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Autore: goldenrush    25/08/2015    3 recensioni
Quando Lynn viene a sapere della morte di Marlene ne è distrutta, si rende conto di aver perso la ragazza che amava più di ogni altra cosa al mondo senza averle mai rivelato i suoi sentimenti. "Erano passati a malapena cinque giorni dal momento in cui le avevano detto che Marlene era morta e ancora non riusciva a pensare, a realizzare che non ci fosse più. O meglio, lo realizzava, ma non voleva crederci, nonostante il volo di parecchi piani che l’aveva uccisa"
E dopo aver saltato non si può tornare indietro. O forse invece si?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Lynn, Marlene
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'autrice:

Ehilà, salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction e ho deciso di creare una one shot per non esagerare. Ho scelto Lynn e Marlene perchè trovo che la loro storia sarebbe stata molto interessante, se la situazione si fosse evoluta in modo leggermente diverso e che le due protagoniste (la prima cupa e perennemente arrabbiata e la seconda dolce e allegra di natura) siano due opposti capaci di integrarsi l'un l'altra. Ora, io odio le note dell'autrice perchè anche se sono sincere fanno perdere TROPPO tempo quindi..spero vi possa piacere, e se così fosse vi prego di commentare per farmelo sapere, mi fareste un piacere immenso!
Buona lettura!


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Erano ormai un paio d’ore che Lynn girovagava senza una meta precisa per il quartiere degli Intrepidi, come un’ombra, silenziosa e leggera. Nonostante la leggiadria dei suoi movimenti il rumore degli scarponcini che impattavano col suolo le riecheggiava nelle orecchie. Rallentò il passo, fino a fermarsi del tutto davanti alla fermata del treno, appoggiandosi al pannello freddo di metallo e tornando a respirare normalmente. Aveva pianto, non voleva che Uriah o qualcun altro la vedesse in condizioni simili, il trucco sbavato e lo sguardo triste e vuoto. Almeno avrebbe potuto incolpare la pioggia battente, per quello. Tutto d’un tratto scagliò un pugno al metallo freddo, facendolo risuonare. Le scappò un altro singhiozzo, ma questa volta cercò di ricacciarselo dentro.
Erano passati a malapena cinque giorni dal momento in cui le avevano detto che Marlene era morta e ancora non riusciva a pensare, a realizzare che non ci fosse più. O meglio, lo realizzava, ma non voleva crederci, nonostante il volo di parecchi piani che l’aveva uccisa. Sentì il pugno formicolare, ripensando a come la sua amica era stata una semplice pedina per smuovere Tris a consegnarsi agli Eruditi. La sua amica? Si, Marlene era una sua amica, nonostante i sentimenti che Lynn provava per lei. Ricordava il momento esatto in cui si era resa conto, vedendo Marlene scoppiare a ridere dopo una sua rispostaccia, di come si fosse innamorata. Era stato come cadere da un palazzo immenso, sentire tutta l’aria uscire dai propri polmoni e poi atterrare sul cemento ruvido e freddo. Perché no, innamorarsi della propria migliore amica non è una bella sensazione, soprattutto in questo caso, soprattutto in un momento come questo.
E poi c’era Uriah, il ragazzo perfetto per Marlene. Non era riuscita a nascondere la rabbia, o meglio la gelosia, nel vederli insieme, a cena. I ricordi della ragazza ancora viva le causavano un nodo alla gola talmente stretto da farle sembrare di non riuscire a respirare, sapendo che non l’avrebbe mai più vista ridere, scherzare o saltellare come faceva sempre. Si lasciò cadere su una panchina, aspettando il treno che sarebbe dovuto passare da un momento all’altro e sul quale sarebbe saltata al volo, come d’usanza nella sua Fazione, cercando di allontanarsi il più possibile da lì, per schiarirsi le idee. Non che ci fosse molto da schiarire, in effetti. Uriah era crollato nell’esatto istante in cui Tris gli aveva riferito cos’era successo alla sua ragazza. Lei invece era ammutolita, si era tenuta dentro un pianto silenzioso, consapevole che non avrebbe potuto scoppiare a piangere di fronte a tutti gli altri: per quanto fosse legata a Marlene non sarebbe stato comunque da lei, mostrare emozioni diverse dalla rabbia o il coraggio in pubblico.
Appoggiò la mano sulla superficie di ferro scheggiato e la percorse con un dito, tornando a respirare normalmente e smettendo di singhiozzare. “Non fare la bambina” si disse. Se lo ripeteva da quando era piccola, sapeva che per dimostrare quanto fosse forte avrebbe dovuto dimostrarsi inattaccabile anche dal punto di vista dei sentimenti. La rabbia era un ottimo modo per nasconderli, aveva sempre funzionato con lei, era una sua dote naturale, a quanto pareva.
Cercò di sentire se il treno stesse arrivando, ma non sembrava esserci alcun segno di vita. Poi successe una cosa strana. Un’ombra veloce e silenziosa si mosse alle sue spalle, a malapena nel suo campo visivo, facendola sobbalzare e tornare all’erta. Era tardi, ma la luce fioca proveniente dai lampioni lasciava comunque delineare il profilo degli oggetti circostanti, e lei aveva gli occhi abituati al buio. Si alzò in piedi, più curiosa che spaventata, scattando verso l’edificio vuoto, consapevole di come probabilmente si sarebbe trattato di un Escluso che aveva deciso di uscire dal suo quartiere per godersi un po’ di libertà. Ma in quel momento ogni occasione sarebbe stata buona per evitare di pensare agli avvenimenti degli ultimi giorni. Il suolo scricchiolò leggermente nel momento in cui varcò la soglia dell’edificio abbandonato, socchiudendo gli occhi e perlustrando l’ambiente circostante. Evidentemente nessuno lo utilizzava da parecchio tempo, perché la polvere ricopriva ogni cosa. In quell’istante sentì il treno passare, veloce, dietro di lei, ad almeno venti metri di distanza. Avrebbe potuto correre, ma indugiò appena qualche secondo di più, il tempo necessario per farle perdere il suo mezzo definitivamente.
-Non..non volevo farti perdere il treno- si scusò una voce alle spalle di Lynn.
La ragazza si paralizzò, smettendo di respirare, ma non si girò. Sapeva benissimo a chi apparteneva quella voce e non era possibile che lei l’avesse sentita. Ora aveva anche le allucinazioni?
-Lynn, voltati, per favore-
Era davvero la voce di Marlene. Non si voltò ancora, forse perché una piccola parte di lei voleva rimanere per sempre così, a ricordare la voce della sua amica e a sperare di non dimenticare nulla di lei, mai. Ma era davvero giusto? Vivere una vita intera a piangere una persona che si aveva amato, e che ora non c’era più? Non lo sapeva. La mano le tremava vistosamente, così si aggrappò con le dita alla giacca nera, sperando di smettere. E si voltò.
Non c’era niente, solo il buio. Che idiota che era stata.
Ma poi scorse un movimento, una figura in avvicinamento che camminava con passi piccoli e lenti, come se stesse decidendo se mostrarsi o no. Stava puntando verso l’unico fascio di luce presente nella stanza e, quando il suo viso fu illuminato, a Lynn si fermò il cuore. Emise un suono gracchiante, lasciando cadere le mani lungo i fianchi e appoggiandosi col corpo al muro, incapace di sorreggersi. Era davvero Marlene, Marlene viva, Marlene capace di parlarle e di camminare. Stava cercando di dire qualcosa, ma le parole non le uscivano di bocca.
Aveva lo sguardo sofferente, non per dolore fisico, ma emotivo, i suoi sensi di colpa si potevano quasi percepire –Mi dispiace, davvero-
L’altra Intrepida continuava a guardarla, allibita –Tu sei viva- fece un passo verso di lei, e poi un altro –Viva- ripeté.
La bionda si avvicinò a sua volta, rimanendo in silenzio fino a quando Lynn non la abbracciò, così forte da farle male, singhiozzando. –Ti prego, perdonami-
-Perdonarti?- disse lei, incredula, stringendo la ragazza –Dio, Mar, io non ti devo perdonare niente-
Marlene si staccò, scuotendo la testa –Voi siete stati male per me-
-Ma tu ora sei viva, capisci? Mio Dio, tu non hai idea di quanto facesse schifo vivere senza di te, ho avuto i rimorsi per tutto il tempo- le sfuggì.
-I rimorsi? Per via del fatto che Tris ha salvato Hector e non me? Credimi se ti dico che ha avuto ottime ragioni-
Lynn fece cenno di no col capo, ripensando a quante volte si era sentita stupida a non averle detto la verità (anche se, in fondo, non una Candida)
Marlene le infilò un dito fra le costole, facendole il solletico –Mi hai incuriosita, non vale- disse, ridendo tutto d’un tratto. Non era capace di rimanere triste per più di dieci secondi, ecco un’altra cosa che adorava.
Anche lei scoppiò a ridere, rendendosi conto della felicità che le stava esplodendo nel petto, una felicità talmente grande da sopraffare totalmente la curiosità. Come era possibile che fosse viva? Era forse una simulazione? Non le importava minimamente, voleva solo trascorrere qualche minuto con lei, ne aveva bisogno per vivere.
-Lascia perdere-
-Daiiii- squittì la sua amica –Non puoi stuzzicarmi e poi fare così, non vale-
Lynn si fermò un istante, tenendo gli occhi fissi sulla figura davanti a lei e pensando. Poteva essere una simulazione, ormai era sempre all’erta. E poi Marlene faceva parte del suo scenario della paura fin dalla prima volta. Lo ricordava bene, quel giorno, anche se sembravano essere passati millenni. Era entrata impettita nella saletta (un posto troppo luminoso e vuoto, come una casa in attesa di un trasloco imminente) dove all’interno ad aspettarla si trovava Quattro seduto davanti ad un monitor e con in mano una grossa siringa che stava riempiendo con un liquido ambrato. Si era seduta su una sedia molto simile a quella che usano i dentisti, cercando di sembrare concentrata e soprattutto coraggiosa e imperturbabile. Si era lasciata iniettare il siero senza battere ciglio dall’Intrepido, sentendo montare nel cuore una leggera ansia.
Non era come lui o come Tris, con sole quattro e sette paure, scoprì. Lei ne aveva undici, e l’ultima, la peggiore e quella nascosta nei più remoti angoli della sua mente, riguardava la bionda che ora si trovava a poco meno di un metro da lei. Non doveva più sforzarsi di ricordare, ormai, perché aveva rifatto talmente tante volte il percorso nella sua testa da conoscere la scena a memoria: si trovava in un cono di luce e di fronte a lei c’erano Marlene e un ragazzo. Non era Uriah, ma uno sconosciuto che ogni singola volta cambiava età e aspetto. Nessuno dei due si muoveva. Non sapeva come fosse possibile, ma si rendeva conto di essere in una simulazione, nonostante fosse certa che i Divergenti fossero una stupidaggine. Non era Divergente, era solo concentrata, ecco cosa si era detta. Ci aveva messo un po’ a capire che tipo di paura fosse quella e quando lo aveva fatto si era sentita avvampare, consapevole di essere osservata da Quattro, attraverso un computer.
La sua paura più profonda, più difficile da affrontare, era dover ammettere a sé stessa e a Marlene di amarla, doverlo dimostrare di fronte al ragazzo. Era consapevole del fatto che avrebbe dovuto fare in fretta e che stava solo perdendo tempo, ma era rimasta ferma per quella che le era sembrata un’eternità, pensando a come affrontare quella paura. Doveva dirglielo a voce o dimostrarlo? Non era quel che aveva sempre desiderato? Trovarsi davanti Marlene e poterle dire tutto quello che provava? Aveva fatto una smorfia, rendendosi conto che se fosse stato così non sarebbe mai apparsa nel suo scenario. Aveva fatto un lungo sospiro, si era avvicinata con le mani che tremavano, tenendo gli occhi bassi e, nel momento esatto in cui aveva posato le sue labbra su quelle dell’amica, si era risvegliata sulla sedia, annaspando. Non le era piaciuta quella sensazione di sentirsi portare via la ragazza nel momento in cui le era vicina.
-Non volevo dire rimorsi, ho sbagliato termine- rispose a Marlene, piatta, tornando al presente. Lei fece un’espressione strana, di sospetto. O forse era delusione?
-Ah si?-
Lynn non ci pensò nemmeno perché era certa che se l’avesse fatto sarebbe rimasta impalata come durante le simulazioni, semplicemente scosse la testa e prese il viso della ragazza di fronte a lei, avvicinandola a sé e baciandola. Poté sentire la sorpresa finché teneva premute le labbra sulle sue, un lieve sobbalzo appena percepibile tra i battiti del suo cuore che aveva preso ad accelerare. Era certa che Marlene si sarebbe staccata da lei, disgustata. Invece la sentì irrigidirsi e poi lasciarsi andare e ricambiare, facendole scorrere le mani sulla schiena. Era così strano, decine di volte si era avvicinata al viso della sua amica, ma sempre svaniva prima di riuscire a comprendere la sensazione. Sentì una mano di Marlene accarezzarle i capelli corti che avevano iniziato a ricrescerle e che ora assomigliavano molto ad un taglio maschile da Abnegante. Non si era mai sentita così felice, ma allo stesso tempo la tristezza era inibita dal desiderio di poter rimanere per sempre così, di non doversi mai staccare da lei. Purtroppo si dovettero dividere. Non sapeva come avrebbe reagito l’altra, così abbassò istintivamente gli occhi a terra, in imbarazzo.
-Cavolo- sentì pronunciare, per poi vedere scoppiare a ridere la figura di fronte a lei –Voglio dire, io non so cosa..-
-Scusami, non avrei dovuto-
La mano di Marlene le toccò il mento e la costrinse a guardarla negli occhi, posandole un altro leggerissimo bacio, sorridendo –Non scusarti mai più, okay?-
Lynn non riusciva ad articolare una frase di senso compiuto. L’aveva appena baciata di sua spontanea volontà. Lo aveva fatto.
-Da quanto va avanti questa storia, Lynn?-
Si strinse nelle spalle, rendendosi conto di quanto tempo aveva passato ad amarla in silenzio –Non lo so, almeno due anni. Ne sono stata del tutto certa quando sei..apparsa nel mio scenario della paura-
Il sorriso le si spense, sostituito da uno sguardo incredulo –Sono nel tuo scenario della paura?-
-Ehm, ora non più, mi sa-
Marlene fece una risatina isterica –Due anni, senza che lo sapesse nessuno-
-Quattro lo sapeva, ha visto le mie simulazioni-
Quattro si era dimostrato molto comprensivo e aveva fatto il possibile per non metterla in imbarazzo. Era rimasto impassibile, come quasi sicuramente faceva con tutti senza alcuna fatica, considerato il suo carattere ombroso, e l’aveva accompagnata fuori dalla saletta dicendole “Non ti preoccupare, è una paura comune”
-Eri sempre così arrabbiata- riprese a dire Marlene.
-Tu hai Uriah e io ho la mia rabbia-
La sentì irrigidirsi immediatamente, sentendo il nome di quello che sarebbe dovuto essere il suo ragazzo.
-Io non amo Uriah- sussurrò, a voce bassissima, aggiungendo –Pensavo che stare con lui mi avrebbe fatta stare bene. Gli voglio un sacco di bene, è una delle persone a cui tengo di più ma..- scosse la testa -..ma non mi sono mai sentita bene, non mi sono mai sentita coraggiosa come pochi secondi fa, capisci?-
Una folata di vento mosse le tende coperte di polvere, senza distrarre Lynn, troppo intenta a rendersi conto di quello che aveva appena sentito pronunciare dalla ragazza. Tenne i suoi occhi dorati fissi in quelli di Marlene, lasciando parlare lei.
-Quello che voglio dire è che io non dovrei nemmeno essere qui. Tu dovresti ancora credermi morta, per il bene di tutti. Ma non sono stata capace di lasciarti andare. E ora non vorrei essere con Uri. Voglio essere qui, con te. Io sono..sono innamorata di te e questo non va bene perché non è giusto e ci incasinerebbe solo la vita- fece una pausa -Maledizione Lynn, dì qualcosa prima che mi venga ancora voglia di baciarti-
Lynn si passò le mani sulla testa, scoppiando a ridere, attirando di nuovo Marlene a sé e baciandola ancora, questa volta con più decisione. Non sapeva come sarebbe andata a finire quella storia, come sarebbe andata a finire la guerra con gli Eruditi, come sarebbero andati a finire tutti loro. Lasciò che tutti i brutti pensieri semplicemente se ne andassero, continuando a sentire il sapore delle labbra che tante, troppe, volte aveva sperato di baciare e abbracciando la sua ragazza. La sua ragazza.

   
 
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