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Autore: meiousetsuna    29/08/2015    3 recensioni
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Il mio omaggio ai mieii Amori: i personaggi di Vampire Diaries e L’Ulisse di Joyce.
Il Romanzo è riadattato in modo semplicissimo, perché i personaggi si inseriscano nella complessa trama.
Stefan, Damon, Katherine,“interpretano” i protagonisti, con la comparsa di tutti.
Malgrado alcuni argomenti spinosi, il rating sarà arancione, visto che tutto sarà molto contenuto.
Aveva un bel dire, Lorenzo, della sua nobile terra. Stefan era certo che fosse poco più di un malfattore da strada, non un rampollo di buona famiglia che prendeva il tè delle cinque.
Non che lo disdegnasse; quello, la birra, il whiskey, purché non offerti da lui.
Stefan raggiunse Kai sul terrazzo, abbracciando con lo sguardo il panorama sotto di loro.
Le strade, avvolte dalla luce opaca e infida delle prime ore del mattino, apparivano illuminate da un alone pesante e sgradevole, come se nella notte la marea di un oceano immaginario le avesse sommerse, lasciando, nel ritirarsi, uno strato di alghe morte.
Stefan odiava il verde salmastro, che fosse la tinta sbiadita dei caseggiati popolari, il colore delle erbacce secche, fino alla sfumatura dei suoi occhi da quando non era più bambino.
Love, Setsuna
Genere: Angst, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Katherine Pierce, Stefan Salvatore, Un po' tutti | Coppie: Damon/Katherine
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Note: in fondo al capitolo; sono estremamente importanti e solo per il cap.1 molto lunghe
Personaggi principali in ordine di apparizione: Stefan, Damon, Katherine + un po' tutti
Genere: Drammatico, Storico
Avvertimenti: AR, OOC giustificato, What if?, Lime, Tematiche delicate, Tutti Umani
Rating: Arancione
Capitoli:18
Ambientazione: Atlanta, 16 Giugno 1904

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American Ulysses,  capitolo 1
The sky was green wine (Telemachus)

Ore 8:00 - 9:00

Il terrazzo – se così si poteva definire quel timido accenno di costruzione dall'aria poco stabile che si affacciava su una delle zone più degradate della fiera città di Atlanta – non era mai stato teatro di una rappresentazione così formale e importante come quella mattina.
Il giovane dall'aspetto accattivante e il sorriso falsamente gioviale degli ubriachi si stava sporgendo pericolosamente, mentre con la mano sinistra reggeva malamente un bicchiere di birra, già vuotato e riempito varie volte dall'alba, e con la destra sollevata con l'indice e il medio congiunti e le altre dita ripiegate, impartiva la sua benedizione all'ignara folla sottostante.
Ego te absolvo...”
Malachai avrebbe portato avanti quella farsa, tanto per provocare la reazione del padrone di casa, ma la necessità di reprimere un leggero conato di vomito lo portò a preferire di smettere di parlare, prendere delle buone boccate di ossigeno, e attendere che un caffè forte gli sistemasse lo stomaco in subbuglio.
Questo avrebbe suggerito la conclusione che Stefan, il suo anfitrione, fosse profondamente cattolico (e santo, e apostolico?) come tutta la numerosa comunità di italiani che avevano popolato la città dopo la fine della Guerra Civile; a Malachai ricordavano un branco di ratti.
Silenziosi, invadenti – anzi, infestanti  – con una incomprensibile forma di intelligenza molto simile ad un sesto senso, e scuri. E sporchi.
Ma finché fosse stato un ospite tollerato nella torretta, residuato bellico delle fortificazioni che avrebbero dovuto proteggere la zona nord di Atlanta dall’assalto del generale Sherman, non avrebbe dato voce a quel pensiero.
Con 'tollerato' intendeva di entrare e uscire a suo piacere, estendere l'invito ai suoi compari, avere il letto migliore e mangiare e bere a cura del suo caro, ateo amico Stefan: gratis et amore Dei.
A volte era così soddisfatto del suo stesso senso dell'umorismo da trasmetterlo a chi gli stava vicino, come accadeva in quel momento col suo compagno di studi, Lorenzo.
Si erano conosciuti nella facoltà di Medicina della Georgia State University e avevano subito legato: l'inglese altezzoso, ma dalle dubbie origini e lo yankee calati a pasteggiare del cadavere di un fiore del Sud, appropriandosi del suo fasto, della sua civiltà così radicati da essere stata la città maggiormente ricostruita già alla fine del diciannovesimo secolo.
Aveva un bel dire, Lorenzo, della sua nobile terra. Stefan era certo che fosse poco più di un malfattore da strada, certo non un rampollo di buona famiglia che prendeva il tè delle cinque.
Non che lo disdegnasse; quello, la birra e il whiskey, purché non offerti da lui.
Stefan raggiunse Kai sul terrazzo, abbracciando con lo sguardo il panorama sotto di loro.
Le strade, avvolte dalla luce opaca e infida delle prime ore del mattino, apparivano illuminate da un alone pesante e sgradevole, come se nella notte la marea di un oceano immaginario le avesse sommerse, lasciando, nel ritirarsi, uno strato di alghe morte.
Stefan odiava il verde salmastro, che fosse la tinta sbiadita dei caseggiati popolari, il colore delle erbacce secche che invadevano le aree meno curate, fino alla sfumatura dei suoi occhi da quando non era più bambino.
Più di ogni cosa, però, quello che il disgustoso colore gli ricordava era il catarro che sua madre, sul letto di morte, espelleva tossendo con difficoltà sempre maggiore.
Il rantolo dei bronchi infetti era simile a carta vetrata strofinata, e il ritmico abbassarsi e sollevarsi della coperta all’altezza del petto mostrava lo sforzo della donna per respirare a sufficienza.
Non aveva voluto farlo, quel sacrificio che lei gli aveva chiesto fino all’ultimo, insistendo che non fosse per se stessa, ma per la sua anima. “Ti supplico Stefan, inginocchiati per pregare”.
La coscienza intellettuale del ragazzo era più forte di quella emotiva, così sua madre spirò senza avere avuto questo conforto, seppur falso e ipocrita.
‘Non ne sono pentito’, si ripeteva molte volte. Più volte al giorno a essere sinceri.
Forse per quello la vecchia e malata Atlanta, pervasa da volti estranei e corrotta, eppure di una bellezza drammatica e intensa, era la sua madre patria, per lui. Non l’avrebbe lasciata, anche se i suoi sogni miravano in alto: scrivere un libro che venisse pubblicato, questo era tutto ciò che gli interessava davvero.
Non poteva sperare di ricevere una particolare comprensione da Kai. Era uno scienziato, un materialista, avrebbe liquidato tutto con l’invito a buttare giù qualcosa che il pubblico grossolano potesse comprendere, per piazzarlo facilmente.
Il mondo di Stefan appariva all’amico qualcosa di contorto e ripiegato su se stesso, mentre il suo si estendeva davanti ai suoi occhi, fin dove lo sguardo poteva posarsi.
“Per fortuna sta arrivando! Non si usa mangiare in questa catapecchia?”
Lorenzo si era sporto con un sogghigno antipatico, avendo avvistato l’anziana donna che portava quotidianamente un bidone di latte appena munto, per venderlo lungo il suo abituale percorso.
“Come si chiama quella megera?”
Signora Sheila”.
“Certo, certo, non sono un maleducato, cosa credi! In Inghilterra abbiamo un sacro rispetto delle vedove e degli anziani in generale”.
Malachai non riuscì a reprimere uno sguardo sardonico, prevenendo la risposta del padrone di casa.
“Stefan ti supera, lo sai: tranne per la leggerezza con la quale ha lasciato spirare la cara mamma senza accontentarla; la polmonite è brutta, d’altronde, io sarei stato alla larga… ma chi porta un nome greco così importante è il fantasma di una cultura non più viva”.
In quei momenti il giovane lo odiava, davvero. Quel nordista era lì, ad usurpare il suo diritto di esistere in pace, gestire il tempo e i momenti di riflessione come credeva, invece di farlo quasi sentire indesiderato nella sua dimora.
Se almeno avesse potuto opporsi con vigore a quelle accuse si sarebbe sentito più dignitoso, ma per quanto cercasse di motivarsi, la descrizione era così calzante da lasciarlo spiazzato.
La torretta all’improvviso divenne una moderna Elsinore, dove lo spettro del padre di Amleto si aggirava inquieto e infelice. O il principe, nella sua follia, credeva di averlo visto e udito. Non c’erano prove dell’esistenza di ombre ultraterrene — riconobbe Stefan — se non nella mente di chi parla con loro.
‘Lo spettro che ho veduto, / potrebbe essere un demonio’
Sarebbe impazzito anche lui inseguendo una pallida proiezione dei suoi pensieri feriti? Avrebbe perso il suo regno e con quello il senso della vita?
In fondo era lì, servo degli yankees, ricchi e conquistatori, e dei non meno imperialisti britannici, tronfi di avere imposto la loro lingua e la loro cultura in quella che non era mai stata una vera colonia, ma una nazione con una sua personalità definita.
Un timido bussare interruppe le sue fantasticherie.
“È permesso, vero?” La donna di colore, in affanno dopo aver salito le tre rampe di gradini così consumati da essere pericolosi, si portò una mano sul cuore, mostrando un viso affaticato ma sereno.
Stefan spostò prontamente una sedia, porgendole un bicchiere d’acqua. “Si accomodi un momento”.
“Com’è gentile, non voglio dare fastidio”.
Lorenzo si avvicinò porgendo una brocca, per poi travasare parte del suo candido contenuto nella sua tazza preferita.
Dopo aver bevuto con soddisfazione, si soffermò a osservare bene i lineamenti della donna; erano decisamente affilati, con begli zigomi pronunciati.
“Siete in parte indiana, vero signora Sheila? Sbaglio di rado”.
“Davvero, siete bravissimo! Sì, mio nonno era un Cherokee, credevo che non si capisse”.
“Sapreste dirmi qualcosa nella vostra lingua? Sono un appassionato della materia, magari una canzone?”
Lei lo guardò con un sorriso buono. “Mio Dio, no, parlo solo inglese, anche se non ho studiato”.
Il suo interlocutore lanciò un’occhiata di scherno a Stefan.
“Certo è ovvio. È questo che ci rende così uniti, la lingua madre”.
“Ha ragione, lei è una persona intelligente, si capisce. Scusatemi… ci sarebbe il conto degli ultimi dieci giorni, se non vi dispiace. Sono ottanta centesimi, per favore”.
Un attimo di silenzio scese nella cucina, interrotto dal rumore di spiccioli nelle tasche di Stefan, che cercava, con imbarazzo, di sembrare spontaneo nella volontà di pagare per tutti e tre.
Quando la vedova Bennett si congedò, Malachai decise che era ora che uscissero anche loro: indossò una giacca leggera, controllandosi nello specchietto da barba che aveva appoggiato su una voluminosa pila di libri.
“Non ti guardi mai, hai paura di farti rabbia da solo? Piuttosto, lasciami le chiavi, per oggi”.
La frase nel suo complesso non era certo la peggiore che avesse detto, anche nella sola mattinata, ma qualcosa scattò nella testa di Stefan.
Cedette senza battere ciglio, anche se questo significava prendere una decisione forte. Non sarebbe rientrato a vivere con quei profittatori. Si tenessero pure l’abitazione con un mese di pigione pagata, gli bastava essere libero.
Si avviò senza parlare verso la passeggiata sulle sponde naturali del Chattahoochee, * che in primavera appariva di un verde spento, ma caldo. L’unico verde che continuasse a piacergli, pensò il ragazzo, mentre tolte le scarpe si godeva la sensazione del ruvido greto sotto i piedi. Desiderò che le sue acque lo abbracciassero, come un lenzuolo pulito.
Per un attimo gli parve di sentire una voce che lo richiamasse, da distanze infinite.


Note: Vera trama dell’ “Ulysses” e adattamento dei tre personaggi principali


Si narra una giornata di alcuni Dublinesi, e l’intrecciarsi delle loro vite.
Bloom, ebreo irlandese, è un borghese, che tradisce la moglie Molly da cui è tradito, accettandolo. È limitato, ha slanci lirici di breve respiro, accetta compromessi. All'opposto c'è Stephen, colto, estetizzante, problematico. Si troveranno in un bordello e - dopo un parossismo allucinatorio - la storia si conclude col monologo interiore che sintetizza i pensieri di Molly, un flusso di coscienza femminile, che  ridimensiona e radica le deviazioni sensuali di Bloom e l'ossessione intellettuale di Stephen.
È possibile identificare le corrispondenze tra i personaggi dell’Odissea e quelli dell’Ulisse:
Ulisse è Leopold Bloom; (Damon Bloom, 37 anni)
Penelope è la sua sposa, Molly Bloom; (Katherine Bloom, 32 anni)
Telemaco è Stephen Dedalus; (Stefan Salvatore, 21 anni)
Gli adattamenti più profondi consisteranno nel trasportare le problematiche dell’ebreo Bloom in quelle di un sudista nel degrado seguente la guerra civile persa, mentre Stefan sarà incompreso quale italiano decadente e retorico. Naturalmente gli adattamenti saranno enormi, non li potrei citare uno per uno, essendo una versione  estremamente modificata.
Ogni capitolo (del romanzo!) è legato ad un colore, scienza, ora del giorno e altri dettagli che specificherò se saranno utilizzati in modo significativo.

Note cap.1
Arte o scienza: teologia
Colore: Verde salmastro (snotgreen)
Tecnica: Narrativa
Titolo capitolo: “Green” - D. H. Lawrence
* Vero fiume di Atlanta
  
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