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Autore: Lost on Mars    01/09/2015    3 recensioni
SEQUEL DI "INDACO" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2746316&i=1), è consigliabile la lettura.
C’è stato un momento in cui Amelia e Ashton sono rimasti intrappolati in una vecchia istantanea in bianco e in nero: nessun colore a determinare la loro gioia, felicità, paura o tristezza. Nedlands sembra aver congelato la loro esistenza, li ha tagliati fuori dal mondo e non c’è stato niente se non pace e tranquillità. Dall’altra parte dello Stato, però, Luke è a piede libero e va cercando la propria vendetta. Responsabilità e pericoli di duplicano e il mondo li poterà a schierarsi: bianco da una parte e nero dall’altra, in perenne lotta tra di loro. Chi vincerà?
Dalla storia:
«Non ho altra scelta. La mia vita e quella di mio figlio contro la felicità della mia famiglia, so benissimo che li farò soffrire, ma se fossi io a morire sarebbe peggio, non credi?»
«Se non fermiamo Luke passeremo la vita a fuggire da lui. Anche se riuscissimo a cavarcela per i prossimi mesi, spostarsi con un bambino sarebbe impossibile.»
«Fermarlo? Ci abbiamo provato e lui è fuggito dal carcere. Non possiamo fermarlo, è inarrestabile.»
«Ma non è immortale.»
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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22 - LA RESA DEI CONTI
 
 
Michael tirò fuori la pistola senza nemmeno rifletterci. Certo era che se dovevano morire, non l’avrebbero fatto senza prima aver combattuto e opposto la dovuta resistenza. Luke poteva essere il Capo, poteva essere chi voleva, ma la realtà dei fatti non mentiva. Lui era uno e loro erano in tre, due dei quali sapevano come difendersi e attaccare abbastanza bene. E tre era più forte di uno.
Ashton cercò a tastoni la sua, ma non riuscì a trovarla da nessuna parte. Poi ricordò che nella fretta di portare Amelia all’ospedale, la notte prima, l’aveva lasciata a casa, nel cassetto del comodino. Si maledisse mentalmente per quell’inconveniente e fece capire a Michael di essere disarmato. Nessuno dei due si disperò, tuttavia, esisteva ancora il corpo a corpo. Valerie, dopo che Luke aveva esplicitato il fatto che si sarebbe suicidato dopo aver ucciso loro, continuava a star ferma dov’era, come se fosse pietrificata.
Non lo riconosceva più. L’amico a cui voleva bene e di cui, tanto tempo prima, si era fidata, era totalmente scomparso, al suo posto, c’era un mostro deforme a cui non importava nulla della vita degli altri, né della propria.
Come era diventato così? Cosa gli era successo?
Credeva che fosse pazzo, e quel costante sorriso cattivo sul suo volto, insieme alla luce sinistra e cupa nei suoi occhi, continuavano a confermarglielo. Un modo per fargli ritrovare la ragione doveva esserci, ma Valerie non credeva di saperlo trovare, in quel momento. Oppure credeva che per Luke non ci fosse più tempo.
Si sentiva troppo scossa per fare altro.
Come un eco lontano, sentì Michael gridarle qualcosa. Le diceva di spostarsi e di mettersi dietro di loro, di lasciargli la situazione tra le mani. Ancora le disse di scappare, di andarsene. Lei lo sentiva chiaramente, ma era come se la sua voce provenisse da un’altra parte, da un’altra dimensione che non poteva in alcun modo interferire con la realtà che stava vivendo.
Ben presto, non riuscì più a sentire Michael che gridava. Aveva probabilmente attivato lo stesso meccanismo che aveva azionato Luke per spegnere in quel modo le sue emozioni e la sua umanità.
In un momento, aveva capito come dimenticare l’affetto che provava per lui e come cancellare ogni bel ricordo passato in sua compagnia. Per un momento, fu come se Luke non fosse mai stato tale nella sua vita. Per un breve momento, di fronte a lei c’era solamente un corpo senz’anima.
Con uno scatto veloce, lo raggiunse e gli piazzò un potente schiaffo sul viso. Ci mise tutta la forza che aveva e Luke, colto di sorpresa, arrivò a barcollare. Valerie si avventò di nuovo su di lui, ci lottò contro. Lui aveva subito ripreso il controllo e le aveva afferrato il polso destro. La mano sinistra di lei continuò ad aggredirlo, lasciandogli dei graffi sulla guancia. Voleva picchiarlo, voleva fargli del male, desiderava vederlo soffrire e sentirlo gridare di dolore sotto il suo tocco.
Ma non era abbastanza forte.
Ben presto, Luke le bloccò anche l’altra mano, afferrandole il polso con forza, e con una possente spinta la buttò a terra, sull’asfalto. Valerie alzò lo sguardo ed ebbe paura. Luke la guardava come se l’avesse vista per la prima volta e fosse, in qualche modo, riuscito a dimenticare tutti gli anni che avevano passato insieme.
«Stupida!» le gridò contro. Lei ebbe l’impressione che di lì a poco l’avrebbe colpita, ma stavolta più forte, eppure il colpo non arrivò mai. Chiuse gli occhi.
Sentì qualcuno afferrarla sotto le braccia e aiutarla a rialzarsi in piedi. Aprì gli occhi.
Ashton era dietro di lei.
«Stai bene?»
Lei annuì semplicemente, mentre cercava il suo Michael con gli occhi. Lo trovò accanto a Luke, erano entrambi a terra. Valerie non riusciva a capire chi stesse avendo la meglio, seppe solo che ad un certo punto, vide Michael puntargli la pistola alla tempia destra.
La fragorosa risata di Luke decretò il silenzio più totale. Ashton li fissava impietrito, una parte di sé constatò con un certo orrore che Michael non sarebbe riuscito a premere quel grilletto. Se lo sentiva.
D’altra parte, Luke sembrava non avere nemmeno paura di lui e della pallottola. Come biasimarlo? Sarebbe morto comunque, l’unica differenza stava col tormento che si sarebbe portato fin dentro la tomba.
«Avanti, Mike. Uccidimi, mostrerai alla tua ragazza che non sei molto meglio di me. Lei vuole salvarmi, non l’hai sentita?»
Michael aumentò la pressione della canna d’acciaio contro la pelle di Luke.
«Lei crede che diventerò una brava persona!» esclamò, a voce più alta, in modo che anche lei potesse sentirlo.
E poi, successe tutto troppo in fretta. Luke strattonò il braccio di Michael, ribaltò la situazione e scaraventò la sua pistola lontano da loro, sfruttando il breve momento di distrazione del suo avversario.
Valerie si allontanò da Ashton e cominciò a correre verso l’arma, Luke se ne accorse e, repentinamente, si voltò nella sua direzione, tolse la sicura alla sua pistola e sparò un colpo.
Valerie cadde a terre lanciò un grido di dolore, solo dopo notò il sangue uscire da una ferita pochi centimetri al di sopra del ginocchio sinistro.
«Valerie!» urlò Michael. Luke lasciò che si divincolasse e lo fece correre da lei. Da quel momento in poi, non avrebbero rappresentato un problema. La sua intenzione non era quella di ferirla mortalmente, anche se avrebbe personalmente preferito che la pallottola si piazzasse in mezzo a qualche organo vitale che nella gamba, ma in quel caso, avrebbe subito il triplo della furia che Michael gli aveva mostrato. Se Valerie era viva, ma ferita, Michael era debole.
E difatti, era così.
Non appena Mike aveva visto Valerie a terra, la pelle sporca di rosso scarlatto, era impallidito. Gettandosi al suo fianco, avrebbe voluto scomparire. La sua unica missione era proteggerla, ma aveva miseramente fallito. Lei lo guardava: non sembrava esserci risentimento o delusione nel suo sguardo, c’era solo paura e sofferenza. La ferita faceva incredibilmente male.
A qualche metro di distanza, Luke si voltò invece verso Ashton, che stava avanzando velocemente verso di lui. Ricevette un pugno, che non provò nemmeno a schivare.
«Mike, portava Valerie in ospedale. A lui ci penso io» disse Ashton impassibile. Luke sorrise di nuovo in modo folle: il pensiero di uno scontro con Ashton lo allettava talmente tanto da pensare che avrebbe potuto addirittura risparmiare gli altri due, o ritardare la loro morte di qualche giorno.
Li lasciò andar via, ma non permise ad Ashton di recuperare la pistola di Michael. Con il sangue che gli usciva dal naso, lo strattonò e lo fece voltare verso di lui, gli tirò un pugno e poi un altro, quasi non gli dava il tempo di respirare e rimettersi in sesto.
Ashton raccolse tre preziosi secondi, durante i quali Luke aveva nuovamente impugnato la pisola. L’avrebbe fatta finita lì. Utilizzò quel tempo per tirargli un calcio alla mano destra, facendo volare la pistola a parecchi metri di distanza, a pochi centimetri da quella che giaceva già a terra.
«Ora siamo pari, stronzo» gli sibilò.
«Sono capace di ammazzarti anche senza pistola» ribatté Luke in risposta.
Ashton imitò il suo ghigno. «Anche io.»
Pugni, schiaffi e graffi continuavano a susseguirsi. Entrambi colpivano e venivano colpiti.
«È solo colpa tua» diceva Ashton. «I miei genitori, Amelia, tutti noi…»
E continuava a picchiarlo. Luke era forte, tant’è che utilizzò la rabbia di Ashton per divincolarsi dalla sua presa: se si era troppo concentrati sui colpi e sulla forza, non si era scaltri abbastanza.
«Il caso dei tuoi genitori è stato il primo a cui ho preso parte, lo sapevi?» gli disse Luke, per provocarlo.
«Mio padre mi ha insegnato come si faceva» continuò. «Mi ha spiegato. Tuo padre era in debito con lui. Ti sei mai chiesto come sia diventato un brillante avvocato?»
«Cazzate!» esclamò Ashton, cercando di colpirlo. Era accecato dalla rabbia, Luke evitò facilmente il pugno.
«Una volta, in tribunale, gli fece perdere una causa importante» disse Luke. «In quel momento, ha firmato la condanna a morte della sua famiglia.»
«Stai zitto!» Quella volta, il pugno lo prese proprio sotto l’occhio. Luke barcollò, ma non smise di parlare.
«E sai come è successo? Prima, il sicario ha ammazzato tua madre. Le ha tagliato la gola sotto gli occhi di tuo padre» continuò. «E poi ha ucciso lui!»
«E Amelia! Se solo avessi voluto avrei potuto farle qualsiasi cosa, l’anno scorso» riprese Luke, mentre lui e Ashton non smettevano di picchiarsi. «Era costantemente sotto il mio controllo, io e te condividevamo la stessa stanza e lei non esitava ad entrare, con la copia di Valerie. Ci hai mai pensato, Ashton? Tuo figlio potrebbe addirittura non essere tuo!»
Ashton smise di pensare. Gli saltò letteralmente addosso, lo buttò a terra e gli si mise sopra, posizionò le mani sul suo collo. Era deciso ad ucciderlo.
Aveva mille moventi per farlo.
Luke era il responsabile della morte dei suoi genitori, Luke l’aveva voluto con sé dopo quel terribile evento, Luke l’aveva fatto diventare un mostro come lui, Luke l’aveva usato e aveva giocato con lui come un burattinaio fa con i propri burattini, Luke poi l’aveva inseguito, perseguitato, Luke voleva ucciderlo, Luke aveva reso la sua vita un inferno e aveva intenzione di ferire quelli che amava, Luke aveva aggredito Amelia, Luke era capace di qualsiasi cattiveria si potesse immaginare nel mondo.
Chi lo avrebbe biasimato?
«E poi, chissà come, hai trovato l’assassino dei tuoi genitori e ti sei vendicato. Complimenti. L’hai soffocato, vero? Proprio come stai facendo con me» boccheggiò Luke, riprendendo il discorso precedente. Cominciò a diventare rosso in viso. «Ma lì sei stato più accurato. Guanti in lattice. Adesso troveranno le impronte. E sono tanti anni da passare in prigione. Pensa, Ashton, quando sarai un uomo libero tuo figlio sarà nel bel mezzo dell’adolescenza, e non ti avrà mai conosciuto davvero.»
Il cervello cominciò a riattivarsi. Ashton allentò la presa sul collo di Luke.
«Vedo che cominci a ragionare» gli disse Luke.
Ma Ashton ebbe un’altra idea: non l’avrebbe lasciato vivere per niente al mondo. La pistola di Luke e quella di Michael giacevano vicine a terra. Ashton cominciò a correre, Luke appena realizzò il tutto lo imitò, ma arrivò per secondo.
Ashton aveva raccolto entrambe le pistole e adesso le puntava verso Luke.
«Fai qualcosa di avventato e giuro che ti sparo» disse Ashton, guardando Luke negli occhi. «Due volte, giusto per accertarmi che muori.»
Luke cominciò ad indietreggiare, veramente impaurito, finché qualcosa non lo bloccò. La balaustra del ponte.
Si riprese la propria calma.
Aveva ovviamente considerato una situazione del genere, in cui si ritrovava con le spalle contro il muro. Luke era al capolinea, stava perdendo e proprio per questo, aveva pensato ad ideare un piano di riserva, il cosiddetto piano B, l’alternativa catastrofica.
Si era augurato di non doverlo mai usare, poiché richiedeva un vero sacrificio mentale. Doveva abbandonare la sua vendetta per sempre, doveva sparire dalla circolazione senza aver soddisfatto i propri desideri. Eppure, in quel momento, non aveva molta altra scelta.
Non avrebbe mai dato ad Ashton la soddisfazione di ucciderlo.
Lentamente, si arrampicò sulla balaustra, le pistole erano ancora puntate contro di lui. Entrambe contro il suo viso.
Con cautela, si alzò in piedi.
Un solo passo e sarebbe stato inghiottito dall’acqua. Il fiume era l’unica occasione che gli era rimasta, la via per uscire di scena.
Avrebbe dovuto sacrificare molte cose, tra cui la possibilità di vendicarsi, di uccidere i traditori, di avere la pace, di sentirsi finalmente completo.
Disse una cosa soltanto.
«Greatcape street, numero 68 – fece una breve pausa – se la trovi, dille che avrei voluto essere migliore di così.»
Luke saltò all'indietro; una frazione di secondo dopo, Ashton sparò due colpi.
 


 

Marianne's corner
Hola! La vostra autrice è ufficialmente depressa perché oggi è il primo settembre, la storia sta per finire, la scuola sta per cominciare e perché, poverina, lei deve fare ancora tutti i compiti (ma ieri ho fatto una versione di greco, olè).
Ho avuto un problema tecnico con l'HTML perché non mi prendeva più il Georgia dimensione 16, per cui ho dovuto aumentarlo a 18. Non so perché, appena mettevo 16 il testo scompariva e diventava tutto bianco OuO. Spero non vi crei problemi ç__ç
Ma passiamo alle cose serie. Ragazze, ci rendiamo conto che il prossimo sarà il penultimo capitolo? D: Da una parte sono molto entusiasta di portare a termine questa storia, perché nonostante tutto, nonostante io sia rimasta ferma per un po', lei è una delle cose che sono riuscita invece a portare avanti. E quindi boh, ha un valore affettivo per me. Ma farò il discorso lungo e triste alla fine, non temete.
Allora, so quello a cui state pensando: ASHTON HA UCCISO LUKE. Bene, fermatevi e resettate, perché non lo sapete con certezza u.u
Luke è saltato leggermente prima che Ashton sparasse, quindi pur rimanendo nelle leggi della fisica, c'è la possibilità che non sia stato colpito dalla pallottola. La vera domanda è: LUKE E' VIVO? A questo vi risponderò solo nell'ultimo capitolo, muahaha.
Okay, come al solito ringrazio chiunque continui a seguire questa storia disparata e ormai alla deriva e come sempre vi invito a non essere timidi. Mi farebbe davvero piacere sapere che ne pensate, giuro che sono un animale pacifico ed innocuo! :D
Noi ci ribecchiamo il 5 settembre, mentre il gran finale è datato 9/09 (LOL).
Un bacione,
Marianne


 
   
 
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