato la chiamata e il silenzio dell’appartamento e il rumore di sottofondo dalla strada lentamente trapelano di nuovo, in qualche modo più pesanti e più desolati di prima.

Per quanto tempo durerà? Per quando tempo Bilbo sarà in grado di essere lì per loro ogni volta che hanno bisogno di lui, come hanno appena concordato? Passa il resto della giornata a guardare le repliche di Doctor Who senza prestare davvero attenzione, e si domanda quanto tempo ci metterà per sentirsi veramente solo.

E Natale è dietro l’angolo. E la sua famiglia vorrà sapere che è tornato in città. Forse potrebbe mentire, tenerli all’oscuro per un altro mese o due, perché affrontare un massiccio raduno di Natale non è attualmente molto in alto sulla sua lista di cose che potrebbero sollevare il suo stato d'animo.

No, ha intenzione di rintanarsi qui e lasciare tutta quella faccenda del ricominciare daccapo di per il nuovo anno. Questo è il piano. Quasi un mese di avvilimento davanti a sé, senza interazioni sociali, senza cercare un nuovo posto di lavoro, senza pensare troppo. Bello. Bene.

Ma, naturalmente, la cosa dura solo finché è beatamente inconsapevole delle capacità di spionaggio delle sue numerose zie. Anche prima di Erebor, non è mai stato troppo desideroso di trascorrere le vacanze con loro, ma lo ha fatto comunque. Una volta l'anno, diceva sempre a se stesso. Una volta all'anno era sopportabile, e gli diede una scusa per evitarli per il resto.

Stavolta è Primula che lo contatta, il che è sorprendente – è quella che gli piace di più, e chi gli dà meno fastidio, eppure eccola, chiedendo se ha ancora ‘quel lavoro governativo in Erebor’, e facendo notare che vorrebbero mandargli dei regali, quindi se potesse per favore di includere un indirizzo e un numero di telefono funzionante, grazie mille...

Bilbo legge la posta elettronica un paio di volte con qualche dispiacere, e trascorre un pomeriggio a decidere cosa fare. Non vuole proprio avere a che fare con la sua famiglia. Non vuole proprio rispondere alle loro domande, e spiegare le cose, e baciare le sue numerose zie sulle guance e sorridere e ripetere più e più volte che in realtà non si sposerà molto presto, no.

Ma Primula è… Prim è relativamente normale, e carina, e sembra sempre che gliene importi sinceramente, ed inoltre condivide l’esasperazione di Bilbo nei confronti di Zia Lobelia… Prima di accorgersene, fa il suo numero, anche se non è proprio sicuro di quello che dirà.

“Bilbo?! Sei davvero tu? Buon Dio, sei risorto dai morti! È così bello sentire la tua voce!” esclama la donna una volta che annuncia se stesso, e Bilbo pensa di poter sentire i bambini che ridono dall’altra parte della linea, e si domanda se Primula sia seduta al grande tavolo in quella che una volta era la cucina di sua madre...

“Altrettanto,” replica, “senti, mi domandavo…”

“Verrai per Natale? Oh, devi! Che fine hai fatto? Devi dirmi tutto – oh Pip, vuoi smetterla? Mi dispiace, mi dispiace. La cugina Eglantina è qui con i bambini, e c’è un po’ confusione. Dove sei adesso? Quando sei tornato da... dov’è che sei stato?”

“Erebor,” Bilbo sospira, allungando le gambe sul divano, fissando il soffitto e facendosi coraggio, “Sono a Londra adesso, sono tornato solo un paio di giorni fa, in realtà.”

“È magnifico! Appena in tempo. Devi venire a raccontarci tutti! Perché non vieni qui per Natale?”

“Non lo so, Prim, sono appena tornato...”

“E dai! Lobelia non sarà qui, sai,” ride, “sì, lei e Otto vanno a Parigi quest'anno, probabilmente a celebrare l’essere da soli per la prima volta dopo 20 anni... Sì, sì, eravamo tutti molto sorpresi...”

È così facile, chiacchierare con lei, ascoltare i drammi familiari minori e dei cugini che non sapeva si fossero sposati e che viaggiano per il mondo... Ed è allettante, forse, solo un po’, andare in macchina in campagna (o prendere il treno per la campagna, perché non se la sente ancora di comprare un’auto, a dire il vero) e vedere di nuovo la sua casa d'infanzia, e dimenticare tutto quello che negli ultimi tempi è andato a rotoli della sua vita. Mangiare un sacco, controllare i bambini, per vedere se tutto è ancora a posto come si ricorda, respirare l’aria fresca e fuggire dalle proprie responsabilità... Dio, forse è esattamente ciò di cui ha bisogno. Qualcosa da pregustare.

“Va bene, vengo a farvi visita,” decide finalmente, e Prim emette uno squittio felice che non è cambiato da quando avevano otto anni, e Bilbo si sente improvvisamente molto nostalgico.

~~~

La neve arriva con la stessa inesorabilità tranquillo di ogni anno – si sveglia una mattina e non vede altro che bianco nei giardini, un manto sopra le panchine e i cespugli e i marciapiedi e le statue, come se fossero coperti con cura da un panno sottile. È bello, in un certo senso, e i ragazzi saranno così eccitato, ma non rende l’alzarsi più facile.

Stranamente, la sua presa di posizione sul sonno è cambiata ad un certo punto da un paio di settimane. Quello che prima era un lusso irraggiungibile è ora la migliore fuga dalla sua realtà quotidiana. Ha cercato di rimanere seduto da solo nel suo appartamento i primi giorni, ha trascorso intere notti sveglio quando Bilbo era in ospedale, ma poi quando tutto diventava un po’ troppo, si ritirava finalmente a dormire. Non ha mai dormito molto – probabilmente non lo farà mai – ma c'è qualcosa di confortante nell’arrendersi ad esso, nel dichiarare il giorno concluso.

Le mattine sono ancora assolutamente orribili, naturalmente. Vagamente ricorda che non molto tempo fa, c'era un tempo in cui si svegliava con un sorriso sul volto. Inoltre, i tempi in cui si svegliava con un sorriso sul volto di Bilbo. Ricordarlo non gli fa bene, ma non può sbarazzarsene, non importa quanto duramente ci prova.

Ma almeno ci sono doveri, una volta che supera l’odio nei confronti dello spazio vuoto sul letto, e tiene sotto controllo dolore alle articolazioni che è di gran lunga troppo debilitante per essere altro che una profonda stanchezza. Bilbo pensava di aver bisogno di una pausa, e forse anche Thorin ne ha bisogno.

Dopo aver finito di governare il paese, naturalmente. Aver finito di reare. Passa pure a trovarmi, gli aveva detto Bilbo, e Thorin spera solo di vivere abbastanza a lungo per vederlo accadere.

Nel frattempo, c'è un mucchio di confusione residua da spazzare via. Udienze a cui partecipare, dichiarazioni ufficiali da dare. Le elezioni sono state vinte, ma Dáin condivide il sentimento di Thorin – ha solo dato loro un brevissimo vantaggio. Cullato il pubblico in un falso senso di pace abbastanza a lungo in modo da potersi concentrare sul vero pericolo, ancora molto presente.

Anche con un mucchio di accuse, prove, testimonianze e dichiarazioni contro di lui, anche con la stampa che lo dilania in modo sistematico, Bundushar è ancora a prova di proiettile come sempre. La prima udienza che passano nella stessa stanza, osserva Thorin come un rettile, occhi inflessibili, riuscendo a mantenere un’aria di impenetrabile di fiducia in se stesso anche adesso, ammanettato e circondato dagli agenti di polizia.

Gli avvocati assicurano Thorin che è solo una questione di perseveranza, nessun cedimento, non permettere a Bundushar un secondo di riposo – e Thorin è perfettamente disposto a fare tutto questo. Sarà dannato se arrenderà il suo paese ora.

Di noi tre, diceva sempre Dís, tu sei l'unico adatto per questo lavoro. Pensa spesso a lei ora, avendo saputo quanto sua sorella avesse fatto, e si rende conto che lei sarebbe stato una sovrana altrettanto brava come lui. Probabilmente meglio. Era così giovane, e ha dato la sua vita per evitare qualcosa che Thorin ha quasi lasciato che accadesse anni più tardi, e non sa se Dís ne sarebbe orgogliosa o arrabbiata in questo momento.

Tutto quello che sa è che di loro tre, lui è l'unico rimasto, e deve fare del suo meglio.

Probabilmente disapproverebbe che Fíli venga a sapere di tutto questo – probabilmente disapproverebbe che Thorin sia venuto a sapere di tutto questo, a pensarci bene, considerando tutti gli sforzi che aveva fatto per mantenere il segreto per sé – ma dirlo al ragazzo sembra la cosa giusta da fare. Sarà re un giorno, dopotutto, e deve capire. Inoltre, è così curioso. Balin informa Thorin che sta leggendo la storia recente con molta più attenzione ora che sa (anche se vagamente) come e perché sua madre è veramente morta, e le questioni che pone sono meglio che non vengano lasciate senza risposta.

“Perché Bundushar pensava che Bilbo fosse una spia?" ne arriva una così, di punto in bianco, una sera, loro due chinati sui compiti di Fíli, composti da problemi che sono, nota Thorin con un certo orgoglio, non particolarmente impegnativi per il ragazzo, permettendo alla sua mente di vagare.

La penna di Thorin aleggia sulla carta barcollando, e alla fine ricorre a un semplice, “è complicato.”

“Ho capito,” dice Fíli con facezia, “è stato perché il Dottor Grey voleva che lo pensasse?”

“Fíli...”

“Il Dottor Grey è una spia, però, giusto? Una vera, voglio dire.”

Thorin apre la bocca per rispondere, ma il nipote lo guarda quasi con aria d’attesa, tamburellando la matita sulla carta, e la sua curiosità, benché snervante, è qualcosa da lodare, piuttosto che da rigettare, decide Thorin. Anche Bilbo la penserebbe così.

Come cavolo hai fatto a capirlo? Con chi hai parlato?” chiede Thorin gentilmente.

“Con nessuno,” dice Fíli in tono congedante, e quando Thorin inclina la testa, ripete, con maggiore fermezza, “con nessuno! Guardo i telegiornali, sai.”

Sembra così serio, così adulto – Thorin ridacchia. Ma Fíli aggrotta la fronte.

“Dai, dimmelo, per favore. Il Dottor Grey aveva tutti quegli uomini sotto il suo comando durante l'attacco, ed è stato qui tutto il tempo dopo che Bilbo hanno sparato, e poi Bilbo ci ha detto tutto ciò con cui lo stava aiutando, ma sono abbastanza certo che ha omesso molte cose. Voglio solo sapere tutto quello che è successo.”

“Ne sono sicuro,” Thorin sospira, poi, adocchiando con attenzione il ragazzo, dicendo le parole successive con esitazione perché non è del tutto sicuro di volerle dirle, “sai perché Bilbo è dovuto andare via, vero?”

Fíli si acciglia un po’ di più, come se non riuscisse a credere alla domanda che gli è stata fatta.

“Sì. Aveva bisogno di una pausa.”

Le virgolette aeree scattano in posizione in modo quasi udibile.

“Vero. E sono sicuro che ti ha anche detto–”

“Non è quello che intendevo,” lo interrompe Fíli così bruscamente che Thorin è troppo sorpreso per rimproverarlo.

“Voglio solo sapere cosa sta succedendo. Balin non mi dà alcuna risposta, dice sempre di chiederlo a te, o di vedere se riesco a trovare quello che cerco nei libri. Per favore?”

Thorin lo guarda in silenzio per un attimo, il testardo barlume determinato nei suoi occhi una perfetta somiglianza con quello di Dís, e pensa a infanzie rovinate e la perdita dell'innocenza. Cosa avrebbe detto Bilbo? Beh, forse avrebbe avuto fede che saresti stato capace di pensare per te stesso ogni tanto.

“Sai una cosa?” decide Thorin infine, “che ne dici di venire con me alla prossima udienza? È lunedì mattina.”

“E mancare a scuola?” sottolinea Fíli, ma l'euforia è già evidente nei suoi occhi.

“E mancare a scuola,” Thorin annuisce, “per quanto mi riguarda, anche questa è educazione. Potresti ottenere risposte ad alcune delle tue domande, e potresti ottenere ancora più domande, ma prometto che cercherò di rispondere a tutto dopo. Che te ne pare?”

Gli occhi di Fíli sfrecciano da lui ai compiti, e poi di nuovo a lui, e scruta Thorin per molto tempo, perfettamente giustificato nella sua anticipazione di un ‘ma’ – ma Thorin non ha più riserve, non ha più ragioni per distanziarsi. Se Bilbo l’ha lasciato con una cosa, è la lentamente crescente abilità di comportarsi normalmente intorno ai nipoti. È solo sorpreso che sembra essere sopravvissuta alla partenza di Bilbo.

“Sembra fantastico,” decide infine il Principe più grande, e ricambia smagliante il sorriso di Thorin, aggiungendo in fretta, “oh, dovrai firmare una… tipo una nota, per giustificare l’assenza da scuola. Di solito era Bilbo a farle, ma…”

“Certo,” dice Thorin con fermezza, ignorando la fitta dolorosa al petto, “fammela trovare pronta per domani.”

Si rende conto troppo tardi quanto sia sembrato clinico e stupidamente professionale, ma Fíli si limita a sorridere in modo ancora più smagliante, annuendo.

“Va bene allora,” Thorin sospira, “sembra che abbiamo finito qui, sì? Hai bisogno di aiuto con qualcos’altro?”

“No, sono a posto, Bilbo mi ha già aiutato con inglese oggi.”

La sensazione di dolore sordo, come un piccolo buco nero da qualche parte nel suo petto, è più forte ora, più persistente, ma stringe i denti contro di essa.

“Mi fa piacere sentirlo...–”

“Potresti parlargli anche tu, sai.”

L'espressione di Fíli non cambia mai, guarda ancora Thorin piuttosto curiosamente, e probabilmente perfettamente in grado di vedere attraverso la sua postura improvvisamente irrigidita. Qualche tempo fa, Thorin l’avrebbe semplicemente ignorato e se ne sarebbe andato, ma sente di dovergli più di questo. Probabilmente non riuscirà ad avere una spiegazione vera, ma gli piacerebbe credere di potersi prendere dei meriti per averci provato.

“Non penso che sia una buona idea,” dice un po’ maldestramente.

“Perché?”

“Bilbo è… ha bisogno di un po’ di tempo per se stesso.”

“Ma Kíli ed io ci parliamo sempre. Non gli pesa.”

“È diverso.”

“Come?”

Beh, innanzitutto, probabilmente vuole davvero parlare con voi.

“Fíli,” Thorin sospira, alzandosi dal tavolo e strofinandosi la fronte, “non sono stato… felice di lasciar andare Bilbo. Ma noi – era la cosa giusta da fare.”

“Deidre una volta mi ha detto che Bilbo era ciò che tutti noi aspettavamo. Incluso te.”

Quello non aveva bisogno di sentirlo con ancora un paio di ore di lavoro davanti a lui – soprattutto non così casualmente. Fíli sta diventando piuttosto eccellente a dire precisamente ciò che è necessario dire, anche se le persone non vogliono sentirlo. Una qualità essenziale per un futuro re, no?

“Ah sì?” mugola Thorin.

“Sì. Dovresti corrergli dietro.”

Thorin è un po’ a corto di fiato – una sensazione del tutto insolita, ad essere onesti, certamente quando indotta da suo nipote.

“Io non – non è così che funziona, Fíli,” riesce a dire un po’ a fatica, “qualsiasi cosa pensi che possa essere successo, ti assicuro che è molto più complicato di così–”

“Ah, ho tredici anni, Indâd, non sono stupido. Ti piaceva.”

È rabbia e qualcosa di molto più vulnerabile, come il panico, in lotta per il controllo nella testa di Thorin. Per tutto ciò che ha imparato durante l'anno scorso, è ancora in gran parte all'oscuro quando si tratta di... beh, un sacco di cose, essendo di fronte alla sagacia inaspettata e l’affascinante schiettezza di Fíli. Le sue spalle si incurvano.

“Tu... sapevi questo di me?”

“Certo,” Fíli annuisce con fermezza, “lo sapevo... beh, quando ero piccolo continuavo a chiedere alla mamma quando ti saresti trovato una moglie, e perché lei si era sposata prima di te... Senti, Mi dispiace. Ero curioso. Mi ha preso da parte e me l’ha spiegato.”

“Ma davvero.”

Certo che l’ha fatto. Molto tipico di Dís, essere perfettamente aperta con i suoi figli. Se fosse stata lei a crescerli, sarebbero stati inarrestabili. Più di quanto già lo sono. Dio, a tutti gli effetti, Thorin dovrebbe essere furioso, ma tutto quello che vuole fare è ringraziarla. Non deve essere così difficile, era solita dire, tutto ciò di cui hai bisogno è di un po’ di buon coraggio vecchio stile.

In tante cose ultimamente, Thorin è stato determinato, e inflessibile, rigoroso e... Raramente coraggioso. Sopravvivere a tutto quello che la vita gli ha gettato addosso ultimamente non conta. Dís non la penserebbe così.

“Ha detto che è stata davvero dura per te, e probabilmente lo sarebbe stata per il resto della tua vita,” continua Fíli, il suo tono gentile coglie l’attenzione di Thorin, “e ho pensato... beh, non so. Che Bilbo in qualche modo avrebbe reso le cose più facili, forse? È così bravo a trattare con tutti questi problemi che sembrano troppo difficili, non credi?”

Thorin ridacchia.

“Sono d'accordo,” sorride, e anche se Fíli lo guarda ancora un po’ con circospezione, Thorin sa che questa conversazione – probabilmente la più lunga che abbiano mai avuto da un po’ che non ruota intorno alla Matematica o alla Fisica – sta facendo del bene ad entrambi.

Ma viene interrotta, naturalmente, da Kíli che entra dirompente in camera, e per il momento Thorin li saluta e ritorna a governare per il resto della giornata, il disagio pesante ritorna al suo posto, gravando sulle sue spalle. Agli occhi dei bambini, il tutto appare molto più facile. Ami qualcuno, stai con loro. Trovi la felicità, la tieni. Se Thorin la pensasse come loro, avrebbe implorato a Bilbo di rimanere. Si sarebbe aggrappato su ciò che c’era rimasto di quello che avrebbe potuto essere, proprio perché aveva troppo paura di affrontare la realtà. La realtà di aver trovato la sua unica possibilità di vera felicità, senza restrizioni e pura, e lasciarla andare sprecata.

~~~

Le cose migliorano. Può farcela. Non è così lontano da iniziare, per esempio, a cercare un nuovo lavoro, ma può funzionare normalmente, di giorno in giorno. Con le sue spese incredibilmente modeste, il denaro non sarà un problema per un lungo periodo – non è come se avesse intenzione di acquistare un’auto, o un nuovo appartamento, o qualcosa di simile, tanto presto.

Si sente un po’ in colpa per non aver portato nulla da Erebor per la sua famiglia, e così va a prendere un sacco di regali generici per quando viaggia a nord per stare da Prim. Hanno concordato una settimana – una settimana di lunghe passeggiate attraverso un innevato Lancashire, trascorrendo tutto il tempo possibile fuori e da solo che può agguantare senza essere scortese. Prim capirà. Certo che lo farà. Sarà lei e suo marito Drogo, e a quanto pare la cugina Eglantina con i bambini, che Bilbo non vede da anni... Non gli importa. Tutto ciò che gli interessa è scappare dalla città, fuggire nella natura e sperare di trovare un po’ di pace mentale lì.

Parla ai Principi quasi ogni giorno, e sa che presto avrà bisogno di prendere una pausa anche da quello, se ha qualche speranza di schiarirsi la mente. È qui dove tutto questo è diretto, non è vero? Allontanarsi. È in Inghilterra da solo un po’ più di due settimane, ma Erebor sembra già essere un'eternità fa e distante anni luce.

“Sta nevicando!” esclama Kíli felice un sabato mattina, e cerca di posizionare lo schermo del computer per far vedere a Bilbo fuori dalla finestra dietro di lui – invano, ovviamente.

“Fa un pupazzo di neve,” mormora Bilbo, ancora comodo e caldo nel letto – in questi giorni alzarsi prima di pranzo è un’occorrenza rara.

“Okay! Posso farlo assomigliare a te?”

“Non verrebbe un pupazzo di neve molto bello,” Bilbo ridacchia, “dov’è tuo fratello?”

“È con Indâd,” fornisce Kíli, “sono andati di nuovo ad una anzur-ubdûkh.”

“Un’udienza?” traduce Bilbo automaticamente, “davvero?”

“Mh-hm,” il bambino annuisce, “Fíli vuole sapere tutto.”

“Tutto… su cosa?”

“Non lo so,” Kíli scrolla le spalle, “solo tutto.”

Bilbo sta per chiedere di più, ma poi Muzmith la gattina subentra nella conversazione saltando in fronte allo schermo, e Kíli fa un gridolino di sorpresa.

“Mio Dio, è diventata grande,” commenta Bilbo, e Kíli è raggiante di orgoglio, come se fosse un suo successo che la gatta sta mangiando bene.

“È vero! Volevo chiedere a Indâd se possiamo prendere un altro gatto per Natale. Deidre dice che potrebbe rattristarsi a stare sola.”

“Mamma mia,” Bilbo sorride, “due maschi e due gatti in un stanza? Immagina il caos.”

“No-o,” si lamenta Kíli, “sarebbe divertente! Non puoi ritornare e dire a Indâd che sarebbe divertente?”

Un debole suono di qualcuno che si schiarisce la gola si sente allora, e Bilbo si ricorda che Kíli non è solo in camera – Balin è lì nelle vicinanze a supervisionare tutto.

“Sono sicuro che tuo zio sarà d'accordo che non è un problema, se glielo chiedi con le buone maniere,” Bilbo dirige la conversazione con attenzione, “fa un tentativo.”

Kíli sospira fin troppo profondamente per un bambino di otto anni, dimenandosi sulla sedia e accoltellando la scrivania con una matita più volte, la gattina che guardare il processo con l'interesse di un cacciatore in attesa di aggredire la preda.

“Va bene,” dice con una certa rassegnazione, “ma devi comunque ritornare. Sai come fare le voci quando ci leggi una storia.”

“E Balin non lo fa?” Bilbo ridacchia.

“No, Balin non legge!” arriva una risposta quasi indignata.

“Oh, mi dispiace, errore mio. Chi allora? Avete una nuova governante?” chiede Bilbo, non proprio sicuro di voler conoscere la risposta.

“Non ancora,” Kíli scuote la testa, ora con la matita che gratta Muzmith dietro l'orecchio, con molta confusione da parte della gatta, “Indâd legge. Ma spesso lo lascia fare a Fíli.”

“Oh,” mugola Bilbo, poi, costringendo almeno una certa determinazione nella sua voce, “dovresti lasciare che Fíli e tuo zio facciano un po’ di pratica, sai. La pratica rende perfetti, e non tutti sono un talento naturale come te e me.”

Kíli ridacchia – il più delle volte, avrebbe adottato una delle voci particolarmente eccentriche di Bilbo che aveva sviluppato per questo o quel personaggio del libro che stavano leggendo in quel momento, e avrebbe passato l'intera giornata a parlare in quel modo. Ti stai preparando per un ruolo che non hai ancora ottenuto, gli diceva Bilbo, e il bambino annuiva con grande soddisfazione, il piccolo attore che era.

“Oh, reciterai in quello spettacolo presto, vero?” fa notare Bilbo per distrarsi dai suoi pensieri cupi, e Kíli diventa ancora più euforico – trascorre i successivi quindici minuti a recitare alcune delle battute che ha, gesticolando selvaggiamente e praticamente ballonzolando su e giù sulla sedia, l'emozione apparente...

Bilbo lo lascia fare. Non chiede più sulla vita al Palazzo, nemmeno parla con Balin, davvero. Rimane immobile a lungo dopo la chiamata, guardando fuori dalla finestra con occhi persi nel vuoto. Questo è ciò a cui Erebor è stata ridotta per lui – scorci della camera dei Principi, e cercare di immaginare com’è l’esterno. Può ancora vedere il Palazzo così chiaramente quando chiude gli occhi, la strada verso gli alloggi dei ragazzi impressa nella sua mente, ma anche questo svanirà alla fine. L'unica altra persona di Erebor con cui ha parlato è Balin, si rende conto. E, sì, Frida, che lo ha chiamato quando era nel bel mezzo della spesa, e ha trascorso un po’ di tempo a rassicurarla che stava bene, e solo dopo aver concluso la conversazione, si è reso conto di non aver chiesto una singola cosa su di lei.

I notiziari sono pieni di Erebor, per ora, se uno sa dove guardare. In un primo momento, Bilbo desisteva dal guardare ogni volta che il viso di Thorin appariva sullo schermo. Naturalmente. Ma sta migliorando anche in questo. Pensa.

‘Il parere prevalente in questi giorni è che il resto dell'Unione Europea potrebbe ampiamente beneficiare nel seguire l’esempio di Erebor – l’applicazione della legge del regno alpino è sempre stata uno dei meccanismi più veloci, uno dei sistemi più senza intoppi, e anche ora, dopo aver subito un duro colpo che avrebbe mandato maggior parte dei paesi nel caos più totale, funziona sorprendentemente bene. L'accusa al magnate di fama internazionale, Smaug Bundushar, insieme ai membri del partito politico che ha scelto di appoggiare, e il Capo dei Servizi Segreti Ereboriani, nonché una serie di altri alti funzionari, sta rapidamente diventando il processo del secolo.

Le controparti di Sua Maestà, Re Thorin II, provenienti da tutto il mondo hanno espresso i loro dubbi circa la stabilità del paese, ma sembra che almeno in Erebor, la monarchia, che molti considerano un concetto obsoleto, regna più saldamente mai, con le elezioni vinte a suo favore anche in questi tempi duri. Inoltre, la posizione inflessibile del Re quando si tratta della maggior parte delle normative dell'UE ha fatto guadagnare al suo paese più benefici a lungo termine di quanto previsto...’

Quindi sì, Thorin sta andando bene – Bilbo non si sarebbe aspettato di meno da lui. Erebor è sopravvissuto a peggio, e Bilbo auspica sinceramente che questa fosse l'ultima serie di incidenti orribili gettati addosso alla Corona. Al diavolo i dettagli. Nessun canale che riesce a beccare parla mai della principessa Dís e di quello che ha fatto per garantire la caduta di Bundushar – la corrosione del Conglomerato di Moria è spesso descritta come ‘inaspettata ma difficilmente la prima o l’ultima del suo genere’ o come ‘una storia ammonitoria’, ma questo è tutto.

Il padre di Thorin è solitamente menzionato in relazione all'esistenza dei miracoli del giorno d’oggi, e quella volta che appare effettivamente sullo schermo, è seduto nella sua sedia a rotelle accanto a Thorin, padre e figlio con indosso abiti molto formali, uniformi coordinate molto belle uniformi, e guardando in avanti mentre file su file di membri della Guardia Reale e l'esercito marciano sotto il loro punto di vista nella celebrazione di questa o quella festa importante. Ci sono anche Fíli e Kíli, stringendosi nei loro abiti e cappotti, agitati in modo molto più visibile rispetto agli adulti – Bilbo guarda l'evento solo perché lo aveva promesso, e perché Kíli gli ha detto: ‘Saluteremo tanto e puoi fare finta che stiamo salutando te!’, e molto presto, la tazza di cioccolata aromatizzata con solo una goccia di rum che aveva comprato di recente, cercando di non sentirsi come un orrendo alcolizzato, si dimostra davvero una buona idea.

Fissa il viso di Thorin – qui, sul web mentre scandaglia le pagine del giornale di Bard, in qualsiasi momento spunta fuori davvero ovunque – e cerca di vedere oltre il marmo cesellato delle sue migliori espressioni regali. Cerca di individuare qualcosa, qualsiasi cosa che gli avrebbe mostrato i veri sentimenti di Thorin. Ridicolo. Doloroso, decide sempre dopo qualche tempo. Troppo da sopportare, e non dovrebbe passare il suo tempo così, per l’amor del cielo. A struggersi. Grandi discorsi su ricominciare daccapo e andare avanti – il suo cuore sussulta ancora ogni volta che vede il Re, e quasi tutti i giorni, lo risente per questo.

Prende una decisione abbastanza presto – la prossima volta che ha la possibilità di parlare ad entrambi i ragazzi tutti insieme, gli dirà della vacanza pianificata con la sua famiglia, e che non è sicuro che avrà accesso al wifi. È una piccola bugia, molto più facile che dire loro che ha davvero bisogno di passare quella settimana da solo, con nient’altro che i propri pensieri a tenergli compagnia.

Si lamentano e brontolano, ma sa che staranno bene – odia sapere che staranno bene. Odia, ancora una volta, essere un adulto in tutto questo, sapere che sta facendo ciò che è giusto per se stesso...

Promettono di sentirsi il giorno di Natale almeno, cosicché i ragazzi posso dirgli quanto hanno apprezzato i regali che gli sta mandando – libri, soprattutto, e un bel set di matite colorate in una lussuosa custodia di legno, pennelli piatti per i dipinti di Fíli, un grande puzzle di duemila pezzi raffigurante Londra vista dalla Ruota del Millennio... Avrà un po’ esagerato, ma non può immaginare di non esprimere il suo amore attraverso tutto questo. Oh, saranno eccitati, naturalmente lo saranno, e Balin gli ha assicurato che i regali sarebbero stati consegnati in tempo...

E toltosi questo pensiero, Bilbo si dirige verso nord. Fa un’unica valigia invece di tre, si lascia alle spalle il suo appartamento senza alcun accenno di sentimento, e prendo il treno di prima mattina. Passa il viaggio estremamente lungo a fissare fuori dal finestrino, città e campi e foreste che sfrecciano accanto, mentre cerca di capire cos’è che gli manca.

C'è un pezzo di lui – qualcosa che deve aver lasciato in Erebor. È capace di spronarsi quel tanto che basta per superare la giornata e attendere con ansia quella seguente, in qualche modo. Ma oltre a questo... Niente gli porta gioia reale. Avrebbe dovuto aspettarselo che questo fosse tedioso. Si aspettava che questo fosse tedioso. Tornare in pista. Reinventare se stesso, o come diavolo si dice in questi giorni. Più spesso che no, le decisioni giuste, non sono le più piacevoli, vero?

Sì, certamente. Ha bisogno solo di superare questo anno maledetto, e poi, in qualche modo, miracolosamente, sarà in grado di ricominciare da capo. Per il momento, riallaccerà i rapporti con la sua vera famiglia, racconterà solo lo stretto necessario della sua storia, e cercare di iniziare a vedere gli eventi per quello che realmente erano. Un'avventura, sì. Una lezione, forse. Un'esperienza meravigliosa, per la maggior parte.

Ha solo bisogno di smettere di sentirsi come se avesse lasciato il suo cuore a Erebor, e non importa quanto duramente ci provi, non sarà mai davvero in grado di riempire quell’abisso spalancato nel petto con qualsiasi altra cosa.

~~~

Thorin sente la voce di Bilbo per la prima volta da quando se ne è andato, e pensa che avrebbe potuto farne a meno. Succede dopo aver deciso di tagliare corto le sue ore d'ufficio un giorno, e di andare invece ad aiutare Fíli con i compiti a casa in anticipo per una volta. Attraversa con calma i corridoi del Palazzo, accompagnati solo da Dwalin, e si rende conto di quanto sia diverso il posto a quest'ora, luce diversa, persone diverse che gli passano accanto e gli fanno un cenno con la tesa. È… una bella sensazione. Forse dovrebbe vagare in giro più spesso ad ore strane del giorno.

Può permetterselo ora – concedersi dei piccoli lussi. Le udienze stanno andando splendidamente, ancora di più con Fíli al suo fianco, ad ascoltare, guardare, fare domande. Thorin non lo porta mai quando è di fronte a Bundushar, anche se il ragazzo lo implora di farlo. C'è ancora qualche pericolo in quello, un debole eco di tutto ciò che l'uomo era riuscito a distruggere nei meandri della mente di Thorin come un monito a non perdere la concentrazione quando ha a che fare con lui.

I risultati dei sondaggi mostrano perlopiù che le persone si sentono sicure, a prescindere dai dubbi persistenti del loro Re. Ha pavimentato la strada verso un recupero rapido, insieme a Dáin. Anche i media stranieri sembrano pensarla così, lodandoli per la loro implacabilità, per la velocità con cui i giudici agiscono... Tutti i risultati di un lavoro estremamente duro, ma Thorin non lo vorrebbe in nessun altro modo.

È come se nulla fosse cambiato. È come se il Palazzo non fosse mai stato infiltrato, oggetto di un attacco. Thorin nota che Dwalin ancora scruta l'ambiente circostante con lo sguardo più cauto – non c'è niente che possa dire che potrà mai convincere il Responsabile della Sicurezza che tutto ciò che è successo non è stata affatto colpa sua. E così, dopo che Thorin ha rifiutato le sue dimissioni, Dwalin si è dato da fare per centuplicare la sicurezza del Palazzo già impenetrabile. Thorin è solo contento che si stia tenendo occupato, ad essere onesti. Anche convincerlo a lasciarlo fuori dall'ufficio a quell'ora insolita è stato un calvario.

Il piano dove sono gli alloggi dei Principi pullula di guardie di sicurezza, anche se nascondono la loro presenza come meglio possono, provando quasi vergogna quando si imbattono nel Re e il loro capo. Tom e Bert non sono nelle loro solite posizioni di guardia alla porta dei Principi – che è in effetti leggermente socchiusa – e per un secondo, il cuore di Thorin che sussulta nel petto rispecchia la paura che lampeggia negli occhi di Dwalin, ma poi uno scoppio di risa si sente dall'interno, e una delle guardie spiega che le guardie del corpo dei ragazzi stanno chiacchierando con Bilbo insieme ai ragazzi.

Thorin si blocca senza veramente rendersene conto, la mano a metà strada verso la maniglia della porta. Non ha bisogno di guardare per sapere che Dwalin lo sta guardando, con circospezione e in attesa. Kíli borbotta qualcosa che Thorin non capisce, e tutti ridono di nuovo, e la risposta di Bilbo segue. È sottovoce, incomprensibile, ma è ancora lui, il tono morbido della sua voce fin troppo riconoscibile. Thorin fissa nel vuoto davanti a sé, in stato confusionale. Fa un passo in avanti, vacilla di nuovo.

“Stai scherzando!” esclama Fíli, udibilmente divertito, e Bilbo ribatte con calma, probabilmente cercando di convincerlo di qualcosa – Thorin è combattuto. Da una parte, ha la voglia di entrare e sentire di che cosa stanno parlando, ma dall’altra è anche inorridito di interrompere quel momento... e di affrontare Bilbo, sì, anche se è solo tramite lo schermo di un computer.

“E come farai con Indâd?” chiede poi Kíli, e qualcosa si stringe al petto di Thorin, una morsa dolorosa.

La voce di Bilbo gli suona come gli accordi di una canzone da lungo tempo dimenticata, familiare e confortevole, eppure così, così distante. Nel suo stordimento, fissa Dwalin, e trova nel suo sguardo preoccupazione mezza nascosta sotto un velo di doverosa aspettativa. Thorin apre la bocca per parlare, ma poi Fíli dice qualcosa che spinge Bilbo a ridere, una risata leggera e musicale, e gli artigli fantasma intorno alla gabbia toracica di Thorin stringono ancora di più. Abbassa la testa, e prima che qualcuno possa dire qualcosa, si gira sui tacchi e marcia via.

Dwalin lo raggiunge abbastanza presto, e il suo silenzio la dice lunga su cosa pensa della decisione di Thorin.

Dovresti corrergli dietro. Nessun altro oltre a Fíli lo dirà ad alta voce, non certo Dwalin, che ha trascorso l'ultimo anno abbondantemente in disaccordo con presenza di Bilbo (ancor di più dopo che lui e Thorin hanno deciso di lasciare evolvere il loro rapporto oltre il regno del professionale). Ma lo stanno pensando. Deidre menziona Bilbo spesso, in modo apparentemente innocuo, di sfuggita, di solito riguardo ai compiti che solo sapeva come fare e che ora sono lasciati abbandonati. Il padre di Thorin ha già ricevuto una lettera da Bilbo, contenente tutto ciò che avevano concordato di scriversi, e ne era così entusiasta, spingendo Thorin a leggerla e passando ore nella biblioteca Palazzo a scrivere una risposta...

Manca a tutti loro. Al Hurmulkezer nel suo complesso manca, perché era in qualche modo riuscito a diventare una parte intrinseca di esso, un ingranaggio senza il quale la macchina non funzionerà mai senza intoppi come prima. Thorin non ha bisogno di sentirselo dire – lo sa meglio di chiunque altro. Non ha bisogno di pensarci molto per arrivare alla conclusione che se lui stesso è ciò che mantiene la macchina in funzione, Bilbo era quello che lo faceva andare avanti...

Ma, beh, preferisce non pensarci, per evitare di farsi venire un mal di testa e un desiderio per qualcosa di andato da tempo, qualcosa che non ha mai veramente avuto comunque.

Farebbe meglio a non passare quella che dovrebbe essere l’ora di dormire così. Sta nevicando di nuovo, non le tormente che Erebor ha dalla scorsa settimana, ma piuttosto dei fiocchi di neve grandi e pesanti fiocchi che cadono lentamente, quasi pigramente. Suo padre si assopisce sulla sua sedia a rotelle vicino alla finestra – Thorin lo aveva trovato in casa quando è arrivato, e semplicemente non gli ha chiesto di andarsene, perché è sempre più facile in questi giorni, averlo vicino – e il fioco bagliore arancione della lampada alta, l'unica fonte di luce nell’appartamento buio, è gentile con il suo viso, addolcendo le sue rughe più profonde, facendolo sembrare più giovane, più sano.

Thorin sposta lo sguardo da lui allo schermo del computer, e il piccolo orologio nell’angolo annuncia la mezzanotte, e i suoi occhi stanchi annunciano che ne ha avuto abbastanza. Fa del suo meglio per non svegliare Thráin mentre lo porta lontano dalla finestra e fuori, per affidarlo alla cura dei suoi assistenti, tuttavia, i suoi occhi si aprano ancora di raggiungere la porta. Gira la testa in direzione di Thorin.

“Figlio,” borbotta.

“È tardi, Adad. Stavo per mandarti a letto, se ti sta bene.”

“Tua madre...” Thráin sospira, muovendosi un po’ sulla sedia a rotelle.

“Mia madre cosa?”

Suo padre si raddrizza, e Thorin si ferma per guardarlo, e lo trova accigliato, come se stesse cercando di ricordare qualcosa. Gli ci vuole un po’ per notare che Thorin è lì, e lo fissa con uno sguardo stanco, il sorriso che si stende sul suo volto, lento e dolce.

“Niente,” risponde con calma, “tua madre ha un modo particolare di entrare di soppiatto nei miei sogni.”

Thorin sbatte le palpebre, ma il sorriso di Thráin non scompare mai, e così decide di ricambiarlo, finalmente.

“Sembra una cosa da lei. Buonanotte, Adad. Grande giornata domani.”

“Ah, la sfilata. Tua madre l’avrebbe adorata... Buonanotte.”

Niente cambia davvero, decide dopo che le deboli lamentele di suo padre svaniscono nel corridoio avanti. Suo padre ha avuto le sue tragedie, così come suo nonno – perdite orribili ed ostacoli impossibili da sempre hanno accompagnato la linea di Durin. Così come grandi successi e vittorie lodevoli, ma si tende a concentrarsi su ciò che si sta attualmente attraversando.

Tramutare tragedie in vittorie, l’ennesima specialità della sua famiglia. Tutto considerato, questo ne è l’emblema, quindi perché non riesce a togliersi di dosso la sensazione di aver comunque perso, ad un livello molto personale?

Rimane immobile e fissa il divano sul lato opposto della stanza a lungo, ricordando tutte le volte che veniva qui e scopriva Bilbo già seduto sopra, in attesa, leggendo, sorridente. Come era riuscito a riempire tutto questo vasto ambiente con la sua presenza, e farlo sembrare più accogliente.

Come non aveva lasciato nulla, nulla dietro di sé, a parte un paio di piante in cucina, e un sacco di spazi vuoti che nessun altro tranne Thorin nota.

Sta ancora nevicando. Thorin fa qualcosa che non faceva da qualche tempo – va a mettere su un po’ di musica, per riempire saggiamente il silenzio prima che lo soffochi. I primi delicati toni rilassanti del pianoforte portano con sé la promessa di essere all’altezza della loro mansione, e così vaga in giro.

Domani starà a fianco del padre e dei nipoti a presidiare l'annuale Ohùfuk Ubzûnêl, la sfilata che dà inizio alle feste natalizie, e lo sa meglio di chiunque altro quanto il paese abbia bisogno di vederla – di vedere loro. In piedi fieri. Vittoriosi, ancora una volta.

Viene cullato dai toni tenui di una delle sue sonate preferiti, cercando di non chiedersi perché non l’ha mai fatta suonare per Bilbo, mentre lui era ancora lì, e al mattino, ha smesso di nevicare, e il silenzio è ancora troppo pesante.

Deidre arriva con la sua migliore divisa, ben stirata, e si sofferma ad innaffiare le piante di Bilbo, chiacchierando del più e del meno, mentre Thorin si veste nascosto nella sua cabina armadio, i bottoni dorati infilati lentamente nelle asole, quasi con riluttanza. Oggi l’uniforme potrebbe essere l'unica cosa che lo terrà in piedi.

Deidre lo squadra quando entra in soggiorno, e sono beatamente da soli lì, il che suggerisce che c'è ancora un po’ di tempo per prepararsi...

“Hai controllato le tasche?”

“Se ho – hm?”

Lo fa distrattamente – Deidre non lo sta nemmeno guardando, spiegando una nuova tovaglia sul tavolo per quando i ragazzi vengono qui per cena oggi… Le sue dita si chiudono intorno a qualcosa, un foglio piegato in un piccolo quadrato. La donna alla fine lo guarda, e Thorin vede nei suoi occhi qualcosa a cui non è abituato – una compassione mescolata con… eccitazione?

“La mia Ama mi diceva sempre che a volte è meglio dare certe notizie un po’ tardi,” dice Deidre poi in modo inusualmente criptico, presumibilmente parlando del pezzo di carta che Thorin sta ancora girando tra le mani, “l’ho trovato qualche tempo fa sul tuo comodino. Non l’ho letto, l’ho solo nascosto nella tasca più vicina che ho trovato. L’ho quasi stirato a vapore oggi con questi pantaloni. Perdono. Ma poi forse, non proprio.”

Thorin la guardo storto in totale confusione.

“Che cos’è?”

“Non mi stavi ascoltando? Non l'ho letto. Ma tu forse dovresti. Sono sicura che avresti dovuto averlo in circostanze molto diverse, ma, beh. Eccoci qui.”

Eccoci qui. Thorin ancora capisce ben poco, ma una piccola parte di lui sta tornando alla vita, in attesa e curiosa, e anche preoccupata.

Senza ulteriori indugi – perché che cosa ha da perdere, davvero? – spiega il foglio.

~~~

Il silenzio è la cosa più bella che avrebbe potuto desiderare. Il marito di Prim, Drogo, lo viene a prendere alla stazione ferroviaria, e Bilbo si sente sempre meglio più si allontanano dalla piccola cittadina. È come aprire un libro di foto che non sfoglia fin da bambino – ci vuole un po', ma ben presto, inizia a riconoscere il panorama, le curve e la tortuosità della strada di campagna, quella stradina con i castagni, il laghetto, ora completamente ghiacciato, naturalmente... Rimane col fiato in gola quando scende inerpicando dal SUV di Drogo e posa finalmente gli occhi sulla sua casa d'infanzia. La staccionata ha ricevuto una nuova mano di vernice – parecchie, probabilmente – e il giardino ha un aspetto diverso, ma a parte questo, è la stessa vecchia casetta con le pareti di mattoni rossi e le finestre alte, e qualcosa dentro di lui si agita alla vista, facendolo avanzare con un entusiasmo quasi infantile.

“Bentornato,” Drogo gli fa un sorriso smagliante e lo porta dentro, e il cuore di Bilbo batte all’impazzata quando fa un passo all’interno della casa. L’aria porta il profumo di qualcosa di delizioso che sta cuocendo al forno, e le carte da parati sono sempre le stesse, quasi incredibilmente, e sente delle voci dalla cucina, e poi i bambini che ridono...

“Drogo? Sei tu? Oh!” arriva la voce eccitata di Primula, e prima che Bilbo se ne accorga, eccola lì, che corre nel corridoio, con indosso un grembiule e guanti da forno, ed assomiglia alla madre di Bilbo così tanto che le sue ginocchia quasi cedono.

“Bilbo! Oh, ma guardati! Hai un aspetto fantastico! Benvenuto, benvenuto!” ride, avvolgendolo in un abbraccio.

“Prim, mio Dio, non avevo idea che tu fossi incinta!” Bilbo spara la prima cosa che gli viene in mente, il che suscita ancor più ilarità.

“Oh, questo tipetto? A volte persino mi dimentico che c’è. Sono setti mesi ormai.”

“Sette mesi! Ed è un maschio? Ma è fantastico!”

“Oh, ma adesso non parliamone,” lo interrompe Prim, tenendolo a dovuta distanza per guardarlo, “hai la faccia di uno che ha bisogno di una bella tazza di tè caldo. Andiamo.”

E, beh, questo, tutto questo, è davvero esattamente ciò di cui Bilbo aveva bisogno, scopre ben presto. Essere un po’ costretto con la forza a divertirsi. Tutto della casa respira ancora di ricordi d'infanzia, anche se Prim e Drogo hanno ovviamente aggiunto il loro tocco sulle cose. C'è la cugino Eglantina che lo saluta, con il suo piccolo Pipino, e suo cugino Merry di cui sembra essere la baby-sitter, entrambi dei bambini di quattro anni assolutamente selvaggi che non sembrano minimamente influenzati dalla presenza di un altro adulto…

A Bilbo viene naturalmente chiesto più e più volte di raccontare a tutti di tutto, e lo fa al meglio della sua conoscenza, tralasciando enormi pezzi di storia, naturalmente, facendo sembrare la cosa assolutamente innocua. Può vedere Prim che lo adocchia un po’ con circospezione, e lui sa che la donna avrà sicuramente delle domande più tardi, ma per ora, il purè di patate viene servito, e tutto il resto può andare a farsi benedire.

Sperimenta la quiete miracolosa quando striscia a letto – la sua vecchia camera è stata adattata in una stanza dei bambini, e così si riposa in una delle camere al piano superiore, molto piccola ed accogliente. Se si ricorda correttamente, era sala di lettura di suo padre, un tempo.

Con la coperta tirata fino al mento, il gusto pesante del tè speziato persistente sulla lingua, ascolta i suoni della casa che si assesta per la notte – passi, chiacchiere indistinte al piano terra, scricchiolii e schiocchi nelle travi quando il vento si alza... Si addormenta più facilmente di quanto avrebbe mai fatto a Londra, e non sogna niente, grazie a Dio.

Si sveglia orribilmente tardi, e quasi scende al piano di sotto in punta di piedi, ma viene salutato così allegramente che quasi lo sciocca.

“Sei in vacanza, cavolo,” sottolinea Drogo, senza nemmeno sollevare lo sguardo dal giornale, offrendo un sorriso sbilenco, e Prim aggiunge, “penso che sia d’obbligo dormire fino a tardi, sai.”

“Un concetto estraneo per me,” mormora Bilbo, sedendosi mentre Drogo si alza e saluta la moglie – lavora per il dipartimento locale di polizia, e il suo turno è appena iniziato.

“Allora,” chiede Prim direttamente una volta che sono soli, “quali sono i tuoi piani?”

Quando Bilbo non risponde subito – probabilmente la fissa un po’ di stucco – la sua espressione si trasforma in una di leggera preoccupazione.

“Sono davvero contenta che sei venuto qui,” gli dice, “e non ti chiederò che cosa ti è successo in quest’ultimo anno se non vuoi dirlo, ma… senti, puoi rimanere fin quanto ne hai bisogno. Fai quello che vuoi. Solo... sembra davvero che tu abbia bisogno di una vacanza.”

Bilbo la guarda per un attimo, poi abbassa la testa.

“Ho davvero bisogno di una vacanza,” mormora, “Stavo solo pensando – onestamente, non lo so. Voglio andare in giro un po’, credo. Se va bene. Mi sento come se avessi bisogno di trascorrere del tempo da solo nei campi, per quanto deprimente la cosa sembri.”

“Bilbo...”

“Prometto che cercherò di non morire congelato e rovinare i tuoi piani natalizi,” ridacchia, e lo sguardo indagatore di Prim si allieva un po’.

“Qualunque cosa pensi di aver bisogno.”

Qualunque cosa ha bisogno. Ha tutto il tempo del mondo per capirlo, e crede sinceramente che potrebbe raggiungerlo qui... In un primo momento. Trascorre quello che potrebbe essere ora fuori, veramente da solo, camminando a grandi passi oltre alla periferia della città e fino al fiume dove pattinava sul ghiaccio quando era piccolo, e nella foresta al di là di esso, dicendosi che se passa abbastanza tempo da solo con i suoi pensieri... qualcosa scatterà. Scoprirà qualcosa. Un modo per mettersi tutto alle spalle.

Gli viene consentito l'accesso alla soffitta a casa – ora è un magazzino di ciò che resta dei beni dei suoi genitori, e passa al setaccio pile di cimeli, ancora una volta alla ricerca. Non parla molto. Si siede a tavola con tutti e ascolta notizie locali e non tocca quasi mai il suo computer portatile nei giorni che precedono il Natale. È confortante, sì, per la mancanza di una parola migliore. Pacifico. Silenzioso.

Lo odia.

Segretamente all’inizio. Dicendo a se stesso che è sicuramente sulla strada giusta. Dicendo a se stesso che serve un po’ di tempo per abituarsi, non avendo una routine quotidiana stabilita. Facendo del suo meglio per convincere se stesso che riguadagnare un po’ di pace mentale è un processo lungo e doloroso.

Sta guarendo. Ovvio che sta guarendo. Corpo e anima. Certamente è meglio farlo qui che in una Londra grigia ed invasa dalla pioggia. È solo che… pensare al futuro, e rimuginare sul passato ancora e ancora sembra inevitabilmente avere a che fare con l’avere del tempo per pensare.

Come farà mai a trovare un lavoro abbastanza buono, un lavoro che lo soddisfi e che non richieda solo la sua presenza quotidiana? Come farà mai a smettere di guardare ogni singolo ragazzino ed immaginare Fíli e Kíli? Come farà mai… come farà mai a trovare qualcuno da amare nel modo in cui ama Thorin? Come farà mai a smettere di amare Thorin tanto per iniziare?

Il problema è che, decide sedendosi alla tavola molto opulenta della Vigilia di Natale, immaginando come debba apparire il Palazzo tutto decorato in questo periodo dell’anno, ha sempre pensato di poter gestire tutto da solo. Trovare risposte a tutto da solo. Sua madre, lei stessa da sola in tutto, gliel’ha probabilmente insegnato, nolente o volente.

Quando la mattina di Natale Prim accidentalmente entra in camere sorprendendolo a cambiarsi e vede la cicatrice, Bilbo decide di prenderlo come un’opportunità.

Ha raccontato la sua storia così tante volte, in versioni differenti e in momenti differenti, tuttavia sembra sempre un grandissimo calvario, rivivere gli eventi. Stavolta inizia con un ‘Mi sono innamorato’.

~~~

Il tuo letto è troppo grande. Per una persona sola, intendo. Dio, okay, questo non sta andando nel modo in cui volevo, quindi ricomincio e basta (In realtà ho sprecato fin troppo carta a forza di ricominciare, ahimè). Sono qui. Nel tuo appartamento, da solo. È ancora un po’ surreale per me. Non ti dicono queste cose alle elementari, sai. Di tutti i sogni che ho avuto, questo non è mai stato nemmeno una possibilità. Astronauta, sì. Veterinario, molto spesso. Comprare piante per un Re, non se ne è mai parlato nemmeno. (Le piante stanno bene comunque, non lasciare che muoiano quando non sono qui.)
Ma sì, eccomi qui, e il tuo letto è grande e molto regale, e ti sto scrivendo questo con la penna che mi ha dato che ha sopra quella tua piccola cresta, e suppongo che il punto è, passo giorni interi senza rendermi conto con chi trascorro il mio tempo. Quanto sono fortunato.
Lo so che dubiti dell’aspetto romantico delle lettere scritte a mano, ed è fin troppo tardi per me per tentare della poesia. Quindi il punto di questo è quasi del tutto incomprensibile per me, e probabilmente lo sarà anche per te. Ma è risaputo che con certe cose è più facile scriverle che dirle. Non mi sono mai considerato una persona particolarmente coraggiosa. Testarda, sì. Ma non coraggiosa.
E ho paura di un sacco di cose – ho avuto paura di un sacco di cose ultimamente. Forse domani mi sveglierò nel mio letto notevolmente più piccolo e scoprirò che questo è stato in effetti tutto un sogno. Forse finirò per fare un gran casino se viene fuori che non è un sogno, e –
Ho perso il filo del discorso e sono anche rimasto senza carta. Sono così fortunato ad aver trovato te, tutti voi. Mi manchi. Parlano incessantemente di come ti ho cambiato – beh, sai, per quanto riguarda i ragazzi e così via – ma nessuno si è mai soffermato a prendere in considerazione quanto tu abbia cambiato me. Se avessi più coraggio, probabilmente suggerirei una qualche sorta di patto che coinvolge l’eternità (Deidre sembra aver detto a Fíli che noi due abbiamo un “accordo”, forse dovresti indagare). Ma al momento sto sprecando tutto il mio coraggio per non buttare via questa lettera proprio come ho fatto con le altre, e ho anche sonno, quindi concludo qui, covando una debole speranza che se la nascondo bene, non la troverai per settimane, mesi, anni, e finiremo per riderci sopra. Oppure riderai solo tu. Una delle due. È tardi. Cercherò di andare a dormire adesso.
Sinceramente (se non un po’ follemente) tuo,
Bilbo 

Thorin non ha mai avuto l’abitudine di essere troppo nostalgico. Ma del resto, non ha mai avuto l’abitudine di lasciar tremare leggermente le mani e perdere la concentrazione così tanto che Deidre ha dovuto schioccargli le dita davanti al viso per farlo tornare alla realtà, e così forse è solo naturale che porti quel piccolo foglio spiegazzato con sé dovunque vada. Lo mette in uno dei cassetti della sua scrivania in ufficio, ma l’impulso di tornare ad esso e rileggerlo si impadronisce di lui più volte al giorno.

La rabbia, per averlo trovato così tardi, è inutile. Immaginare cosa avrebbe detto Bilbo, di come si sbagliava, eri la persona più coraggiosa che abbia mai conosciuto, è inutile. La lettera non ha alcuna data, ma Thorin deduce è stata scritta quando si trovava in Italia – probabilmente alcuni giorni, ore, prima che sparassero a Bilbo. È tutto inutile, in realtà, perché quel particolare incidente ha ovviamente cambiato così tanto.

Ma l’ha fatto? Niente cambia mai davvero. I sentimenti di Thorin non sono cambiati, anche se potrebbe aver passato un po’ di tempo a desiderarlo. Il tempo trascorso con Bilbo, davvero con lui, in maniera intima e personale, è stato il periodo migliore della sua vita. Non nel modo caldo e vividamente colorato in cui sono i suoi ricordi dei suoi fratelli o di sua madre – molto più reale. Solido e stabile. Nonostante il fatto che Bilbo avesse trascorso la maggior parte del tempo a nascondergli delle cose, per quello che aveva pensato fosse il bene di Thorin.

Un giorno, proprio come i volti del fratello e della sorella, della madre e del nonno, il viso di Bilbo, tutto quello che ha fatto, il modo in cui sorrideva e rideva e si muoveva e baciava, sarà ridotto a niente di più che lampi di colore in dissolvenza, brevi immagini intangibili.

Lo odia.

Una qualche sorta di patto che coinvolge l’eternità’. Thorin aveva intenzione di suggerirlo, o almeno ambire ad esso. Avrebbe portato Bilbo a cena, e poi ad un’altra ancora, sperando sotto sotto che avrebbe scelto di rimanere per altre mille. Una volta era perfettamente pronto a cambiare abitudini, riscrivere leggi, rovesciare l'intero paese se necessario in modo da poter stare insieme. Una volta era disposto a credere che avrebbe potuto funzionare, che avrebbe potuto farlo funzionare, che poteva far funzionare qualsiasi cosa. Quello faceva parte del fascino di Bilbo – aveva fatto credere a Thorin di poter fare qualsiasi cosa.

Il Palazzo è decorato per la stagione, ghirlande di luci e campanellini, corone d'oro, rosse e verdi ovunque, un albero riccamente decorato apparentemente ad ogni angolo, anche i pini potati sul vialetto sfoggiano candele elettriche...

È tutto molto bello e luminoso, e Thorin ci passa accanto a malapena facendoci caso.

Ospita la grande annuale della Vigilia di Natale in quella che può essere descritta solo come una maniera altamente distratta. Per fortuna questa volta, i Principi fanno il lavoro per lui, rubando facilmente i riflettori, Fíli che impressiona sempre più persone immergendosi in discussioni su una vasta gamma di argomenti, mentre il fascino di Kíli si fa strada nei cuori di tutti con la sua risata e i suoi occhi luminosi, passando  metà della serata o tenendo Thorin per mano ascoltando le sue discussioni, o aggirandosi per la grande sala, seguito dalla sua guardia del corpo e Balin, salutando tutti con un aspetto altamente professionale in volto.

Un anno fa, i ragazzi si erano rifiutati di lasciare le loro camere per più di una breve apparizione all'inizio dell’evento.

Tutti devono a Bilbo così tanto. E Thorin ha un disperato bisogno che qualcuno, chiunque lo sappia. Se potesse fare a modo suo, l'intera nazione starebbe lodando l’uomo inglese per i suoi successi, per aver portato con sé una nuova speranza per la famiglia reale, per aver insegnato al Re stesso come vivere di nuovo...

Adad, devo dirti una cosa.”

È il giorno di Natale, ben oltre l’ora di pranzo, dopo una mattinata trascorsa con i ragazzi ed i loro regali, e Thorin e suo padre stanno facendo qualcosa che nessuno di loro due ha fatto da anni – una visita al cimitero. In realtà era un cosa che il vecchio re, il figlio e il nipote hanno fatto fino alla rivoluzione, per rendere omaggio e per farsi scattare una foto stando in una linea lugubre tra le lapidi, tutto coperto di bianco, l'ombra del Hurmulkezer lontana dietro di loro come una nuvola particolarmente arrabbiata. Ma ora, Thorin vuole solo un po’ di tempo da solo (per quanto solo possa essere, circondato dalle meticolose misure di sicurezza di Dwalin) con il padre, lontano dagli interni colorati del Palazzo e più in profondità nel silenzio del parco assopito.

Thráin non reagisce, inclina semplicemente la testa, e la sua nuova sedia a rotelle elettrica ronzante mentre avanza alla meno peggio è l'unico suono per moltissimo tempo.

“Ricordi quando avevo sedici anni, e mi sono rifiutato di andare a quel ballo, perché tutte le ragazze lì si aspettavano che scegliessi una sposa tra di loro–”

“E dopo una notte noiosa a dire di no ad ognuna di loro, mio padre ha detto qualcosa sulla falsariga di... com’era? ‘Cos’hai che non va, perché non ti piace nessuna di queste ragazze?!’”

“E io ho detto ‘Perché non mi piacciono le ragazze’, sì,” Thorin sospira tremante, ma del tutto inaspettatamente, Thráin ridacchia.

“Ricordo, figlio. Hai quasi causato a tuo nonno un infarto. Bei tempi.”

“Ah, non così tanto, Adad.”

“Giusto, giusto, le mie scuse. Di che si tratta? Eri preoccupato che mi fossi dimenticato di questa tua ammissione, e che avrei iniziato a farti pressioni per sposarti?”

“Un po’,” Thorin sorride, e Thráin ridacchia, così continua con un tono molto più leggera, “no. Volevo dirti – in realtà, volevo chiederti una cosa.”

“Chiedi pure.”

Raggiungono il cimitero e si fermano in modo che Dwalin possa mandare avanti i suoi uomini, e Thorin non apre la bocca di nuovo finché non camminano (guidano, nel caso di suo padre) fianco a fianco sotto i rami bassi, la quiete crepitante della neve che regna di nuovo.

“Hai sempre detto che il mio dovere veniva per primo,” inizia, e un cipiglio increspa la fronte di Thráin come previsto, così aggiunge in fretta, “Non ti biasimo per questo. Avevi ragione. Hai sempre saputo ciò che era meglio. Mi chiedo solo – mamma ci ha raccontato la storia un centinaio di volte. Sei corso dietro di lei. Sei rimasto con lei e l’hai sposata nonostante la sua educazione e il suo status sociale. Hai viaggiato mezzo mondo per stare con lei.”

“Mi ricordo,” mormora suo padre in modo insolitamente calmo, e Thorin vede un sorriso un po’ vago che danza sulle sue labbra.

“Come facevi a saperlo?” bisbiglia, “ovviamente ne è valsa la pena, alla fine, ma come facevi a sapere che avrebbe funzionato? Che ti sarebbe stato permesso di stare con lei?”

Raggiungono l’alta tomba della linea di Durin, una lastra cupa di pietra scura, con un aspetto particolarmente deprimente ora senza i fiori e gli arbusti che la circondano per il resto dell'anno. Se muoio prima di te, non osare seppellirmi qui, hai capito?, diceva Dís, voglio il cielo sopra la mia testa, non la pietra.

Thorin e suo padre semplicemente tengono lo sguardo fisso in avanti per molto tempo, finché uno degli uomini di Dwalin porta la corona di fiori da appendere all'ingresso. Nessuno dei due è particolarmente desideroso di entrare, e così un paio di fotografie veloci vengono scattate di Thorin che posa la corona, e poi padre e figlio vengono semplicemente abbandonati a loro stessi per tutto il tempo che vogliono.

“Tua madre voleva viaggiare, sai,” dice Thráin di punto in bianco, e Thorin ha quasi dimenticato di avergli fatto una domanda, “voleva vedere il mondo, e ha solo accettato di sposarmi perché le ho promesso che avrebbe potuto ancora farlo da qui. Non ha mai voluto regole, o restrizioni, e credo che soprattutto non abbia mai voluto mio padre. Ma eccola lì, e ne ha tratto il meglio. Ha, infatti, finito per vedere il mondo, grazie a Dio. Altrimenti mi avrebbe lasciato dopo il suo primo litigio con tuo nonno, ne sono sicuro.”

“Oh, andiamo, Adad,” Thorin ridacchia.

“È vero. Era molto testarda, tua madre. Se le cose non andavano a modo suo, puoi giurare che le avrebbe fatte andare comunque. Ma è stato un bene. Come una brezza di aria fresca nella grotta stantia di questa monarchia. Penso che la madre del tuo amico Bard l’abbia scritto. Penso. Ma sì, era guai. Il popolo ha finito per amarla, ma cavolo, se non era guai.”

Mi ricorda qualcuno, pensa Thorin, e ci mette un po’ di tempo per rendersi conto di averlo detto ad alta voce. Lo sguardo di Thráin non si allontana dalla tomba.

“In risposta alla tua domanda,” dice con un tono molto più grave di quella che ha usato per parlare della sua defunta moglie, “Non lo sapevo.”

“Non lo sapevi,” ripete Thorin a pappagallo.

“Certo che no,” il padre sorride ampiamente, i raggi penetranti dei suoi occhi finalmente puntano verso di lui, “per quanto ne sapevo, avremmo potuto finire banditi, il mio titolo andato, mio padre che mi odiava più di quanto già non lo faceva. Sono sicuro che era tentato. Ma... ha funzionato. Onestamente, non credo che mi sarebbe importato se non fosse stato così, la amavo così tanto. Volevo solo passare il resto della mia vita con lei.”

Il cuore di Thorin soffre, pulsa dolorosamente per i suoi genitori e il loro tetro destino, solo uno dei tanti nella sua famiglia. Tuttavia, deve chiedere.

“Ma come? Come ha funzionato? Non sapevi se voleva venire con te, non sapevi che il nonno sarebbe stato d'accordo, hai rischiato tutto.”

Thráin lo guarda come se si aspettasse che dica di più, ma poi scuote semplicemente la testa, riportando lo sguardo alla tomba dove ora riposa la moglie.

“Non mi hai sentito? L’amavo,” dice semplicemente, “e lei ne valeva la pena. Così ho fatto un atto di fede.”

“È stato... molto coraggioso da parte tua, Adad.”

“Coraggioso?” Thráin ride quasi allegramente, “io non lo chiamerei così. No, non sono mai stato coraggioso. Solo incredibilmente testardo.”

Thorin inspira. L'aria fredda è pungente sulle guance e quasi gli brucia in gola – molto lentamente, sta riguadagnando una sorta di sentimento, una sorta di determinazione. Finirà per essere coraggioso e testardo, e sua madre sarebbe stata orgogliosa. Dís e Frerin sarebbero stati orgogliosi. Non ha l'abitudine di essere nostalgico, o di credere nei miracoli, o di vivere una favola, ma un atto di fede lo può fare.

~~~

“Dovresti scrivere un libro,” gli dice Prim.

È tardi, nevica di nuovo, e sono seduti davanti al caminetto, per fortuna da soli. La storia è stata raccontata, rivissuta per quello che Bilbo spera potrebbe essere l'ultima volta, e si sente come... Si sente come se non fosse abbastanza. Per Dio, non è abbastanza. Se ne è reso conto mentre la stava raccontando – ha preso e se n’è andato. Certo che l’ha fatto, era la cosa giusta da fare, ma col senno di poi, la decisione è stata proprio... è arrivato in un momento così strano. Non alla fine di qualcosa, no. Ha lasciato Erebor dietro di sé quando voleva più di ogni altra cosa rimanere.

“Forse dovrei,” ridacchia, poi, “ecco, guarda.”

L'album fotografico che Fíli aveva fatto per lui per il suo compleanno è appoggiato sulle sue ginocchia da un po’ tempo, e finalmente lo apre. Per la prima volta da quando è tornato in Inghilterra. Prim si avvicina, e insieme girano le pagine con tanta cura, prendendosi il loro tempo con ogni fotografia. E questo... beh, questo è davvero rivivere la storia.

Marsiglia, con il suo sole e la sabbia e il mare, e le serate in città, vedere e comprare e degustare le cose più strane. Quella settimana che hanno trascorso con Ori, il compagno di classe di Fíli, allo chalet della sua famiglia, circondato dal meglio che le Alpi avevano da offrire, la nebbia che rotolava dai picchi al mattino, il cielo azzurro e l’aria fresca. La residenza estiva dove hanno trascorso settimane a nascondersi, eppure in qualche modo hanno vissuto i momenti migliori della loro vita.

Gli scatti macro artistici di Fíli, Kíli che non stava mai fermo in una singola fotografia, la gattina dappertutto. Thorin, così raramente, quasi come se fosse stato preso segretamente. Bilbo può quasi vedere Fíli furtivamente dietro di lui con la sua macchina fotografica. Bilbo può vedere un sacco di cose in maniera molto vivida, ora. Descrive perché aveva amato paese. Descrive la sua natura, il suo cibo e la sua gente, la sua politica e la sua cultura, e vede tutto così chiaramente davanti agli occhi. Prim ascolta solo, molto in soggezione, e gli pone la domanda che si era spettato quando si soffermano su una foto incollata sull'ultima pagina dell'album. Sono lui ed i ragazzi sdraiati sulla spiaggia di Marsiglia, sotto un colorato ombrellone e tutto, e per tutto l’oro del mondo Bilbo non riesce a ricordarsi chi l’ha scattata, ma non importa. Kíli sta leggendo qualcosa ad alta voce, la bocca aperta e la sua mano nel bel mezzo di un gesto spontaneo, mentre Fíli disegna sulla sabbia con il dito, e Bilbo... Bilbo sta guardando verso la camera, sorridendo lievemente, con un aspetto un po’ assonnato, ma decisamente miglia di distanza dalla vista che vede ogni volta che guarda nello specchio la mattina in questi giorni. Più abbronzato e in qualche modo più giovane.

“Come hai fatto a rinunciare a tutto questo?” borbotta Prim, e Bilbo fissa la foto per moltissimo tempo prima di rispondere.

“Non è stato facile. Ad un certo punto, ha smesso di essere spiagge assolate e poltrire qua e là, sai, subito dopo questo mi sono impelagato in tutto quel gran casino e ho finito per... beh, essere come sono ora, voglio dire...”

“No, sì, lo capisco. Ma Bilbo,” gli dice a bassa voce, “quando eravamo bambini, tu eri sempre quello che scappava per tutte quelle avventure, ricordi? Oltre il fiume, oltre la foresta. Dio, eri inarrestabile. Penso che sia incredibile che tu abbia fatto queste cose – hai preso e sei partito per un paese straniero, e hai imparato una nuova lingua, e hai visto cose che la maggior parte di noi può solo sognare.”

“E poi sono ritornato.”

“E poi sei ritornato,” Prim ridacchia, “non è divertente? I libri non parlano degli eroi una volta che tornano a casa dalle loro avventure. Senti, sei venuto qui per recuperare un po’ di pace mentale, suppongo?”

Bilbo giocherella con le maniche del suo maglione, spostando lo sguardo sa lei al fuoco, sorridendo a disagio.

“Lo speravo, sì.”

“Non la troverai qui.”

“Eh?” ansima, sembrando ugualmente sorpreso e offeso.

“Hai lo stesso sguardo che avevi quando ti hanno licenziato da quel collegio. Sì, mi ricordo. Andavi in giro come uno zombie. Perché avevi perso qualcosa che pensavi potessi essere la vostra grande occasione, diceva tua madre.”

“Oh, beh, vedi,” Bilbo sorride amaramente, “lo so di aver perso la mia grande occasione. Dopo Brea, dopo Erebor.”

“E… quindi?” ribatte lei, “non farai nulla? Passerai la vita a camminare per i campi abbandonato ai ricordi?”

“Suvvia, Prim–”

“Non ti ho mai visto così felice, così vivo, come quando mi parlavi della tua Erebor. Senti, non ci vediamo da un po’, quindi potrei passare un po’ il limite, ma dovresti... non lo so. Almeno pensare di tornare lì. Non – non marcire qui in Inghilterra.”

“Non è così semplice–”

“Sì, lo so, non è mai così semplice. Tranne quando lo è. Pensaci. E un'altra cosa – penso che dovresti stare qui fino a Capodanno.”

“Cosa – eh?” pone un'altra domanda eloquente. Si sta rapidamente perdendo nei suoi pensieri e nella conversazione.

“Stare da solo non ti farà bene,” dichiara Prim con fermezza, “e voglio assicurarmi che mangi in modo corretto.”

Assomiglia alla madre di Bilbo così tanto in quel momento, non per l’aspetto, ma per la determinazione implacabile. Scopre di essere un po’ senza parole.

“Io...” cerca di dire.

“È deciso. Dammi la tua biancheria sporca, rimarrai per un'altra settimana.”

Lo scoppio di risata arriva del tutto all’improvviso, e anche Prim ride, e… Bilbo rimane per un’altra settimana. Prim ha ragione, odia l’idea di ritornare in città solo per vedere i grandi festeggiamenti di Capodanno senza mai sentirsi veramente una parte di essi. E… ha molto su cui pensare.

Prim non gli fa pressioni con domande o consigli sulla vita di nuovo, ma le sue parole si sono infiltrate nella testa di Bilbo con successo, naturalmente. Non è così semplice, cantilena continuamente una parte di lui. Hai fatto la cosa giusta a partire, urla l’altra.

Ma… beh, questo è tutto. Se ne è andato quando ne aveva bisogno. Chi lo dice che non può ritornare quando ne ha bisogno?

In estate, forse. Giusto per... eh, vedere i luoghi, vagare in campagna in una macchina a noleggio e soggiornare in un hotel della capitale. O tra cinque anni, affittare un appartamento nel centro occupato di Erebor e trovare un lavoro come un tutor inglese. O tra tre settimane, sorprendendo Fíli per il suo compleanno...

I giorni seguenti vengono trascorsi in selvagge – e in gran parte ridicole – speculazioni come queste. È divertente, in un certo senso. Gli dà qualcosa a cui pensare. Ma una parte di lui, più tranquilla rispetto al resto, sa che in realtà sta alimentando la speranza di un futuro possibile che potrebbe comportare Erebor. Quando se ne stava andando, voleva dire ad ognuno dei suoi amici, a Fíli e a Kíli, dire a Thorin, ‘non riesco a immaginare di passare la mia vita senza di te. Non riesco a immaginare di stare senza rivederti mai più’.

Non riesce ad immaginare molto. Andavi in giro come uno zombie. Appropriato, sì. Trovare un lavoro umile, fare la spesa ogni tre giorni, trascorrere una vacanza qui nella casa di famiglia...

È terrificante.

È terrificante, è terrificante, è terrificante.

Si rende conto che stare sopra il lavandino della cucina, aiutare Prim a sbucciare le cipolle, e solo per metà ad ascoltare le notizie locali, che attualmente trasmettono la storia di un vecchio uomo che è morto nella sua casa e nessuno se n’è accorto fino a qualche giorno più tardi, perché nessuno gli faceva mai visita. Aveva vissuto in città tutta la sua vita, vendeva assicurazioni ed aveva una moglie, ed è morto da solo nella sua casa senza che nessuno se ne accorgesse.

Bilbo non può essere così. Non può passare il resto della sua vita in Inghilterra, cercando di insegnare la grammatica a dei ragazzi non cooperativi. Non può fermarsi ora – c’è ancora tempo. C'è ancora tempo per vivere una grande occasione. No, per afferrare in una grande occasione che gli sta passando accanto ad alta velocità, di placcarla e non lasciarla andare. Ha trentacinque anni, per la misera, non ottanta e respirando a malapena. Ha bisogno di un futuro. Ha bisogno di avere qualcosa da aspettare con ansia. Ha bisogno di smettere di guardare il suo riflesso scarno nello specchio e pensare alle conclusioni, perché è troppo presto per le conclusioni.

L'anno scorso, gli hanno sparato, l’hanno minacciato, gli hanno mentito, è stato indagato, gli hanno attaccato un microfono, gli hanno insegnato a sparare ed è stato schiaffeggiato in faccia dai sentimenti per un Re, e tuttavia nessuno di quelli era tanto terrificante quanto la consapevolezza che una grossa parte di lui è diventata perfettamente pronta a passare il resto della sua vita abbandonato ai ricordi, sì, esattamente come Prim ha detto.

Ha bisogno di respirare di nuovo. Ha bisogno di quel brivido di nuovo, l'emozione di lasciare il suo lavoro durante la notte e fare le valigie e partire per l'ignoto. Aveva sperato di trovare se stesso in Erebor, e... l’ha fatto. Oh Dio, l’ha fatto.

E poi ha perso se stesso andandosene.

I fuochi d'artificio di Capodanno illuminano il cielo in abbondanza anche qui in mezzo al nulla, e Bilbo festeggia accanto a Prim e Drogo, brindando con loro, pensando ad Erebor per tutto il tempo. Il Palazzo deve sembrare assolutamente meraviglioso, sfolgorante e luminoso, e i Principi... Dio, ha a malapena parlato con loro durante il suo soggiorno qui. L’hanno ringraziato per i suoi regali di Natale e poi hanno avuto una breve chiacchierata qualche sera fa, ma questo è tutto...

Il desiderio di vederli, in questo momento, quasi lo prende in contropiede, e lo annega nello champagne, e si sveglia molto tardi il giorno successivo, sentendo incredibilmente i postumi della sbornia (il risultato dei suoi antidolorifici che non si mescolano affatto bene con l'alcol) e incredibilmente vivo.

Mangia la sua colazione leggendo le e-mail con gli auguri dal Palazzo, e dai suoi dipendenti e dai suoi amici personalmente, e ne scrive una rapida a Balin, chiedendo di parlare ai ragazzi. Sbuccia le patate discute del più e del meno con Prim e Drogo... Trova solo tre chiamate perse quando trotta in camera sua per cambiarsi per una passeggiata in città.

Sono tutti da parte di Frida. Si sono mandati SMS abbastanza regolarmente, ma hanno parlato solo una o due volte. Compone il suo numero con un entusiasmo che non sapeva di poter più sentire.

“Bilbo?!”

“Ehi! È un buon momento questo? Felice Anno Nuovo!”

“E un felicissimo Anno Nuovo anche a te! Sto cercando di chiamarti da quando è stato trasmesso! L’hai visto?”

Sente un piccolo, strambo tuffo al cuore.

“Ho visto cosa?”

~~~

Grandi discorsi, sì, ancora un'altra cosa in cui la sua famiglia hanno sempre primeggiato. Suo nonno era conosciuto per la sua esposizione quasi crudele delle verità che nessuno voleva sentire. Sua sorella parlava a lungo e in modo convincente sui diritti umani. Suo padre era eccellente con i media ai suoi tempi, bilanciando il necessario e il divertente. E lo stesso Thorin... Thorin ha sempre creduto nella semplicità. Nessuna pillola indorata, nessuna deviazione, nessun gioco di parole, dire solo le cose come stanno. Ha sempre scritto i suoi discorsi da quando è diventato re, senza mai passarli ai suoi scrittori personali, e questo non fa eccezione.

Il discorso del Nuovo Anno avviene a mezzogiorno – si è svegliato molto presto la mattina, e nonostante la mattinata un po’ caotica che lo precede, è rimasto calmo. Finora. Oltre ai curatori, suo padre e Balin, Bard Ibindikhel è l'unica altra persona che sa cosa conterrà il discorso – Thorin ha preso questa decisione perché ha bisogno di qualcuno del calibro di Ibindikhel per iniziare a lavorare in anticipo per tenere sotto controllo il tumulto, quando inevitabilmente scaturirà.

Guardare il cambiamento sul volto di Bard mentre leggeva fino alla fine del discorso è stata una vera meraviglia – per una volta, lo shock e l’eccitazione del giornalista entusiasta erano una buona cosa da vedere. Ha iniziato a lavorare apparentemente non appena ha finito di leggere, senza nemmeno fermarsi per un secondo, e Thorin semplicemente ha concordato con ogni suggerimento che gli è stato lanciato addosso, dando il pieno controllo all’uomo della situazione. Chiunque altro lo avrebbe dubitato. Chiunque altro avrebbe sottolineato che il processo con Bundushar e gli altri è finito da poco, e che il paese non ha bisogno di un altro shock. Chiunque altro avrebbe definito Thorin avventato e un pazzo furioso.

Suo padre gli ha detto che è stato coraggioso, e per quanto lo riguarda, questo è tutto ciò che conta.

I primi paragrafi del discorso sono una accettazione del fatto che Erebor non avrà mai vita facile. Che ci saranno sempre dei Bundushar e dei Karkâl nel mondo, perturbatori della pace, persone a cui importa soltanto il proprio guadagno personale. Ma Thorin non esita a ricordare al suo popolo come hanno sempre affrontato con i loro nemici – rapidamente e senza pietà.

Esprime la sua speranza che la collaborazione del paese con l'Unione Europea si muoverà verso qualcosa di molto meno stressante. Parla di mantenere la valuta storica ‘per ancora un po’ di tempo’, e sulla necessità di credere nella possibilità di stabilità anche nei momenti più difficili. Ringrazia il popolo di Erebor per aver sostenuto la Corona in questi tempi. Promette di non vacillare, ed in cambio chiede al suo popolo di non perdere mai la fede.

E infine, dipinge il futuro. Non in colori vivaci, ma come una lotta costante, il duro lavoro quotidiano con la ricompensa più dolce. Vede Bard e Balin con Dwalin che stazionano in un angolo della stanza, fa un respiro profondo, e legge gli ultimissimi tre paragrafi per la telecamera.

I telefoni iniziano a squillare apparentemente non appena finisce. Viene immediatamente portato via ad un incontro con Bard, stabilendo un’ora e una data per una conferenza stampa, stabilendo tutto ciò che deve essere stabilito... La gente lo mette ancora in discussione, naturalmente, probabilmente non faranno altro che metterlo in discussione d'ora in poi, ma ha fatto un atto di fede, e sta cadendo alla velocità della luce ora, e può solo sperare di poter atterrare in un posto piacevole.

Ma non ha ancora finito. No, tutto è solo all'inizio per lui, ricominciare una nuova vita, e deve usare questa spinta prima che si consumi.

Riesce solo a vedere i ragazzi quel giorno perché disdice un appuntamento con circa dodici diversi giornalisti e li convoca nel suo ufficio, cosa che non fa da secoli. Sono entrambi raggianti, ed annuiscono eccitati mentre spiega loro quello che li attende, e ciò di cui avrà bisogno da loro. È tutto, ancora una volta, così facile ai loro occhi. Così semplice, così esaltante. Avrà bisogno di questo punto di vista d’ora in poi, e ne avrà moltissimo bisogno.

E poiché sono loro, gli dice perché lo ha fatto davvero, ciò che ha spinto questo attacco di coraggio, o meglio chi. I loro sorrisi non si affievoliscono nemmeno per un secondo, e dopo che hanno entrambi accettato di sostenerlo in qualsiasi modo necessario, Fíli finalmente, finalmente pone la domanda che Thorin ha chiesto se stesso tutti i giorni: “Ora puoi corrergli dietro?”

~~~

Coraggio. Onestà. Amare se stessi. Bilbo fa del suo meglio per tradurre la maggior parte del discorso, e queste sono tra le parole che afferra. Lo rende orgoglioso, davvero. O lo renderebbe, se non fosse seduto davanti al suo computer portatile completamente pietrificato. La sua bocca potrebbe essere un po’ spalancata, a dire il vero. Thorin conclude, e preme subito il tasto replay, ascolta il discorso circa un centinaio di volte, ascoltando attentamente a volte, a fissare lo schermo con uno sguardo cieco le altre.

L’evento riempie i notiziari abbastanza rapidamente, e continuerà a riempirli per qualche tempo, probabilmente. ‘Monarca Apertamente Gay Apre il Nuovo Anno Con Stile’, e ‘Il Coming Out del Secolo!’ tra i migliori. Il viso di Thorin è ovunque quando Bilbo torna a Londra, ed è – è orgoglioso. Sì. Una buona parola. Fare coming out di fronte al mondo intero è la cosa più avventata a cui avrebbe mai potuto pensare, e lo ha fatto comunque. Bilbo si fa un favore e rimane ben lontano dai tabloid, così come le discussioni, tutto ciò che può essere negativo in alcun modo, davvero.

Ancora non riesce a credere che Thorin sia disposto ad affrontare tutto questo. I gruppi religiosi probabilmente cercheranno di screditarlo. Quanti leader mondiali gli volteranno le spalle? A quanti programmi a tarda notte dovrà partecipare, per spiegarsi più e più volte? Ci sono momenti in cui Bilbo si sente nervoso e nauseato per lui per delega.

Ma... non è una parte di questo, vero? Non proprio. È in un mondo lontano, metaforicamente e non, e nessuno sa che lui è colui a cui Thorin ha parlato quando ha detto che ‘l'onestà è liberatoria’. Si immagina al suo fianco in tutto questo, in questo momento, e lui... beh, dovrebbe sentirsi felice di essere lontano da tutto, ma invece, passeggia attraverso Londra con una sorta di brama quieta che gli strattona il cuore.

“Ha fatto questo per te,” gli aveva detto Frida, e si era sforzato di non ridere, perché no. Se non altro, Thorin l’ha fatto per se stesso. Anche questa una buona cosa. Passerà la sua vita ad essere coraggioso ora, ad essere sotto i riflettori ed essere la voce di qualcosa di così, così importante. Ha dato speranza a così tante persone, Bilbo incluso. Cavolo, probabilmente avrà le sue t-shirt e tazze il mese prossimo. La Regina ha già espresso il suo sostegno, la prima in assoluto, e si parla di una parata, o qualche sciocchezza del genere...

Questo Thorin è così distaccato da quello che Bilbo una volta conosceva. Così, così lontano. Un idolo, un'icona, su un piedistallo così alto che nessuno vedrà mai la cima...

Fa soffrire Bilbo più nel profondo di quanto voglia ammettere.

***

L'invito, insieme ad un’e-mail esplicativa di Balin, arriva poco prima del compleanno di Fíli. Ha portato avanti la data in giro con lui come una sorta di ultimo punto di passaggio – al di là di questo, il suo futuro è stato sempre incerto. Ebbene, fino ad ora.

Gentile Signora o Signore,
Con la presente è invitato al Gala del Hurmulkezer, il 23 Marzo presso il Palazzo Reale di Erebor. Smoking richiesto. Si prega di rispondere se vuole partecipare.

Fissa la carta molto familiare rigata d’oro e il testo per quasi tutto il pomeriggio. Balin gli ha scritto spiegando che l'evento è stato spostato per servire come una celebrazione dei recenti eventi, e che vorrebbero tanto rivedere Bilbo, a condizione che possa farlo, eccetera, eccetera... Ha passato così tanto tempo a pensare di aver sprecato la sua occasione. Di non aver mai avuto un’occasione, fin dal principio. Che il suo futuro sarebbe consistito di... cercare di trovare un futuro piacevole. Che con tutto quello che è successo ora, tornare a Erebor sembra sempre di più come un sogno. Che si avvera? O che è semplicemente irraggiungibile?

“Devi venire!”

“Sì, Bilbo, sarà davvero grandioso. E hai già uno smoking!”

I ragazzi l’hanno chiamato, e ad un'ora molto insolita, piuttosto tardi, ma non si lamenta. Non si lamenta minimamente. Sposta lo sguardo da loro ai rivoli di pioggia che scivolano giù sulla finestra, e pensa, coraggio.

“In effetti potrei,” sussurra alla fine, e Kíli fa uno stridulo estremamente felice, mentre Fíli si adagia semplicemente sulla sua sedia, riuscendo in qualche modo a sghignazzare soddisfatto e tenere fermo il fratello per non fargli fare un capitombolo dalla sedia per la pura eccitazione. I ragazzi si scambiano uno sguardo strano, allora, uno che Bilbo non riesce a decifrare, ma proprio quando Kíli è sul punto di dire qualcosa, Fíli lo interrompe.

“Ho provato a chiedere Thorin se potevamo fare il Gala per il mio compleanno, ma ha detto che era troppo presto.”

“Beh, è troppo presto,” Bilbo ridacchia, “ma cavolo, il tuo compleanno è proprio dietro l'angolo! Come vanno i preparativi, allora?”

“Vedrai!” esclama poi Kíli, e Fíli lo guarda storto in modo minaccioso, zittendolo piuttosto duramente, stranamente.

“Farò un sacco di foto per te,” continua, “sarà divertente. Spero. Sì, pranzeremo a casa di Indâd, è stata una mia idea. E poi Kíli ha quella recita, quindi andremo lì. E poi c'è la cena ufficiale, quindi dovrò essere lì…”

“Sono sicuro che sarà divertente,” Bilbo sorride, anche se il suo petto si sta stringendo un po’ al pensiero – può vedere tutto chiaramente, può vedere se stesso là con loro così chiaramente... Ah, non importa.

“Fíli, darûn!” grida poi Kíli, e gli occhi di Fíli si spalancano.

Takât!

“Ma–”

“Ragazzi?” Bilbo inclina la testa, “ma avete visto l’ora? Non dovete essere da qualche parte? Non vorrei venir a sapere che non avete ancora finito i compiti, è così tardi!”

“No, no, abbiamo tempo,” Fíli agita la mano quasi freneticamente, “vogliamo parlare con te per un po’, giusto Kíli?”

“Giusto,” il giovane Principe si illumina.

“Dicci come stai! Com'è il tempo?” Fíli chiacchiera fin troppo vivacemente – qualcosa sta succedendo, e Bilbo non è abbastanza vicino per capire che cosa.

“È… eh, agghiacciante, in realtà. Piove da questa mattina. Non metterei un piede fuori, ad essere onesti…”

Il campanello poi suona, e Bilbo brontola.

“Oh, scusate, è la porta. Non ho idea di chi possa essere a quest'ora. Mi limiterò a far finta di non essere a casa–”

“No!” gridano entrambi i ragazzi all'unisono, e le mani di Kíli volano alla bocca subito dopo come se avesse detto qualche parolaccia, mentre Fíli si ricompone molto velocemente, dichiarando: “Dovresti rispondere. Aspetteremo.”

“Ah, no, va bene, sono sicuro che non è niente, davvero...”

Il campanello suona di nuovo, e Fíli si sporge in avanti.

“Bilbo,” dice un po’ severamente, mentre Kíli accanto a lui si sta praticamente mordendo le nocche per qualche ragione, “vai ad aprire la porta.”

Bilbo cerca di rispondere, ma le sue parole si incastrano in gola, e quindi si limita ad accigliarsi vigorosamente. Il suo cervello sta cercando di dirgli qualcosa, e così anche il suo cuore, a giudicare dal suo martellare contro la cassa toracica, ma non è molto reattivo al momento.

“Dovrei...” mormora.

“Vai!”

“Va bene, va bene, insomma! Buon Dio. Torno subito, restate dove siete.”

Scende dal letto inerpicando e si infila il maglione spesso più vicino per combattere il freddo momentaneo quando di fatto arriva alla porta. Chi diavolo potrebbe essere, davvero, alle nove di sera, con questo tempo orribile, sul serio…

Ricorderà per sempre i giorni, i minuti, i secondi che hanno portato fino a quel cigolio della porta che si apre in bianco e nero; fosco, senza vita, freddo. Si dice che puoi sentire i violini suonare, che il tuo cuore si gonfia così tanto che potrebbe scoppiare, che ti gira la testa, e tante altre cose meravigliose... La verità della situazione di Bilbo è che subisce un brutto shock quando apre la porta, perché quasi calpesta su uno dei gatti randagi del quartiere, che sibila e miagola forte e si precipita davanti a lui all'interno dell'appartamento, bagnato fradicio. Si gira per rincorrerlo farfugliando imprecazioni, ma poi il suo pensiero raggiunge la sua vista, e si volta verso la figura di fronte a lui.

La pioggia è una fastidiosa acquerugiola insistente, ed impregna il bavero del cappotto di Thorin e i suoi capelli. Sorride con molta leggerezza, e lui è lì, ed è reale, e bagnato e alto e pallido e reale.

“Ciao,” dice, e la risposta di Bilbo è un piccolo suono disperato, qualcosa tra un sussulto e un ‘Eh’, e la sua mano vola alla bocca, proprio come Kíli ha fatto pochi secondi fa...

“I – i ragazzi,” riesce a dire, la sua voce roca, “mi hanno detto di… rispondere alla porta, io–”

“Sì, avevamo un patto,” risponde Thorin a bassa voce.

“Un patto,” ripete Bilbo debolmente.

“È stata un'idea di Fíli. Ti rivoleva per il suo compleanno,” spiega Thorin, il sorriso gentile non scompare mai, e Bilbo ha paura che se distoglie lo sguardo dal suo volto, l'immagine si disperderà, la pioggia laverà via i colori.

“Ma tu... io...” cerca e fallisce epicamente.

“Ti ho lasciato andare, di nuovo,” Thorin parla teneramente ma con fermezza, “e la mia presenza qui è... un’ammissione di sconfitta, davvero. Ti amo. Ti amo nonostante e per tutto quello che hai fatto, e ti amerò ancora, se deciderai di venire con me o no.”

Bilbo è così freddo. Oh, è così freddo. La sua mente non funziona correttamente, e il suo cuore sembra determinato ad uscire fuori dal petto martellando.

“Stavo,” comincia, ma viene fuori come nient'altro che un sospiro, e così comincia di nuovo, “Stavo per accettare. L'invito. Sarei venuto al... Gala.”

“Bene,” mormora Thorin, “tuttavia, non credo che avrei potuto aspettare così a lungo.”

“Non dovresti essere qui,” sbotta Bilbo, e le spalle di Thorin si incurvano subito – qualcosa dentro di lui si sveglia finalmente in questo momento, e così inciampa in avanti, aggiungendo in fretta, “no, voglio dire – qui. Così all’aperto! Thorin, è – non guardi i notiziari?! E se qualcuno ti vedesse?”

Sì, preoccuparsi inutilmente, il suo porto sicuro ogni volta che la sua mente viene altrimenti inghiottita nel caos più totale. Thorin ride, e il suono taglia nel profondo – il cuore di Bilbo sussulta, e uno scoppio di risa gli sfugge e, prima che possa ingoiarlo. La pioggia si sta versando su entrambi i loro volti, può percepirla trovando la strada sul suo collo e sotto i suoi vestiti, ma non gliene importa proprio per niente.

“Li guardo i notiziari,” dichiara Thorin, “chiamami ingenuo, ma spero che nessuno si aspetti di trovarmi qui, tra tutti i posti.”

Meno di tutti me, pensa Bilbo. E questo è tutto. L'imprevisto. L'euforia. Ritornare ad essere vivo. Gli ci è voluto così tanto tempo per capire che era quello di cui aveva bisogno, ed ecco Thorin, che lo procura per lui. Abbassa la testa, guardando la punta delle loro scarpe, guardando Thorin muoversi più vicino.

“Ammissione di sconfitta,” mormora Bilbo, e ridacchia tra sé e sé, “cosa diavolo stavi combattendo?”

“Questo,” arriva una semplice risposta, “venire qui per te. Avevi bisogno di un po’ di tempo–”

“E l’ho avuto.”

Coraggio, coraggio. Alza lo sguardo. Gli occhi di Thorin sono grandi e preoccupati, e blu come non mai, e quando Bilbo gli prende la testa tra le mani, le guance e la barba sono bagnate sotto la punta delle dita, e questo è tutto quello di cui ha bisogno.

“Ho avuto il mio tempo,” dice, “e tu hai avuto il tuo. Non voglio dire che non sarei mai dovuto andarmene, ma non avrei mai dovuto dubitare di tutto... di te, come ho fatto, e mi dispiace. Sarei sempre ritornato da te. Mi ci è solo voluto del tempo per capirlo. Mi dispiace di averti fatto aspettare.”

“Lo sai che non mi piace quando ti scusi troppo,” mormora Thorin, i loro volti sono ormai distanti di pochi centimetri, e Bilbo sorride, premendo un tranquillo 'Scusa' sulle sue labbra con un bacio.

E così rimangono lì sotto la pioggia che li bagna, e forse scriveranno delle storie su questo, forse non lo faranno. Forse questo non è altro che una favola, ma la barba di Thorin che graffia sul suo volto è l'unica sensazione che conta in questo momento, così come le sue mani che tengono Bilbo al suo posto e lo tengono insieme. Respira solo per Thorin e Thorin per lui, ed è familiare, e caldo, ed eterno, e si lascia travolgere, letteralmente, ancora una volta, e non c’è mai stata una sensazione migliore.

“Se non puoi farlo…” inizia a dire Thorin subito dopo che si separano, e Bilbo può farlo. Lo farà. E così lo zittisce con un altro bacio prima di consentire qualsiasi altro dubbio nella discussione.

La verità è che, non sa se può, non proprio. Sa solo che vuole. Non sa che cosa accadrà nei prossimi minuti, non sa come sarà la vita d'ora in avanti, ma ora che include Thorin, e Fíli e Kíli e Erebor di nuovo, sa che non ha più paura, ma piuttosto è molto, molto eccitato.

E, cosa più importante, è pronto per un'altra avventura.

***FINE***

   
 
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