Capitolo VI
- … Ho paura di ciò che sarà dopo.
Dopo. Io non ho mai pensato al dopo. Non mi sono mai chiesta cosa mi
riserva il futuro. Andrè, tu sai già cosa ci sarà dopo? È questo che ti
turba? Io… sono stata cresciuta come un soldato.
Un buon soldato non deve porsi domande.
Un buon soldato deve solo ubbidire agli ordini.
Un buon soldato… ecco cosa sono io… solo un soldato.
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Sola nella mia stanza. Credo che il conte di Fersen sia andato via, non
ho tempo di preoccuparmi di lui. Non ho il tempo di preoccuparmi di me. Devo
recarmi immediatamente a Versailles. È necessario che resti accanto alla
Principessa Maria Antonietta. Ieri notte ho lasciato la festa a metà serata.
Questa mattina, all’alba, quando
il ballo giungeva ormai al termine, il Re si è sentito male. La contessa du
Barry è sconvolta, almeno è questo quello che mi ha riferito Fersen.
Entro direttamente nella mia camera da letto non posso perdere tempo. Non
ho il tempo di versarmi da bere per cercare di stemperare la rabbia. Mi guardo
attorno e la vedo: la divisa, immacolata, è al suo posto. La causa di tutti i
miei mali. La indosso rapidamente. Gli stivali neri, lucidi, sono l’ultima
cosa che metto. Scendo di corsa le scale mentre chiamo a gran voce Andrè. Non
ho neanche il tempo di chiedere del mio cavallo che la sua risposta arriva
sicura.
- Cèsare è già pronto.
Ed anche lui è pronto per seguirmi a Versailles. Fersen deve aver
comunicato anche a lui del malore del Re.
- Bene. Andiamo!
Cavalchiamo più velocemente possibile. Non voglio pensare a niente.
Il Re, Luigi XV sta male. Il vaiolo deve aver prosciugato le ultime forze
che permettevano al sovrano di reggersi ancora sulle sue gambe.
Il medico di corte aveva avvertito Sua Maestà di prestare attenzione.
Non era il caso di rischiare tanto partecipando ai balli e tutte le
manifestazioni pubbliche. Ci credo che la du Barry sia così preoccupata. Se il
Re dovesse morire, lei sarebbe costretta a rinunciare a tutto ciò che ha
conquistato negli ultimi cinque anni della sua vita, da quando è diventa la
favorita di Luigi XV.
- Andrè dobbiamo sbrigarci!
E spronando il povero Cèsare a dare il massimo cercando di aumentare
l’andatura di questa corsa così sfrenata.
Cerco di andare veloce. Di concentrare la mia attenzione su quella che è
la vita di corte. Cerco di concentrarmi maggiormente sulle condizioni di salute
del Re per non pensare a ciò che mi ha confidato il conte di Fersen.
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-
Oscar se sono qui è anche per dirvi altro.
Bhè, effettivamente era strano che
fosse proprio lui a darmi una
notizia del genere. Di solito è un messo della Corte che è incaricato di
andare a chiamare gli ufficiali nel caso in cui questi, non siano a Corte.
Osservo Fersen e solo adesso mi
accorgo che il suo portamento è ancora più rigido, se è possibile. Lo studio
attentamente mentre cerco di comprendere di cosa possa volermi parlare.
- Ditemi pure Conte.
- Vedete non so da dove iniziare.
Credo, però, che sia giusto parlarne direttamente con voi.
Si ferma spostando il suo sguardo
sulla finestra che dà sul parco di palazzo de Jarjayes. Resto immobile nella
mia posizione attendendo che lui riprenda da dove si è interrotto. Dopo qualche
istante Fersen riprende il suo discorso voltandosi, nuovamente, verso di me.
- A Versailles ho incontrato vostro
padre. Spesso. Molto spesso. È nata una specie di amicizia, se così possiamo
chiamarla. Non so se mi capite.
- Perfettamente. Mio padre è un uomo
difficile da trattare e posso immaginare di che genere di amicizia voi stiate
parlando. Un’amicizia in cui voi, siete succube delle chiacchiere del
Generale.
Conosco mio padre e so che è
difficile riuscire a parlare con lui. Figurarsi intrattenere un rapporto di
amicizia… in mio padre, soprattutto, è il concetto di amicizia ad essere
sbagliato. Lui ordina, gli altri eseguono. È questa la visione che ha
dell’amicizia il caro Generale François Augustin Reynier de
Jarjayes
- Bene vedo che avete capito. Durante
una delle nostre chiacchierate…il Generale… non è facile da dire…
Cosa può aver detto di così assurdo
mio padre per rendere imbarazzato Fersen fino a questo punto?
- Non preoccupatevi Fersen. Sono
pronta a sentire di tutto. Parlate senza timore.
Il Conte mi guarda sollevato come se
questo mio incoraggiamento fosse ciò di cui aveva bisogno.
- Mi ha chiesto di prendervi in sposa.
Ero pronta a tutto ma non a questo.
Ero pronta a tutto ma questo è…
- Assurdo…
- Lo so Oscar. Credetemi, sono rimasto
sconvolto anch’io. Non ho saputo cosa rispondere.
Alzo gli occhi e guardo Fersen ma in
realtà non lo vedo. Un’altra volta. Ancora una volta vuole manipolare la mia
vita. No, non questa volta. Io non glielo permetterò.
Faccio per andare via ma la presa di
Fersen, all’altezza del gomito, me lo impedisce. Mi volto verso lo Svedese e
lo guardo cercando di capire cosa voglia da me.
- Non fatevi prendere dall’ira.
Vostro padre vi ama e sta cercando di porre rimedio ai suoi errori.
Mi libero della sua presa e lo guardo
trucemente.
- Voi non sapete nulla di me. Adesso se non vi
dispiace devo andare a prepararmi. Devo raggiungere la Delfina.
Capitolo corto e noioso. Avete ragione. Perdonatemi solo che…
cavolo mi sono resa conto di aver fatto un errore temporale nel capitolo scorso
e non potevo cancellare tutto e così ho cercato di porre rimedio. Vorrei
precisare che siamo nel maggio del 1774, manca poco alla dipartita di Luigi XV.
L’errore a cui facevo riferimento? Fersen. Entra nella vita di Maria
Antonietta (quella vera) solo nel gennaio dello stesso anno mentre il Re Luigi
XV è ancora in vita, il loro amore sboccerà solo successivamente.
Adesso scappo. I miei problemi di pc persistono. Adesso sto scroccando il
portatile di mio fratello… scusate se non vi ringrazio singolarmente. Però,
vorrei ringraziare di cuore Ami_mercuri. Grazie per l’attenzione
dedicata alla mia fic non mi hai offesa, assolutamente. Hai ragione, la
punteggiatura faceva pena, non è il mio forte lo ammetto, ma questa non è una
giustificazione, lo so.
Adesso vi saluto al prossimo capitolo… spero più corposo!