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Autore: SagaFrirry    31/08/2015    0 recensioni
Kasday, figlio del dio del Kaos, nasce come divinità dell’equilibrio in mezzo ad una guerra fra la sua famiglia e gli alleati della Dea del Destino. Riuscirà, fra rinascite, angeli, demoni e mutamenti, a svolgere il suo ruolo e trovare il suo posto? Una storia creata anni fa (il lontano ormai 2008) dove il tutto ed il nulla si mescolano, dove i concetti di giusto e sbagliato si confondono. Da uomo a donna, da angelo a demone, da vittima a carnefice..sarà lui il nuovo tutto..od il nuovo nulla?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'La città degli Dei'
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XXXII

 

RICOMINCIARE

 

 

L’Equilibrio sbadigliò. Guardava fuori, annoiato. Vide passare il Dio dell’inverno, da solo. Significava che la primavera era ancora lontana, perché questa iniziava solo quando quel Dio e la Dea dell’estate si avvicinavano. Era notte fonda e fuori splendevano tutte le stelle. Com’era diversa quella notte rispetto a quella in cui era nato! Canticchiava per i corridoi del suo palazzo con le mani in tasca. Era di buon umore, abbastanza rilassato da essere quasi in procinto di fare le fusa.

Buttò l’occhio nella sua camera, dove era assopito Vereheveil. Vide l’inarcarsi della sua spina dorsale e l’attaccatura delle ali nere. Il suo respiro regolare faceva ondeggiare le penne che gli partivano dal dorso. Pensò a quanto bello fosse il contatto fra la sua e la propria pelle.

Il nero del lato sinistro del Dio dell’Ordine era particolarmente sensibile ed era stranamente liscio e freddo, come un metallo o un vetro, e fremeva al contatto con le piume oscure e morbide dell’angelo delle Letterature. Pensò a quanto fosse piacevole l’incontro fra le loro labbra ed il loro petto, stretti in un abbraccio ed in un bacio che pregavano sempre non finissero mai.

Quando tempo era passato? Non lo sapeva nemmeno lui.

Si guardava allo specchio e cercava di ricordare come era stato una volta, senza riuscirci del tutto. Respirava l’aria limpida della notte, sorridendo alle stelle. Vide suo figlio, Kavahel, passare da una stanza all’altra.

“Giovanotto! Cosa fai sveglio a quest’ora?”.

Il bambino sorrise: “Niente! Volevo giocare!”.

Kasday gli fece segno di uscire all’aperto e si sedettero sull’erba. Era alto come una delle gambe del genitore e lo guardava con  immensi occhi dorati, avvolto in un mantello rosso.

Danzava al ritmo di una musica che si cantava nella testa e l’Equilibrio sorrise nell’osservarlo.

 “Sai, papà? Oggi succederà qualcosa di speciale!”.

“Cerchi di anticiparmi? Ti ricordo che io governo anche il destino!”.

“Sì, ma io controllo te! Ricordi cosa hanno detto gli Alti? Quando tutto finirà, resterò io, io soltanto. Io sarò più potente di te!”.

“Sarai! Per ora stai a terra, piccoletto!”.

Risero assieme. Kasday non aveva capito le parole di quella profezia. Alla fine di tutto?

Si sosteneva che alla fine ci fosse sempre il Kaos, ma evidentemente non era così.

Suo figlio aveva l’essenza necessaria per controllare lui, Dio triplice, e la sua eventuale caduta.

 Ora era tranquillo, non sentiva più le voci nella testa degli altri due creatori. Avvertiva ed usava i loro poteri e le loro facoltà senza problemi. Era calmo, in perfetto equilibrio.

Quello che doveva impedire, era che nascessero un altro Kaos ed un altro Destino. In questo caso l’ordine si sarebbe infranto e sarebbero stati guai. Specie ora che le essenze estranee si erano fuse, con il tempo, alla sua, divenendo una sola: indivisibile. Sbadigliò, annoiato dal silenzio.

“Oggi è l’ultimo giorno dell’anno” esclamò il bambino.

“Ah sì? Solo altri attimi in più. Cosa vuoi che sia un anno in più…di fronte all’eternità?”.

“É vero che tu sei vecchio di Ere, papà?”.

“Vecchio? Io non sono vecchio! Ce ne sono molti più anziani di me!”.

Kavahel lo guardava dubbioso: “Chi, per esempio?”.

“Lui!” rispose l’Equilibrio, indicando il Dio del Tempo, che stava risalendo la collina su cui loro due stavano e su cui sorgeva il palazzo.

Il Tempo salutò il piccolo, che gli corse incontro.

 “Cosa ti porta qui?” chiese il padrone di casa.

“Niente. Ma mi han detto che un uovo potrebbe schiudersi questa notte, ed io ero curioso di assistere a questa cosa”.

“Sì, sì, è vero! È l’uovo del mio fratellino che stanotte si schiuderà!”.

Kasday fece una smorfia.

“Non è detto che sia stanotte…ma se vuoi stare qui nel frattempo…”.

Il Dio del Tempo entrò nel palazzo, con entusiasmo. Il Dio bambino rimase all’esterno, giocando con le creature dei genitori: il gatto blu e cremisi ed il gufo dagli occhi dorati.

I due adulti presero posto nella stanza dei ricevimenti. Il Tempo tornò a concentrarsi sulla pendola che scandiva i secondi con precisione impeccabile.

“C’è più disordine rispetto a quando sono stato qui l’ultima volta…” fece notare l’ospite.

“Chissà perché!” rispose, sarcastico, l’Equilibrio, lasciandosi cadere pesantemente su una sedia. “Sei nervoso?” chiese il Tempo.

“Dovrei?”.

“Forse. È pur sempre una nuova vita…”.

“È un uovo…non può succedergli niente di male!”.

“Sarà…”.

“Una cosa mi preoccupa, però…”.

“Parla, piccolo”.

Piccolo?

“Non riesco a vedere il suo futuro. Non riesco a scorgere cosa nascerà. Cosa strana…devono essere gli Alti che hanno deciso di interferire, perché i miei poteri sono limitati nei confronti della mia creatura”.

“Credo sia il motivo per cui la Dea del Destino non aveva figli. Non le davano il permesso di avere controllo su di loro e quindi ha preferito non averne”.

“Che motivo stupido…” disse l’Equilibrio, sorseggiando un liquore rosso e reggendosi la testa con la mano.

“O, forse, gli Alti non vogliono farti sapere che da quell’uovo nascerà un mostro gigantesco e deforme che ti mangerà!” ironizzò il Dio del Tempo.

“Ma vaffanculo!” sibilò Kasday, non  trovando per niente la cosa divertente.

“Scherzavo! Sono sicuro che sarà bellissimo! É sempre tuo e di Vereheveil, come Kavahel?”.

Il padrone di casa annuì: “Sì, è nostro. Ma sono un po’ inquietato dall’idea che è il primo figlio che ho…in questo stato!” rispose, indicando se stesso con l’agitare delle dita affilate della mano sinistra. “Non so cosa aspettarmi. Forse è stato un errore decidere di avere un altro figlio…se gli Alti mi hanno dato questo corpo, incapace di amare allora, forse, non dovevamo…”.

“È  il cuore che ama, non il corpo!” lo interruppe il Tempo.

L’ospite sorrideva, camminando per la stanza con  il suo pendolo.

“Tu non hai famiglia, Tempo?”.

“Io? Certo. Avevo una moglie”.

“Avevi?”.

“Sì, non lo sai? La tua testa non ti dice nulla?”.

La mia testa? Cosa dovrebbe dirmi?

“Figli? Ne hai?”.

“No. La donna che amavo non ha mai voluto averne. Ed io stavo bene così”.

“Cos’è successo? Perché parli al passato? È fra gli Alti?”.

“Più o meno. Ad ogni modo…la nostra storia era terminata da secoli. Lei preferiva altre compagnie…”.

“Mi dispiace…”.

“Una parte di te non lo pensa davvero”.

È vero. È come se qualcosa dentro di me mi dicesse che non mi devo rattristare per il destino di…il destino?

“Eri il compagno della Dea del Destino?!”.

Il Tempo fermò il suo pendolo. I secondi dell’orologio non avanzarono più.

“Che reazione, amico mio! L’hai detto tu che era acqua passata…roba vecchia! E, ad ogni modo, perché non me lo hai mai detto?”.

Il Dio con i capelli pettinati ad otto teneva stretto il pendolino nel pugno, senza farlo oscillare: “Perché mi faceva innervosire solo il pensiero…sai che significa dover fare questo movimento insulso ogni secondo, senza mai fermarsi, per l’eternità? L’unica consolazione e diversivo che potevo avere era la mia bellissima Dea. Ma poi…te la ritrovi da sola, in camera, con il Dio delle Letterature che le legge una favola! E la senti accusare, ogni volta, che nessuno le vuole bene e che nessuno viene a trovarla, se non per motivi burocratici. Tu la perdoneresti?”.

“Ti ricordo che il Dio delle Letterature che legge le favole è Vereheveil, l’angelo con cui sto per avere il secondo figlio. È la vita…”.

Non aveva mai visto, prima di ora, il Tempo arrabbiato o scosso in qualche modo: era sempre imperturbabile e tranquillo.

“Devo dirti una cosa, assolutamente!” esclamò il Dio delle Ere, girandosi verso Kasday e guardando il suo occhio viola.

“Ok..dimmi” balbettò questi, sconcertato.

“Stronza!” sibilò il Tempo “Io ero il Dio più paziente di tutti gli Universi e tu ne hai approfittato!”. “Và bene…adesso basta! Non stimolarla ulteriormente. Non voglio sentire la sua voce ancora nella testa, ora che stanno in silenzio i due litiganti, dopo tanti secoli di insulti e chiacchiere. E, per l’amor degli Alti, non fate la pace! Non sopporterei l’idea di baciarti…”.

Il Tempo si mise a ridere: “Santi Dèi! Che pensiero raccapricciante! Da chi hai preso il senso dell’umorismo? Da tuo padre e da tua madre no di certo!”.

“Forse dallo zio…”.

 L’ospite ridacchiò e fece ripartire il pendolo: “Grazie, Kasday. Non sai quanto mi abbiano fatto bene queste poche frasi fra noi!”.

L’Equilibrio alzò le spalle, come a voler dire: non so se sei pazzo oppure no, ma se basta così poco a farti felice…

“Tu non sei mai venuto a trovarmi nel mio pianeta, per paura del mio terzo occhio viola?!”.

“Volevo essere sicuro di non dover sentire la voce di quella…”.

“Non spaccare la faccia di Vereheveil, se ti capita di vederlo. Ci tengo al suo bel visino”.

I due si misero a ridere, pur non capendo perché lo facessero.

 “Dicevano che pregavi affinché la tua situazione cambiasse presto. Invece, ora, mi sembri tranquillo” iniziò a parlare il Tempo, cambiando argomento.

“Ora sto bene. Non ho più voci nella testa che mi insultano e borbottano di continuo. È scocciante essere mio padre ma…ci si abitua a tutto, pian piano! Ho imparato ad accettare quello che sono e le mie responsabilità, gestendo i miei poteri. Sono felice. Non potrei chiedere altro, ora che fra me e Vereheveil è di nuovo tutto sottocontrollo”.

“É davvero così dolce?”.

L’Equilibrio guardò il Tempo, senza capire.

 “Vereheveil intendo. É davvero così dolce come lei mi ha detto?”.

Kasday non rispose. Aprì la bocca e la richiuse, non sapendo che dire.

 “Lei mi accusò di essere freddo, calcolatore, troppo preciso e fiscale. Monotono e prevedibile. Ma, cazzo, donna! Sono il Tempo! Cosa pretendi?! Che saltelli di qua e di là scombinando lo scorrere delle ore?”.

L’Ordine continuò a non parlare. Il Dio con il pendolo si ricompose e sospirò. Si sedette, con lo sguardo perso nel nulla. L’Equilibrio intravide il Dio della Vita. Si alzò in piedi, giocherellando con la sfera della Dea del Destino. La faceva correre, con la mente, fra le gambe delle sedie e del tavolo, per poi farla arrivare ad un mucchietto di giocattoli di Kavahel messi in pila, che abbatté. Esultò, alzando le braccia al cielo.

“Sei peggio dei bambini…” gli disse il Tempo, che si sistemava il boccolo verticale dei suoi capelli.

“Vuoi una mano?” domandò divertito il padrone di casa, mentre iniziava a fare dei palleggi con la sfera.

“Non mi serve, grazie. Avevo questo taglio di capelli quando ancora il tuo maestro, il vecchio Equilibrio, si disperava perché le piante del suo giardino crescevano con un busto a 88 gradi rispetto al terreno e non a 90! E sta attento a quella palla! Se cade, si disintegra in migliaia di pezzi. Voglio proprio vederti a rimettere assieme tutti i vetrini! Uno ad uno…”.

Si mise a ridere, mentre l’Ordine faceva giravolte e giochetti con la sfera fra i piedi. Poi la ripose, soddisfatto di aver fatto cretinate a sufficienza per quel giorno.

“Ah, sì. Buon anno, Kasday!”.

La divinità triplice non rispose.

Cos’era un anno in più? Perché festeggiarlo? Per quale motivo tutti ci tengono a ricordarmi che un altro, stupidissimo, anno sta per passare? Sospirò.

Il suo nuovo Messaggero, Nosmagiès, apparve felice e ripose con cura la sfera di cristallo nel giusto posto. Erezehimsay lo osservava, controllandone i movimenti. Poi entrambi se ne andarono, alla ricerca di Kavahel. Il bambino li vide ed iniziarono a rincorrersi, mentre la luce del Sole entrò dalla porta.

Ma è notte!

Era il Dio del Sole a portare quella luce.

“Cosa fai anche tu qui?”.

“Voci di corridoio” rispose il Dio del Sole, tenendo per  mano la figlia, che assomigliava tantissimo alla Dea dei Satelliti.

“Party di capodanno?” domandò l’Equilibrio e scoppiò di nuovo a ridere, forse un po’ brillo.

 Era dalla mattina presto che beveva per scacciare molti pensieri scomodi.

Vereheveil corse lungo il corridoio: “L’uovo! Si sta aprendo l’uovo!” esclamò con  gioia. 

“Te lo avevo detto che nasceva stanotte!” affermò il Dio con il pendolo.

L’Equilibrio sbirciò fuori dalla stanza, in attesa: non voleva entrare a guardare. Forse era un po’ turbato dalle frasi che gli aveva detto il Tempo.

E se avesse ragione? E se nascesse un mostro o un qualcosa di anomalo? Sarebbe solo colpa dei miei geni mutanti ed insoliti.

Scese il silenzio, mentre i minuti scorrevano. L’Equilibrio si pettinava nervosamente, girava gli occhi e contorceva le mani. Suonò la mezzanotte: cominciò il nuovo anno. cominciò una nuova Era!

Ed al dodicesimo rintocco entrò il Dio della Vita, raggiante e sereno. Dietro di lui, ecco arrivare Vereheveil, soddisfatto ed orgoglioso. Teneva fra le braccia due gemelli, un maschio ed una femmina.

Kasday spalancò gli occhi.

La femmina portava sulla fronte il simbolo del Kaos, il maschio quello del Destino.

 

 

FINE

 Siamo giunti alla fine. In realtà questa storia prosegue con altri due volumi, che non so ancora se caricherò. Vedremo che ne pensate! Per ora, grazie di essere giunti fino a qui

   
 
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