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Autore: Roxar    27/08/2015    4 recensioni
«Devi nasconderti, Remus. Subito».
«Nascondermi?»
«Sirius Black sta venendo a prenderti».

[Per te, love ♥]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie '27/8'
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«Oggi soffiamoci su insieme, ti va?»

...

(Non te l'aspettavi, vero? ♥)

 

____


Esiste un particolare periodo dell'anno, ogni anno, in cui James Potter e Sirius Black sono presi da questa voglia tanto spasmodica quanto stupida di lanciarsi nelle sfide più ridicole solo per il puro gusto di poter dire di aver fatto meglio dell'altro. Non a caso la ricompensa è sempre la stessa: la soddisfazione di essere riuscito laddove l'altro ha fallito.

In quel periodo dell'anno, Remus Lupin se la squaglia. Letteralmente. Conoscendo troppo bene i perversi meccanismi della loro mente, sa perfettamente che è il caso di non farsi trovare a portata d'occhio o di mano, perché basta uno sguardo per renderlo oggetto di qualche stupida sfida che gli costerà una dose a malapena sopportabile di umiliazione – ci è già passato, sa perfettamente di cosa sta parlando, anche se niente potrà mai spodestare dal podio quella volta in cui Sirius si infilò nella doccia, dietro di lui che, troppo impegnato ad insaponarsi i capelli ad occhi chiusi, ne ha realizzato la presenza solo quando la mano di Sirius si è aperta al centro esatto della sua schiena.

Oggi è uno di quei giorni.

Ieri si è aperta la Caccia Alla Sfida Più Ridicola e Remus non si arrischia a presentarsi in Sala Comune a quest'ora relativamente giovane del pomeriggio, dove tutto potrebbe accadere. Né ha voglia di compiangere il malcapitato di turno, reo di essere solo un Grifondoro nel posto sbagliato al momento sbagliato. Perciò si limita a girellare per i corridoi, la spilla di Prefetto ben in vista nel caso in cui qualcuno lo interroghi sui suoi vagabondaggi.

Sta adocchiando la statua della strega orba con particolare desiderio quando una figuretta compare all'imbocco del corridoio. C'è qualcosa di familiare nel guizzo rosso che l'accompagna, o nel modo in cui regge i libri tra le braccia, come fossero bambini. Pochi passi più tardi, Remus si rilassa e le sorride apertamente.

«Ciao, Lily».

«Re–Remus» ansima, piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. La coda rosso vermiglio le scivola lungo la guancia, ciondolando nel vuoto al ritmo del suo fiatone. Vagamente preoccupato, Remus si china quel tanto che basta a sfiorarle la spalla; la mano di Lily si chiude sulla sua con una velocità tale che deve reprimere un sussulto.

«Devi nasconderti, Remus. Subito».

«Nascondermi?»

«Sirius Black sta venendo a prenderti».

 

____

 

«Quella stupida è appena corsa a fare la spia, vero?»

«Non insultarla e impara a parlare a bassa voce, la prossima volta. Questa la diamo per persa, va bene?»

Sirius sbuffa e cerca di stendersi sulla poltrona, finendo solo per assumere una posizione maledettamente scomoda – le ginocchia penzolano oltre un bracciolo mentre la nuca preme fastidiosamente contro l'altro – che gli strappa un gemito insofferente, senza però farlo smuovere di un centimetro. Scomodo o no, non ha voglia di alzarsi, non adesso che quella stupida Evans è corsa ad allertare Remus, privandolo del crucialissimo fattore sorpresa.

Però, ragiona, ho solo detto che mi serve Remus, non a cosa mi serve. Posso ancora giocarmela.

Ringalluzzito dalla rivelazione, getta le gambe oltre il bracciolo e, con un unico movimento fluido, si rimette in piedi, bacchetta alla mano e sorriso trionfante sulle labbra.

«No, bello mio; questa la diamo per vincente. Sta' a vedere» e con nient'altro che un cenno del mento in segno di saluto scatta oltre il buco del ritratto, aprendo ufficialmente la caccia a Remus. James si accascia sul tavolo, il sorriso vittorioso appena scalfito dall'ostinazione di Sirius. Improvvisamente, si ritrova a sperare che Evans l'abbia trovato per prima.

Due piani più giù, nel frattempo, Sirius Black si sta muovendo in punta di piedi, con un atteggiamento così guardingo e sospetto che se Filch lo trovasse adesso sicuramente lo trascinerebbe dritto nell'ufficio del Preside, per quella che sarebbe la terza volta in un mese (Ehi, pensa, potrebbe essere la prossima sfida. Devo ricordarmela).

Un'ora e mezzo più tardi, di Remus non c'è più traccia. Nessuno conosce bene il castello come i Malandrini e Sirius, forse, lo conosce meglio di tutti loro messi assieme. Ha controllato in ogni singolo posto che gli sia venuto in mente, da quelli scontati a quelli assurdi (come la nicchia dietro la dispensa degli ingredienti nell'aula di Slughorn) ma Remus è come stato fagocitato dal castello, più intenzionato che mai a tenerlo fuori dalla sua portata. Impensierito, Sirius si lascia cadere sulla sommità di una scalinata, mordicchiando meditabondo una nocca del pugno chiuso. C'è qualcosa che gli sta sfuggendo, un posto che gli sta sfuggendo. Forse un posto in cui non ha libero accesso? Potrebbe essere. Si sente di escludere a priori le Sale Comuni delle altre Case, perché nessuno studente che non vi appartenga può varcarne la soglia, neppure Remus. Quanto al Reparto Proibito della Biblioteca ha già controllato e la ricerca è stata infruttuosa come in altro luogo. La sala dei professori? Impossibile anche quello; ci è passato davanti e la porta era spalancata. Ha intravisto solo il profilo rigido della McGonagall che parlava con la professoressa Vector ed è comunque positivamente certo che Remus non si stava nascondendo nel loro armadio o sotto il tavolo (la loro Capocasa, come minimo, non l'avrebbe permesso e poi, riflette, non fa parte del personaggio: Remus è troppo ligio alle regole per violarle così clamorosamente).

Cos'altro resta? Lo sguardo corre alla finestra, la pioggia che ruscella contro il vetro. Il temporale è troppo forte perché Remus abbia abbandonato il calore confortante del castello. E allora?

«Black, che cosa stai facendo?»

Amanda Jordan, Caposcuola di Grifondoro, lo fissa con piglio severo e scocciato, interrompendo il filo dei suoi ragionamenti. Non che sia una gran perdita: non ha fatto molti passi in avanti.

«Sto cercando Lupin, l'hai visto?»

«Mettiti in fila; ci sono almeno altre tre persone che lo stanno cercando».

Sirius drizza la schiena. Interessante.

«Ah, sì? E chi?»

«Io, per esempio» sbotta, gettando un lembo di mantello dietro la spalla. «La riunione dei Prefetti e dei Caposcuola è finita mezz'ora fa e del tuo amico nemmeno l'ombra, il che ha impallato i turni di ronda e, tra parentesi, i Prefetti di Corvonero del sesto anno sono furiosi, quindi se trovi Lupin mandalo immediatamente da me, hai capito?» ordina seccamente e lo supera con un movimento brusco, incamminandosi lungo le scale. La treccia scura ciondola ad ogni passo, severa e rigida come la sua proprietaria, ma Sirius sta già pensando ad altro. Remus è troppo zelante per mancare ad una riunione dei pezzi grossi, come li chiama Peter; il che vuol dire che si è rifugiato in un posto dove solo i Prefetti e i Caposcuola potevano facilmente trovarlo – o almeno, così deve aver pensato, dal momento che, a conti fatti, nessuno è riuscito a stanarlo.

Lentamente, come un'alba, un sorriso vittorioso si allarga sul suo viso, così disteso da sembrare la smorfia di uno squilibrato. Poco importa, comunque: adesso Sirius sa dove cercare, perché c'è un solo posto dove solo i Prefetti possono entrare e gli altri studenti no.

 

____

 

Seduto sul bordo della vasca – che forse sarebbe meglio chiamare piccola piscina – Remus fissa angustiato la lancetta dei secondi che completa un nuovo minuto: con quello, la riunione dei Prefetti è ufficialmente finita e nessuno ha pensato di andare a cercarlo (ma chi vuole prendere in giro? Andare a prenderlo e scortarlo fino all'aula designata, sarebbe meglio dire) nel bagno dei Prefetti. Neppure Lily, la quale doveva avere almeno un sentore di quale sarebbe stato il suo nascondiglio. Forse qualcosa le ha impedito di raggiungerlo. Forse questo qualcosa si chiama James, o Sirius; molto probabile.

La prima cosa che dovrà fare, una volta abbandonato il rifugio, è cercare Amanda Jordan e scusarsi con lei; sa perfettamente che quella era la prima riunione del nuovo trimestre e che si sarebbe focalizzata tutta sui turni di ronda da lì ai prossimi tre mesi. E sa altrettanto perfettamente che gli altri avevano bisogno del suo orario e dei suoi impegni per organizzare le ronde nella maniera più funzionale e ottimale possibile, senza intralci o contrattempi.

Dannati siano James e Sirius per quella loro imbecillissima mania che ogni anno bussa alle loro menti traviate per rovinargli le giornate.

Non manca troppo all'ora di cena e sa che il professor Flitwick, per raggiungere la Sala Grande, dovrà necessariamente passare davanti alla porta del bagno. Si apposterà dietro il battente finché non ascolterà il suono dei suoi passi brevi e veloci e, con una scusa qualsiasi, lo accompagnerà fino alla Sala. Sirius non oserà attaccarlo davanti ad un professore, neppure lui è così imbecille.

Un sospiro amaro gli svuota i polmoni, risuonando amplificato e quasi lugubre. Deve solo avere un po' di pazienza: queste buffonate non durano più di una settimana e, secondo i suoi calcoli, ormai mancano solo un paio di giorni. Dopo, se avrà fortuna, dovrà solo badare che James e Sirius non finiscano ancora in punizione – un compito di gran lunga più semplice e piacevole del fuggire come un topo e nascondersi nei posti in cui non possono trovarlo.

Come sempre quando è nervoso, due dita corrono al ponte del naso pizzicandone la sommità, come se in quel modo Remus Lupin possa acchiappare tutto il malumore e gettarlo nello scarico di un water. Forse sarebbe più semplice arrendersi, farsi trovare e subire qualsiasi cosa Sirius voglia fargli. E se sarà davvero spiacevole, potrà sempre negare o minacciarlo di sottrargli tanti punti quanti sono i suoi anni, ma moltiplicati per cinque. Sorride mestamente: sa benissimo che non sarebbe capace di una bassezza simile. La spilla che porta appuntata alla veste lo investe di un potere di cui non solo non si sente ancora del tutto meritevole, ma che non userebbe mai per ragioni e vendette personali.

È così impegnato a rimuginare sulla propria onestà e sul fatto che forse sarebbe stato meglio tra i Tassorosso che non sente per tempo la serratura della porta scattare e il battente scivolare silenziosamente sui cardini. Se ne rende conto solo quando la porta sbatte forte e lui sussulta, rischiando di capitolare nella piccola piscina. Si volta così in fretta che sente male al collo e che, tuttavia, dimentica prontamente quando il sorriso speranzoso si trasforma in una smorfia di panico e allarme.

Sirius è baldanzosamente poggiato contro il battente, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni e una scarpa premuta contro la porta. Ha l'aria di un gatto che ha messo all'angolo il topo più squisito. Non sembra avere particolare fretta: adesso che lo ha in pugno e che sorveglia l'unica uscita possibile, non ha più nulla di cui preoccuparsi.

Remus si rimette lentamente in piedi e lo scruta guardingo, di sottinsù, le palpebre strette in un'espressione di avvertimento. La bacchetta, al sicuro nella tasca interna del mantello, non gli è mai sembrata così pesante, così presente.

«Tu sì che sai come farti desiderare, vecchio lupo» lo schernisce, puntandogli un dito contro che scuote con indulgenza, come se fosse alla presenza di un bambino che ha combinato un pasticcio ed è stato finalmente scovato.

«E tu sì che sai come far perdere tonnellate di punti alla tua Casa. Guarda dove sei, Sirius» lo invita, lo voce dolce e, allo stesso tempo, trionfante. Ha promesso di non servirsi della propria spilla per arginare questioni personali; ciononostante, non ha mai promesso di non servirsene se, miracolosamente, le questioni personali si fossero sposate con quelle accademiche. E, in qualsiasi maniera la si voglia vedere, Sirius ha violato uno spazio interdetto a chiunque non sia un Prefetto o un Caposcuola, sottraendo la parola d'ordine a chissà chi (e Remus sospetta fortemente di Amberly Fenwick, Prefetto di Corvonero che ha una cotta per Sirius da tempi storici). Si sente un po' meschino, ma non è sicuro di voler subire passivamente qualsiasi bizzarria Sirius abbia in mente. Assurdo come fino a pochi minuti fa era convinto del contrario; è davvero degno del nome che porta – Moony – e non ne è contento neppure un po'.

«Vuoi punirmi, Remus?»

«Solo se farai qualcosa di molto stupido».

Gli occhi di Sirius brillano minacciosamente e per un attimo il tempo è come guasto: ogni lancetta smette di muoversi, il meccanismo si inceppa e una strana bolla calda si gonfia nella pancia di Remus. In quel lasso di tempo bloccato il contatto visivo non viene mai a mancare e Remus ha la sensazione che siano passati secoli da quando ha iniziato a guardarlo, riflettendo estemporaneamente come il buio non renda giustizia al grigio chiaro delle iridi. Poi, di punto in bianco, come se una voce gliel'avesse gridato nell'orecchio, si lancia verso il fondo del bagno e tutto va in pezzi: le lancette girano veloci per recuperare il tempo perduto e le scarpe di Sirius slittano e squittiscono mentre si scaglia su di lui. Girano intorno ai rubinetti, quindi intorno alla vasta. Il bordo è viscido e più volte rischiano entrambi di cadere, ma Remus non si ferma e quando mancano poco meno di cinque metri alla porta un'idea lo colpisce e sa che può funzionare: si ferma bruscamente e inverte la marcia, cogliendo Sirius alla sprovvista, che sdrucciola sul pavimento, combattendo contro l'assenza di attrito e la gravità che vorrebbero trascinarlo giù. Quell'attimo è fondamentale per Remus, che torna sui suoi passi e schizza verso la porta. Le dita hanno appena sfiorato il pomello quando Sirius grida "Incarceramus!" e decine di corde lo stringono in un amen. Cerca di recuperare la bacchetta per difendersi, ma un nugolo di corde si materializza dal nulla e gli artiglia i polsi, le braccia e le gambe, legandogli le mani dietro alla schiena. La gravità fa il resto.

Un minuto dopo Remus giace supino sul pavimento, legato come un insaccato e sulla faccia l'espressione più triste, frustrata e amareggiata che si sia mai vista su un volto umano.

«Settemila punti in meno a Grifondoro» borbotta scontrosamente e mestamente mentre Sirius si piega su un ginocchio, ridendo di lui.

 

____

 

Deve ammetterlo: c'è stato un momento in cui ha creduto di aver perso.

Quella finta di Remus lo ha davvero colto di sorpresa e mentre faticava e improvvisava un mezzo balletto isterico per restare in piedi e non cadere, ha pensato che quello era il momento perfetto per tirare fuori la bacchetta e fargli un sortilegio. Pietrificarlo, magari, o immobilizzarlo.

Perciò, adesso che Remus è indifeso ai suoi piedi, non può che dirsi doppiamente contento: l'onestà del suo amico non lo ha ripagato, stavolta, e neppure il fatto che Remus preferisca sempre metodi piuttosto babbani (il dialogo o la fuga) per trarsi di impaccio.

«Settemila punti in meno a Grifondoro» lo sente borbottare e Sirius scoppia in una risata allegra, accomodandosi meglio sul pavimento. La mano giocherella con la spilla da Prefetto, distrattamente, spesso sfiorandogli la pelle esposta del collo.

«Non puoi sottrarre più della metà dei punti di una Casa – dovresti saperlo, signor Prefettino – figuriamoci sottrarre punti che Grifondoro non ha neppure» dice, facendo sfoggio di una conoscenza del regolamento scolastico che lascia Remus piacevolmente interdetto e, per un attimo, dimentico di essere completamente alla sua mercé.

«E tu come fai a saperlo?»

«Doverose precauzioni, Moony. I bravi ragazzi come te non possono capire di cosa sto parlando, ovviamente».

«Ovviamente» sottolinea Remus, ruotando gli occhi al cielo prima di sospirare e voltare la testa per guardarlo dritto in faccia.

«Forza», lo invoglia con aria funerea, «facciamola finita».

Allora Sirius ricorda la sfida e si crogiola nella consapevolezza di aver vinto, di aver trionfato laddove James avrebbe indubbiamente fallito. Eppure, nel momento in cui ricorda cosa hanno scommesso sente un fremito fastidioso alla pancia. Remus è proprio lì, steso ai suoi piedi, gli occhi chiusi e il viso stoicamente sofferente come quello di un martire, ma Sirius non riesce proprio a decidersi: improvvisamente, gli sembra una stupidaggine. Gli sembra sbagliato.

Gli sembra troppo intimo.

«Allora?» lo esorta Remus, che non vuole o non ha il coraggio di riaprire gli occhi, ma è chiaramente snervato dall'attesa – Sirius lo capisce dall'angolo della bocca che ha un guizzo nervoso e che fa il paio con una contrazione involontaria delle dita.

Sente nelle orecchie la voce di James che lo schernisce, che lo accusa di non aver avuto il coraggio di fare qualcosa di tanto innocente e rapido come dare un bacio a Remus. E, come se fosse stato un segnale convenuto, si sistema meglio sulle ginocchia, preme le mani ai lati del suo viso per tenerlo fermo e cerca di non pensare al fatto che sia il suo migliore amico o che sia, più in generale, un ragazzo, mentre si china fino a premere la bocca contro quella di Remus, che ha un sussulto violento, come se l'avesse schiaffeggiato a sorpresa.

 

____

 

Si era aspettato qualcosa di molto disgustoso o di molto doloroso o di molto imbarazzante, ma quando ha sentito nient'altro che la forma sconosciuta della bocca di Sirius, così clamorosamente vicina alla sua, ha pensato immediatamente di essere stato molto, molto fortunato. Ha perfino ringraziato James per l'assurdità delle sue sfide. Poi, quando si è accorto cosa stava pensando e per cosa stava ringraziando, ha schiuso la bocca per protestare, tirarsi indietro, ma ha solo trasportato quel bacio su un livello differente.

Sta ancora cercando di capire quale, ma non è facile con Sirius che, superata la prima ritrosia, muove le labbra sulle sue e osa perfino tracciarne i bordi con la punta della lingua, facendogli assumere una forte tonalità di rosso mattone in procinto di virare verso il violetto.

E non c'entra tanto il fatto che le labbra di Sirius siano letteralmente incastrate con le sue, o le sue dita che cercano la sua pelle oltre il bordo del colletto, quanto il fatto che Remus ha già vissuto tutto questo. Lo ha vissuto mentre era confinato nel mondo onirico, certo, ma questo non vuol dire che non sia stato altrettanto importante, altrettanto sconvolgente.

Non vuol dire che non sia successo qualcosa nei suoi pantaloni, al risveglio, come sta succedendo adesso, realizza con orrore crescente.

E soprattutto, non vuol dire che sia più vicino di allora a scoprire perché una parte del suo cervello e una del suo corpo sembrano trovare Sirius estremamente interessante. Non ha mai pensato a lui in quei termini, non l'ha mai fatto, ma non gli sembra una cattiva idea iniziare a pensarci adesso. Così come non gli sembra una cattiva idea evitare di negare che Sirius ha sempre significato qualcosa in più, c'è sempre stato un plus, nel loro rapporto, a cui non ha mai voluto dare un nome.

È contento del fatto che sia legato come il peggior delinquente: gli impedisce di sollevare le braccia e lo fa resistere alla voglia bruciante di toccare la faccia di Sirius – se per tenerlo più vicino o sbattergli la testa contro il primo muro utile, bene, non saprebbe dirlo. Ma questo non impedisce a Sirius di farlo; sente le sue dita lunghe e pallide come zampe di ragno toccarlo con circospetta curiosità, come se non avesse idea di come è fatto un corpo maschile e avesse bisogno di scoprirlo. Ma è solo quando sfiora la pelle nuda della pancia di Remus che torna quietamente in sé, chiudendo il bacio con uno schiocco debole e alzandosi quel tanto che basta a fissarlo con un'espressione nient'affatto imbarazzata, ma profondamente riflessiva.

Remus realizza solo in quel momento che lo ha guardato mentre lo baciava.

Oh, signore Gesù.

«Be', caspita, questa sì che è una scoperta» dice, col tono di uno che è stato impegnato a conversare sulle modificazioni planetari spazio–temporali fino a quel momento, del tutto assorto nel proprio ragionamento. E poi, proprio quando Remus sta riprendendo coscienza di sé, cercando di attenuare la prepotente sfumatura di rosso che ha assunto ogni lembo di pelle visibile, punta gli occhi su di lui e aggrotta la fronte.

Cosa si aspetta? Un voto per quello che è appena successo? Dovrebbe togliergli dei punti. Ha violato una zona riservata e ha... molestato il Prefetto. Dovrebbe togliergli molti punti.

«Che cosa è una scoperta?» Ora, Remus sa che quando Sirius inizia a parlare con quel tono basso e meditabondo è meglio squagliarsela o non dargli corda, ma stavolta la situazione lo riguarda troppo da vicino per potersene tirare fuori e forse più tardi pagherà lo scotto di tanta curiosità, ma al momento, se proprio deve essere onesto, non è che gliene importi granché.

Sirius si rimette a sedere; incrocia le gambe e lo fissa di sottecchi, il sorriso di chi ha appena avuto un enorme colpo di fortuna.

«Questo» e muove l'indice per collegare se stesso a Remus, che chiude gli occhi e si pente immediatamente di aver domandato. Certe cose non andrebbero discusse. Certe cose andrebbero accantonate e basta, ignorarle per il resto della vita e portarle con sé nella tomba, giusto per sicurezza.

«Pensi che potremo rifarlo, qualche volta?»

Ha voglia di sbattergli la faccia contro il pavimento e non ne è sconvolto: quando uno impara ad avere a che fare con Sirius, impara anche a liberarsi di certi scrupoli.

«Io penso che tu adesso debba slegarmi. È ora di cena». E, come a confermare le sue parole, lo scalpiccio di centinaia di passi supera la barriera della porta chiusa, segno che gli studenti si stanno recando in Sala Grande, come qualunque studente dovrebbe fare, anziché starsene sdraiato sul pavimento freddo di un bagno a subire i baci del suo migliore amico e non provare la minima punta di rimorso. Forse, addirittura, solo del rimpianto per essere già finito, e poco importa che fino a dieci minuti fa non stesse pensando a Sirius in quei termini, restio a farsi baciare.

Se tutto questo abbia un senso, Remus Lupin davvero non lo sa.

 

____

 

Aveva incentivato imbarazzo, magari disagio, ma quello l'avrebbe gestito facilmente: una risata scanzonata avrebbe rimesso tutto al proprio posto. Aveva incentivato anche una possibile protesta di Remus e avrebbe risolto anche quella con un ringraziamento sentito per avergli fatto vincere quella che, ha deciso, è l'ultima sfida dell'anno – il record di visite al Preside dovrà essere rimandato all'anno prossimo.

Certamente non aveva previsto la bolla di piacere che gli era scoppiata nella pancia, o la necessità di sentire Remus sotto le dita, o il desiderio di baciarlo ancora l'attimo dopo essersi separato da lui.

«Be', caspita, questa sì che è una scoperta» si lascia sfuggire. Remus lo guarda come se fosse uno squilibrato che sente voci nella testa e risponde di conseguenza.

«Che cosa è una scoperta?» La sua voce trema appena e Sirius non ritiene opportuno preoccuparsene: ci sono modi e modi in cui la sua voce può tremare. Questo non è uno di quelli che gli farebbe tenere la coda tra le gambe e le orecchie tirate indietro in segno di prostrazione. Questo è uno di quelli che gli fa venire voglia di baciarlo ancora. Assurdo, bizzarro, ma vero.

«Questo» e indica entrambi, a turno, portando una nuova sfumatura di violetto sul viso di Remus. Se qualcuno lo vedesse ora, penserebbe che è sul punto di morire soffocato. O che abbia urlato a perdifiato fino a quel momento. È facile come respirare prendersi gioco di Remus; ricorda che, al quarto anno, lui e James si erano sfidati sul numero di volte che sarebbero riusciti a farlo arrossire. Vinse James, ma solo perché giocò sporco, ricorda con un improvviso rigurgito di frustrazione.

«Pensi che potremmo rifarlo, qualche volta?» continua a stuzzicarlo. Remus ha l'aria di uno che sta morendo dalla voglia di sbattergli la faccia contro il pavimento ed è davvero contento che sia ancora legato: nessuno lo direbbe, ma c'è tanta forza nelle braccia di Remus – anche troppa; non ha ancora dimenticato quella volta in cui lo prese letteralmente in braccio per portarlo via da un gruppo di Serpeverde attaccabrighe.

«Io penso che tu adesso debba slegarmi. È ora di cena».

Ed è vero: le voci degli studenti che si approssimano alla Sala Grande arrivano chiare e forti.

«Ora che me l'hai fatto notare...» e si sfrega la pancia in un gesto eloquente, anche se non è del tutto sicuro che il vuoto che la riempie sia dovuto alla mancanza di cibo. Con un distratto colpo di bacchetta taglia le funi che tengono legato Remus, il quale incespica immediatamente per rimettersi in piedi, con talmente tante difficoltà che Sirius si alza e lo aiuta, invitandolo ad appoggiarsi a lui mentre lo libera da certi nodi che ancora resistono. Coglie tutta la bizzarria della situazione nello specchio alla loro destra. Ci sono due giovani ragazzi apparentemente avvinti in un abbraccio, mentre il più alto dei due cerca di sbrogliare una fune che avviluppa l'altro come un festone su un albero di Natale, le mani che si muovono sulla sua schiena.

Non fa in tempo a pensare che impressione darebbero se qualcuno entrasse in quel momento che la porta si apre e Lily Evans e James Potter fanno irruzione nel bagno, seguiti a ruota dalla McGonagall, che è impegnata a rimproverare James per l'accesso ad un area riservata.

 

____

 

Remus sta cercando di ricordare quand'è che James e Sirius hanno ricevuto una punizione tanto grave, ma forse, pensa, non esistono precedenti. Ciò che gli dispiace (ma non troppo, a dire il vero) è che entrambi avrebbero potuto trarsi d'impaccio se solo un Serpeverde del settimo anno si fosse fatto gli affari suoi, evitando di alludere ad un'orgia nel bagno dei Prefetti, tra Purosangue e ibridi. A quel punto Sirius e James si erano già scaraventati contro il malcapitato studente e coloro che erano stati insultati – Remus e Lily – si erano limitati a farsi da parte immediatamente quando la McGonagall aveva preso in mano le redini della situazione, condannando entrambi a cinquanta punti in meno ciascuno e una settimana di punizione (oltre ad un tema aggiuntivo sui rischi della Trasfigurazione Umana).

Quanto a Remus, lui se l'è cavata con una lavata di capo e un'occhiata vagamente comprensiva, perché neppure alla docente è mai sfuggito il fatto che lui non ha altra scelta se non soccombere ai veri leader del gruppo.

«Maledetto imbecille» sbotta James, le braccia sporche di terra e fango fino ai gomiti, retaggio di una giornata (la prima di molte) spesa a travasare le piante delle serre di Hogwarts, rigorosamente senza alcuna magia.

«Maledetto imbecille Serpeverde» rincara Sirius, che invece è totalmente ricoperto di fango – lo stesso che sta ripetutamente schizzando sul copriletto di Remus, il quale lo sta ripetutamente facendo Evanescere, restituendolo al mittente e innescando un circolo vizioso.

«Pensa a una fattura che nemmeno Madama Pomfrey potrà curare, Prongs, o lo scaravento giù dalla torre di Astronomia» e tira il cavallo dei pantaloni, come se contenesse qualcosa di viscido e disgustoso – altro fango, probabilmente.

«Troverò qualcosa. Magari una Trasfigurazione, che ne dici? Possiamo Trasfigurarlo in un viscido verme e chiuderlo in un barattolo».

«O lasciarlo vagare nell'orto di Hagrid, nella speranza che qualcuna delle sue creature raccapriccianti lo calpesti senza pietà».

Remus decide che è ora di intervenire prima che i loro propositi vendicativi li sbattano oltre i cancelli di Hogwarts, e decisamente dalla parte sbagliata.

«Guardate che quello offeso dovrei essere io, e non lo sono. Non è la prima volta che succede e non sarà l'ultima. Per non parlare di quando scopriranno quello che sono».

L'accenno alla propria maledizione quieta immediatamente gli animi e le espressioni di rabbia sui visi sporchi di entrambi si attenuano, digradando in qualcosa di più profondo e meno bollente della rabbia cieca.

«Se volete davvero fare qualcosa per me, allora non fate niente. Anzi, no» rettifica immediatamente, muovendosi lateralmente come un granchio e allungando il braccio per aprire la porta del bagno. «Fatevi una doccia e saremo in pace».

Peter e James ridono e spezzano l'atmosfera tesa, ma gli occhi di Sirius non lo abbandonano mai un momento. Lo sa perché non riesce a buttarsi alle spalle quello che è successo e, in cuor suo, non è sicuro di poterlo del tutto biasimare. Ha vissuto per troppi anni a Grimmauld Place per non diventare ipersensibile agli insulti contro i Nati Babbani o i Mezzosangue, specialmente se sono rivolti a lui, a Remus. Così regge lo sguardo e scuote appena la testa.

Lascia stare, vuole dirgli. Non ci pensare più.

Ma vorrebbe anche dirgli grazie, perché la sola indignazione furiosa di Sirius vale più di qualsiasi altra vendetta. È la sua personale forma di giustizia.

«E sia, vecchio lupo» acconsente James, battendogli una pacca sulla schiena prima di prendere un cambio d'abiti puliti e chiudersi in bagno. Peter si rigira prono e incrocia le gambe, ignorando totalmente Remus e Sirius che ancora continuano a fissarsi.

Quello che succede dopo è così azzardato e rapido che Remus non ha il tempo di impedirlo.

Perché l'occhiata sbilenca di Sirius alla schiena di Peter è troppo rapida e perché le sue labbra, ancora una volta, lo colgono troppo di sorpresa.

 

____

 

Non riesce a capire perché stavolta gli abbia dato così tanto fastidio.

Non era la prima volta che succedeva – i Serpeverde prendono di mira Remus sin da quando era al primo anno – e sicuramente non era la prima volta che lo irritava al punto da voler fare qualcosa di molto stupido come Schiantare il responsabile o appenderlo a testa in giù dalla Torre di Astronomia e lasciarlo lì fino a vedere la sua faccia farsi livida.

Sicuramente, però, era la prima volta che una maledizione, una di quelle senza perdono, gli saliva spontaneamente alle labbra, traducendosi quindi – e per fortuna – in un pugno ben calibrato contro lo zigomo, che ha sentito incrinarsi sotto le nocche.

C'entra qualcosa il ricordo ancora fresco della bocca di Remus, o il modo in cui, anche se solo per un secondo, ha ceduto, sfiorandogli la lingua con la propria.

O magari c'entra il modo in cui lo sta guardando. Che gli fa immediatamente dimenticare la rabbia e lo spinge ad adocchiare la schiena di Peter prima di ghermirlo per la manica della camicia e baciarlo un'altra volta, perché è stato tutto frutto di una sfida stupida, ma gli è piaciuto più del previsto. E quando ha chiesto se qualche volta avrebbero potuto rifarlo, bene, scopre adesso che non scherzava, che non l'ha detto esclusivamente per punzecchiarlo.

Una parte di lui – quale e quanto grande non ne ha proprio idea – non può fare a meno di apprezzarlo. Di desiderarlo. Ha sempre saputo che c'era dell'altro a legarlo a Remus, ma non ha mai avuto voglia o coraggio di dargli un nome.

Adesso sa che c'entra moltissimo con questa nuova forma di contatto nata per gioco, per passare del tempo e ottenere dei punti immaginari, e a cui adesso potrebbe assuefarsi.

Quando fa un passo indietro, si prende un attimo di tempo per controllare che Peter e James siano ancora impegnati con le loro cose prima di scoccargli un sorriso malandrino e carico di soddisfazione.

«Sì», si sente dire, «penso proprio di sì» e magari è stupido rispondere alla propria domanda, e lo è ancor di più farlo a distanza di un giorno, ma Remus sorride come mai ha sorriso prima di adesso e Sirius pensa che, stupido o no, non è mai stato tanto contento di aver dato una risposta.

Perché è quella giusta.

 

____

 

Ci sono quattro passi e mezzo tra il suo letto e quello di Sirius.

Non è una distanza particolarmente lunga o particolarmente impervia, ma è senza ombra di dubbio quella che, ogni volta, gli fa mancare parecchi battiti del cuore, perché tutto potrebbe andare storto, tradendo il loro segreto. Gli stessi battiti che recupera – e abbondantemente – quando Sirius scosta le coperte solo per il tempo necessario che gli serve a stendersi accanto a lui, lasciandole quindi ricadere sulle loro teste, come una tana impenetrabile e sorvegliata dalle tende rosse rigorosamente serrate.

Sanno perfettamente quello che stanno facendo e quello che stanno rischiando, sebbene si fingano ciechi e sordi, così come sanno perfettamente che presto o tardi James e Peter lo scopriranno, o lo capiranno, e avranno tutta la ragione del mondo per avercela con loro, per essere stati tenuti all'oscuro.

«Smettila, Remus» sussurra Sirius contro la sua spalla, le mani perdute da qualche parte sotto il suo pigiama. Non riesce a concentrarsi sui suoi sensi di colpa, ma neppure su quello che Sirius gli sta facendo, con l'unico, snervante risultato di sentirsi segato in due perfette metà che, in qualche modo, si tengono ancora in contatto, pur appartenendo ad emisferi completamente diversi.

«Di fare cosa?»

«Di pensare» replica, da qualche punto sopra di lui, ma molto vicino. Il calore che emana da lui, intrecciato al buio e ai respiri pesanti di James e Peter, è qualcosa che somiglia molto alla pace, in perfetta, deliziosa antitesi con la pioggia che picchia contro i vetri delle finestre.

«Qualcuno dovrà pur farlo».

«Non adesso, per tutte le cavallette. Ci penseremo insieme, quando verrà il momento».

«Però è singolare» sorride Remus che, dopo due mesi pieni di passi da un letto all'altro, non ha più remore nell'allungare il collo e baciare Sirius alla cieca, intercettando il suo pomo d'Adamo.

«Cosa?»

«Che la vostra stupida sfida in realtà sia stata geniale».

«A volte il genio è nascosto proprio tra le pieghe dell'ottusità» replica Sirius molto filosoficamente, spingendo la testa contro la sua spalla. È così che, hanno imparato, funziona tra loro: certe volte potrebbero baciarsi fino alle prime luci dell'alba e altre volte, invece, si limitano a dormire stretti l'uno all'altro, come cuccioli.

E, da quel punto di vista, potrebbero anche definirsi così: cuccioli. Cuccioli che stanno crescendo, cuccioli che scoprono e imparano la propria natura solo interagendo fisicamente, toccandosi, mordendosi e leccandosi. Cuccioli che presto non avranno più spazio per custodire un segreto così grande e dovranno per forza lasciarlo andare.

«A che pensi?» domanda la voce sonnacchiosa di Sirius, bloccato a metà tra il mondo reale e quello dei sogni.

«Ai cuccioli».

«Quali cuccioli?»

«Te lo spiego un'altra volta» mormora, ma è del tutto inutile; Sirius è già molto lontano.

 

____

(«Te l'avevo detto che era vincente, no? Pare che qualcuno quest'anno abbia vinto e, ops!, non sei tu!»

«Oh, sta' zitto, Sirius».)

 

____

 

«Uno – due – tre.
Soffio.»

...

(Che suona come un respiro)

   
 
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