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Autore: _ButterFly98_    26/08/2015    2 recensioni
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" Cavolo quanto mi piacevi! Ricordo ancora quando durante le ore di punizione origliavo la tua voce nascosto dietro le sedie della sala strumenti. Eri un angelo, pensa che per i primi cinque giorni continuavo a chiamarti "La ragazza con l'ukulele". Ogni volta che incrociavo il tuo sguardo, mi perdevo nei tuoi occhi. E nonostante siano passati quasi quattro mesi io continuo a farlo. Ti ho amata dal primo momento che ti ho vista, ho aspettato di ridurmi in questo stato prima di dirtelo è vero, ma adesso non sai quanto io mi senta meglio. Merda signorina Castillo io sono fottutamente innamorato di te da quattro mesi! Ogni notte ho sognato di sfiorare le tue labbra, di strofinare il naso contro la tua pelle. Tu invece non ti sei nemmeno mai accorta della mia esistenza ".
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Erano circa le cinque del pomeriggio, e come mio solito fare da almeno due settimane stavo rassettando l'aula strumenti.  Certo, non lo facevo di mia spontanea volontà più che altro ci ero stato costretto per cattiva condotta, e per recuperare quel quattro in comportamento mi avevano scaricato il ruolo da bidello. Restavo a scuola circa tre ore in più degli altri ragazzi, più di una decina di volte avevo cercato di svignarmela ma ogni volta c'era qualcosa che andava storto, così da che era solo una settimana passò a diventarne tre. Non ero un cattivo ragazzo anche se bravo non era l'aggettivo giusto da affibbiarmi. Ero un tipo tutto pepe, un po' come i bambini iperattivi non mi fermavo un secondo; non riuscivo a stare fermo in classe e né tantomeno per i corridoi, ma non ero un teppista, quando c'erano delle regole da rispettare la metà delle volte riuscivo ad adeguarmi l'altra metà invece finivo in detenzione ad osservare il tipo al mio fianco che non faceva altro che sputare ogni cinque secondi. Passavo il mio tempo a contare la distanza tra uno sputo e l'altro, alcune volte erano tre altre erano cinque ma in media il 70% era occupato dai cinque secondi. In poche parole la mia vita era uno schifo. 

Avevo bruttissimo rapporto con i miei genitori, e soprattutto con mio fratello maggiore. I miei consideravano Lucas - mio fratello - il figlio perfetto, lui era bravo negli sport, in matematica e in qualunque altra cosa, mentre io ero la pecora nera della famiglia. I miei voti erano bassi, l'unica materia in cui mi salvavo era Arte, non avevo talento in nessuno sport, se non quello di cacciarmi nei guai - anche se non penso che questo possa definirsi sport - e non provavo nessun interesse per altre attività. L'unica cosa che facevo era fare niente, passavo le mie giornate a fare sponda fra TV e videogiochi. L'unica passione che stava crescendo in me era la moto-cross uno sport considerato troppo pericoloso e costoso da mia madre, nonostante il loro disinteresse nei miei confronti e l'essere benestante della mia famiglia. 

Comunque, ritornando al vecchio discorso c'è un motivo per cui vi ho raccontato della mia punizione. Fu durante quel giorno che mi innamorai perdutamente della "Ragazza con l'ukulele". Bassina, capelli biondi, occhi color cioccolata, bocca di rose, lineamenti perfetti e dannatamente bella. Si chiamava - e tutt'ora si chiama - Violetta Castillo. Diciassettenne con un talento innaturale per gli strumenti a corde, amante dello stile Country e Folk, e soprattutto dei Green Day. Aveva un viso angelico e la sua presenza trasmetteva un non so che di serenità, ogni pomeriggio si fermava qualche ora in più per dare libero sfogo alla famosa arte dell'ukulele e di consueto ogni pomeriggio mi fermavo ad ascoltare la sua melodiosa voce. Cavolo quanto mi piaceva!  

Non avevamo gli stessi orari scolastici, infatti ci misi quasi cinque giorni per scoprire quale fosse il suo nome. 

Violetta. I suoi genitori non potevano scegliere nome migliore, casto e dolce come la sua figura. Aveva i lineamenti di una bambina, era primavera e nel suo guardaroba c'era una vasta matassa di vestitini in cotone decorati il più delle volte con dei fiorellini, il suo profumo mi mandava in estasi assomigliava allo zucchero filato, ed io adoravo lo zucchero filato. Avevo tentato più di una volta di prendere l'iniziativa e andare a parlarle ma qualcosa mi frenava e quando ero ormai a poco più di due passi da lei mi sudavano le mani. Non mi ero mai trovato in una situazione del genere, avevo sempre avuto successo nel corteggiare una ragazza, ma con lei era diverso. Era come se andassi in tilt, il mio cervello non riusciva a ragionare e di conseguenza mi bloccavo senza nemmeno riuscire a parlare. In poche parole: mi sentivo strano. L'unica cosa che riusciva a tranquillizzarmi era la sua voce, immaginavo noi due un po' come Lillo e Stitch, stesi su un'amaca a canticchiare qualche canzone con l'ukulele.  

Un giorno però, qualcuno più coraggioso di me - anche se non si direbbe - fece il primo passo verso di lei. Tomàs Heredia, tipo più sfigato di quello non poteva esistere. Lo si poteva scambiare per un bambino, era alto - si fa per dire - un metro e una Vigorsol, vestiva come un dodicenne e parlava con un odiosa 'S' fra i denti. Non riuscivo ancora a capire come Violetta riuscisse ad uscire con lui, in un certo senso sembrava sua sorella maggiore. Di certo però non si poteva dire che era stupido, solo una cosa gli si poteva invidiare e quella cosa era Violetta.  

Non la vidi più, nonostante aspettassi qualche ora in più - anche se terminato il lavoro - di lei non c'era traccia. 

E quei pomeriggi diventarono presto cupi, e ricchi di malinconia. 

 

 

 Mi ritrovavo ad una noiosa lezione di storia. Avevo sbadigliato più o meno dieci volte, il prof Casal continuava a fare domande al mio compagno di banco e lui - come tanti altri - continuava a non rispondergli. 

 " Vargas, interrogato! " esclamò indicandomi con la matita. Sbuffai alzandomi in piedi e poggiando le mani sul banco. " Prof, sono le stesse domande che ha fatto a Tavelli? ". " Certo Vargas " mi guardai intorno e poi abbassai lo sguardo " Allora è inutile, non so rispondere. Mi metta direttamente due " risposi gettandomi a peso morto sulla sedia. " Giusto per non rovinare la media " ironizzò piegandosi sulla cattedra per scrivere sul suo quadernetto degli appunti. " Bene, oggi ragazzi voglio presentarvi la vostra nuova compagna " continuò ritornando in forma eretta. " Prego signorina Castillo, entri " al sentir pronunciare il suo cognome il mio cuore perse un battito, sperai con tutto me stesso che non fosse " quella Castillo ". Due secondi dopo, attraverso la porta si fece spazio l'angelo che avevo sempre sognato. Indossava uno dei suoi soliti vestitini, con al piede un paio di Superga beige nuove di zecca. Il trucco era leggermente accentuato sulle labbra, e i suoi capelli biondi le scendevano morbidamente sulle spalle coperte da uno scalda cuore rosso.  

" Lei è la signorina Violetta Castillo, e da oggi farà parte della nostra classe " sembravano tutti affascinati dalla sua presenza, Marco era quasi letteralmente crollato per terra. " Vi avverto che Violetta è un passo avanti a tutti quanti con il programma, spero che questo possa essere d'aiuto anche per i ragazzi meno studiosi. Vargas " disse Casal aggiustandosi gli occhiali e puntando il suo sguardo su di me. Scossi di poco la testa e annuii debolmente, ancora affascinato dalla bellezza di quell'angelo. " Bene Violetta, accomodati pure vicino a Francesca " il banco di Francesca era solo poco distante dal mio, sarei riuscito a guardarla meglio. 

La lezione continuò noiosamente, anche se la mia testa era impegnata a fare altro. Appena la campanella suonò, una decina di ragazzi coprì la mia visuale su di lei e come se niente fosse la vidi scomparire uscendo dalla porta. 

" Non sbavarci troppo amico, è fidanzata " mi girai di scatto ed incrociai il viso di Marco Tavelli " Lo so. Poi non sto sbavando " constatai corrugando la fronte " Sai anche che è la figlia del sindaco della città? " . " Cosa!? " alzai forse un po' troppo il tono della voce e l'attenzione degli altri ragazzi si spostò su di me. " Abbassa la voce. Comunque si, è la figlia del sindaco German Castillo e della sua splendida moglie Maria Sarmego. Oltre ad essere una splendida ragazza è anche un ottimo partito, e pensare che il suo ragazzo è Tomàs Heredia tanta bellezza sprecata per un topo con la 'S' " risi leggermente a quella battuta.  

Dovevo trovare un modo per parlarle, al più presto. 

 

   
 
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