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Autore: Cosmopolita    31/08/2015    4 recensioni
[Raccolta di coppie crossover Disney]
Capitolo 1°: Milo/Jane
Capitolo 2°: Jim/Ariel
Capitolo 3°: Jafar/Malefica/Ade
Capitolo 4°: Cenerentola/Biancaneve [Au]
Capitolo 5°: Flynn (Eugene)/Anna
Capitolo 6°: Peter e Alice
Per quanto fosse di conforto ricordare la follia del Paese delle Meraviglie, le montagne Europee e il viso abbronzato di suo marito che le sorrideva dalla prua, sapeva già come sarebbe andata a finire.
Tuttavia, con Peter… con Peter era diverso.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: AU, Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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L'ultimo viaggio




[Peter e Alice]


Aprì gli occhi.
Il sole le batteva sulla faccia e la sua luce accecante la costrinse a richiuderli di nuovo, forte, per scacciare via il bruciore.
Avrebbe voluto alzarsi, ma la testa le sembrava talmente pesante da non riuscire a sollevarla neanche di un millimetro.
Con la mano tastò la superficie su cui era distesa, sentiva il palmo lievemente accarezzato dall’erba: era sdraiata su un prato, a quanto pareva. Il che era molto strano, perché, dalle sue parti, non c’erano prati. Non tenuti così male, in ogni caso, con l’erbaccia lasciata crescere senza criterio. E, inoltre, lei ricordava di essere andata a dormire a casa sua, nel suo letto.
Aprì di nuovo gli occhi e questa volta il bagliore del sole le fece meno male. Sollevò un po’ la testa, indolenzita: era troppo vecchia per poter riposare sulla terra nuda senza risentirne.
-Ti sei svegliata, finalmente!
Alle sue spalle, seduta sull’erba come lei, stava un ragazzino che la stava fissando con uno sguardo che lei avrebbe definito inappropriato: fermo, dritto negli occhi, come se si conoscessero da chissà quanto tempo.
Di certo non era un suo vicino di casa. Lo avrebbe riconosciuto sicuramente, ormai abitava in quel quartiere da tanto tempo… e poi, un tipo del genere le sarebbe rimasto impresso: le orecchie a punta, i capelli color carota e quella luce così particolare che illuminava i suoi occhi… non era un bambino normale. I bambini normali non sorridevano in quel modo.
Non riusciva a comprendere. Si guardò intorno confusa, ma nulla di quell’ambiente la rimandava a qualcosa di familiare: c’era solo un’enorme estesa di erba e quel ragazzino.
-Tu chi sei? E io che ci faccio qui? Io… io…- fu allora che i suoi occhi notarono un particolare a cui, sulle prime, non aveva fatto minimamente caso.
Le sue mani. Aveva alzato le mani e, inevitabilmente, i suoi occhi le avevano guardate. Ma non era questo il punto.
Le sue mani erano ancora lisce e belle da vedere: non erano più segnate dalle rughe, o abbruttite dai calli e dalla vecchiaia.
Sapeva che, a quel punto, una normale donna di novant’anni avrebbe cominciato ad urlare o, in ogni caso, si sarebbe sorpresa di quel fatto singolare.
Ma lei non era una normale donna di novant’anni.

-…E a quel punto, Peter Pan si scagliò contro il perfido Capitan Uncino, facendogli perdere l’equilibrio. I bimbi sperduti, intanto, stavano ancora cercando di liberarsi, ma sa, i nodi marinareschi sono difficili da sciogliere… lo sa, vero? Ho dato per scontato che lo sapesse.
-Sì, cara, lo sapevo già- diede un’occhiata alla ragazza seduta si fronte a lei: le stava rivolgendo un sorriso talmente largo che la bocca sembrava quasi sul punto di schiudersi.
Sorrise anche lei, intenerita: quanti anni poteva avere la figlia dei Darling? Se non sbagliava, andava per i dodici, ormai. Era ancora una bambina, e chissà quante di quelle storie che le raccontava, avrebbe voluto accadessero sul serio!
Era esattamente come lei molti anni fa, quando era ancora una bambina. Se non fosse stata così vecchia da non riuscire più ad alzarsi per fare più di un miglio a piedi, probabilmente la curiosità di vivere nuove avventure l’avrebbe avuta ancora.
Il suo sorriso si spense.
-Signora Douglas, si sente bene?- la signorina Darling si era avvicinata ancora di più alla poltrona su cui era seduta, sul volto le si era acceso uno sguardo allarmato.
Si scrollò un po’ le spalle e rise di nuovo –Ma certo, cara, continua pure a raccontare la tua storia.
Wendy Darling fece un sospiro di sollievo, annuì e si riaccomodò al suo posto.
-Adoro il giovanotto protagonista delle tue storie… Peter Pan,- la donna pronunciò queste due ultime parole come se fossero una formula magica –Rimarrei ad ascoltare le sue avventure per ore se non fosse per…- si soffermò per tossire un po’, fu come sentire un rastrello che le raschiava il petto. Più diventava vecchia, più si sentiva debole, più gli occhi smettevano di vedere, più smetteva si sognare -…a che ora viene a prenderti tuo padre?
-Dopo l’ora del tè, signora Douglas. Se vuole, dopo la storia posso farne un po’ per me e per lei, che ne dice? L’altra volta mi era venuto davvero buono, anche se forse avrei dovuto metterci meno zucchero.
La signora si prese il suo tempo per pensare -Comunque, non mi piace “Signora Douglas”: sa di vecchio- ci tenne a precisare in tono divertito –chiamami Alice.

Era ritornata a quando aveva solo dieci anni.
Per quanto fosse impensabile, era quello che era successo. Era diventata giovane ed era seduta sull’erba accanto ad un ragazzino che non la smetteva di fissarla con aria di scherno.
Tutto quello era illogico e totalmente fuori dagli schemi. A meno che…
-Sono di nuovo qui?- domandò improvvisamente al ragazzino, neanche si voltò per guardarlo –Per la terza volta?-
-Di nuovo qui dove?- l'altro inarcò un sopracciglio.
P
iù sorpresa tra i due, comunque, rimaneva lei: com’era possibile che si trovasse ? Non ricordava di esserci arrivata tramite una qualche porta, o chissà quale diavoleria, come le volte precedenti –Come “dove”? Mi sembra ovvio, no?- ribatté, intenta a togliersi la polvere di dosso –Nel Paese delle Meraviglie.
Pel-di-Carota si strinse nelle sue spalle –Beh, chiamalo pure come ti pare.
Alice rimase a fissarlo, questa volta più intensamente di prima: ora che aveva capito dove si trovava e, quindi, essersi data la spiegazione a tutte le situazioni strane che le erano capitate tutte d’una volta, le era parso che quel volto le ricordasse, effettivamente, qualcuno.
Ma, si ritrovò a riflettere, è del tutto illogico! Me lo ricorderei di certo un ragazzino che ha tutta l’aria di essere uno spiritello con naso e orecchie a punta e i capelli a…
I suoi pensieri si bloccarono. Lei stessa si bloccò, il corpo improvvisamente sembrava essere diventato troppo molle e pesante per lei.
Si era ricordata improvvisamente di una cosa. Un’immagine abbozzata su una carta strappata in fretta e furia e una ragazzina che, con il fiatone e gli occhi lucidi per l’emozione, aveva fatto irruzione a casa sua un pomeriggio d’estate. Fuori di sé, le aveva urlato dentro un orecchio –L’ho visto, Alice! Sono riuscita a vedere Peter! Il trucco dell’ombra ha funzionato.
Strabuzzò gli occhi: non è possibile.
Ma, del resto, cosa c’era d’impossibile nel Paese delle Meraviglie? I gatti parlavano, i conigli avevano l’orologio e lei era tornata di nuovo ad essere una bambina di dieci anni.
-Sei… sei Peter Pan?
E il ragazzino sorrise.

Più passava il tempo, più la presenza di Wendy a casa sua era diventata frequente e necessaria. A volte era Alice stessa a narrarle una delle sue peripezie, anche le più strane, perché era bello sapere che esisteva al mondo una persona convinta che le sue non fossero semplici fiabe per bambini.
Tuttavia, più spesso, era la Darling a raccontare le mirabolanti imprese di Peter Pan.
Parlare, a Wendy, piaceva molto di più che ascoltare. Ad Alice, però, andava bene così: il Paese delle Meraviglie da bambina, i viaggi mondani con i suoi genitori da adolescente e le avventure per mare con suo marito durante la vita adulta, erano tutti ricordi piacevoli, certo. Ma erano pur sempre ricordi del suo passato: le aveva già vissute, non c’era più nulla da scoprire.
Per quanto fosse di conforto ricordare la follia del Paese delle Meraviglie, le montagne Europee e il viso abbronzato di suo marito che le sorrideva dalla prua, sapeva già come sarebbero andate a finire.
Tuttavia, con Peter… con Peter era diverso. Peter era il suo futuro. Era sempre diverso, la lasciava sempre con il fiato sospeso. Valeva la pena rimanere ad ascoltare, se ascoltare voleva dire vivere una nuova avventura.
E Wendy parlava, parlava. Davanti al caminetto, gli occhi fissi sul fuoco e la voce eccitata per l’emozione, mentre la testa di Alice vagava lontano, ogni volta verso quel Mondo tutto da scoprire, accanto a Peter.
Peter era il suo nuovo Paese delle Meraviglie e Wendy il suo nuovo Bianconiglio.

Avrebbe voluto chiedergli tante cose. La sua mente era come se fosse stata travolta da un fiume in piena: cosa ci faceva lui lì? Cosa ci faceva lei lì? Aveva più rivisto Wendy? Com’era possibile che quel tipo non crescesse mai? Perché, pur essendo rimasta a volte ore davanti alla finestra in attesa che sbucasse anche solo per scorgerla da lontano, era apparso solo ora? Com’era volare?
Ma non riuscì a domandare nulla di tutto quello. Peter la prese per mano e, con un sorriso, le disse –Avanti, Alice, dobbiamo andare.
Sbatté le palpebre una, due, tre volte –Andare? Andare dove? E poi, come fai a conoscere il mio nome?
Peter scoprì una fila di denti bianchissimi –Wendy mi ha parlato di te.
Wendy.
Da quanto tempo non la vedeva. Aprì la bocca, avrebbe voluto chiedergli qualcosa in più su di lei, ma la voce brusca del ragazzo non le diede il tempo neanche di aprire la bocca –Su, Alice! Non c’è tempo, dobbiamo andare.
-Ma andare dove, di grazia?- ribatté un po’ spazientita, le braccia poggiate sui fianchi.
Peter Pan alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, come se davanti al suo cospetto ci fosse una bambina un po’ tarata –Non l’hai ancora capito? All’Isola che non c’è.

-Sai, l’ho rivisto. Era sul davanzale della finestra, penso stesse riaccompagnando i miei figli a casa.
Alice fissò il viso di Wendy. Era ancora giovane, ma già si intravedevano sul viso piccole rughe che circondavano gli occhi e la bocca. Il sorriso stanco, gli occhi pesanti, non erano più quelli della bambina logorroica e esuberante che ogni pomeriggio veniva a casa sua per raccontarle nuove storie.
Sorrise, Alice, perché sapeva a chi si stesse riferendo. E la invidiò, perché anche Wendy ormai aveva passato da un pezzo l’età dei giochi e della fanciullezza, eppure lo aveva visto. Di nuovo.
-Com’è stato?
Il viso di Wendy si spense –Sono cresciuta, Alice. Non mi ha neanche riconosciuta.
Scese il silenzio, ma solo per un istante. La vecchia donna, un sorriso di comprensione stampato in faccia, poggiò una mano sulla spalla della più giovane –Come sta John? Ho saputo che è ritornato dal fronte.
Wendy si illuminò, di nuovo, d’improvviso e prese a parlare, come faceva sempre quando una cosa la interessava particolarmente. Ma questa volta, era la semplice vita quotidiana.

La casa dei Liddell-Douglas era rimasta esattamente come la ricordava l’ultima volta che c’era stata: immensa, signorile, eppure unica nel suo genere.
Jane , sua figlia, le camminava accanto e il marito, di tanto in tanto, commentava ad alta voce tutto ciò che gli passava per la testa –Quello è il digeridoo più grande che io abbia mai visto! Alla vostra amica piaceva viaggiare, eh?-
-Sì, sai… il marito era un ammiraglio.
Wendy li ascoltava solo di sfuggita. Sentì i suoi occhi inumidirsi: rivedere quella casa dopo tanto tempo, come se quest’ultimo non fosse mai passato, era stato un colpo al cuore per lei. Peter le avrebbe detto che stava diventando troppo vecchia.

Le avevano telefonato qualche ora prima. Non aveva riconosciuto la voce all’altro capo, ma non era importato più, non dopo quello che le disse.
-Lei è Wendy Stevens, amica di Alice Liddell in Douglas?
-Sì, mi dica.
-Sono il suo notaio. La signora Douglas è…- si prese una pausa, quasi a voler cercare le parole giuste da dire. Ma Wendy aveva già capito di che cosa si trattava.
 -...beh...lei non c’è più.

C’era voluto un minuto buono prima che lei riuscisse a metabolizzare sul serio il significato di quelle parole.
Alice era molto vecchia, certo, ma era sempre stata una di quelle persone che sembrava impossibile potessero morire. Fu come se un bruscolino le fosse entrato improvvisamente negli occhi, ma non pianse; tentò di rimanere lucida, almeno finché era al telefono.
-Dovrebbe presentarsi al più presto qui a casa sua, sa… per l’eredità.
Sgranò gli occhi –Vuol dire che mi ha lasciato qualcosa?
-Non qualcosa, signora Stevens… tutto. Le ha lasciato tutto.

Non le sembrava vero poter rivivere una nuova avventura. E questa volta, era tutto vero, non era una semplice favola.
Era di nuovo giovane, era di nuovo viva. Era con Peter, pronta a volare verso l’Isola che non c’è.
Non importava se quello si trattava di un sogno, o peggio, se non si sarebbe mai più risvegliata.
Era pronta ad affrontare l’ultimo viaggio.









Salve a tutti!

Beh, prima di tutto, vogliate perdonarmi per l’enorme ritardo. Probabilmente, anche il prossimo capitolo farò parecchia difficoltà a pubblicarlo a breve: misto trasferendo, per motivi di studio, in un’altra città, perciò sono parecchio impegnata ^^
Ad ogni modo, questo è il nuovo capitolo e spero proprio vi sia piaciuto. Come avete visto, oramai, sono votata alle one-shot vere e proprie e quindi, nulla, questo capitolo è perfino più lungo di quello precedente.
Vorrei subito premettere che, questa volta, ho voluto dare alla coppia in questione una valenza non più romantica, com’era accaduto per le precedenti. Infatti, quella "e" di congiunzione tra Peter ed Alice, al posto della solita stanghetta, non è stata messa tanto a caso: Alice, che ho preferito renderla molto più vecchia di Wendy per motivi cronologici (“Alice nel Paese delle Meraviglie” è del 1865, “Peter Pan” è dei primi anni del ‘900), non è innamorata di Peter in sé (anche perché, la cosa sarebbe alquanto malata e disturbante o.o), ma dell’idea stessa che incarna questo ragazzino: la libertà, l’eterna avventura e giovinezza. Mi sembrava molto appropriato, per una come Alice.
Mi sono divertita molto a scrivere questa storia: in realtà, all’inizio la trama era completamente diversa, la sua amicizia con Wendy era molto più marcata e il suo rapporto con Peter lo era molto meno. Tuttavia, scrivendo, le situazioni si sono evolute da sole, senza che io dovessi progettare nulla. E’ stato un po’ come se fossero gli stessi personaggi a guidare me e, anche se il capitolo non dovesse risultare bello ed appassionante, spero che comunque vi sia piaciuto almeno un pochino.
La prossima coppia… beh, è particolare, sicuramente. A me piace molto, è una delle mie preferite. Sono due villains, non i miei preferiti, ma che sicuramente lasciano il segno (a lei, tra l’altro, hanno fatto cantare quella che è, a mio parere, una delle più belle canzoni cantate dai cattivi). Se dovessi usare una parola per descriverli, direi che tutta la loro storia si basa sull'apparenza: belli fuori (oddio, lei non proprio, ma se avete capito a chi mi riferisco, capirete anche che cosa intendo) ma marci dentro.
Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo, chi lo farà con questo e chi segue assiduamente questa raccolta.
Pasticcini per tutti!
Cosmopolita
   
 
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