Love Songs
-Capitolo 1-
Min
Yoongi, lo sapevano tutti, odiava un sacco di cose e ne amava appena
qualche
manciata.
Odiava
sentirsi stanco, detestava le folle, la confusione, la gente stupida,
le
domande indiscrete, gli insetti, il profumo della lavanda, il sole
troppo
splendente e la pioggia... La lista sarebbe potuta continuare
pressoché
all'infinito.
Quasi
a compensare, amava veramente poche cose: scattare foto, giocare a
basket,
vestire di bianco, dormire e, più importante di tutte, la
musica. Le era
talmente dedito che, da sempre, l'aveva considerata il suo unico vero
amore,
certo che nient'altro avrebbe mai potuto superarla e nemmeno sperare di
eguagliarla. Si sbagliava.
Min
Yoongi, fra le tante cose, odiava i dolci. Si chiedeva allora come
proprio lui,
fra tutti, avesse potuto innamorarsi della persona più dolce
sulla faccia della
Terra.
Perché
non c'era dubbio che Jimin
fosse fuori scala. Insopportabilmente dolce. Sempre lì a
ballare, gironzolare o
saltellare come una molla impazzita. Sempre a sorridere con quegli
occhi a
mezzaluna, o a ridere a crepapelle con quella voce vagamente infantile.
Sempre
a far rumore, a parlare, a cantare. Sempre, sempre, sempre. Senza mai
sembrare
stanco. Sempre ad essere così gentile e disponibile con
tutti senza mai
offendersi, neppure quando ne
avrebbe avuto ogni
diritto.
Probabilmente
c'erano tonnellate di cose che Jimin amava e nemmeno una che odiava.
Era fatto
così: incredibilmente ingenuo e insopportabilmente dolce.
Tutto
il contrario di Yoongi.
Come
era potuto succedere, dunque? Perché proprio lui?
Più Yoongi ci pensava, meno
ne veniva a capo. Fissava il computer dello studio quasi questo potesse
fornirgli le risposte.
Non
sapeva neppure quando fosse successo e lui detestava non sapere le cose.
-
Suga-hyung.
Yoongi
saltò sulla sedia come colpito da una scarica elettrica.
-
Tu...
Jimin! Cazzo!
Quasi
il pensarlo tanto intensamente l'avesse evocato, Jimin era apparso
sulla soglia
dello studio ed ora lo fissava con la testa inclinata da un lato.
Dopo un'iniziale
confusione gli
rivolse un sorrisino gongolante. -
Non è che per caso ti ho spaventato?
Yoongi
lo contemplò domandosi se anche gli altri esseri umani
provassero la tentazione
di prendere a calci il proprio amato. Poi baciarlo. Poi strangolarlo.
Poi
baciarlo di nuovo. Poi colpirlo con un corpo contundente e nasconderne
il
cadavere. Decise, per il momento, di sorvolare sull'argomento. - Che ci
fai
qui?
-
Rap
Monster mi ha chiesto di portarti questa.
Gli
porse una chiavetta USB che probabilmente conteneva delle tracce
musicali o alcune
rime.
Rap
Monster avrà
pure avuto un QI di 150, ma ciò non
lo esulava dall'essere un completo imbecille.
Yoongi prese la
chiavetta tra indice e pollice, lanciandole uno sguardo vagamente
seccato.
- La posta
elettronica non esiste più?
Jimin parve colto
alla sprovvista. - Beh... Certo, potevamo usare quella, ma ho pensato
che non
avessi ancora cenato e quindi, già che c'ero, ti ho portato
anche qualcosa da
mangiare.
Yoongi
afferrò il
sacchetto che Jimin aveva tirato fuori da dietro la schiena.
Avvertì una specie
di calore crescergli al centro del petto pensando a quanto premuroso
fosse
stato il più giovane. Calore che si dissipò non
appena il rapper analizzò il
contenuto della busta. C'era forse una cena comunque lì
dentro? Certo che no.
Dolci. Ovviamente.
- Ho preso tutti
i
miei preferiti - confidò Jimin con un sorriso a trentadue
denti. Yoongi non
riuscì proprio a dirgli che i dolci gli facevano schifo.
Anche se l'altro
avrebbe dovuto saperlo dopo tutti quegli anni di convivenza, no?
Stupido Jimin,
con le sue cene e i suoi sorrisi diabetici. Si sentiva così
impotente da far
schifo.
- Grazie -
pronunciò lapidario afferrando l'eccesso di zuccheri e
girando la sedia per
dare le spalle a Jimin, sicuro che questi avrebbe capito l'antifona e
levato le
tende. In quel momento più che mai, voleva essere lasciato
solo con le proprie
crisi esistenziali.
- Stai scrivendo
una canzone?
Ecco, appunto.
Mai confidare nel buon senso delle altre persone.
- Posso leggere?
- Non ho ancora
scritto nient...
Yoongi non fece
in tempo a completare la frase. Proprio in quel momento
abbassò lo sguardo sul
suo fedele block notes, quello dove buttava giù le rime,
accorgendosi con
raccapriccio che due intere facciate, chissà come e
chissà quando, si erano
coperte della sua calligrafia. La sua calligrafia che, bianco su nero,
costellava la carta con un solo nome, ripetuto centinaia di volte:
"Jimin".
Quando
allungò la
mano era già troppo tardi. Jimin aveva afferrato il block
notes con uno scatto
e se lo stava portando agli occhi.
Guidato da puro
istinto, Yoongi fece l'unica cosa che gli rimaneva da fare: si
buttò a testa
bassa contro al proprio dongsaeng sbilanciando entrambi e finendo per
farli
ruzzolare sul pavimento.
Con gli occhi
socchiusi per il dolore, il rapper individuò il block notes,
caduto a pochi
centimetri dalla testa dell'altro. Lo afferrò con una mano e
lo chiuse di
scatto. Era salvo.
- Aish! Che male
-
mugugnò Jimin sotto di lui.
Yoongi, in tutta
risposta, gli sbatté il block notes sulla testa.
- Così
impari a
spiare il lavoro degli altri senza permesso.
Si
alzò
rassettandosi i vestiti e contemplando Jimin, ancora steso a terra
mentre si
massaggiava il capo con un'espressione di dolore.
Yoongi
sospirò
pesantemente. Alzò gli occhi al cielo. Schioccò
la lingua. Maledì per la
seconda volta quel deficiente di Rap Monster. Alla fine, sentendosi
infinitamente misericordioso, porse una mano a Jimin per farlo alzare.
- Sei cattivo,
hyung.
Lo guardava come
un cucciolo bastonato, nonostante fosse chiaramente tutta colpa sua e
Yoongi lo
stesse addirittura aiutando. Ma la faccia da cucciolo non se ne andava
e il
rapper avvertì una fitta di... Qualcuno avrebbe detto senso
di colpa, ma lui
propendeva più per la nausea.
Afferrò
con uno
sbuffo la mano di Jimin e lo trasse in piedi; quindi frugò
nel sacchetto coi
dolci per estrarne uno particolarmente zuccheroso e porgerlo al
più piccolo.
- Ceniamo insieme
- ordinò atono.
Jimin vantava la
stessa sete di vendetta che avrebbe potuto avere un coniglietto
puccioso.
Quindi, gli bastarono un dolcetto e cinque secondi per accantonare
l'accaduto,
perdonare il suo hyung e tornare quello di sempre.
Yoongi non sapeva
se sentirsi affascinato, grato o piuttosto raccapricciato da tale,
mirabolante,
capacità di passare sopra gli abusi altrui. Non che lui
avesse fatto niente di
male, sia chiaro.
Mentre Jimin
mangiava beato, Yoongi continuava a lanciargli sguardi furtivi,
studiando il
suo volto in cerca di rabbia, pur sapendo che non ne avrebbe trovata.
Il
ragazzo si limitava a mangiare il proprio dolce cospargendosi faccia e
vestiti
di zucchero a velo, sorridendo come un ebete. Ondeggiava leggermente,
seguendo
il ritmo di una musica che solo lui sentiva e lo guardava con occhi
luminosi
che, dannazione, lo scombussolavano.
- A cosa pensi,
huyng?
- Niente.
Il ragazzo
finì
l'ultimo boccone di dolce e si leccò lo zucchero a velo
dalle labbra, facendo
deglutire rumorosamente Yoongi.
- Huyng, a dire
il vero sono venuto per parlare con te a proposito di una questione.
Jimin
interpretò
l'assenza di reazioni dell'altro come un "oh mio Dio, non sto
più nella
pelle! Raccontami tutto fin nei minimi particolari!" quindi
continuò
avvicinando una mano al lato della bocca e abbassando la voce come
stesse
rivelando un segreto. - Voglio scrivere una canzone d'amore.
Yoongi
alzò un
sopracciglio, massimo cenno di sconcerto che si permetteva quando non
era
davanti alle telecamere.
Una canzone
d'amore? Per chi? Cosa gli prendeva, tutto d'un tratto, per voler
scrivere una
canzone d'amore? Stupido Jimin.
- Ah.
- Mi aiuterai,
hyung?
Col cavolo! Aveva
un sacco di lavoro da fare, lui. Mica poteva star dietro a una simile
stupidaggine. Per chi era la canzone? Ancora non gliel'aveva detto. A
che pro
intendeva scriverla? Una confessione? Una ragazza? Magari quella
cameriera del
bar di fronte allo studio, oppure la costumista. Aspetta, no, quella
era
sposata. Tradimento? Non era un po' grande per lui?
- Uhm...
- Ti prego,
è
veramente importante!
Addirittura
"importante". Quella costumista... Aveva un figlio, maledizione!
Anche se, effettivamente, Jimin sarebbe stato magnifico con un bambino.
O con
una bimba. Meglio una bambina. L'avrebbe viziata morire, poco ma
sicuro.
Avrebbero giocato e fatto gli scemi tutto il giorno. Lui le avrebbe
insegnato a
ballare. In effetti, non sarebbe cambiato proprio nulla dal
comportamento che
teneva di solito. Solo che avrebbe plagiato un'altra piccola mente,
come se non
fosse bastato il loro maknae.
- Ho da fare.
Jimin, in quel
momento, fece l'ultima cosa che avrebbe mai dovuto fare o l'unica,
dipendeva
dai punti di vista. Gli afferrò una mano e la strinse tra le
sue, ancora
impiastricciate di zucchero. Avvicinò il viso, troppo,
buttando un po' fuori le
labbra. E per fortuna che non sapeva fare l'aegyo.- Huyng, tu sei
l'unico che
possa aiutarmi, sul serio, non te lo chiederei se non fossi disperato!
Non ti
domanderò mai più nulla, ma la persona per cui
voglio scriverla... Desidero
veramente raggiungere il suo cuore.
Yoongi
avvertì il
proprio, di cuore, accelerare come impazzito a quel contatto e, alle
parole di Jimin,
fermarsi causandogli uno spiacevolissimo dolore al petto.
- Il tuo alito
puzza di caramello, che schifo - brontolò liberando la mano
e spostandosi
indietro. Afferrò una salvietta e iniziò a
ripulirsi dallo zucchero.
Yoongi detestava
non sapere le cose. Alcune, però, detestava saperle. Ad
esempio, sapeva che,
per quanto profondamente fosse innamorato di Jimin, stare insieme a
lui,
sviluppare una relazione, era impossibile.
Jimin lo fissava
speranzoso, in attesa di una risposta. In fondo, pensò
Yoongi, era meglio per
tutti che le cose andassero in questo modo. - Va bene, per questa volta
ti
aiuterò.
Il sorriso che
Jimin gli rivolse avrebbe potuto illuminare uno stadio, tanto era
raggiante. -
Sei lo hyung migliore del mondo!
-Ovvio. Ora
lasciami solo, inizieremo domani.
Jimin
cercò di
abbracciarlo, ma lui lo tenne lontano con un braccio. Sul serio, lo
voleva
fuori da quella stanza. Subito.
- Vai, ho da fare.
- Ok, ti lascio
tutti i dolci come ringraziamento.
- Quale gioia.
Jimin
saltò in
piedi e si diresse ballando verso la porta. Possibile che si muovesse
sempre
ballando?
All'ultimo,
però,
si giro verso Yoongi. - Grazie davvero, significa molto per me.
- Te ne vuoi
andare o ti devo picchiare?
Jimin chiuse la
porta dello studio con una risata.
Yoongi
tornò a fissare
il computer con occhi spenti. - Stupido - mormorò, e non
sapeva nemmeno lui se
si stesse rivolgendo a Jimin o se stesso.