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Autore: blackphotograph    01/09/2015    1 recensioni
Louis lavora nello Starbucks in cui Harry prende il caffè, ma non scrive mai il nome giusto sul suo bicchiere.
Dal testo:
"Comunque credo di non aver capito cosa hai detto. Com'è che ti chiami?" chiese di nuovo, inclinando di poco il viso.
"Harry."
"Come? Henry?" chiese con una finta espressione confusa, con le sopracciglia aggrottate in modo realistico, tradito solo dal solito sorriso a piegargli le labbra.
"Harry! Come il principe ed Harry Potter. Harry. Non mi sembra così complicato"
(Harry/Louis) student!Harry starbucksworker!Louis
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ormai per Harry era un'abitudine quella di trovarsi nello Starbucks vicino alla sua università di venerdì mattina, quando non aveva lezione, per  rilassarsi per un po' davanti ad un libro e al suo cappuccino al cioccolato con doppio zucchero e doppia panna, perché come diceva sempre sua nonna, "Nel caffè, come nella vita, la dolcezza non è mai troppa!". L'unica variante che si concedeva era di berlo freddo d'estate, quando il caldo era già abbastanza di per sé.
A metà semestre però, gli era stato comunicato per mail che fino alla fine dell'anno le lezioni di giovedì sarebbero state posticipate a venerdì, costringendolo a cambiare i suoi piani.
Harry, da bravo animale abitudinario qual'era, non cambiava qualcosa finché non era strettamente necessario, anche se non era un problema per lui farlo.
Perciò quando dovette riprogrammare la sua settimana, non fece troppe storie e si presentò al suo solito Starbucks, di giovedì mattina, con il suo libro fra le mani e il portafoglio in tasca. Non gli serviva altro.
Quando, dopo essere entrato nel locale, arrivò alla cassa, rimase sorpreso, stupidamente, di non trovare la solita ragazza a prendere la sua ordinazione.
Sicuramente avrebbe dovuto aspettarselo, dato che molte persone lavoravano in quella catena, ma ci rimase comunque un po' male, avendo instaurato una specie di amicizia con Rachel, la ragazza che vedeva ogni settimana da mesi.
Al suo posto c'era un ragazzo che avrà avuto più o meno la sua età, gli occhi brillanti puntati sul bicchiere sul quale era intento a scrivere il nome del cliente di turno, i capelli castani che gli ricadevano casualmente sulla fronte, mentre sfornava un sorriso di circostanza alla ragazza davanti a lui, porgendole il suo scontrino.
Certo, Harry si era affezionato a Rachel, ma se ne sarebbe fatto una ragione. Decisamente. 
Gli occhi del ragazzo si fissarono nei suoi, quando fu il momento di fare la sua ordinazione. Ebbe la sensazione che quello sguardo freddo lo avesse ucciso e poi resuscitato, perché era una punizione troppo crudele non lasciargli ammirare quell'azzurro.
"Ciao, cosa vuoi ordinare?" La sua voce era sottile ma adulta, non possedeva quella sfumatura infantile che a volte è presente nelle voci più acute.
"Vorrei, un cappuccino al cioccolato con doppio zucchero e doppia panna, grazie" rispose cortesemente Harry, quella frase detta e ripetuta migliaia di volte, che ormai lasciava le sue labbra come fosse una filastrocca imparata a memoria.
Il ragazzo dietro la bancone fece una smorfia, quasi un ghigno, alzando solo un angolo della bocca in un sorriso sghembo.
"Il caffè ti piace amaro, a quanto vedo." Harry rimase un po' spiazzato dalla sua scortesia, che non si trovava tanto nelle parole pronunciate, ma nel tono aspro con cui lo aveva fatto.
"Scusa, ma come prendo il caffè non sono affari tuoi, mi sembra, limitati a prendere le ordinazioni. E fra parentesi, c'è già la vita ad essere amara, non ho bisogno che lo sia anche il mio caffè." Il ragazzo scoppiò a ridergli in faccia, non riuscendo a trattenersi.
"Oh, abbiamo un piccolo filosofo, qui! Senti se la vita è amara, non sarà certo il tuo cappuccino a migliorarla" disse sfacciato, guardandolo negli occhi.
Harry era bravo a provocare, lo era sempre stato. Da piccolo risultava semplicemente un bambino timido che a volte diventava fastidioso, quando iniziava ad infastidire il compagnetto di turno. Col passare degli anni aveva imparato a capire quando era il momento di semtterla, ma aveva anche capito che con un pizzico di malizia in più l'arte della provocazione era tutta un altra cosa.
Si appoggiò con entambi i gomiti al bancone, sporgendosi in avanti mettendo su un'espressione che sapeva aveva fatto tremare ginocchia a ragazzi e ragazze.
"Ci vuoi pensare tu a migliorarla?" disse piano e lentamente, urlando internamente di vittoria quando vide l'espressione del ragazzo dagli occhi azzurri cambiare, il sorrisetto strafottente che gli spariva dalla faccia.
"Mi dici il tuo nome?" sussurrò altrettanto piano quest'ultimo, avvicinandosi impercettibilmente al cliente del locale.
"Harry" rispose lui, accompagnando il suo nome con un sorriso. "E il tuo?"
"Scusa, ma non penso ti serva sapere il mio nome. Io avevo bisogno del tuo per scriverlo sul bicchiere" disse subito, raddrizzandosi con la schiena e sorridendo vittorioso.
L'aveva preso in giro. Harry era rimasto con un'espressione da pesce lesso dipinta in faccia, mentre si rendeva conto di aver perso al suo stesso gioco. Il piccolo bastardo aveva fatto finta di starci e poi l'aveva sbeffeggiato. Harry però lo riconosceva, era stato un degno avversario, tenendo la faccia da poker per tutto il tempo, illudendolo.
"Comunque credo di non aver capito cosa hai detto. Com'è che ti chiami?" chiese di nuovo, inclinando di poco il viso.
"Harry."
"Come? Henry?" chiese con una finta espressione confusa, con le sopracciglia aggrottate in modo realistico, tradito solo dal solito sorriso a piegargli le labbra.
"Harry! Come il principe ed Harry Potter. Harry. Non mi sembra così complicato" rispose scaldandosi il riccio, sapendo benissimo che gli stava dando esattamente quello che voleva irritandosi, ma non riuscì a trattenersi.
"Va bene, ma non ti arrabbiare!" rise ancora il ragazzo dagli occhi azzurri. 
Anche se in quel momento era irritato, Harry non riuscì a non trovare adorabile il modo in cui stava ridendo, arricciando un po' il naso. 
Maledette rughette intorno agli occhi. Maledetti occhi azzurri. Maledetto tizio di cui non sapeva neanche il nome.
Lo guardò afferrare un bicchiere e scriverci velocemente qualcosa sopra con il pennarello, per poi posarlo sul bancone e stampare lo scontrino, porgendoglielo.
"Puoi ritirare il caffè quando sentirai chiamare il tuo nome. Grazie ed arrivederci." Harry rimase di fronte a lui giusto il tempo per vederlo di nuovo sorridere, questa volta senza malizia, ma semplicemente divertito.
Prese il suo scontrino e si recò ad un tavolo, non troppo lontano dal bancone, ad aspettare che il suo nome venisse chiamato. Aprì il suo libro, ma non lesse neanche mezza parola.
Continuava a sbirciare da sopra le pagine verso la cassa, sentendosi un po' come in uno di quei cartoni animati in cui le persone fanno le disinvolte dietro a giornali con i buchi per gli occhi.
Uno dei suoi sguardi venne intercettato, da quegli occhi azzurri che non riusciva a levarsi dalla testa. Vide il ragazzo alzare le sopracciglia nella sua direzione, in un'espressione scocciata, come a chiedere cosa ci fosse da guardare, poi però, subito dopo sorrise guardandolo, prima di abbassare lo sguardo e scuotere la testa, sempre con le labbra piegate all'insù.
Harry sentì uno strano calore all'altezza dello stomaco e abbassò gli occhi a sua volta, perdendosi così quello che stava succedendo dietro al bancone in quel momento.
Il ragazzo addetto a preparare i caffè, si era ritrovavato con un'espressione confusa sul viso, mentre fissava il bicchiere che aveva tra le mani. Si avvicinò poi al suo collega dagli occhi azzurri che stava alla cassa chiedendo spiegazioni, ricevendo in risposta una risata e un cenno con la testa, proprio verso il ragazzo seduto a pochi metri da lì, che sembrava immerso nella letteratura di un libro.
"Hey, Riccio!" urlò allora questo, ormai rassegnato alla coglionaggine del suo collega.
La testa di Harry scattò verso l'alto, appena sentì il richiamo. Si guardò intorno spaesato, prima di scorgere un ragazzo con in mano il suo cappuccino che lo guardava sorridendo.
Dopo essersi alzato dal tavolo si avvicinò al bancone, prendendo in mano il bicchiere caldo che gli veniva offerto.
"Penso che sia per te" disse sorridendo il ragazzo dai capelli biondi, presumibilmente quello che aveva preparato il contenuto del bicchiere.
Harry girò confuso l'oggetto per poter leggere quello che vi era stato scritto sopra. Non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere, voltandosi subito verso quello che sapeva essere il colpevole, che però tenevagli occhi sulla cassa, cercando malamente di trattenere un sorriso.
Forse avrebbe dovuto ringraziare il cielo per qualsiasi fosse stato il motivo per cui le sue lezioni erano state spostate. Sicuramente quello che c'era scritto sul suo bicchiere gli faceva credere che il giovedì mattina, ci sarebbe stato da divertirsi.
"Sorry, I didn't get your name..."


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Ciao a tutti! Questa è la prima storia che pubblico, pur non essendo la prima che scrivo. Semplicemente non ho mai avuto il coraggio, per la troppa paura delle critiche, che probabilmente riceverò comunque, ho semplicemente deciso di buttarmi per una volta, non preoccupandomi dei commenti negativi. 
Spero comunque che ci sia qualcuno che legga questa sottospecie di capitolo che ho pubblicato ahahaha
Sarà una storia corta (sei o sette capitoli) e altrettanto brevi saranno i capitoli, come avete visto (massimo 1800/2000 parole). Ditemi cosa ne pensate e non abbiate paura di darmi consigli e suggerimenti, so di dover migliorare tanto!
Per qualsiasi cosa mi trovate su Twitter (@troyeswink_) instagram (@drunkinlarry_). Come al solito grazie a Gemma, senza la quale questa storia non sarebbe esistita.
Un bacio e alla prossima! 
   
 
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