Serie TV > Merlin
Ricorda la storia  |       
Autore: Relie Diadamat    27/08/2015    6 recensioni
La storia parte dalla confessione di Mordred a Morgana, riguardo la vera identità di Emrys. La Sacerdotessa s'infiltra dunque a Camelot, sotto mentite spoglie, smascherando Merlin dinanzi al suo re. Arthur decide di risparmiare il suo servo, ma lo condanna all'esilio. Emrys viene poi catturato da Morgana, la quale desidera una sola cosa: portarlo dalla propria parte.
Dal testo:
«Io e te potremmo avere tutto. Un futuro, Camelot, il diritto di essere ciò che siamo. Insieme, potremmo essere invincibili, conducendo Arthur Pendragon verso la sua fine.» Il fiato di Morgana s’adagiava su ogni centimetro del volto del ragazzo, quasi come una carezza ammaliante. «Avremmo la nostra vendetta, tutto ciò che abbiamo sempre desiderato».
«Credo nella speranza, ho fiducia nelle buone intenzioni. Credo nel regno che Arthur è destinato a costruire.» Merlin ebbe come l’impressione che la sua voce non fosse mai stata tanto ferma. «Non me ne faccio nulla della vostra vendetta. Il vostro tutto equivale al niente, per me».

[Questa storia partecipa al contest "The Once and Future contest, indetto da Elisaherm e Chloe R Pendragon sul forum di efp]
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merlino, Mordred, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Morgana
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Nda: Salve! 
Dolci premesse: il contest di Elisaherm e Chloe mi è stato utilissimo per partorire un qualcosa a cui ho sempre mirato: dark!Merlin. Comincio precisando che questa storia può essere chiamata in due modi:
a. Il Bacio del Peccato;
b. Cinquanta sfumature di Mergana.
A voi la scelta!
Dopo queste mie oscenità, volevo assicurarvi che la storia conta di ben tre capitoli, più l'epilogo. Che dire... spero di non aver scritto un qualcosa di orrendo. Detto questo, vi lascio al primissimo capitolo.
A voi, ovviamente, la parola finale.
Buona, spero, lettura!
 
Nome sul sito/forum: Relie Diadamat (sito); Rita221b (forum)
Titolo: Il Bacio del Peccato
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale

Pacchetti utilizzati: Courage -12) Obbligo: deve esserci la descrizione di un bacio o di un abbraccio/ Divieto: la storia non deve essere inferiore alle 2000 parole. 
Magic9) Citazione: “Ama, ama follemente, ama più che puoi, e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente” (William Shakespeare)/ Canzone: Iris, Goo Goo Dolls. 
Strenght: 7) Situazione: Un tradimento o una tentazione di varia natura porterà Merlin dal lato oscuro/ Coppia: dark!Merlin/Morgana(o Arthur, a tua discrezione). 


 
 


Il Bacio del Peccato
Ama, ama follemente, ama più che puoi, e se ti dicono che è peccato,
ama il tuo peccato e sarai innocente.
William Shakespeare
 
 

 
 
 
 
Correva.
Ansimava.
Tutt’intorno, udiva solo il rumore del proprio fiato mozzato dalla corsa.
Un lampo squarciò il cielo, proprio sopra il suo capo, aldilà del verde cupo e opaco della foresta. Lo ferì col suo bianco accecante per qualche frazione di secondo, poi arrivò l’urlo agghiacciante di un tuono.
Il cuore quasi gli bruciava nel petto, sembrava un tamburo impazzito.
Dal grigio ferroso delle nuvole cominciò a cadere pioggia; lacrime del cielo che si appiccicavano ai suoi vestiti sudati, ai suoi capelli neri e scomposti.
Aveva corso abbastanza, ma c’era motivo di fermarsi? E dove sarebbe potuto andare?
Gli stivali erano sporchi di fango così come i suoi pantaloni, appena sotto le ginocchia.
Inciampò senza neanche rendersene conto, ritrovandosi in un momento la faccia nel terreno umido e fangoso. Cercò di rialzarsi, aiutandosi con le braccia, ma le sue ossa sembrarono andare in frantumi. Era stanco, non riusciva più a stare in piedi ed ormai il sudore sulla propria fronte si confondeva con la pioggia.
Si lasciò ricadere di schiena, prima che un altro lampo tagliasse l’argento del cielo.
Chiuse gli occhi, godendosi il violento picchiettare della pioggia sul proprio corpo. In fondo, non si stava poi tanto male in quella piccola fetta di mondo… Lontano da Camelot, dall’impiccagione e da Arthur Pendragon.
No, non era così male... Non voleva tornare a casa proprio adesso. Rise di sé per quel pensiero: Come avrebbe potuto far ritorno nella sua dimora – se mai Camelot lo fosse stata?



 

 
 


I. I’d give up forever to touch you,
‘cause I know that you feel me somehow

 
 






Ricordare.
Nessuno ci ha insegnato come fare, nessuno ci ha mai detto come poterlo dimenticare.
In quel momento, rimembrare il suono del campanile che s’udiva nel cortile del castello o anche il roseo tramonto mirato aldilà d’una vetrata, faceva male. Era tremendamente doloroso quanto inspiegabilmente inevitabile.
Se alcune rimembranze potessero essere cancellate dalla mente dell’uomo, costui vivrebbe in modo più sereno, più spensierato. Più vuoto.
Arthur, gli occhi bui e amari, osservava i confini verdi ed infiniti del suo regno; la spalla poggiata al muro di pietra, la mente vuota ed il cuore provato. Non credeva di averlo fatto sul serio, non credeva di avergli detto addio.
La gola pungeva, un nodo nella trachea non gli consentiva una giusta respirazione. Erano quelli i momenti in cui il re di Camelot provava il sapore temuto della paura: sordo, potente ed incredibilmente devastante.
I ricordi. Quelli sì che ferivano più d’una lama: Come ci si difende da un ricordo?
Quel posto, la sua Camelot, non sarebbe stato più lo stesso senza di lui. Non era più lo stesso.
La rabbia era molta, ribolliva nella stoffa scarlatta della sua blusa, riecheggiava nella sua pelle. Eppure la sua collera era solo un riflesso involontario del vero veleno che gli attanagliava il corpo: delusione.
Era stato difficile – e lo era ancora – vivere nella consapevolezza di essere odiato da una sorella tanto amata, alla quale avrebbe offerto qualsiasi cosa se solo gliel’avesse chiesto. Era stato arduo continuare ad andare avanti con la certezza di poterla salvare, senza mai riuscirci.
Una coltellata nel fianco fu sapere che anche suo zio bramasse la sua morte.
Ma quel tradimento, quella meschina bugia, era stato pari ad un taglio netto sul cuore.
Perdere anche Merlin, fu decisamente devastante.
Sentì i passi lenti di sua moglie alle sue spalle e gli venne d’istinto voltarsi: come avrebbe mai potuto fidarsi di qualcun altro, dopo ciò che il servo gli aveva fatto?
«Pensavi a lui?»
Ginevra, bella e composta nel suo vestito turchese, lo guardava con sguardo apprensivo: sapeva quanto suo marito fosse ferito, sapeva quanto stesse soffrendo. «E’ stata la cosa più giusta da fare».
Immobile, una statua di marmo. Arthur non accennava a scollarsi dalla sua posizione.
«Cos’altro avresti potuto fare?»
Gli occhi freddi, bui più della notte, scrutarono quelle chiome verdi all’orizzonte, verso la foresta. Il sole era già morto dietro la vallata, il cielo cominciava ad oscurarsi con le sue nuvole cariche di pioggia. «Rispettare la legge.»
Fu una frase apatica, lanciata nel silenzio del castello. Fosse stato possibile colorarla, sarebbe stata grigia come un cielo in tempesta: «Rispettare la legge».
La regina sentì qualcosa, nel suo petto, spezzarsi. Ebbe come la sensazione, terribilmente reale, che la fine di un’era fosse appena iniziata: Merlin senza Arthur, Arthur senza fiducia. Camelot senza il suo re.
Un tuono riecheggiò nelle mura di pietra, rischiarate dalle torce ardenti, portandosi con sé un carico di prospettive avveniristiche macabre e sinistre. A Camelot, ci sarebbero stati tempi duri, d’ora in poi.
 
 
 
 
 












«Merlin… Sei sveglio?»
Una voce… delicata e velenosa, rosa e nera.
«Oh, suvvia, non essere timido».
Pungente e ammaliante, soffice e spinosa.
Era reale? Si chiese il corvino.
Dapprima arrivò alle sue orecchie a sventola, sporche di fango, come un sussurro ovattato… Dolce, lontano, come ogni sogno dovrebbe essere – come lo era ogni cosa vicina al Paradiso.
«Emrys…» Il suono iniziò a farsi più deciso, meno vellutato e sempre più ombroso. «Svegliati, adesso».
Merlin aprì lentamente gli occhi chiari, spaesati, vedendo ombre opache. Rivide una zazzera bionda, un paio di occhi blu fieri e composti, poi un mantello rosso fuoco.
Arthur… Articolò nella sua mente, sentendo uno strano calore farsi spazio sul suo corpo intorpidito e tremante; una dolce sensazione che sapeva di buono, di casa.
«Buon giorno».
Quel sorriso… così freddo, così sinistro, non apparteneva al suo re. I capelli secchi e scomposti, neri come l’inchiostro, non incorniciavano un viso nobile e cocciuto ma un volto pallido e temuto. La fossetta ch’era nata sulla guancia sinistra della donna, a causa del ghigno silenzioso, era la firma della sua condanna: Morgana.
D’istinto, Merlin cercò di alzarsi ma qualcosa lo tenne ancorato al suolo, nella sua posizione supina. Si guardò allarmato i polsi, accorgendosi solo in quel momento delle catene.
La strega si era fatta vicina, troppo vicina, insopportabilmente vicina. Le sue labbra incurvate nel solito sogghigno agghiacciante: «Dormito bene?»
Fu in quel momento, dopo l’ennesimo tentativo di liberarsi dalla morsa delle catene, che si accorse di essere in piedi, le braccia costrette verso l’alto e la schiena contro un muro freddo e cinereo.
 «Oh…», mugugnò lei con finta tenerezza, «Non fare così.» Sporse il viso verso quello scolorito e impaurito dello stregone, simulando con tenebrosa apprensione: «Potresti farti male».
L’accenno di una risata, cupa e meschina, si levò alle spalle della Sacerdotessa. Merlin non poté che riconoscerla, quella voce; gli occhi di ghiaccio pronti ad incendiarlo, le labbra sottili e minacciose: Mordred.
Allo stregone venne d’istinto digrignare forte i denti, sentendo una stretta rabbiosa nello stomaco: «Tu…»
Merlin si sentì soffocare da una mano invisibile, cercando di portare istintivamente le mani alla gola, senza tuttavia riuscirci a causa delle catene. Morgana, gli occhi dorati come monete appena coniate, lo guardava torva, sibilando con fermezza: «Nessuno ti ha dato il permesso di aprire bocca», fece una pausa, per poi aggiungere con disprezzo: «Emrys
Emrys. Lo aveva chiamato Emrys.
Il pugno quasi serrato della corvina si distese violentemente, mentre i suoi occhi tornarono dal lucente dorato ad un verde smeraldo.
Merlin la guardò sprezzante, cercando di incanalare quanta più aria gli fosse possibile. Mordred se ne stava a fissare la scena a braccia conserte, un volto enigmatico. «Non temo la morte», disse il mago tra i denti, «né le vostre sciocche minacce.»
Morgana parve vederlo sorridere a quell’ultima affermazione, così ne approfittò per distendere le sue labbra screpolate in un’espressione mellifluamente affabile. «Che esagerazione!», lo schernì.
Lo stregone ne aveva abbastanza: doveva andarsene da lì, liberarsi e fuggire via… o quanto meno fare qualcosa, dal momento che la Sacerdotessa sapeva dei suoi poteri. Si concentrò sulla figura della donna, avvolta nelle sue vesti nere, sentendo gli occhi fremergli febbrilmente. Recitò un incantesimo nella mente, con gli occhi improvvisamente ambrati, scagliandolo contro la strega ma… Non successe nulla.
La gonna nera, lunga fino al pavimento sporco e polveroso di quel posto, dondolò insieme a Morgana per qualche secondo, costringendola a ridere ancora.
Smeraldi ingannevoli, ecco cos’erano i suoi occhi. Nausea, tremore, ansia: questo, l’effetto che avevano su di lui in quel momento. Perché la magia non aveva svolto il suo compito?
Merlin ci riprovò ancora una seconda ed una terza volta, il risultato avuto fu il medesimo. Spalancò gli occhi incredulo, improvvisamente in balia del panico: Cosa gli aveva fatto?!
«Noi non siamo come te, Emrys.» La strega l’osservava imperiosa, col suo seno semiscoperto. «Non combattiamo i nostri simili. Non siamo falsi traditori.»
Lo stridio del ferro, intorno ai propri polsi, gli fece comprendere la causa dell’inefficacia dei propri poteri; ingoiò della saliva, tendendo fisse le sue iridi glauche in quelle piene d’odio della donna. «Questo mi sorprende, Morgana», sorrise sfacciato. «Pensavo foste voi il ritratto della slealtà e dell’inganno».
Il volto di Mordred si crucciò bruscamente; estrasse con un gesto secco la spada dal fodero, avvicinandosi in uno scatto d’ira al corvino. Gli puntò la lama contro la fronte, mostrandogli un volto rabbioso. «Mostra rispetto verso Lady Morgana», sibilò.
Non si scompose, Merlin, sostenendo il suo sguardo: «Preferirei morire».
Le mani del druido cominciarono a fremere per la collera. Era colpa sua: era colpa di Emrys se Kara, la donna della sua vita, era stata impiccata giorni addietro.
Serrò i denti vinto dal rancore, preparandosi ad infilzare il ferro della sua arma nelle carni di quel traditore, finché Morgana non lo riprese: «Fermo!»
Mordred si bloccò immediato, ubbidiente agli ordini della Sacerdotessa. Tuttavia, continuò a tenere fissi sul mago i propri occhi glaciali. Non si voltò verso la strega, non mirò il suo cipiglio severo. S’allontanò in silenzio, lasciando il posto alla donna.
«Talvolta la morte può essere un privilegio sottovalutato. Il dolore s’appaga, la mente si svuota: la pace a cui ogni uomo ambisce.» Morgana s’impose dinanzi allo stregone, il volto di pietra e gli occhi tenebrosi. «Non voglio che tu muoia, Merlin. Voglio che tu soffra, così tanto da supplicarmi di ucciderti. Bramo le tue lacrime poco meno della morte di mio fratello.» Glielo sussurrò sulla pelle, facendolo rabbrividire. «Sarò la tua distruzione, Emrys… Ma tu potresti scegliere di far di me il tuo Destino».
La bocca del mago tremava, il suo volto era pallido e sudato a causa della tensione, il cuore continuava a fracassargli il petto.
«Io e te potremmo avere tutto. Un futuro, Camelot, il diritto di essere ciò che siamo. Insieme, potremmo essere invincibili, conducendo Arthur Pendragon verso la sua fine.» Il fiato di Morgana s’adagiava su ogni centimetro del volto del ragazzo, quasi come una carezza ammaliante. «Avremmo la nostra vendetta, tutto ciò che abbiamo sempre desiderato».
La guardò intensamente, Merlin, così scombussolato nell’averla così vicina. Si ricordò di onde nere, delicate e profumate. Rimembrava una bocca rossa ed invitante, intelligente; un paio di smeraldi giovani e vivi.
L’aveva amata quella donna, sin dall’inizio. L’aveva amata durante estati snervanti e faticose, nelle notti fonde e fredde. L’aveva amata nell’ombra rivestendosi di menzogne, nascondendosi dietro sorrisi stupidi ed impacciati. L’aveva amata anche mentre se la teneva stretta a sé, quel maledetto giorno in cui l’aveva avvelenata, imparando ad odiare se stesso per la prima volta.
Tutto ciò che desiderava, tutto ciò che gli sarebbe bastato, era una piccola riga del Fato ove i loro nomi comparivano affiancati. Lei. Era lei tutto ciò a cui aspirava. Ma Morgana, la sua Morgana, era morta nel momento in cui s’era smarrita nelle tenebre, affidandosi all’odio più spietato. Le aveva detto addio, con quell’assurda consapevolezza che, in qualsiasi altro modo, sarebbe stato in grado di sentirla.
«Credo nella speranza, ho fiducia nelle buone intenzioni. Credo nel regno che Arthur è destinato a costruire.» Merlin ebbe come l’impressione che la sua voce non fosse mai stata tanto ferma. «Non me ne faccio nulla della vostra vendetta. Il vostro tutto equivale al niente, per me».
Il viso della donna s’irrigidì, assumendo le sembianze di un blocco di ghiaccio inespugnabile. Serrò la mascella indispettita: Emrys aveva scelto ancora Arthur, rifiutandola un’altra volta.
«Vorrà dire che me lo prenderò da sola», gli ringhiò contro, prima che i suoi occhi si tingessero d’una luce forte e gialla.
L’ultima cosa che Merlin vide fu l’oro lucido nello sguardo di Morgana, poi ci fu spazio solo per il dolore.
 
 
 
 
*
 
 





Pioveva. Pioveva anche quel giorno.
Arthur detestava i giorni piovosi; essi equivalevano a meno allenamento, più stress e abiti lerci – talvolta, anche più consigli. E, come per assurdo, quelle erano le giornate che lo atterrivano di più.
Rientrò nelle sue stanze con la convinzione di poter crollare in mille pezzi da un momento all’altro; si sfilò malamente i suoi stivali, richiamando a gran voce il nome del servo sbagliato.
George allora si precipitò a raggiungere il proprio sovrano – ignorando il “Merlin” urlato poco prima -, mormorando diplomatico un: «Al suo servizio, Maestà».
Ed erano esattamente quelli i momenti peggiori, quelli in cui si accorgeva che il valletto gli stava difronte non era un idiota dalle orecchie a sventola, ma un diplomatico moro perfettino. Erano quelli i momenti, in cui l’esilio di Merlin gli tornava alla mente, pungendogli i pensieri.
«Puoi andare, George… Non mi serve nulla», tentò secco.
«Ma Sire, siete tutto infangato! Urge farvi un bagn-»
«Ho detto va’!»
George s’affrettò a chinarsi scusandosi dell’insistenza, scomparendo dalla vista del padrone.
Una volta solo, il re di Camelot sospirò in silenzio, udendo il continuo picchiettare della pioggia contro le vetrate. Deglutì piano, sperando di mandare via quell’insopportabile nodo creatosi alla gola.
 
 
 
 
 










«Perché l’hai risparmiato?»
Morgana continuava a tagliuzzare la sua mela con un pugnale, senza mai volgere lo sguardo verso Mordred che le parlava dall’altro lato del tavolo. «Non accetterà mai di unirsi a noi, dovevi finirlo. Le catene non assorbiranno ancora per molto la sua magia».
L’arancio caldo delle fiamme, provenienti dalle torce appese ai muri di pietra, coloravano la pelle diafana del druido, ricalcandone addirittura le rughe di disappunto.
«Emrys non ha scelta, che lui lo voglia o no starà dalla nostra parte.» La strega si portò uno spicchio del frutto alla bocca. «Con quel verme al nostro fianco, nessuno oserà mai opporsi a noi».
Mordred staccò con foga gli ultimi brandelli di carne dall’osso, assaporandone il gusto sanguinoso nel palato. Non riusciva ad ignorare il ricordo doloroso della sua Kara, non poteva evitarne il dolore.
Masticò piano, ripensando al volto fiero del sovrano di Camelot mentre condannava a morte l’unico amore della sua vita.
Lasciò perdere la sua cena, puntando il suo sguardo ferito sul volto rilassato della donna. «E’ fedele ad Arthur. A lui e a nessun altro».
Era vero, Morgana lo sapeva bene.
Nonostante si fosse infiltrata a Camelot sotto mentite spoglie per incastrare Emrys e smascherarlo dinanzi al suo Arthur, nonostante quest’ultimo lo avesse esiliato e rinnegato, Merlin continuava a restargli fedele.
«Ogni uomo ha un punto debole. Abbiamo trovato quello di Arthur e individueremo anche quello di Emrys.» La Sacerdotessa sollevò lo sguardo verso il suo protetto, mandando giù anche l’ultimo boccone. «Avremo giustizia, Mordred. Ce l’avremo».
 
 
 
















Sentiva le braccia bruciare, tese fino allo sfinimento.
Dopo aver perso conoscenza per colpa dell’incantesimo lanciatogli dalla strega, aveva riaperto gli occhi stanchi solo qualche ora più tardi, provando un forte capogiro.
Era molto buia, la stanza dove era stato rinchiuso. Sembrava una prigione senza sbarre, con un’unica finestra alla sua sinistra. Voltando il capo, il ragazzo poteva vedere la fievole luce della luna maestosa. Silenzio, nient’altro riempiva quelle mura cupe.
 

«Se io non fossi stato un principe, magari le cose sarebbero state diverse… Magari saremmo stati amici».
 
 
«Siete tornato indietro per me?»
«Sei l’unico amico che ho, Merlin, e non voglio perderti».
 
 
 


Gli occhi cominciarono a pizzicare, il petto a riempirsi di cemento.
Non era vero che senza Arthur stava meglio: stava male, insopportabilmente male.
Chi l’avrebbe salvato da Morgana, adesso?
Il mago compresse le labbra, cercando di mozzare i singhiozzi, riprovando ancora una volta a liberarsi dalla stretta delle catene. Si dimenò, recitò continui sortilegi contro quel ferro dannato, ma fu tutto inutile. L’unica cosa che ci guadagnò fu ulteriore dolore alle braccia, alla schiena e al cuore.
Si fermò esausto al quindicesimo tentativo, singhiozzando ormai rumorosamente: doveva andarsene di lì, doveva proteggere Arthur dalla sorellastra famelica, dalla profezia. Ma… sembrava impossibile.
 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: Relie Diadamat