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Autore: SakiJune    01/09/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Ed eccoci alla conclusione.
L'ultimo cerchio da chiudere.
Grazie per aver letto e seguito questa storia :) Saki

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Il testamento, un cubo di dati poco più grande di una noce, è in bella mostra sul tavolo del soggiorno. È la sua ultima notte. Domani, generazioni di Lungbarroviani giunti da ogni angolo del pianeta si stringeranno nella stanza ad attendere la nomina del nuovo Kithriarca. Non è stato facile scegliere. È tornata ad essere a pieno diritto una delle Grandi Case, ora. I suoi abitanti si sono mescolati ad altre Famiglie, ad altri Capitoli, ad altre razze persino, ma lo spirito prydoniano di geniale sregolatezza permane nel loro sangue.

 

Aveva creduto che Kedred sarebbe stato il padre di tutti i suoi figli.
La famiglia si era stupita, e forse segretamente indignata, quando aveva portato con sé dalla Terra il suo nuovo sposo, come uno sgraziato trofeo, una rivincita insieme ovvia e inaspettata.

Si erano sentiti un po’ presi in giro, sospettosi riguardo a ciò che consideravano un capriccio, una follia… eppure Malcolm aveva saputo conquistarli, dal primo all’ultimo. Oh, se era valsa la pena lottare dolcemente e penetrare la sua corazza di orgoglio, fino a persuaderlo che venti o trent’anni non erano abbastanza per lei, che se c’era sulla Terra un uomo degno di diventare un Signore del Tempo, non avrebbe scelto nessun altro -

Oh, beh. Era di parte, lei. Ma aveva avuto ragione.

 

Era stata così stupida a giudicare sua madre.

Era giovane, allora, e già credeva di sapere come gira il mondo, o come dovrebbe girare. Amava, e credeva che il suo fosse l’unico modo di amare - credeva di poter plasmare il mondo intorno senza conseguenze...

Uno dei suoi rimpianti più grandi era rimasto questo; poterle dire che ora riusciva a comprendere i suoi sentimenti. Che, adesso lo sapeva, Damon aveva salvato Gallifrey, che la sua vita era stata degna e nobile quanto quella di suo padre, e il suo sacrificio uno degli atti più puri nella Storia di ogni epoca.

Ma di Ada Markham non rimaneva che polvere, nella tomba di famiglia dei Lethbridge-Stewart.

E persino del Dottore non rimaneva che...

 

Ha un sussulto. Il suo petto incavato si espande della vitalità di un’idea folle. Le gambe la sorreggono fino alla vecchia camera da letto dei suoi genitori, rimasta vuota per secoli, ma che la Casa non aveva mai cancellato né cambiato di una virgola, e si dirige sicura al cassettone, sottraendo all’oblio il vecchio orologio del professor Drax per destinarlo al compito più ambizioso mai toccato ad un Arco Camaleonte.

La sua TARDIS è parcheggiata da ormai troppi anni in uno scantinato dell’ala nord. Quando finalmente poggia le vecchie mani nodose sui comandi, il suo corpo è stremato, ma le labbra screpolate sono curve in un sogghigno un po’ sinistro, un po’ ingenuo.

Conosce ancora le coordinate a memoria. Conosce il tempo che deve oltrepassare, la notte in cui l’undicesima incarnazione di suo padre ha visitato la tomba insieme a Clara e all’ologramma della coscienza di River Song. Da quel momento in poi non esiste più alcuna profezia, alcun punto fisso, solo uno strappo nel tessuto della realtà che contiene la pura essenza del Signore del Tempo più straordinario che abbia mai conosciuto.

Conosce il nome che aprirà le porte, ancora una volta. Dalle pieghe della veste estrae l’orologio, lo apre, l’osserva risucchiare la luce finché non rimane che vuoto.

Trenzalore è solo un pianeta deserto, ormai.

Al ritorno lascia impronte della sua polvere sul pavimento di ogni stanza che attraversa, prima di giungere, ormai senza fiato, ad una porta chiusa a chiave. Il Telaio di Lungbarrow non è che un vecchio cimelio del passato.

Si arrampica fino in cima, scoperchia la sezione di amalgama dati. È qui, è questo… Si lecca le labbra, che brillano per un istante nella penombra - dono fuggevole del chiarore lunare che filtra da una finestra semioscurata dai secoli.

Ecco.

Apre nuovamente l’orologio e guarda la luce convergere nello spazio che ha aperto, raggi che si attorcigliano come viticci e scendono ad esplorare la nuova prigione. In breve, tutto è concluso. Risigilla il coperchio, si lascia scivolare giù fino a toccare terra. Ha dimenticato il cacciavite sonico sul tetto del Telaio, ma non tornerà a riprenderlo.

Un giorno, a causa di un’epidemia, di un conflitto, di un evento che nemmeno le sacerdotesse di Karn potrebbero prevedere, qualcuno lo rimetterà in funzione, e i geni si mescoleranno come in una Sfera Centrifuga delle bancarelle a premi durante la Ricorrenza dell’Altro. Quante probabilità ci sono che possa rinascere ancora una volta?

Lei non lo vedrà, ma ha la certezza che saprà ritornare. Lui torna sempre.

 

Nelle sue iridi offuscate brilla per un istante l’eco della bambina egoista che è stata, quasi settemila anni prima.

La bambina che aveva dato il colpo di grazia al già fragile matrimonio di sua sorella, gelosa senza alcuna ragione, gelosa di suo padre, gelosa di Kedred, della bellezza di lei.

La bambina a cui un giorno avevano spiegato che non poteva vivere sulla luna, perché era velenosa, e si era tuffata nel progetto di una tuta a prova di taranio.

Non è mai cresciuta, Thistleswincetlungbarrowmas, anche se ha contato quasi cinquanta Presidenti dalla sua nascita.

 

Se sono ancora vivo, dopo tutto questo, è perché ci sei tu. Perché sei la mia bambina adorata e non ho ancora visto abbastanza di te.

 

Sente scricchiolare un armadio nel vecchio guardaroba; un’anta si apre. Oh, ecco dov’era...

La poltrona accoglie lei e il suo bottino di lana morbida. Sente freddo.

 

Tu sei tutta la mia vita, tutta la mia speranza. Sei la ragione per cui chiamo ancora questo pianeta “casa”.

 

Si avvolge la sciarpa intorno al collo e alle spalle, fingendo di essere di nuovo nella Galleria Sotterranea, e risente il profumo di borotalco e menta.

 

E il vento mormorerà il tuo nome,

gli uccellini canteranno in coro,

le foglie s’inchineranno ai tuoi passi

e suoneranno le campane del mattino.

 

Era così dolce… così…



   
 
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