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Autore: saratiz    28/08/2015    4 recensioni
Si aggirava senza meta per i viali del parco di casa Jarjayes: mai le erano sembrati così estranei.
Lunghe ombre sinistre si proiettavano in ogni direzione intorno a lei. Era una serata calda e umida, ma non per questo il sudore le imperlava la fronte. Se lo sentiva sulla pelle, come la sua ansia ed il turbamento che non poteva scrollarsi di dosso per quanto veloce potesse camminare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Si aggirava senza meta per i viali del parco di casa Jarjayes: mai le erano sembrati così estranei.
Lunghe ombre sinistre si proiettavano in ogni direzione intorno a lei. Era una serata calda e umida, ma non per questo il sudore le imperlava la fronte. Se lo sentiva sulla pelle, come la sua ansia ed il turbamento che non poteva scrollarsi di dosso per quanto veloce potesse camminare.
 
Troppe cose erano successe in così poco tempo.
La sua vita, sempre ordinata e precisa, come le truppe della guardia reale che aveva comandato fino a poco tempo prima, d'un tratto (da quando? aveva difficoltà anche ad individuare un inizio di tutto ciò) era diventata il regno del caos, come un castello di carte buttato all'aria da un'improvvisa folata di vento.
Era arrivata all'adolescenza (ma ne aveva mai avuta una?) credendo di essere un uomo; i suoi giocattoli erano stati vere spade e pistole, con cui si allenava ogni giorno col suo compagno d'infanzia... (stretta al cuore!)
Poi aveva capito di essere diversa da lui e dagli altri uomini, almeno fisicamente, ma sicura comunque di non essere inferiore a nessuno. Costretta e, perchè no, anche convinta, a vivere come un uomo: niente abiti sontuosi con pizzi e merletti, niente nastri per adornare i capelli nè altre "frivolezze" come le definiva il padre-padrone e soprattutto niente debolezze!! "cosa sono le lacrime, se non sciocche, teatrali e femminee ostentazioni della sofferenza?" le aveva detto.
Era cresciuta fiera, orgogliosa, coraggiosa, diversa dalle dame di corte prese dalle loro civetterie e dai loro giochi amorosi.
Ligia al dovere, fedele alla Regina (la donna che ora stava portando il suo Paese alla rovina, eppure lei l'aveva servita per così tanti anni, e le era anche affezionata...).
Imbattibile nella scherma, impeccabile nei modi...insomma: un soldato perfetto. E già, un soldato, questo era stata finora, un soldato obbediente agli ordini della Regina e di suo padre.
Un soldato perfetto, una vita perfetta, di cui era stata anche soddisfatta. Aveva certamente goduto di privilegi che sarebbero stati negati alle altre donne, aveva evitato sicuramente la schiavitù di un matrimonio di interessi in cui sarebbe stata schiava di un marito che molto probabilmente non avrebbe amato, come era già successo alle sue sorelle.
Aveva avuto tutto: un ruolo di prestigio a corte, l'amicizia incondizionata della sua Regina, la soddisfazione di aver dimostrato in più occasioni di essere un valido combattente, anche più valido di tanti uomini...
e allora? cosa le prendeva ora? cosa era successo di tanto sconvolgente? perchè ora quella vita le stava così stretta?
Il castello di carte aveva cominciato a crollare, carta dopo carta.
Si era invaghita del bel conte svedese, per il quale aveva provato nuove emozioni a cui nessuno l'aveva preparata e di cui non aveva potuto parlare con nessuno, neanche col..suo migliore amico! (tonfo al cuore). Quanto le avrebbe fatto bene poterne parlare con lui, ma come poter ammettere proprio con lui una tale debolezza...
E per quella "debolezza" aveva inscenato la "pagliacciata" (perchè per lei ora era solo questo) del ballo vestita da dama. Ma non era servito a niente, per il conte lei era solo un amico: la corazza di uomo che lei stessa si era costruita in tanti anni, la aveva nascosta anche agli occhi di Fersen, l'unica persona dalla quale avrebbe voluto essere vista come una donna.
Poi il nuovo incarico, per dimostrare  (a chi se non a se stessa?) di poter vivere senza amore, di poter continuare a vivere da "vero uomo" (ma il vero uomo può vivere senza amore?).
Ma sotto la corazza ormai la debolezza del suo cuore di donna aveva preso il sopravvento, malgrado tutti gli sforzi della sua ragione.
Come se non bastasse, in tutta la bufera che l'aveva travolta, il fulmine forse più devastante di tutto il resto era stato scoprire che il suo migliore amico, il suo fratello, confidente, compagno di una vita (nodo in gola) l'amava da sempre e l'aveva sempre vista come una donna.
Gliel'aveva detto chiaramente quella sera, quella maledetta sera...e da allora qualcosa di magico fra loro si era spezzato, perchè lei non poteva (o non voleva?) ricambiare i suoi sentimenti: aveva perso il suo rifugio, il suo punto di riferimento.
Lui le aveva sempre dato fiducia, conforto e sostegno, in ogni momento. Era anche grazie a lui che aveva potuto condurre la vita che aveva condotto finora, che aveva potuto portare a termine le imprese più pericolose, che alla fine erano sempre costate più a lui che a lei, dimostrazione lampante ne era quell'orrenda cicatrice che lo aveva privato dell'uso dell'occhio sinistro e che lui nascondeva sempre sotto un ciuffo dei suoi splendidi capelli corvini (ma che c'entrava ora pensare ai suoi capelli?)
Non ultima preoccupazione quella per la sua Nazione, che si avviava sempre più verso la Rivoluzione. Il suo ceto e la sua posizione sociale le imponevano di schierarsi dalla parte della monarchia, ma era questo ciò che lei voleva? vedeva la miseria nei sudici vicoli di Parigi, bambini litigare e picchiarsi per un tozzo di pane, mentre a Versailles ci si beava ogni giorno con banchetti colmi di prelibatezze, in quantità spropositate ed inutili.
E lei avrebbe dovuto contrastare i tentativi di rivendicare una vita "umana" alla popolazione per proteggere chi non aveva mai dovuto lavorare per guadagnarsi da mangiare?
Non avrebbe mai potuto! Ma da quando elaborava idee così..." sovversive"? Forse da sempre, ma aveva cominciato a dar loro ascolto da quella sera che Andrè (ma perchè spuntava sempre fuori lui?) l'aveva portata con sè ad ascoltare una di quelle riunioni ormai sempre più frequenti a Parigi, riunioni in cui si parlava della reale possibilità di creare uno Stato più giusto e più a misura d'uomo, di ogni uomo...
Per non parlare poi di suo padre, quel padre che per anni l'aveva usata come un soldatino di piombo, che le aveva impedito di vivere come tutte le donne del suo rango, e per questo in parte gli era grata, e che invece ora la voleva improvvisamente donna e per giunta sposata!
No, questo era assolutamente inammissibile!
Dopo tanti sacrifici, tante lotte, soprattutto interiori, adesso finire in sposa ad un nobile che non amava e che l'avrebbe usata solo come fiore all'occhiello da mettere in bella mostra nell'alta società e come bambolina per i suoi giochi privati...NO!
Ma non era neanche questo a turbarla così tanto.
Girodel l'aveva appena baciata, lì nel parco, aveva appena sfiorato le sue labbra e lei si era subito ritratta, correndo via da lui.
Inizialmente si era fatta inebriare dalle sue dolci parole, dalla promessa di una vita finalmente tranquilla, piena d'amore, come una risacca dopo la tempesta, e questa prospettiva l'aveva per un momento quasi ipnotizzata, come un balsamo per le ferite del suo animo, ma poi quel contatto appena accennato con le sue labbra le aveva evocato con l'imprevedibilità di un fulmine a ciel sereno il ricordo dell'unico, vero bacio che avesse ricevuto nella sua vita da un uomo. Anche ora che ci ripensava non poteva evitare di sentire un brivido che le correva giù per la schiena, a dispetto del caldo di quella combattuta notte.
Era questo il reale motivo del suo turbamento: ricordava quel bacio.
Dal giorno in cui Andrè le aveva confessato il suo folle amore, ogni giorno quel ricordo le riaffiorava alla mente, anche nei momenti più inaspettati, e lei orgogliosamente lo ricacciava giù nel pozzo profondo della sua mente. E ogni giorno più prepotentemente il ricordo risaliva su...ogni giorno...fino a diventare...nostalgia. Sì: "nostalgia"! Era questo il termine esatto. Uno scacco matto alla sua fierezza, ma per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a cancellare quei momenti dalla sua mente.
"Ma che mi prende?" si chiedeva, e intanto cercava un posto dove aver pace in quella calda ed umida sera.
 
Non voleva rientrare a casa, vedere il volto curioso dei domestici o incontrare lo sguardo interlocutorio di Nanny o tanto meno dover dare spiegazioni del suo comportamento a suo padre.
E soprattutto... non voleva incontrare il suo sguardo..no..non ora!
Le sue labbra, quel calore, quella dolcezza. No, basta! doveva assolutamente ripristinare l'ordine fra i tasselli confusi del mosaico della sua mente.
Una cavalcata, questo ci voleva, il vento fra i capelli a portar via i pensieri e a farla tornare Oscar, perfetto soldato!
 
La pesante porta di legno delle scuderie cigolò sui cardini, lei entrò e repentinamente la chiuse, come a voler chiudere fuori tutti i suoi pensieri.
Ma mentre accostava i battenti, nel ripetersi del cigolio dei cardini, una voce sin troppo familiare alle sue spalle la fece sobbalzare.

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Note:

Questa è la mia prima ff. Spero di non aver fatto troppi errori. XD
Il titolo, come avrete notato, non è farina del mio sacco, ma un riferimento voluto ad una delle più belle canzoni del mio artista preferito, Claudio Baglioni.
Mi sono rifatta al manga originale della Ikeda, in particolare al momento in cui Oscar fugge dal ricevimento dato in suo onore, dopo che Girodel ha tentato di
ammaliarla con le sue dolci parole e col suo bacio.
Così avrei voluto che fossero andate le cose....

Ringrazio mia figlia e le ragazze del gruppo fb che mi hanno incoraggiata a pubblicare, spero di non deludervi!



 
  
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