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Autore: Hogwarts_Is_My_Home    26/08/2015    2 recensioni
[Minewt] [Minho's POV] [Pre "The Maze Runner"]
Dopo sei giorni nel Porto Sicuro, finalmente Minho viene a sapere della morte di Newt, ucciso da Thomas. Questo evento cambierà per sempre il ragazzo, aprendo una crepa nella solida corazza di sarcasmo e insensibilità, portando alla luce vecchie debolezze che dovevano restare nascoste.
Un flashback dal punto di vista di Minho, un'occhiata alla sua vita-soprattutto accanto a Newt-con introspezione personale.
Dal primo incontro, il primo giorno con la C.A.T.T.I.V.O., alle giornate con i soggetti prima di entrare nel Labirinto, ai due anni nella Radura, compreso il quasi-suicidio di Newt e altri eventi dei tre libri, solo dal punto di vista di questo personaggio altamente sottovalutato.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Minho, Newt, Rat Man/Janson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 1-L'arrivo alla WCKD

Due anni dalle Eruzioni Solari
Quartier Generale della WCKD


Era triste, nella mattina piovosa in cui vide per la prima volta la sede della C.A.T.T.I.V.O.
Sua madre era morta da poco, dopo tutti i suoi fratelli e suo padre. Lui era l'unico sopravvissuto. L'unico immune.
Questo lo aveva accertato il mese precedente l'odioso parente-di cui ancora non conosce il nome-che adesso stava guidando la macchina della quale era a bordo.
Aveva sei anni. Era solo un bambino, ma già si chiedeva come corazzarsi contro il mondo.
Con gli occhi seguiva le gocce di pioggia che cadevano sul finestrino e poi colavano lentamente, trasparenti ed effimere. Ma non le vedeva davvero. Era troppo preso dai suoi pensieri, pensieri del nero più profondo. Sua madre era morta. Come Jill. Come Micheal. Come Sophia. Come suo padre e la piccola Hilary. Era solo. Solo con l'uomo che sedeva sul sedile accanto, austero nel suo completo bianco. Gli ultimi mesi erano stati un inferno. Da quando lui era arrivato in casa, la vita del bambino era stata un test. Era riuscito a fuggire la prima volta: aveva corso come mai aveva fatto prima, si era rifugiato due o tre isolati più in là finchè sua madre non lo aveva ritrovato in lacrime. La volta dopo non aveva potuto sottrarsi. Era stato meno doloroso di quanto avesse pensato, e il risultato era stato che era Immune. E poi da lì l'uomo aveva iniziato a fargli altri mille tipi di test. Test del QI, test di resistenza fisica, test caratteriali e logici. Sua madre gli chiedeva cosa sarebbe successo a suo figlio. L'uomo le rispondeva che non gli sarebbe successo niente di male. E poi diceva una cosa strana: C.A.T.T.I.V.O. è buono. Così il bambino aveva iniziato a chiamarlo il Cattivo. E aveva iniziato a odiarlo per il modo in cui lo trattava: come una cavia, un esperimemto. A volte lo aveva chiamato "Soggetto". Ma soprattutto, odiava il Cattivo per come trattava sua madre. Quando lei urlava, strillava e si lamentava delle cose nella sua testa, la legava e la sedava. Ma il bambino aveva anche imparato che, mentre al Cattivo non importava niente se piangeva, vederlo ridere e prendersi gioco di lui lo irritava molto. E perciò rideva, trovava un lato buffo, un gioco di parole stupido, una storpiatura in tutto quello che faceva e diceva. Finchè un giorno, sua madre aveva avuto una crisi peggiore. Aveva urlato contro il Cattivo, gli aveva detto che non credeva alle sue fandonie e che non gli avrebbe lasciato torturare suo figlio. E poi aveva tentato di strappare i suoi fogli. Il Cattivo glieli aveva strappati di mano e la aveva spinta contro una parete. Poi aveva preso il telefono, aveva digitato un numero e pronunciato poche parole: -È allo Stadio Finale.- Dopo cinque minuti, due persone vestite da capo a piedi con delle tute verdi erano entrate nella loro casa e avevano preso sua mamma, ancora urlante, e l'avevano portata fuori mentre si divincolava. Il bambino tentava di restare aggrappato a lei, ma le Tute Verdi li avevano separati bruscamente e uno di loro lo aveva buttato a terra con un calcio. Lui si era subito rialzato e aveva battuto i pugni fino a scorticarseli sulla porta che si era appena chiusa su sua madre per l'ultima volta, finché, stremato, non era crollato a terra. Nel frattempo, il Cattivo era rimasto calmo e tranquillo, senza fare niente, osservandolo con attenzione e prendendo appunti sulle sue reazioni.
Da allora, il suo odio era cresciuto, così come il suo dolore. Ma invece di intristirsi, aveva fatto quello che sapeva che avrebbe irritato il Cattivo: aveva iniziato a ridere, prenderlo in giro e fare battute ancora più spesso. 
Dopo altri due giorni, il Cattivo aveva smesso di fargli test. Sembrava essere soddisfatto, infatti gli disse:-Per quanto tu sia irritante e infantile, i risultati dei test sono ottimi. Combaciano con tutti i parametri. Adesso dovrai venire con me, dove ti faranno altri test più specifici e alla fine diventerai parte del progetto della C.A.T.T.I.V.O.-
-Figurati se io dò retta a uno che neanche sa la grammatica.-aveva risposto lui, sfrontato.-Si dice il Cattivo, non la Cattivo.-
-Non perdo neanche tempo a spiegarti cose che non sei abbastanza intelligente per capire.-
-Ma nei test di intelligenza ho avuto un punteggio alto. È perché sono intelligente.-
-Magari hai barato.-
-Bisogna essere molto intelligenti per barare in un test di intelligenza. E in quel caso, non c'è busogno di barare. Ma non preoccuparti se non ci avevi pensato, bisogna essere molto intelligenti per arrivarci.-aveva ribattuto, sorridendo angelicamente.
A quel punto, il Cattivo aveva ringhiato, lo aveva preso per un orecchio e lo aveva caricato in macchina. 
Per questo, pur sotto il suo dolore, dentro di sé il bambino esultava. Il Cattivo non aveva saputo ribattere alle sue non troppo velate offese. 
In quel momento la macchina si fermò, e il Cattivo scese dalla macchina, facendogli segno di fare altrettanto. Il bambino obbedì, sapendo che se non l'avesse fatto l'avrebbe trascinato fuori di forza.
-Questa è la sede della C.A.T.T.I.V.O. E per favore, piccolo spocchioso, risparmiami le tue leazioni sugli articoli. Mi riferisco all'associazione chiamata C.A.T.T.I.V.O.-spiegò il Cattivo, indicando l'edificio davanti a sé. Era un grattacielo di un biancore splendido, anche se del tutto anonimo, quasi sfolgorante in mezzo a quella città in rovina. Guardandosi intorno, il bambino vide sangue e morte ovunque. C'erano persone ridotte in condizioni pietose, ferite, mutilate e purulente, e branchi di uomini inselvatichiti che se ne andavano in giro come cani randagi. In tutto questo, una minoranza di persone ancora normali si muoveva furtiva e impaurita, tenendo fazzoletti sulla bocca e sul naso, camminando lungo i muri oer non attirare l'attenzione.
-Muoviti.-lo chiamò il Cattivo. Dopodiché suonò un piccolo campanello sul portone di ferro del grattacielo. Non ci si metteva molto a capire perché non avevano una normale porta di legno o vetri, con tutti quei pazzi che andavano in giro. 
Dal citofono risuonò una dura e fredda voce femminile.-Identificarsi, prego.-
-Sono Joseph Lee. Ho con me il nuovo soggetto.-disse il Cattivo.
-Può passare.-rispose la voce. Poi la serratura scattò e il portone si aprì.
I due entrarono: l'atrio aveva le pareti dipinte di bianco, sulle quali si aprivano tre corridoi.
-Bene, ragazzino. Adesso io ho cose più importanti di te da fare, perciò ti porterò dove tengono tutti i soggetti che devono fare i test e me ne andrò. Ma ho un'ultima cosa da dirti: devi dimenticare il nome che ti hanno dato i tuoi genitori e il tuo cognome. Da oggi sarai Minho, il soggetto A7.-spiegò Joseph. Dolodiché si avviò a passo spedito verso il corridoio di destra.
-Minho? Ma che razza di nome è? È un diminuitivo di Minotauro? Avete intenzione di chiudermi in un Labirinto?-
Joseph si bloccò e lo guardò con uno strano lampo negli occhi. Fece un mezzo sorrisetto che "Minho" non seppe decifrare, poi scosse la testa, si voltò e proseguì.
Minho sospirò, esasperato. Poi fece una breve corsetta oer tenere dietro a Joseph. Non aveva motivo di ribellarsi. Dove sarebbe andato, dopo?
Camminarono lungo tutto il corridoio, poi svoltarono a sinistra e infine fecero una rampa di scale. Percorsero pochi altri metri di un corridoio e finalmente arrivarono davanti a una porta di legno con una targhetta d'ottone che recitava: SALA D'ATTESA SOGGETTI.
Joseph spinse la maniglia. La stanzetta era piccolina, con arredi moderni: due divanetti in pelle bianca e un tavolino basso di vetro, con sopra libri, riviste, delle bottiglie d'acqua e bicchieri di carta. Era vuota, tranne che per un bambino biondo all'incirca della stessa età di Minho che se ne stava rannicchiato all'angolo di un divanetto, a leggere un libro.
-Addio, Minho. Non credo che ci rivedremo mai più.-disse Joseph. Non sembrava che la cosa lo turbasse.
-Io spero che non succederà mai più.-ribattè Minho.-E se succederà, voglio essere abbastanza grande e forte da poterti spaccare quel muso schifoso.-ringhiò.
-Con te gli studi sulla Zona della Violenza funzioneranno alla perfezione.-si limitò a commentare l'uomo con tono distaccato. Poi si strinse nelle spalle e, dopo averlo spinto dentro, uscì.
Minho emise un gemito di rabbia. Che diavolo era quella Zona della Violenza?
Si voltò verso il bambino biondo. I suoi vispi occhi scuri li avevano osservati fino a quel momento, ma appena vide che Minho si voltava verso di lui subito si nascose di nuovo dietro il libro.
Minho rise. Forse era il caso di fare amicizia, anche solo per avere un alleato in quel posto.
-Guarda che ti ho visto.-disse, sedendosi accanto a lui.
-Parli con me?-fece lo gnorri il biondino.
-No, col tavolino. Dice cose molto interessanti.-lo prese in giro.
Il bambino chiuse il libro e lo guardò con gli occhi spalancati. -Davvero?-chiese.
Minho ridacchiò di nuovo.-No, stavo scherzando. Certo che parlavo con te, sei l'unica persona nella stanza.-
-Ah.-il bambino sembrava deluso dal fatto che il tavolino non parlasse.-Ma cosa mi hai visto fare?-
-Guardare me e il Cattivo che litigavamo.-disse Minho.
-Il Cattivo? Si chiama così? Pensavo fosse...non so, tuo zio. Vi somigliate.-
-È qualcosa di simile a uno zio. Insomma, un parente. Ma è cattivo, e poi dice continuamente che Cattivo è buono, quindi io lo chiamo il Cattivo.-
-Non sembra molto simpatico, no.-concordò il bambino.
-Tu hai idea di cosa sia quella cosa che ha detto? La Zona della Violenza o come si chiama...-
-No, ma anche un amico di mio padre la nomina sempre. Sai, lavora qui.-rispose scuotendo la testa.
-Sei anche tu un...Soggetto? È così che ci chiamano, no?-chiese Minho.
-No.-il bambino fece una risatina molto forzata.-Non posso essere un soggetto, neanche sono Immune. Ma mio padre dice che se sto a contatto con Immuni è più difficile che la prenda...sai, l'Eruzione. Quindi mi ha dato al suo amico, che mi tiene qui con sé.-
-Oh. Beato tu, almeno non hai dovuto fare tutti quei test odiosi!-esclamò Minho.
Il bambino biondo sorrise.-Non l'avevo mai vista così.-ammise.
-Non mi hai ancora detto come ti chiami.-cambiò argomento Minho.-Io sono...-esitò un attimo. -Minho.-disse infine.-O almeno, questo è il mio nuovo nome.-
-Papà non vuole che io dica il mio nome. Dice che se sanno come mi chiamo io poi possono arrivare a lui.-si scusò il biondino.
-Chi può arrivare a lui?-chiese Minho. Il padre di quel bambino e le sue fissazioni paranoiche iniziavano ad annoiarlo.
-Questo non lo dice mai...ma credo che intenda gli Spaccati. Gli Anti-Immuni. Quelli che odiano la C.A.T.T.I.V.O.-
-Ma a me puoi dirlo. Io sono Immune, e non direi mai il tuo nome a nessuno.-
Il biondino sospirò, e lo guardò a lungo. Poi, alla fine sembrò reputarlo sicuro.-E va bene. Mi chiamo Alexander.-
In quel momento, la porta si aprì, ed entrò un uomo alto, che ricordava vagamente un roditore.
-Soggetto A7, dobbiamo farti alcuni test.-disse.
-Ho un nome, sai.-rispose Minho con arroganza.
-Se preferisci...Minho, dobbiamo farti alcuni test.-l'Uomo Ratto non si scompose, e si limitò a mettere su un sorrisino odioso.
-Ho anche un nome vero.-
-Non più. Seguimi.-gli disse.-Tu invece finisci quel libro, aspetta qua. Presto dovrebbero arrivare i soggetti B4 e B6.-intimò ad Alexander.
-Sì, Janson.-rispose lui.
-Janson?-chiese Minho, incredulo.-Conosci l'Uomo Ratto?- 
-Sì, è l'amico di mio padre.-spiegò Alexander.
-Giusto, quello paranoico.-ghignò.
L'Uomo Ratto lo guardò con velato disprezzo e sbuffò.-Preferirei essere chiamato Janson.-
-E io preferirei essere chiamato con il mio vero nome. Quindi, per essere pari, per me sarai il Ratto Paranoico.-rispose Minho.
-Dovresti imparare il rispetto per i più anziani.-
-Se la smetti di chiamarmi soggetto, forse...ma no, uno con la tua faccia neanche in quel caso.-
A quel punto, sempre facendo finta di nulla, Janson posò una mano tra le spalle di Minho e lo spinse in avanti. Richiuse la porta alle proprie spalle, poi attraversò metà corridoio e lo condusse in un'altra saletta per i test.

NOTE
Sì, Alexander è Newt. Sì, Newt all'inizio non era un soggetto...non scandalizzatevi, lo diventerà. Ho aggiunto questo mio piccolo headcanon perché successivamente mi servirà per aggiungere una cosa che aumenta il phatos.
In quanto al nome "reale" di Newt, mi sembra che il caro zio Dashner lo abbia rivelato in un'intervista...se così non fosse, vuol dire che Alexander è un nome prodotto dal mio inconscio, così come, in parte, tutta la storia. Quindi who cares?
A presto, e recensite!
  
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