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Autore: Lady A    01/09/2015    6 recensioni
Una solida amicizia che la disperazione spezza come una fragile catena.
Il grido disperato di un amore mai immaginato.
Sentimenti ed emozioni che come calda lava avvolgono e bruciano inaspettatamente il cuore.
Cenere che vola via, trasportata da un dolce zefiro.
Scoperte e sofferenze per giungere ad un solo ed inevitabile epilogo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cenere

 
 [André]

L’alba è sorta da molte ore agli occhi al Mondo. Un nuovo giorno è nato ma esso non assaporerà mai le carezze delicate del sole. L’oscurità ha crudelmente inghiottito ogni viva fonte di luce e speranza. Un terribile temporale impazza facinoroso e inarrestabile, sradicando case e alberi, spezzando inesorabilmente via vite umane, straripando torrenti, laghi e fiumi, abbattendo le statiche barriere di volontà imposte dell’uomo e dalla Natura. Un fulmine sconquassa violento il petto del cielo, ridestandomi bruscamente dalle densi coltri del sonno. Apro l’occhio e il buio mi avvolge nella sua più completa intensità. La mia vista è nuovamente offuscata da un impalpabile velo di nebbia, che lentamente, si dissolve in barlumi di vacuità. Temo sempre di più l’arrivo del giorno in cui essa diventerà la mia unica compagna di vita, la mia condanna all’ombra eterna. Lentamente, mi muovo tra le caldi coperte che pacatamente, lambiscono il mio corpo fino al busto. Un mite ricordo soffia imperioso e ardente sui sentieri della mia ragione. Mi volto e ciò che vedo mi lascia senza fiato. I suoi biondi capelli sono disordinatamente sparsi sul cuscino, come una pioggia di stelle. I fugaci bagliori della tempesta ne illuminano la bianca pelle, splendente come la luna Regina del cielo. Le sue labbra dolcemente schiuse, che di deliziosa Ambrosia hanno teneramente nutrito il mio corpo, i miei sensi e il mio spirito, tremano appena, immerse in un labile confine tra sogno e realtà. Improvvisamente però, il mio respiro si ferma. Il mio cuore vibra di una triste nota di agonia. Ancora persa nei dedali velati del suo riposo, piccole scie di rugiada le solcano e bagnano irrimediabilmente il viso, morendo sul freddo candore delle lenzuola. La vedo muoversi lentamente, piegando le labbra in una smorfia di pura sofferenza. In balia di questo infelice tormento, la nostra pelle nuda si incontra e si sfiora, il mio cuore la cerca ma non la trova. Poi dalla sua bocca una triste e lacerante verità.

«Fersen…».

Lo sussurra, lo implora, lo prega, lo sogna una volta e poi all’infinito, come una condanna.
Avverto il mio corpo tremare. Un freddo pungente discende inesorabilmente su di me, lambendo di gelo la mia anima, togliendomi per un secondo il respiro e forse la vita. E’ questa la morte? I battiti del cuore si disperdono in un oceano liquido di infinita amarezza e agonia. Ancora una volta l’oscurità totale cala silenziosamente su di me. L’eco di un tuono si disperde improvviso tre le mura della stanza, mettendo in allerta i miei sensi.

E’ sempre lui che pensi e ami, Oscar.
Le tue labbra sono colme solo del sapore del suo nome, ed è pensando a lui che questa notte hai sospirato calde note di intensa passione.
Eppure per un attimo mi sono illuso, sono stato proprio uno sciocco Oscar, lo ammetto!

Un lampo rischiara nuovamente di vita il buio segreto del mio sguardo. Ancora accanto a lei su questa tiepida alcova di sole spine, raccolgo stancamente le mie vesti. La pioggia continua a battere incessante, la osservo attraverso i vetri offuscati delle finestre. Sono lacrime del cielo. Con l’angoscia nel cuore, sfiorato da questo suono bagnato, mi alzo e mi rivesto velocemente. Il suo odore di donna carezza ancora il tessuto dei miei vestiti. Con cautela, la contemplo un’ultima volta, vorrei rubarle un ultimo bacio, ma non lo faccio. In silenzio mi allontano, ma un rumore alle mie spalle, un denso fruscio di coperte, pone definitivamente fine alla mia esistenza. E’ la mia triste discesa verso la città di Dite, si spalancano le porte dell’Inferno.
 


[Oscar]

L’ennesimo grido del cielo si abbatte su di me, ridestandomi dalle ceneri opache del sonno. Una profonda oscurità dipinge di gocce di fiele, il cobalto intenso della volta celeste. Un senso di nausea opprime le pareti del mio stomaco avvezze ormai da anni, ai sapori intensi e stordenti dell’alcool, nettare Divino della mia esistenza. Lentamente apro gli occhi e un’inesorabile emicrania frena per alcuni istanti il flusso lieve del mio respiro. Un gelo improvviso, rasenta il mio corpo e il mio cuore, facendomi rabbrividire. Stancamente, mi muovo tra la fredda marea delle lenzuola, che come mite pioggia scivolano e carezzano le insolite nudità della mia pelle. In un fugace attimo realizzo il perché. Il cuore e il Mondo si fermano, i miei occhi si colmano di incertezza e sgomento. Ricordi inaspettati di un’insensata passione, attraversano e incendiano di disonore gli orli della mia ragione. Velocemente, mettendomi a sedere, guardo dinanzi a me, riconoscendo tra il limbo delle ombre, la sua figura. E’ immobile e di spalle, come pietrificato.
«Dimmi che non è vero André…». Sussurro trafelata. Una feroce inquietudine si espande silenziosa e istantanea nel mio petto. Smarrita, lo osservo in attesa di ascoltare alle sue parole, ma lui indugia statico nella sua impenetrabile posizione.
«Dannazione André, rispondi!».

Signore, fa che non sia vero!
Non può essere vero!

«E’ soltanto un brutto sogno Oscar… E’ questo che vuoi che ti dica?».
In un secondo, la sua voce quiete ma tagliente pone fine ad ogni mia labile illusione. In quell’istante smetto di respirare e forse di vivere. Spire letali di fuoco bruciano di rancore le mura della mia esistenza.
«Come hai potuto André?!». Grido sconvolta, stringendo i pugni con violenza. Le mie labbra tremano intrepide. A fatica, trattengo un singulto d’orrore.
«Hai ragione, l’alcool mi ha annebbiato la mente, ti chiedo scusa… scusa davvero Oscar. Spero tu potrai perdonarmi…».
Impeccabilmente miti e arrendevoli, le sue parole si mischiano incolori, allo scroscio eterno del cielo. In un attimo, scivolo inerme e desolata nel ricordo del suo respiro sul mio collo, sui miei seni e sul mio cuore, ancora madidi dall’ardore dei suoi baci.

«Ti prego guardami Oscar. Io non sono il Conte di Fersen».
«Non lasciarmi André…».
 
Com’è potuto accedere?
Come ho potuto fare questo a me stessa e al mio amore per Fersen?
 
A passi lenti, senza mai voltarsi indietro, André abbandona i miei appartamenti. Con il respiro trattenuto e il terrore guizzante nel petto, scosto bruscamente le coperte, gettandole con frustrazione, sul pavimento. Il mio corpo trema nuovamente in balia del gelo della vita. Da molte stagioni, l’inverno giace in me. Alzandomi, copro il seno con un braccio, raccogliendo con l’altro, i miei indumenti gettati vergognosamente a terra. Mi rivesto velocemente, rianimando la stanza con il vellutato tepore del camino. I singulti infiniti del cielo si confondono con quelli silenti del cuore. L’eco amaro di quei baci bollenti e famelici e di quegli affondi delicati ma profondi, riprendono indecorosamente vita nella mia mente e con essi, affiora la morte.

Cosa ne sarà adesso della nostra amicizia, André?

Un lampo violento alle mie spalle illumina fugacemente il letto. Nei miei occhi aleggia lo sgomento. Un alone vermiglio imbratta il puro candore del lenzuolo. Un’istante dopo divampa spaurito tra le fiamme. Inerme, si dimena e si logora, spirando infine, in un triste cumolo cenere.


 
[André]

L’oscurità scivola lentamente in un orizzonte spoglio di stelle. E’ una notte senza luna, senza vita. Seduto su una poltrona, socchiudo distrattamente l’occhio rimasto, carezzato da una suadente melodia. In questo momento vorrei essere lì con lei, ad osservare le sue dita scorrere seducenti, sui tasti del pianoforte. Nutrirmi all’infinito della sua bellezza ed eleganza per custodirla gelosamente nell’avanzare della mia irrimediabile condanna. Ma la morte è discesa su di noi. Non un’ulteriore parola di biasimo dalle sue labbra dopo l’accaduto. Solo fredda e cruda indifferenza sul suo volto altero e imperscrutabile. Una maschera di ghiaccio. Interminabili silenzi riempiono le nostre esistenze. Da quella sera, i nostri sguardi non si sono più incontrati. Da quella sera, non esisto più per lei e forse, nemmeno per me stesso.

«André! André!!».
La voce della nonna mi ridesta dai miei pensieri. Mi volto verso di lei, che mi osserva preoccupata del piano superiore.
«Mi hanno detto che ieri mattina sei andato dal dottore, per quale motivo, André?».
«Niente di particolare nonna, una semplice… visita di controllo. Ha detto che l’occhio destro se la cava bene anche da solo». La tranquillizzo, indicando con un dito, una delle mie fonti di agonia.
«Mi fa molto piacere saperlo, André. Vedi, ero un po’ preoccupata per te, sì, il tuo comportamento era alquanto strano».
«Ah, non ti preoccupare, sto benissimo!». Rido per illudere me stesso. Rido per celare a lei e al Mondo la mia amara disperazione: Diventerò cieco. Per un attimo, il mio cuore smette di battere. Un fremito di terrore scuote il mio corpo. Mi alzo, raggiungendo mia nonna nelle cucine, desideroso di placare con l’alcool, i miei tormenti.
«André!».
Il suo richiamo risuona come un’amorevole rimprovero. Stringendo una bottiglia di vino e un bicchiere, mi ritrovo a sorridere impercettibilmente, voltandomi per guardarla.
«Sì?».
«Per favore, invece di perdere tempo a bere, dammi una mano. Porta questo vassoio a Madamigella Oscar!».
«Sì… sì, certo nonna, vado subito». Immediato, cedo alla sua richiesta.

Con disagio, reggendo il vassoio, entro nei suoi appartamenti. E’ seduta al pianoforte, i tasti si alternano velocemente sotto le sue eleganti dita, le stesse che hanno carezzato e denudato con passione e tenerezza, il mio corpo.
«Grazie André».
Le parole fluiscono gelide dalle sue labbra. Non un misero sguardo tra di noi. In silenzio, rimango ad ascoltarla e ad osservarla. Meravigliosa e leggiadra, esegue lo spartito con innata solerzia. Senza mai guardarmi, si alza e stringendo la tazzina, mi supera lentamente, fermandosi di spalle.  
«Bene Oscar, buona notte».
Mi congedo da lei, come da rito.
«Aspetta devo parlarti!».
E’ un ordine e io mi fermo all’istante.
«A prescindere da quello che è successo l’altra notte, avrei preso comunque questa decisione…».

Deglutisco a fatica.

Cosa stai cercando di dirmi Oscar?

«Dal momento che ho deciso di vivere come un uomo volevo dirti che non intendo più continuare ad avere il tuo aiuto, André. Vedi, ancora non so quale sarà il mio prossimo incarico, ma appena lascerò la Guardia Reale non avrò più alcun bisogno di te, sarai libero di fare tutto quello che desideri. Voglio cominciare a vivere per conto mio, senza appoggiarmi a nessuno. Buona notte».
Nessuna emozione nelle sue parole. Impassibile, si allontana nel gelo della stanza.   

Il respiro si spezza, la mia vita si spezza. Rabbia e frustrazione defluiscono inarrestabili nelle vene, sostituendosi al sangue.

Cosa hai intenzione di fare, Oscar?
Per quanto tempo ancora continuerai ad inseguire il miraggio di Fersen?
Vuoi fuggire da lui, dalla Regina e ora anche da me. Vuoi vivere come un uomo, ma credi davvero che questo ti impedirà di continuare a soffrire?
E’ una scelta inutile!
Tu sei una donna, Oscar.
Una splendida donna e non potrai mai cambiare la tua vera natura.
L’altra notte ti sei svelata per ciò che sei…
Non tagliarmi fuori dalla tua vita, Oscar!
 
Intimamente inquieto, la raggiungo.
In breve, la mia ragione si intinge di follia.
 
 

 
  
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