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Autore: Pleasance Carroll    02/02/2009    1 recensioni
Con un fremito ed un leggero sorriso ricordai le innumerevoli lettere che le avevo scritto,le mille volte che avevo gioito e sussultato per i suoi sorrisi o per le sue mani leggere come farfalle che avevano carezzato i riccioli biondi… Io l’amavo ma non ero riuscito a dimostrarglielo,così assorbito nell’intento di vendicarmi di mio zio,ed a pensare come smascherarlo,da calpestare sprezzante il nostro amore,fragile ma bello come un fiore primaverile. prima mia one shot spero vi piaccia un bacio marty23
Genere: Romantico, Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero riverso a terra,nella sala del trono,i cui tendaggi,il mobilio,le bevande…ogni cosa era intrisa di veleno…

Claudio,mio zio aveva ordito quest’orribile inganno per uccidermi,ed il diretto esecutore di quell’atto dopo un mio leale scontro con lui, fu il coraggioso Laerte,che ora giaceva esanime sul pavimento,i capelli e le folte sopracciglia nere che gli rendevano il suo volto più duro,ferito a morte dalla mia spada,avvelenata,così come lo era la sua che mi aveva ferito.

Anch’io quindi,che ero stato ferito,sapevo che mi restava poco da vivere poiché dalla piccola ferita sul mio polso si stava diffondendo in tutto il mio corpo il vile veleno…

Riuscivo a sentire ovunque il pungente profumo di quella sostanza ora che riconoscevo che i suoi effetti, che rendevano torpidi i miei muscoli con la stessa lentezza carezzevole di un serpente che ti attraversa le membra strisciando per poi impedir loro di muoversi una volta passata la coda dell’animale su di essi.

Rivolsi faticosamente il viso di lato,ed incontrai il corpo senza vita di mia madre,stesa a terra,la preziosa gonna del suo abito che si apriva tutt’attorno alle sue belle gambe,aveva una mano posata in grembo,e l’altra era abbandonata lontano,quasi sopra la testa, con il palmo leggermente aperto dopo che aveva lasciato cadere in terra il dorato bicchiere infondo al quale aveva trovato la morte;se i suoi capelli lisci ed acconciati splendidamente non fossero stati macchiati dal sangue sporco di mio zio che era steso a poca distanza da lei,a pancia in giù,avrei giurato che stesse dormendo dolcemente.

Quanta morte avevo portato…

La mia anima sarebbe stata dannata in eterno…avevo tolto la vita a mio zio,assassino di mio padre ed incestuoso sposo di mia madre…avevo ucciso Polonio,padre del valoroso Laerte ed infine Laerte stesso…

Silenziose lacrime mi bagnavano le guance mentre sentivo il veleno che continuava a fare il suo corso dentro di me,penetrandomi fino infondo all’anima.

Pregai perché ciò che aveva detto Laerte,ossia che nessuno di noi due doveva rimanere con lo spirito e le mani macchiate del tanto sangue versato,si avverasse ed infine farfugliai:

-        Come sarò ricordato,Orazio?- lasciai vagare ciecamente lo sguardo sul mio fedele amico,che era ancora vivo grazie al Cielo,e stava in piedi accanto a me.

Forse come un angelo vendicatore,o come un folle,o come un assassino…

Disse qualcosa verso di me,in risposta ma non riuscii ad udire le sue parole,perché lentamente il veleno mi stava rendendo anche sordo e una dolce fredda nebbia mi scendeva sugli occhi e sul viso rendendoli vitrei,la stessa nebbia che certamente mi avrebbe fatto conoscere un nero sonno di morte,senza sogni.

Come si poteva d’altro canto,sognare sapendo di dover affrontare l’oscura morte?

La morte era simile ad un sonno certo,ma con il cuore appesantito dai miei pensieri,ero sicuro che non avrei potuto sognare dopo aver arrecato tanta morte.

Sentivo gli occhi che venivano abbandonati da qualsiasi scintilla di vita,mentre le guance mi si tingevano di un pallore cereo,rendendomi sempre più simile ad un cadavere…

Lasciai per un secondo che il mio sguardo azzurro conoscesse il buio,come quello che avrei visto di lì a poco,fino alla fine dei tempi,e mi dissi che non dovevo avere paura della morte,poiché essendo polvere,polvere torneremo…

Tuttavia,sussultando riconobbi la bella Ofelia davanti a me,che mi sorrideva,danzando,ed il lungo abito color glicine che indossava le frusciava sui piedi.

La sua lunga chioma dorata,dalle sfumature cremisi,come un raggio di sole al tramonto,era sciolta sulle spalle ed adorna di ghirlande di margherite e viole,i suoi occhi di smeraldo erano tanto luminosi da poter essere paragonati a due stelle,nonostante il suo viso fosse bianco latte.

Il suo sorriso scintillante si spense quando scorse la mia figura che la osservava,e lasciò il posto ad un broncio malinconico,che si incastonò dentro di me bruciando come fosse stato rovente,fino a toccarmi il cuore.

Compresi immediatamente perché mi fissava così:mi riteneva responsabile della morte di suo padre,di suo fratello,ed indirettamente anche della sua poiché dopo esser diventata folle per il dolore di tante perdite,era annegata in un fiume,simile ad una sirena.

Tentai di respirare con calma,per capire meglio le parole mute che uscivano dalle carnose labbra di quella splendida donna,ma ormai l’aria mi mancava,sentivo i polmoni in fiamme;inaspettatamente poi,udii in fondo al mio petto gli ultimi stanchi battiti del mio cuore,che pulsava d’amore per lei.

Io l’avevo amata quella vergine casta e pura come la neve,dolce e graziosa;io l’amavo.

Con un fremito ed un leggero sorriso ricordai le innumerevoli lettere che le avevo scritto,le mille volte che avevo gioito e sussultato per i suoi sorrisi o per le sue mani leggere come farfalle che avevano carezzato i riccioli biondi…

Io l’amavo ma non ero riuscito a dimostrarglielo,così assorbito nell’intento di vendicarmi di mio zio,ed a pensare come smascherarlo,da calpestare sprezzante il nostro amore,fragile ma bello come un fiore primaverile.

Brividi di paura mi pervasero il corpo e sentivo freddo:il veleno stava compiendo la sua opera…

Ora che stavo per abbracciare la morte e potevo stare con lei,Ofelia m’avrebbe voluto con sé,sapendo che ero l’assassino della sua famiglia?

Aprii gli occhi controvoglia,e la mia amata scomparve fuggente,così come l’anima d’Euridice aveva fatto,sotto lo sguardo del divino Orfeo,e vidi che la corona di Danimarca era rotolata lontano dalle grinfie di Claudio l’usurpatore…

Il trono di quel Paese,simile ad una prigione a mio parere,mi spettava per nascita,ma ora che sentivo le forze abbandonarmi,chi avrebbe regnato al mio posto?

In quell’istante,come un segno divino in risposta alla mia domanda,mi pervenne alle orecchie un rumore assordante,come quello di un tuono…

-        Cos’è questo clangore d’armi,Orazio?-chiesi

-        Fortebraccio ed il suo esercito stanno arrivando nobile principe…- rispose il mio amico,ma la sua voce saggia mi giunse come un’eco lontana.

Mi sentii un poco rilassato,nell’anima e nel corpo che diveniva sempre più gelido a causa del veleno;Fortebraccio sarebbe stato un buon re…

-        Orazio…sto morendo…fa avere a Fortebraccio per me le tristi notizie di quanto è accaduto…e dagli il mio voto moribondo…egli deve regnare…- dissi ma dalle labbra sfuggì solo un lieve bisbiglio.

Lo vidi annuire,poi chiusi gli occhi e le forze svanivano dal mio corpo,come se venissi liberato da delle catene…

La leggiadra visione di Ofelia si parò di nuovo davanti ai miei occhi,ed allora pentito del tempo che avevo perso mentre entrambi eravamo in vita,con la stessa lingua che lei aveva definito mordace e crudele,le dissi:

-        ti amo…-

fu allora che mi sentii travolgere da una marea rabbiosa ed attraversai la soglia della vita,trovandomi tra le sue braccia…

mi strinse al suo petto,poi,sollevò il mio mento con due dita poiché ero caduto in ginocchio ai suoi piedi e mi sorrise dolcemente…

ero rapito dai suoi occhi verdi,dalla sua mano che stringeva la mia e dal suo passo docile che ora mi guidava in quel mondo eterno,mentre la sua risata argentina risuonava nelle mie orecchie,e la morte che avevo sempre immaginato oscura appariva luminosa e pacifica ai miei occhi,con lei al mio fianco.

  
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