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Autore: Martyx1988    26/08/2015    1 recensioni
Dopo la battaglia delle Dodici Case, un freddo ghiaccio ricopre le mura dell'undicesimo tempio e attanaglia il cuore ardente del Cavaliere dello Scorpione mentre piange le sue prima lacrime dopo molto tempo per l'unica persona che se le merita...
Genere: Generale, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Cygnus Hyoga, Scorpion Milo
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Milo e Camus - Frammenti di Amicizia'
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Lacrime e Sorrisi


Erano sempre state fredde le stanze dell’Acquario, pregne del cosmo del loro inquilino che di ghiaccio pareva avere persino l’anima.

Tutto all’Undicesima Casa parlava di austerità, di freddezza, dal mobilio essenziale ai colori spenti e privi di calore. Sembrava che l’unica forma di vita in quel luogo fosse il Cavaliere che la presiedeva.

Ma ora che era caduto, il gelo in quelle stanze si era fatto più tagliente. Le colonne e le pareti erano ricoperti da uno spesso strato di ghiaccio, stalattiti pendevano dal soffitto a cupola e, per quanto all’esterno regnasse il tepore tipico di una sera di primavera, dentro quella casa il respiro si condensava appena fuoriuscito dalle labbra.

Tale era il risultato dello scontro tra due cosmi di ghiaccio che anelavano a raggiungere lo zero assoluto, ma per Milo dello Scorpione quella era la causa solamente del gelo che percepiva sulla pelle, non di quello che provava in fondo al cuore.

Il corpo freddo e livido di Camus giaceva ai suoi piedi, neanche un soffio di vita vi era rimasto all’interno. Quel soffio a cui si era aggrappato il suo avversario, permettendogli di resistere fino all’arrivo del cosmo salvifico di Atena, il Cavaliere dell’Acquario se l’era lasciato scappare, e Milo ne immaginava il motivo.

“Sei uno stupido” disse al corpo esanime ai suoi piedi, stringendo i pugni fin quasi a lacerare la carne con le unghie. “Sei stato uno stupido ghiacciolo orgoglioso!”

Milo cadde in ginocchio a fianco del suo defunto compagno d’armi e diede sfogo a tutte le lacrime che aveva in corpo, lacrime che, nonostante la temperatura polare, mantennero il loro calore e, cadendo sul volto di Camus, sembrarono ridargli un minimo di vita.

“Avevamo fatto una promessa…” continuò lo Scorpione tra i singhiozzi, lasciando tornare la sua mente a quel giorno di molti anni prima, quando due ragazzi avevano immaginato la loro vita e la loro gloriosa morte con forse troppa leggerezza.

 

Erano tornati da Blue Grado la sera prima, indossando le armature che si erano conquistati nelle profondità dell’oceano con fierezza. Durante la risalita verso le stanze del Gran Sacerdote si erano beati, chi più chi meno, degli sguardi ammirati delle guardie e degli allievi del Grande Tempio. Tuttavia, una volta giunti al cospetto del Celebrante, erano stati costretti a svestire le vestigia dorate e a riporle negli scrigni, in attesa della cerimonia di assegnazione che sarebbe avvenuta il giorno dopo.

A Milo quel rigido cerimoniale non era andato a genio, ma ci aveva pensato Camus a farlo ragionare: dopotutto, qualche ora in più di attesa non avrebbe cambiato niente a nessuno, inoltre il giovane Cavaliere dell’Acquario dubitava che il suo compagno sarebbe andato a dormire con ancora l’armatura addosso, quella notte.

La mattina seguente era comunque giunta prima del previsto e i due Cavalieri erano stati investiti davanti a tutto il popolo del Santuario, in un tripudio di grida e giubilio. La cerimonia era durata poco più di un’ora, dopo la quale ognuno era tornato alle proprie occupazioni.

Presto o tardi sarebbero arrivate delle missioni anche per i due giovani Cavalieri, che avevano però deciso di passare la mattinata a godersi il caldo sole davanti all’ingresso della Casa dell’Acquario.

“Ce l’abbiamo fatta! Siamo Cavalieri d’Oro!” esclamò soddisfatto Milo, lo sguardo limpido rivolto verso l’altrettanto terso cielo azzurro.

“Pensavi che non ci saresti riuscito?” domandò Camus.

“Ad essere sincero, quando mi hanno detto che sarei dovuto andare in quel posto sperduto tra i ghiacci per recuperarmi l’armatura, qualche dubbio l’ho avuto” ammise lo Scorpione “Se poi ci aggiungi che ho incontrato un ghiacciolo musone che sembrava me la volesse rubare sotto il naso… avresti avuto anche tu qualche dubbio sulla riuscita di questa impresa, non trovi?”

“Quel ghiacciolo musone sarebbe stata la tua unica possibilità di salvezza nel caso fossi stato in difficoltà” rimarcò Camus nel tentativo di spegnere quel ghigno insolente comparso sul volto del compagno.

“Difficoltà? Chi è mai stato in difficoltà?” si pavoneggiò il greco, prendendosi chiaramente gioco del compagno. Ma se c’era una cosa che Camus non sopportava era che ci si prendesse gioco di lui, infatti volse lo sguardo imbronciato altrove, infastidito dall’eccessiva baldanza del compagno.

“Oh, andiamo, Camus!” lo riprese Milo, dandogli una vigorosa pacca sulla spalla “Stavo scherzando! Fatti una risata qualche volta, altrimenti finirai per vivere poco e nella tristezza più assoluta”

“Chi ti ha detto che vivrò poco?”

“Si sa, chi non ride vive di meno”

“E questa dove l’hai sentita, genio?”

“Si chiama saggezza popolare”

“Tsk” sogghignò Camus.

“Credi che non mi sia accorto che siamo stati una grande squadra là sotto?” gli domandò Milo dopo qualche istante, riuscendo a riguadagnarsi l’attenzione dell’Acquario.

“Sì, funzioniamo bene, io e te, sul campo di battaglia” continuò il greco, che era tornato ad ammirare il cielo.

“… ma se abbiamo combattuto due scontri separati” gli fece notare Camus, senza tuttavia riuscire a scalfire l’entusiasmo di Milo.

“Come sei pignolo! C’è stata comunque intesa, io mi sono lanciato sul quella specie di scorpione di pietra lasciando a te la possibilità di andare ad affrontare quella specie di donna nuda di pietra. Alla fine ne siamo usciti con entrambi un’armatura d’oro addosso, un successo su tutti i fronti. Siamo una squadra!”

“Se lo dici tu” ribattè il francese accondiscendente.

“D’accordo, pinguino imbalsamato, ti propongo un patto” Milo si alzò in piedi e pose la mano destra a Camus “Ogni volta che ne avremo l’occasione, lavoreremo insieme, così ti dimostrerò che possiamo davvero esserlo, una squadra”

“E va bene, Milo” si arrese Camus, afferrando la mano del compagno e tirandosi su in piedi anche lui “Dimostrami che possiamo essere una squadra. In tal caso ti prometto che saremo una grande squadra e che serviremo Atena al meglio delle nostre possibilità, insieme”

“Preparati a mantenere quella promessa, ghiacciolino”

 

E una grande squadra alla fine lo erano diventati, perché erano talmente diversi da poter funzionare bene come nessun altro. Missione dopo missione, anticipando l’uno le mosse dell’altro, erano entrati talmente in simbiosi da arrivare a credere che sarebbero persino morti insieme.

Ma così non era stato. Il cuore si era fermato nel petto di Camus, congelato da un’Aurora Execution più potente, lanciata da quell’allievo che Aquarius aveva voluto a tutti i costi forgiare a sua immagine, di cui aveva provato a congelare le emozioni. Ma probabilmente erano state quelle stesse emozioni ad aver tenuto in vita Hyoga del Cigno, mentre Camus, sconfitto dal suo discepolo, non aveva più trovato motivo per vivere. Neanche quella promessa che si erano scambiati anni prima era stata sufficiente a convincerlo a non cedere al gelido morso della morte.

Perché, per quanto Milo fosse convinto che l’amicizia di Camus fosse sincera, sapeva anche che il calore dei raggi del sole non riesce mai a sciogliere del tutto i ghiacci polari. Nonostante fosse stato spesso a stretto contatto con un animo focoso come quello di Scorpio, nel profondo Camus era rimasto il guerriero algido che era in origine, forgiato dai freddi venti del nord, razionale e ostinato nei suoi intenti, restio a lasciarsi andare ad una risata scomposta.

Sì, Milo era riuscito a dimostrargli i lati positivi dell’amicizia e del cameratismo, ma non era riuscito a contagiarlo col suo sorriso e col suo ardore. Invece Camus era riuscito a fargli piangere lacrime che mai avrebbe pensato di piangere per qualcuno.

“Dovevi per forza farti ammazzare da questo pulcino imberbe, vero? Stupido pinguino imbalsamato” continuò a piangere Milo, senza curarsi di essere al cospetto di Atena, senza vergognarsi dei suoi sentimenti, perché sapeva che Lei non avrebbe giudicato, ma semplicemente compreso.

La guardò, luminosa come il sole a mezzogiorno, rianimare la minuscola fiammella di vita che era rimasta a Hyoga, il quale riprese piano piano colore e venne poi aiutato dai compagni a rialzarsi.

Il giovane Cavaliere di Bronzo volse subito lo sguardo davanti a sé, permettendo a Milo di notare le due lacrime che gli si erano ghiacciate lungo le guance, su cui altre iniziarono in breve a scorrere.

“Maestro, io…” prese a dire, ma poi si rivolse a Milo “… io non volevo… non ho potuto fare altrimenti”

“Non frignare, ragazzino” lo rimproverò Scorpio con durezza, inchiodandolo con uno sguardo infuocato. Conosceva bene il valore del Cavaliere del Cigno, era stato grazie a lui se nel suo cuore erano sorti dubbi riguardo la giustezza di quella battaglia tra il Santuario e Saori Kido e i suoi Cavalieri ribelli. E conosceva anche le aspettative che il suo compagni d’armi aveva nei confronti dei suoi allievi.

 “Camus non si è fatto ammazzare per permettere che un marmocchio piagnucolone raggiungesse lo zero assoluto. Non si è fatto ammazzare perché la sua eredità passasse ad un inetto. Ha dato la sua vita per permettere a te di diventare quello che lui non è riuscito a diventare nonostante gli allenamenti a cui si sottoponeva quotidianamente. Ha visto in te qualcosa che lo ha spinto oltre i suoi limiti, perciò non infangare la sua memoria piangendo come una femminuccia. Ricorda i suoi insegnamenti, Hyoga, e dimostra al mondo intero, e soprattutto a me, che sei valso la morte del mio compagno d’armi, che la sua dipartita non è stata invano, che sei tu, ora, il nuovo Cavalierie di Aquarius”

Poiché questo è il volere di Camus dell’Acquario pensò Milo mentre osservava il Cigno assumere lo sguardo determinato che gli si addiceva E io, Milo di Scorpio, farò in modo che questo ragazzo sia degno della tua vita.

Buonasera a tutti! In preda ad uno slancio di ispirazione, che spero abbia dato buoni frutti, ho prodotto questa MiloxCamus che si va ad aggiungere alle due precedenti one-shot con cui ho provato ad esplorare il rapporto tra questi due personaggi.

Nelle precedenti storie ho provato a riempire dei buchi narrativi, qui forse sono andata ad approfondire qualche momento scontato della loro storia, nel flashback rifacendomi nuovamente a Vodka e Ghiaccio, ma ho pensato che come raccolta non sarebbe stata completa se non avessi analizzato i sentimenti provati da Milo alla morte di Camus dopo la battaglia alle Dodici Case.

Probabilmente non è una delle mie opere riuscite meglio e quasi sicuramente ci saranno strafalcioni grammaticali di ogni sorta, anche perchè tendo a non rileggere quando scrivo di getto e a fidarmi solo del fluire dei miei pensieri, pur sapendo che in questi anni il mio cervello ha quasi perso l'uso del congiuntivo per lasciar spazio ad altre nozioni XD Se quindi sarete così gentili da segnalarmi i plurimi errori che ho commesso anche per colpa dell'ora tarda, ve ne sarò più che grata e provvederò immediatamente a rimediarvi.

Per il resto, buona lettura!

Martyx

   
 
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