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Autore: Papillon_    02/09/2015    4 recensioni
“Tu credi che io sia diverso da te, Blaine?”
Blaine sbattè le palpebre una singola volta. “No.”
Kurt sorrise. “Va bene.”, sussurrò. “Allora lascia che te lo mostri.”
“Mostrarmi cosa?”
“Il mio mondo.”, disse Kurt di rimando. “Voglio farti vedere perché penso che sia perfetto così.”
(...)
“Preferisco morire domani, che vivere mille vite senza conoscerti.”
[Ebbene sì, una Dinsey!Klaine con Pocahontas!Kurt e John Smith!Blaine. Per imparare che non siamo così diversi come vogliono farci credere le apparenze].
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è per te, Fravah. Di nuovo buon compleanno! Grazie per averla amata (e chiesta).

Un grazie speciale a Nohate, che mi ha aiutato a capire che a volte i blocchi sono solo nella nostra testa. Questa storia non avrebbe mai visto la luce senza di te.

 

 

 

Where the wind blows

 

Se c'era una cosa che Kurt aveva imparato a fare nella sua giovane vita, era ascoltare il vento.

Il vento sapeva dirti tante cose. Portava con sé le voci di battaglie lontane, lamenti di donne perdute e mai ritrovate, amori troppo irruenti per essere corrisposti. Portava via gocce di pace, colori mescolati insieme, foglie cadute e profumi di luoghi lontani.

E Kurt riconosceva ogni cosa, una ad una, e aveva imparato a raccoglierla e tenerla con sé, in quel suo mondo in cui non c'era spazio per cose certe, per il bianco o per il nero. Solo sfumature.

Accarpionò le dita attorno al bordo del precipizio che dava sul lago sotto di lui, aprendo e chiudendo gli occhi continuamente. Era una continua prova, la sua vita. Un continuo gettarsi da un precipizio senza mai sapere cosa c'era dall'altra parte.

“Kurt!”, gridò Rachel dalla minuscola barchetta sopra la quale lo stava aspettando al centro del lago. “Non fare pazzie!”

Ma Kurt era nato per fare pazzie. Era nato per razziare nelle ore più buie della notte i campi di pannocchie, era nato per custodire qualche animaletto nella propria tenda violando le regole, era nato per prendere un bel respiro e poi gettarsi nel vuoto.

Cosa che fece.

Quando tornò a galla non si premurò nemmeno di guardare la faccia sconvolta della sua migliore amica. Con un ghignetto compiaciuto si avvicinò alla barca, facendo un po' di pressione contro di essa per spingerla di lato, e Rachel cadde nel laghetto con un grido. Quando tornò a galla qualche secondo dopo si gettò su di lui, cominciando a spruzzare acqua e sbuffare indispettita, finchè Kurt non le bloccò entrambi i polsi ridacchiando con impertinenza.

“Oh, se non ci fossi io a portare un po' di brio nella tua vita.”, mormorò sognante, facendo alzare gli occhi al cielo a una povera Rachel fradicia. Lei lo spinse via.

“Ti sto odiando profondamente.”, disse in un soffio. Risalì sulla barca un po' goffamente, e fu in quel momento che da lontano il soffio dei flauti e dei corni fece sussultare Kurt.

Suo padre era tornato.

 

Algonquin era un villaggio sperduto nelle grandi colline dell'America Latina. C'erano diverse leggende su come il suo popolo si fosse formato, alcune più vere di altre.

Quando Kurt era ancora un bambino, gli era stato detto che gli antichi popoli dell'America Latina, dopo guerre devastanti e perenni, avevano preso la decisione di spostarsi sulle colline più a Nord, nei pressi delle grandi montagne. Un giorno, una ragazza gravida dalla pelle stranamente più chiara di quella degli abitanti del suo stesso villaggio, si era perduta nei boschi e aveva cominciato a invocare l'aiuto della natura per vivere una vita semplice. Nessuno al villaggio la voleva: era rimasta incinta, era sola, e aveva la pelle più chiara. Un errore, più che un essere umano.

Si diceva che la natura l'avesse ascoltata, e le avesse fornito un posto tutto suo in cui crescere il suo bambino. Con il passare degli anni e del tempo, altre persone raggiunsero quella radura magica creata appositamente per la donna dalla pelle chiara e il suo unico figlio.

Con i secoli il villaggio si ingrandì, e così i suoi abitanti, dando forma a quello che oggi era conosciuto come Algonquin. Si diceva che la magia si trovasse ancora nelle cose più semplici, in quel villaggio, come nelle radici degli alberi e i fiumi in piena – fino ad alcune creature particolari e introvabili sulle altre colline.

Il compito di Kurt era quello di assicurarsi che al villaggio la gente rimanesse al sicuro. Algonquin era sempre stato luogo al centro di mille battaglie, visto la sua posizione assolutamente centrale e privilegiata. I suoi abitanti avevano una pelle più chiara e invidiabile dagli altri selvaggi, un terreno più fertile, e donne con poteri curativi.

Kurt era il figlio del capo di quel villaggio – generazioni e generazioni dopo la giovane donna gravida del racconto. Per questo la sua pelle era ancora più chiara di quella delle persone del resto del villaggio, i suoi occhi celesti come il cielo durante l'alba, e i capelli castani come la scorza delle nocciole più mature.

In quanto principe, le abilità di Kurt dovevano essere molteplici. E proprio per quello, non appena udì suonare i flauti, si precipitò con Rachel al centro del villaggio.

 

Suo padre mostrava ad altri uomini dove potessero riposare. Non appena lo vide, Kurt si precipitò da lui, soffiando di sollievo.

“Padre.”, mormorò, prima di gettarsi tra le sue braccia. Suo padre lo strinse forte, le loro tuniche che si intrecciarono e la mano di suo padre calda tra i suoi capelli.

“Vieni con me, figliolo.”, mormorò suo padre con dolcezza, scortandolo verso la loro tenda. Kurt si impose di non piangere. Suo padre stava bene, i pochi amici che aveva visto partire stavano bene, ma le truppe erano tornate dimezzate e quello lo rendeva molto triste.

“Come va la situazione ai confini?”, chiese in un sussurro.

“Peggio di quanto pensassi, figliolo.”, ammise suo padre. “C'è stato un momento in cui ho temuto che non ce l'avremmo fatta. Per fortuna la forza della natura non ci ha mai abbandonati, nemmeno questa volta.”

Kurt sospirò di sollievo. Si diceva che in ognuno di loro, grazie al grande potere dato alla donna gravida, scorresse una buona quantità di potere, una sorta di connessione con tutto il mondo intorno a loro. Kurt lo sentiva chiaramente quando ascoltava il vento, o nuotava, o si trovava in mezzo a una radura. Era intenso, una connessione – un fondersi con gli elementi della natura, far parte di essi.

“Abbiamo perso molti uomini.”, disse suo padre con amarezza. “Ma ci siamo difesi con grande onore.”

Kurt sentì il suo cuore riempirsi di tristezza. “Non capisco perché non mi porti mai con te.”

“Oh, figliolo, sai perché.”, rispose lui. “Sei troppo prezioso per il villaggio. Sei il loro futuro capo, non possono perderti.”

La risposta che suo padre gli diede fu frustrante come al solito. Kurt sapeva combattere, certo che lo sapeva, ma non era mai potuto scendere in battaglia perché non poteva ferirsi, o farsi del male. Il villaggio aveva bisogno di lui. Tra sua madre e suo padre, lei era colei che deteneva la connessione diretta con il mondo intorno a loro, qualità che era stata totalmente trasmessa a Kurt. Lui aveva un immenso potere, nonostante fosse ancora troppo giovane per controllarlo totalmente. Aveva il dono di ascoltare, di ricevere, di sentire. Per quello era prezioso.

“Kurt, avanti. Vieni qui.”, gli disse suo padre, chiedendogli di alzarsi in un fugace gesto. Lui lo fece, cercando di sorridere appena.

“Tutte queste battaglie, sai...mi hanno fatto riflettere molto. Sul futuro.”, spiegò suo padre, camminando con lui di fronte alla finestra. “Ho pensato che potrei non esserci più per te, da un momento all'altro.”

“Padre...”, tentò di dire Kurt, ma suo padre lo interruppe.

“Io voglio solo essere certo che tu non sia solo, quando l'inevitabile accadrà. Nessuno è eterno, figliolo. Lo abbiamo visto con la mamma.”

La madre di Kurt era morta in una notte di incendio, quando lui aveva appena otto anni. Il fuoco era uno dei pochissimi elementi che erano impossibili da gestire anche per una persona che possedeva la connessione diretta con la natura. Sua madre si era addentrata in una delle tende del villaggio in cui era scoppiato un incendio per recuperare una neonata. Era riuscita a salvarla, ma aveva riportato ferite troppo gravi, impossibili da guarire persino per le loro guaritrici. Kurt aveva pianto molto, il cielo si era oscurato per diversi giorni, il vento aveva ululato ad ovest e alcuni fiori erano appassiti. Era stato il momento in cui aveva capito quanto immenso fosse il suo potere.

“C'è stato un guerriero, in battaglia, che è stato davvero molto valoroso, Kurt. Ha combattuto senza paure, senza mai guardarsi indietro. Io credo che lui sia adatto a te, per diventare il tuo compagno.”

La dottrina ad Algonquin non impediva a uomini di diventare i compagni di altri uomini, se questo era ciò che desideravano. O a donne di diventare compagne di altre donne, come esistevano uomini che sposavano donne. A differenza di alcuni villaggi vicini, dove i compagni dello stesso sesso venivano puniti con indicibili pene, ad Algonquin ognuno era libero di amare chi desiderava. Si diceva infatti che la donna gravida che per prima ci aveva messo piede, fosse diventata la compagna di un'altra donna, una volta arrivata lì.

Kurt aveva capito fin da bambino di essere attratto dai ragazzi. Aveva avuto prepotenti cotte per guerrieri più grandi, ma aveva sempre cercato di non farlo troppo notare. Credeva che per un principe fosse negativo avere quel particolare tipo di inclinazione, ma poi suo padre gli aveva detto che era già successo che alcuni principi sposassero altri ragazzi, e che principesse sposassero ragazze, e Kurt aveva finalmente cominciato a non nascondere più la sua natura.

Al suono di quelle parole, Kurt alzò un sopracciglio. “Chi è?”

Suo padre scostò la tenda, gli mostrò un guerriero a poca distanza da loro, che stava in piedi di fronte a bambini che cercavano di convincerlo a giocare senza successo.

“Sebastian?”, chiese Kurt in un sussurro. “Ma è così...”

“Affascinante?”

“In realtà stavo per dire serio.”, disse Kurt. Lo osservò con calma. Sebastian era davvero un bel ragazzo. Alto e snello, le gambe lunghe e possenti, i capelli corvini e gli occhi chiari e sottili. Certo, quello non lo poteva negare. Ma non poteva negare nemmeno il fatto di averci parlato massimo due volte, e in entrambe le volte Sebastian non gli era sembrato affettuoso, né amichevole.

“Non dire così, figliolo.”, borbottò suo padre. “Ho parlato con lui sulla strada del ritorno. Mi ha detto che ne sarebbe onorato.”

“Non lo conosco nemmeno, padre.”, protestò debolmente Kurt. “E da quel poco che ho potuto vedere...”

“Oh, figliolo.”, borbottò suo padre. Uscirono dalla tenda, percorrendo la via che portava al fiume. “Almeno pensaci. Avresti una vita appagante con lui, sai? Ti terrebbe al sicuro, sempre e comunque, proteggerebbe i figli che avresti da una partoriente. Mi renderesti felice.”

Kurt si sentì come preso in contropiede. Certo che voleva rendere suo padre felice. Aveva sempre avuto solo lui, nella vita, c'erano sempre stati l'uno per l'altro. Suo padre era tutto per lui, lui era tutto per suo padre. Ma come poteva costringere il suo cuore ad amare una persona?

“Ci penserò.”, disse debolmente. Suo padre gli accarezzò la schiena.

“Ho qualcosa per te.”, soffiò piano, estraendo dalla tasca della tunica una collana di pietre azzurre. Gli occhi di Kurt luccicarono a quella vista.

“Sono lapislazzuli lucenti, dalle montagne del nord. Vorrei che tu la indossassi sempre.”, mormorò, legandogliela attorno al collo. Kurt la sfiorò con le dita.

“E' bellissima.”

“Era di tua madre.”, ammise suo padre. “Mi auguro che ti aiuti a trovare la retta via.”

Kurt annuì debolmente. Erano ormai arrivati ai piedi del fiume.

“Prova ad ascoltare il fiume, figliolo. Forse avrà tutte le risposte.”

Kurt così lo fece. Si chinò vicino al fiume, ascoltando i passi di suo padre mentre si allontanava, e immergendo le dita nell'acqua, aspettando qualsiasi tipo di risposta.

 

***

 

Blaine Anderson salì sulla nave prendendo un respiro profondo e regalando ai marinai un largo sorriso. Fece qualche passo sul ponte per capire con che equipaggio stava lavorando, quando sentì una leggera pacca sulla spalla destra.

Un uomo dal vestito forse troppo colorato e il viso paffuto lo stava guardando. “Dovete essere il Capitano Anderson.”

“E Voi il governatore Radcliffe.”, borbottò Blaine. “E' un immenso piacere conoscervi.”

“Lo è anche per me.”, borbottò il governatore. “Vent'anni e già capitano. Un talento naturale.”

Blaine ridacchiò. “Forse. Devo tutta la bravura a mio padre.”

“Mi ricordo di lui. Sono molto dispiaciuto del fatto che ci abbia lasciato così in fretta.”

Blaine annuì. Non gli faceva molto piacere parlare di suo padre con persone che molto probabilmente lo avevano conosciuto meglio di quanto lo avesse conosciuto lui. Avevano condiviso la passione per i viaggi, le battaglie e i Nuovi mondi, tutto qui.

“Dunque, Blaine – posso chiamarvi Blaine, tanto sei giovane, no?”, chiese il Governatore. “Quanto dobbiamo temere queste nuove terre?”

Blaine sbuffò una risata. “Non c'è assolutamente nulla da temere, Governatore Radcliffe. Ho analizzato la rotta un altissimo numero di volte. Con le mie precedenti spedizioni ho superato tempeste pericolosissime e ne sono sempre uscito vivo, questa volta non sarà diverso.”

Radcliffe sembrava soddisfatto, ma per nulla impressionato. “Molto bene, Capitano.”

 

Il terzo giorno di viaggio, un terribile temporale colpì la nave su cui Blaine Anderson stava viaggiando. Nonostante la giovane età e l'ingenuità che i suoi lineamenti dolci potevano suggerire, Blaine nella sua vita aveva visto abbastanza tempeste da sapere esattamente come muoversi. Sbraitò ordini a destra e a sinistra, fece manovrare la nave in modo da circondare la tempesta e non finire esattamente al centro. Dopo ore e ore in cui stavano lottando con quel mostro naturale, Blaine osò pensare che fosse finita.

Un instante dopo, sentì qualcuno gridare “Uomo in mare!”

 

Blaine lo aveva già fatto, di gettarsi in un mare in tempesta per recuperare un membro dell'equipaggio. Non importava che fosse il capitano e che la sua vita fosse fondamentale, un uomo non andava lasciato morire in quel modo. Si fece legare la caviglia a una fune legata all'albero maestro, e poi si gettò in acqua per recuperare quel giovane marinaio.

Era ancora vivo e in forze quando lo riportò in superficie. Si sedette vicino a lui, sorridendogli ampiamente.

“Ti chiami...?”

“S-Sam.”, borbottò lui. “Sam Evans.”

“Oh, la famiglia Evans. Ho avuto l'onore di incontrare tuo padre una volta.”, disse sbrigativamente Blaine. “Quanti anni hai?”

“Diciotto il mese prossimo, signore.”

Qualcosa dentro il cuore di Blaine si intenerì. “Va tutto bene Sam, sei vivo.”

Sam si mise a sedere. “N-non mi punirà?”

“Non punisco i miei uomini per essere caduti in acqua, Sam.”, disse Blaine con un ghigno. “Voglio che ti riposi almeno fin quando non avvisteremo terra, intesi?”

Sam annuì con voracità, e poi Blaine lo aiutò ad alzarsi.

“Non capisco perché non lo punite.”, borbottò il Governatore, spuntato fuori dal nulla con una ridicola vestaglia da notte e un ombrello.

“Non sono abituato a punire i miei uomini perché lottano per rimanere in vita, Governatore.”

“Questo ragazzo è appena caduto in acqua come un'idiota, Capitano.”

A quelle parole, molti uomini ridacchiarono. Blaine si accigliò.

“Questa è ancora la mia nave. Questo ancora il mio equipaggio. Sam è un ragazzo valoroso che si è guadagnato il posto qui, come se lo è guadagnato ognuno di voi. Chiunque sarebbe potuto cadere, oggi. Festeggiamo perché Sam è ancora tra noi, invece di pensare a possibili punizioni.”

Detto questo, Blaine accompagnò Sam in cabina. Quando tornò sul ponte, il governatore era già sparito.

 

Avvistarono terra il mattino dopo, tra banchi di nebbia e una leggera foschia.

Sam uscì dalla cabina con diversi maglioni addosso e gli occhi da febbre.

“Sam...”

“No, solo – grazie per ieri, Capitano.”

“La vita è un dono, Sam.”, rispose Blaine semplicemente. “Non è qualcosa che va gettato via. Sono onorato di averti ancora con me.”

 

***

 

C'era un solo posto in cui Kurt riusciva a concentrarsi ma allo stesso tempo non pensare a nulla. Si diceva fosse lì il punto d'origine del loro villaggio, il luogo da cui traspariva tutta la magia di cui piante e alberi erano internamente dotati. Il luogo in cui la donna gravida aveva dato alla luce suo figlio.

Come una sorta di magnete, aveva attirato Kurt fin dai primi anni della sua infanzia, anche quando non aveva ancora imparato l'importanza della natura e dei suoi poteri.

Raggiunse con la barca il punto più profondo della foresta, lasciandola accanto a un enorme salice. Si arrampicò ai rami dell'albero senza grosse difficoltà, arrivando di fronte al suo enorme tronco, segnato da rughe profonde. Sorrise senza nemmeno volerlo.

“Nonna Salice?”, chiese in un soffio, aspettando. Poco dopo, la superficie del salice si increspo leggermente, prendendo vita e lasciando spazio al volto di una donna anziana. Il cuore di Kurt cominciò a battere più veloce.

“Ciao, piccolo mio.”, rispose con voce roca nonna Salice. Kurt non si sarebbe mai abituato a quel miracolo. La connessione che aveva con la natura gli aveva permesso di aver quel legame speciale con un antica bis, bis nonna della sua famiglia, che era morta nei pressi del salice, trasferendogli tutta la sua essenza. Probabilmente le voleva così tanto bene perché per lui era stata una vera propria nonna, qualcuno di materno che c'era stato nei momenti più bui, quando sua madre se n'era andata.

“Ti vedo triste.”, mormorò lei, arricciando il naso di legno. Kurt si sforzò di sorridere.

“E' stata una lunga mattinata, mio padre e gli altri soldati sono tornati al villaggio. Ci sono state molte perdite.”

“Oh, tesoro.”, disse lei sconsolata. “La natura sta facendo il suo corso. Gli uomini persi in quella battaglia troveranno il loro nuovo posto nel mondo.”, spiegò lei. “Ma dimmi, c'è qualcos'altro?”

Kurt si sfiorò involontariamente la collana di sua madre, sentendone la presenza leggera eppure importante. “Dopo l'ultima battaglia, mio padre si è – come dire...spaventato.”, sussurrò. “Teme di poter andarsene da un momento all'altro, e per questo vuole che mi sposi al più presto.”

Nonna Salice accennò un sorriso. “Mio caro, tua madre aveva la tua stessa età quando tuo padre la chiese in moglie. Anche lei aveva molti dubbi, ma alla fine è stata davvero felice.”

“Lo so.”, disse di rimando Kurt. Sapeva che i suoi genitori si erano amati, lo vedeva negli occhi di suo padre ogni volta che parlavano di lei. Ma non era quello il punto. “Vuole che sposi Sebastian.”

“Sebastian?”, chiese incredula Nonna Salice. “Ma è così serio.”

“E' quello che ho detto anch'io.”, soffiò Kurt ridacchiando. “Non...non è per i miei doveri, nonna. So che un giorno dovrò sposarmi e prendere il posto di mio padre, è stato voluto così. E lo farò. Ma quando mi sposerò, voglio che sia per qualcosa che desidero, voglio che l'uomo che diventerà il mio compagno mi ami tanto quanto io amo lui.”, disse Kurt sfogandosi. “E in più, sto facendo questo...sogno.”

“Un sogno?”, chiese Nonna Salice incuriosita.

“Sì, uhm – io sono al centro di questa radura, e davanti a me c'è una freccia che ruota. Non ho idea di cosa possa essere, ma un certo punto questa freccia ruota in fretta, e più in fretta, e più in fretta...finchè a un tratto si ferma.”

“Che sogno strano.”, ammise Nonna Salice, storcendo un po' la bocca di legno. “Credi di aver capito cosa ti indicasse?”

“Immagino la via da seguire.”, borbottò Kurt incerto. “E io non sono sicuro che questa via sia Sebastian, Nonna.”

Nonna Salice sembrava capire sempre tutto senza bisogno di ulteriori spiegazioni. Un lungo ramo di foglie si posò sula spalla di Kurt per confortarlo, e lei gli sorrise dolcemente. “Più di ogni altra cosa, devi seguire il tuo cuore. Ascoltarlo. Ti dico sempre di ascoltare il vento, ricordi? Ora, prova ad ascoltare il cuore. Fa' quello che ti dice lui.”

Kurt strinse le mani sulle proprio cosce. C'era ben poco che il suo cuore gli suggeriva di fare: obbedire a suo padre e sposare Sebastian, per garantire al suo villaggio una dinastia forte e reale. Chiuse gli occhi all'improvviso, respirando a fondo e cercando di concentrarsi, quando improvvisamente sentì che il vento a Nord era cambiato, e c'era qualcosa di grande che si muoveva.

“C'è qualcosa.”, soffiò arrampicandosi sul tronco di Nonna Salice per arrivare in cima. Era l'albero più alto e vecchio di tutta la zona, per cui Kurt non ebbe dubbi quando arrivò in alto. C'era qualcosa in arrivo, ma non sembrava un temporale.

“Cosa vedi?”, chiese la Nonna. Kurt respirò a fondo.

“Nuvole.”, disse, senza però esserne sicuro. Nuvole che si muovevano molto velocemente, bianche e leggere e fini all'orizzonte, sempre più vicine. “Strane nuvole.”

 

***

 

Il Generale Radcliffe diede nel giro di dieci minuti ordini moto precisi: scavare fin quando ogni uomo avrebbe trovato l'oro. Blaine scese dalla nave proprio quando stava facendo il discorso di incoraggiamento più stereotipato della storia – L'Inghilterra è con voi, uomini miei, oggi renderemo fieri il Re e la Regina – e si trattenne a stento da alzare gli occhi al cielo. Scommetteva che Radcliffe per primo non avrebbe mosso un muscolo per aiutare i suoi uomini, ma se ne sarebbe stato tutto il giorno nella sua tenda a non fare nulla.

In ogni caso, Blaine non aveva firmato per il lavoro sull'isola. Si era proposto come capitano per quell'equipaggio quando aveva scoperto che avrebbero raggiunto quella parte dei nuovi mondi, perché ammetteva di non esserci mai stato prima, con nessun equipaggio.

Si allontanò dagli uomini che stavano scavando senza dare troppo nell'occhio, per poter addentrarsi meglio nella foresta. Intravide Sam da lontano che lo stava guardando con incredulità ma con un pizzico di malcelata ammirazione, ma Blaine non se ne badò. Non voleva dare spiegazioni a nessuno, voleva semplicemente fare un giro sulla nuova terra senza essere disturbato da nessuno.

La foresta in quel particolare punto era a dir poco incantevole. C'erano erbe di tutti tipi, alcuni che Blaine non aveva visto da nessuna parte, da piante curative ad altre molto velenose. C'erano bacche e piccoli insetti colorati, alberi che dovevano avere almeno centinaia di anni.

Era buffo che Blaine si sentisse a casa solo quando effettivamente era lontano dal posto in cui era nato e vissuto. Forse era per via della rigorosa educazione che aveva ricevuto. I suoi rapporti con il padre si erano limitati alo stretto necessario: lui gli aveva insegnato come navigare e come gestire un equipaggio, a salvarsi dalle tempeste e rimanere in vita. Era morto qualche anno prima, dopo aver guidato l'ultima nave su una parte molto lontana di un Nuovo mondo, e le ultime parole che aveva detto a Blaine erano state “Non smettere di rendermi fiero”, ed era stata l'unica volta in cui Blaine si era sentito mai vagamente amato. Non c'erano stati abbracci e né parole di conforto, tanto meno quando sua madre era stata cacciata di casa, dopo aver tradito suo padre con un giovane ufficiale. Blaine non l'aveva mai più rivista, nemmeno dopo essere diventato capitano.

Era in quei mondi in cui tutto il peso del suo passato svaniva. Smetteva di essere il figlio degli Anderson e rimaneva solo Blaine, un ragazzo che aveva fatto dei viaggi oltremare la sua vita e che si era innamorato dei mondi in cui non poteva vivere – non finchè portava quel cognome, non finchè doveva rendere suo padre fiero.

Quando spostò dei rami e intravide il paesaggio sotto di lui, all'orizzonte l'oceano infinito e poco prima ettari di verde, alberi e fiumi che sembravano serpenti dalla pelle chiara, il cuore di Blaine si gonfiò.

Era decisamente a casa.

 

Decise di allontanarsi dall'accampamento per fare un giro. Non era consigliabile allontanarsi se c'era buio, ma avevano avuto la fortuna di attraccare all'alba, quindi né approfittò. A giudicare dalla posizione del sole non doveva essere più tardi di mezzogiorno, ormai; non c'era troppo caldo, ma un aria piacevole che scompigliava i capelli.

Raggiunse una zona molto umida, vicino a delle piccole cascate. Decise di sciacquarsi il viso e bere un po' d'acqua, quando improvvisamente dal proprio elmo scorse in lontananza qualcosa muoversi delicatamente.

Il suo corpo si congelò, ma immediatamente si ordinò di mantenere la calma e fare finta di non aver visto nulla. Si era documentato su quei posti, e sapeva che i Selvaggi di quelle zone tendevano a studiare i comportamenti del nemico prima di attaccare. Avrebbe fatto finta di niente, aspettando che venisse allo scoperto.

Si rimise l'elmo sulla testa e si voltò con un gesto quasi plateale, rifugiandosi dietro un enorme pietra al lato del laghetto che precedeva le cascate. Il tempo di qualche minuto, e la figura che aveva visto dietro di lui, tra gli alberi, si avvicinò al lago con lentezza.

C'era troppa foschia per vederlo bene. Poteva essere un ragazzo come una ragazza dai capelli corti, alta e longilinea. Era certo che non facesse parte del suo accampamento, però, a giudicare dai pochi strati che coprivano la sua pelle. Fece un passo avanti, estraendo il fucile e caricandolo con gesti veloci e precisi, come gli era stato insegnato. Soffiò per far volare via la cenere in eccesso, e solo allora balzò in avanti, superando la coltre di foschia e finendo di fronte a quella figura.

E quella si voltò di scatto, puntando gli occhi nei suoi.

Il cuore di Blaine si fermò.

Era un ragazzo, non poteva più avere dubbi su quello. La pelle pallida della sua pelle contrastava nettamente con il rossore accennato delle sue guance. Aveva un naso a punta e i capelli di un castano chiaro, ma la cosa che colpì Blaine di più fu il bagliore dei suoi occhi cerulei, diversi da qualsiasi altro ragazzo avesse mai incontrato prima.

Quando il suo cuore riprese a battere, lo fece molto più velocemente di prima. Era decisamente la creatura più bella che avesse mai visto – non riusciva a trovarne un difetto, dalle lunghe gambe affusolate alle braccia fini che terminavano in dita delicate e lunghe, il collo bianco e netto, i piedi che sembravano gusci di conchiglia.

Anche il ragazzo lo stava fissando di rimando. Sembrava all'erta ma allo stesso tempo tranquillo, quasi sereno – e quella fu la cosa che stupì Blaine di più. L'assoluta certezza che aveva quel ragazzo che Blaine non gli avrebbe fatto del male, nonostante avesse un fucile carico in mano. Fucile che si affrettò a lasciare su una pietra vicina, per poi percorrere qualche passo verso di lui. Era davvero, davvero bellissimo. E Blaine si diede mille volte dello stupido, perché sapeva quanto quelle sue inclinazioni a casa avessero giocato a suo sfavore – era qualcosa che di sé stesso aveva sempre cercato di reprimere, di nascondere. Ma lì, di fronte a quel meraviglioso ragazzo, per la prima volta si sentì libero di far battere veloce il suo cuore.

Era davvero molto vicino a lui, se avesse allungato un braccio avrebbe potuto toccarlo – quando quel ragazzo si voltò all'improvviso scappando via, verso i boschi.

“Aspetta!”, gridò Blaine, il cuore in gola. Non poteva perderlo, non ora che lo aveva appena visto. Lo seguì immediatamente, affrettandosi a recuperare il fucile e correndo più veloce che poteva per raggiungerlo. Era davvero molto agile; saltava ogni ostacolo che trovava in pratica mescolandosi con la natura, come se fosse parte di lei.

A un certo punto raggiunsero una radura enorme che dava su un piccolo fiume, e il ragazzo si precipitò su una barca di legno che doveva aver lasciato lì poco prima. Iniziò a remare, ma Blaine corse davanti a lui puntando le mani sulla barca e bloccandola.

“Aspetta.”, ripetè, uno sbuffo di fiato che abbandonò la sua gola. “Ti prego, non voglio farti del male.”

Solo ora, Blaine la vide. La paura negli occhi di quel ragazzo. Si guardò intorno nel panico, cercando un modo per scappare, ma Blaine insistette. Si slacciò il fucile, gettandolo lontano da loro e alzando le mani al cielo, rendendosi assolutamente vulnerabile agli occhi di quel ragazzo. E poi si chinò di nuovo, sorridendogli.

“Non potrei mai farti del male.”, disse sinceramente. Non poteva esserne certo, ma vide un piccolo bagliore negli occhi del ragazzo. “Come ti chiami?”

Il ragazzo mosse le dita sopra il proprio ginocchio, disegnando cerchi concentrici. Parlò, ma usò una lingua che Blaine non aveva mai sentito.

“Non...non capisci una parola di quello che ho detto, vero?”, soffiò Blaine scoraggiato. Lo avrebbe perso solo perché non capiva nulla di quello che diceva. Strinse più forte la barca tra le dita, quando -

“Kurt.”, mormorò il ragazzo lentamente. Blaine puntò gli occhi nei suoi. “Il mio nome è Kurt.”, ripetè lui, con un leggero sorriso amichevole. Blaine sentì il proprio cuore gonfiarsi. Indicò se stesso, sorridendo di rimando.

“Mi chiamo Blaine.”, disse in un sussurro.

Kurt fissò il fucile che aveva allontanato da loro. “Se non vuoi farmi del male, perché avevi quello con te?”

Blaine dovette ricredersi. Quel ragazzo sapeva la loro lingua molto bene. “Uhm...è per proteggermi. Credevo fossi una minaccia per me.”

“Non rappresento una minaccia per nessuno.”, disse Kurt, e Blaine notò una punta di stizza nella sua voce. Si affrettò a rimediare.

“Lo so. Lo vedo. Mi dispiace di averti spaventato.”, mormorò. Gli porse una mano per aiutarlo a scendere, ma Kurt sembrava molto riluttante a prenderla.

“Ti aiuto a scendere dalla barca.”

Kurt aggrottò le sopracciglia. “E perché?”

“Perchè voglio conoscerti.”

Blaine avrebbe potuto giurare che le guance del ragazzo si erano fatte infinitamente più rosse. Lo vide combattere con sé stesso, ma poco dopo le loro dita si unirono, e improvvisamente successe qualcosa, qualcosa che entrambi non seppero spiegare. Dei fili d'erba si unirono con vento attorno alle loro mani, iniziando a vorticare instancabilmente insieme a tracce di quella che Blaine potè definire solo come...magia. Ma non era possibile, vero?

Kurt scese dalla barca e si mise di fronte a Blaine. Era più alto di lui, snello ed equilibrato, e improvvisamente Blaine sentì il proprio cuore scartare un battito. Sembrava una creatura di quelle fiabe che leggeva sempre da bambino, disobbedendo ai suoi genitori.

 

“Blaine Anderson.”, ripetè per la quarta volta Kurt. “E' un nome così strano.”

“Non è strano, è irlandese.”, spiegò Blaine. “Forse per te ha un suono strano. E comunque anche Kurt non è un nome che sento spesso.”

“Il mio nome è molto, molto più complesso.”, spiegò Kurt con una punta di orgoglio. “Ma è troppo lungo perché tu riesca a pronunciarlo correttamente nella tua lingua. Kurt è una semplice abbreviazione.”

Blaine sembrava affascinato. Aveva grandi occhi color ambra e capelli folti e ricci, e Kurt avrebbe potuto giurare di aver desiderato di passarci le dita in mezzo dai primi secondi in cui ci aveva parlato.

“Me lo pronunceresti?”, soffiò Blaine. “Il tuo nome.”

Kurt lo fece con un po' di esitazione. Blaine ne rimase incantato, ma concordò nella scelta di Kurt di abbreviare il suo nome. Era davvero complesso e lungo, nella sua lingua nativa.

“E' bellissimo.”, mormorò. “Però sì, è strano anche il tuo.”

Kurt si ritrovò a ridacchiare, passando le dita tra i fili d'erba sotto di sé. Mosse di poco la mano, quando all'improvviso si scontrò con quella di Blaine, che cercò di afferrare le sue dita. Kurt sembrava perplesso.

“Uh- devi scusarmi.”, soffiò Kurt. “Nella nostra cultura...non è così spontaneo per noi toccare le persone che non conosciamo.”

“No, solo – scusami tu.”, si affrettò a rispondere Blaine, sentendosi leggermente in imbarazzo. “Da noi le persone che si sono appena incontrate si scambiano un gesto con la mano.”, spiegò, allungando la propria verso Kurt. Lui la fissò senza capire.

“Non succede niente?”, chiese con un filo di voce.

“Non fa male.”, lo rassicurò Blaine. “Devi solo stringerla.”

E così Kurt lo fece, la strinse con delicatezza, e Blaine poi le mosse insieme per un po'. A Kurt venne da sorridere.

“E' davvero strano.”, ammise. “Però hai ragione, non fa male.”

Blaine si chiese se Kurt e la sua bellezza fossero almeno reali.

“Qui da noi, ci diciamo ciao in questo modo.”, spiegò Kurt, piegando il braccio e facendo un gesto circolare verso l'alto, con la mano leggermente piegata a coppa. “Wingapo.”, soffiò nella sua lingua nativa americana. Blaine pensò che non esistesse suono più bello.

“Wingapo.”, ripetè. “Significa benvenuto, anche, vero?”

“Vero.”, confermò Kurt. “E in questo modo diciamo addio, invece. A'hana.”, disse piano, come un suono di uno strumento musicale. Blaine rincorse la sua mano in movimento, appoggiando il palmo della mano contro il suo.

“Preferisco che mi si dica ciao.”, mormorò. “Non sono mai stato molto bravo con gli addii.”

Gli occhi di Kurt brillavano dolcemente. “A nessuno piacciono gli addii, Capitano Anderson.”, disse con un sorriso stiracchiato, osservando poi le loro dita intrecciate. Non capiva perché non sentisse più il bisogno di spostarle, ma anzi, quel calore gli infondeva una particolare sicurezza.

Decise comunque che era meglio cambiare discorso. “Allora.”, soffiò. “Non ho ancora capito cosa ci fate qui, se devo essere sincero.”

“Oh, hai ragione.”, Blaien sbuffò una risata. “Uhm – io e gli altri uomini siamo alla ricerca di un metallo raro e prezioso che si trova nelle vostre terre. Si chiama oro.”

Kurt aggrottò la fronte senza capire. “O – olo?”

Blaine ridacchiò. “Oro.”, ripetè con dolcezza. “Ha una consistenza molto ruvida, ma se lavorato diventa una pietra preziosissima. Ci si fanno le monete, guarda.”, disse Blaine, porgendo a Kurt una moneta d'oro, appunto. Kurt la osservò attentamente, per poi estrarre dalla piccola borsa di pelle che aveva addosso tutto ciò che credeva potesse assomigliarci.

“Forse questo è oro.”, mormorò, porgendogli la pianta che coltivavano lì nelle loro foreste. Come aveva detto Blaine, ce n'era una quantità enorme nelle loro terre. “Qui ne cresce tantissimo, prendilo.”

“Oh no.”, soffiò Blaine, accennando una risata. “Questo non è oro - è mais, Kurt.”, spiegò. “Devo ammettere che è molto buono, ma non lo puoi usare per fare le monete.”

Kurt lo ripose nella borsa. “Mi dispiace.”, ammise. “Non abbiamo niente del genere qui.”

“Questa sarà proprio una bella notizia per i ragazzi.”, scherzò Blaine. “Quando tornerò all'accampamento saranno felicissimi di sapere che sono venuti qui per nulla.”

Kurt si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Ho la sensazione che tu non sia venuto qui per l'oro.”

Blaine immerse gli occhi nei suoi. “No.”, soffiò appena. “No, io...io amo viaggiare. Non fraintendermi, mi piace Londra, è il posto in cui sono nato e cresciuto. È solo – come stamattina, quando sono sceso da quella nave e ho visto il primo scorcio di questo posto...tu vivi in un mondo meraviglioso. Sei libero, circondato dalla natura. E non lo so, a volte ho la sensazione che un pezzetto del mio cuore appartenga a questi posti.”

Kurt era – praticamente affascinato da Blaine. Il modo in cui muoveva le mani, il bagliore dei suoi occhi, il movimento repentino dei suoi riccioli scuri. Non aveva mai visto nessuno come lui, e ogni volta che i loro occhi si incrociavano sentiva qualcosa di denso e prepotente muoversi al livello dello stomaco.

“Credo che vorrei vederla almeno una volta nella vita, sai. Londra.”, ammise Kurt abbassando lo sguardo. “Le strade, i negozi...si dice così, vero? E tutte quelle cose di cui gli anziani del villaggio parlano nei racconti. Dev'essere un bel posto.”

“Le vedrai.”, disse con certezza Blaine. “Il nostro Re ha intenzione di costruire alcune strade qui, e anche dei villaggi con dei negozi.”

Kurt aggrottò la fronte. “Costruire...qui?”

“Sì.”, mormorò lui fermamente. “Abitazioni più robuste, con il riscaldamento e cose che non potete nemmeno immaginare.”

Kurt si sentì offeso. “Le nostre case vanno benissimo, Blaine.”

“Dici così perché non ne hai mai viste di migliori.”, borbottò Blaine. “Senti, non sto dicendo che le vostre case non vanno bene, sono semplicemente...uhm...primitive?”

Kurt si alzò in un movimento repentino. “Credete di essere migliore di noi, è questo?”

“Cos- no! Kurt, no, stai fraintendendo-”

“Ho capito benissimo invece, Capitano.”, lo schernì Kurt, passandogli affianco per raggiungere il laghetto e la sua barca. Ci salì sopra cominciando a remare più lontano che poteva, ma anche adesso Blaine lo raggiunse, bloccando la barca.

“Kurt, fermati.”, gli disse fermamente. “Non volevo insinuare niente, te lo giuro.”

“Togliti.”, gli ordinò Kurt fermamente, sentendosi ferito. Non aveva idea di come avesse potuto immaginare che qualcuno che non apparteneva al suo mondo potesse in qualche modo capirlo, o assomigliargli. Quel senso di libertà, di far parte di qualcosa di grande lo sentiva continuamente anche Kurt, e pensava che Blaine potesse in qualche modo essere come lui, ma si sbagliava.

“Non ti lascio andare via.”, mormorò lui fermamente. Kurt spalancò gli occhi, colpito dal suo coraggio e dalla sua insistenza.

“E' solo...siamo popoli diversi. Non sto dicendo che il vostro sia sbagliato, è solo...sì, diverso. Non siamo venuti qui per sradicare le vostre convinzioni, siamo qui solo per mostrarvi che ci sono nuove vie. Per mostrare ai selvaggi che-”

“Selvaggi?”, sbottò Kurt. “E' così che ci chiamate, selvaggi?”, quasi ringhiò, sentendo un moto di rabbia invaderlo tutto. “Come- come ti permetti, Blaine?”

“No, io – non volevo – ma perché devo sempre dire la cosa sbagliata al momento sbagliato?!”, sbottò Blaine. “Selvaggio non vuol dire niente. Io non penso che tu lo sia.”

“Faccio parte del mio popolo, Blaine.”, specificò Kurt. “E tu hai appena chiamato il mio popolo così.”

“M-mi dispiace. Non volevo- risultare offensivo. Lo giuro.”

Kurt sentì gli occhi pizzicare, e anche per quel motivo con un balzo si aggrappò a un ramo robusto che sovrastava la sua testa, cominciando ad arrampicarsi su una albero enorme per allontanarsi da Blaine. Credeva di poterlo seminare, quando sentì la sua voce provenire dai rami più in basso.

Non aveva mai creduto che fosse in grado di fare così tante cose.

“Kurt, aspetta!”, gridò Blaine. “Giuro che mi dispiace. Selvaggio è solo...è solo termine, va bene? Un termine totalmente sbagliato per dire che qualcuno...che qualcuno...”

Fu a quel punto che Kurt sentì il rumore di un ramo che andava spezzato, e poco dopo le urla di Blaine gli confermarono che era caduto. Non seppe capire perché il suo cuore gli balzò nella gola dallo spavento, ma nel giro di qualche secondo tornò giù, trovando Blaine disteso al suolo, l'elmo sulla faccia.

Glielo tolse con delicatezza, notando la sua smorfia di dolore.

“Che qualcuno non è come te.”, soffiò Kurt. Blaine lo guardò a fondo, e solo poi si mise a sedere, mettendoglisi di fronte.

“Scusami.”, disse piano. “Io...a volte parlo troppo. Non volevo dire che siete dei selvaggi. Tu – diamine, tu sei tutto ciò che si discosta da quel termine. Ho sbagliato.”

Kurt osservò il suo viso nell'interezza, dalle labbra arricciate in una smorfia tenera alle sopracciglia ridicolmente grandi, ai suoi occhi di miele.

“Tu credi che io sia diverso da te, Blaine?”

Blaine sbattè le palpebre una singola volta. “No.”

Kurt sorrise. “Va bene.”, sussurrò. “Allora lascia che te lo mostri.”

“Mostrarmi cosa?”

“Il mio mondo.”, disse Kurt di rimando. “Voglio farti vedere perché penso che sia perfetto così.”

 

Kurt gli mostrò i grandi laghi ad est, i fiumi che scorrevano veloci in mezzo ai boschi e alle foreste. Gli mostrò come nuotare nell'acqua delle paludi, e poi in quella fresca dove il paesaggio era dominato dalle cascate. Gli insegnò a distinguere le bacche velenose da quelle commestibili, gli indicò i frutti più buoni e quelli che considerava più amari.

Gli raccontò la storia del suo villaggio, la ragione della loro pelle chiara, e della credenza popolare che quei boschi fossero pieni di magia. Blaine rise quando glielo disse, mai poi ricordò cos'era successo quando le loro mani si erano incontrate per la prima volta, e smise di considerarlo uno scherzo.

Perché a volte, era come se la magia si potesse sentire.

Tutta intorno a loro, negli alberi e nel vento e nelle foglie, e negli animali che incontravano durante il cammino.

Nella notte, Kurt lo portò anche vicino alla tana di un orso, e la prima cosa che Blaine fece quando lo vide fu puntargli il fucile contro, perché era stato addestrato a fare così. Kurt gli si parò davanti.

“No.”, disse ammonendolo. “Blaine – è una creatura. Proprio come lo sei tu. Se tu impari a rispettarla, lui imparerà a rispettare te.”

Blaine abbassò l'arma, e l'orso improvvisamente si calmò, permettendo a Kurt di tenere stretti i suoi piccoli. Uno sporse la zampa verso Blaine, e lui si sentì in dovere di accarezzarlo, sotto lo sguardo attento e orgoglioso di Kurt.

“Visto?”, gli chiese lui. “Non è difficile.”

 

Lasciarono volare due aquile, al tramonto. Le videro diventare sempre più piccole stagliandosi all'orizzonte, volando vicine come una coppia.

Kurt lo prese per mano e lo riportò a valle, e poi nella radura in cui si erano conosciuti. Ormai stava calando la notte, e tutto intorno a loro si stava facendo più buio.

“Non credevo potesse essere così.”, soffiò Blaine, stringendo più forte la sua mano. “Io...c'erano tante cose che non capivo.”

Kurt gli si fece più vicino. “Va bene imparare nuove cose.”, sussurrò. “E' anche a questo che servono i viaggi.”

A Blaine brillavano gli occhi. Si aggrappò agli avambracci di Kurt, avvicinandosi a lui ulteriormente e sorridendogli. “Mi fai stare così bene.”, disse piano. “E' tutto – tutto così magico quando siamo insieme.”

Kurt spalancò gli occhi, sentendo il cuore battere veloce. C'era stata così tanta vicinanza mentre correvano tra i boschi, o mentre si erano asciugati al sole dopo essere stati alle cascate, dopo sorrisi accennati e guance rosse. Blaine era praticamente – cambiato grazie a lui, lo stava facendo anche adesso, e lo aveva fatto sotto il suo sguardo attento. E adesso era lì, vicino e caldo e reale, e assolutamente bellissimo.

Il suono del coprifuoco fece trasalire Kurt. A breve sarebbe stata distribuita la cena, e se avesse tardato suo padre si sarebbe preoccupato. Tentò di staccarsi da Blaine.

“Devo andare.”, disse piano, cercando i suoi occhi un'ultima volta, prima di scivolare via dalla sua presa. Con un passo, Blaine lo afferrò di nuovo per i fianchi delicatamente.

“Voglio rivederti.”, disse senza ombra di dubbio. “Dimmi quando posso rivederti.”

“I-io...”, soffiò Kurt. Che diamine stava facendo? Era il figlio del capo del villaggio, e quel ragazzo era il capitano di una nave londinese che era giunta nel nuovo mondo per cambiarlo, piena di regole da rispettare e pregiudizi. “Non so se posso.”

“Kurt.”, soffiò Blaine, accarezzandogli una guancia con le nocche. “Lo so che lo vuoi anche tu.”

Gli occhi di Kurt scivolarono sulle sue labbra, ma si impose di distogliere lo sguardo. “Mi dispiace.”, disse velocemente, prima di scappare sulla sua barca.

Questa volta, Blaine lo lasciò andare.

 

***

 

Quando Kurt tornò all'accampamento, trovò suo padre e gli altri uomini del villaggio decisamente preoccupati. L'ora di cena era stata spostata più tardi, ed erano tutti riuniti attorno alla tenda dei medicamenti, dove un'anziana donna stava cercando di guarire un uomo ferito.

Kurt trovò Rachel appena in tempo.

“Cosa è successo?”, le chiese in un sussurro. Lei lo fissò come a dire “Dove diamine sei stato?”, ma decise di rispondergli comunque.

“Un nostro guerriero oggi è stato ferito gravemente dagli uomini che sono arrivati qui.”, spiegò lei. “...le nostre guaritrici non conoscono quella ferita, è troppo grave.”

Kurt sentì il proprio cuore nella gola. Gli uomini che erano lì con Blaine avevano appena attaccato il suo popolo, e lui non riusciva a sentirsi minimamente in colpa per quello che aveva fatto quel pomeriggio. Blaine – lui era diverso da quegli uomini, o per lo meno adesso aveva capito. Non gli avrebbe mai fatto del male.

Suo padre si allontanò dal lettino del ferito, rivolgendosi alla sua gente. “Questi Selvaggi sono molto pericolosi.”, disse infine. “E finchè non capiremo cosa vogliono da noi, staremo loro alla larga. Tutti quanti.”

Kurt sentì il proprio cuore precipitare.

 

***

 

All'accampamento Blaine si era aspettato di trovare più sconforto, invece, quando entrò vide alcuni uomini intenti a festeggiare, mentre Radcliffe era chiuso nella sua tenda. Decise di andare a fargli visita.

“Capitano.”, esordì lui. Sembrava piuttosto scocciato, ma non per la visita, forse piuttosto per il fatto che ormai in quasi dieci ore non era spuntato fuori un singolo granello di oro. “Vi siete perso il divertimento, oggi.”

Blaine aggrottò la fronte.

“C'è stata una piccola guerriglia tra i nostri uomini e quella del villaggio più vicino. A quanto pare, abbiamo vinto noi.”

Il corpo di Blaine si congelò. “Una guerriglia?”

“Esattamente.”, rispose lui. “Un loro uomo è stato ferito, e naturalmente si sono dileguati. Non sono così innocui come pensavamo, Capitano. Per questo, ho dato l'ordine di sparare a vista ad ogni indiano che d'ora in poi incontreremo.”

Blaine fu invaso da un potente capogiro.

Kurt era in pericolo, e lui era bloccato lì, in quel ridicolo accampamento, insieme all'uomo più crudele che la corte di Londra avesse mai conosciuto.

 

***

 

Kurt stava raccogliendo del mais insieme a Rachel, il giorno dopo. Era pomeriggio inoltrato, e forti raggi di sole colpivano la sua pelle.

Improvvisamente, suo padre spuntò dalle piante, il viso preoccupato. “Ragazzi.”, soffiò “Non dovreste stare fuori, il villaggio non è al sicuro.”

“Non ci accadrà niente.”, lo rassicurò Kurt, mostrando al padre le pannocchie raccolte. “Stiamo solo raccogliendo delle provviste per tenere il villaggio al sicuro.”

“State solo attenti, va bene?”, chiese il padre, guardando entrambi con ammonimento. Rachel e Kurt annuirono brevemente.

“Quando ti guardo con quella collana, Kurt.”, esordì a un certo punto suo padre. “Mi ricordi tua madre talmente tanto.

Lui se la sfiorò con le dita. “Mi manca moltissimo.”

“Lo so. Manca moltissimo anche a me.”, ammise suo padre con un sorriso triste. “Ma lei è sempre con noi, la puoi sentire nel vento.”

E, proprio come se sua madre avesse sentito, in quel preciso momento un filo di vento colpì i loro corpi, scompigliando loro i capelli. Kurt sorrise, rasserenato, e vide suo padre allontanarsi.

Rachel si schiarì la voce. “Sai, non dovresti sparire come hai fatto l'altro giorno.”, buttò lì, raccogliendo una pannocchia. “Mi hai fatta preoccupare.”

“Era perfettamente al sicuro, Rachel.”, sussurrò Kurt, ripensando a Blaine per l'ennesima volta quel giorno. Era il suo pensiero costante, sotto la pelle e ovunque da quando aveva dovuto salutarlo.

“E' solo che è pericoloso...oh mio dio-”

Kurt si voltò di scatto, nel momento in cui vide Rachel fissare un punto preciso dietro di lui. E il suo cuore perse un battito.

C'era Blaine.

“Ciao.”, soffiò lui, gli occhi di miele che brillavano di una luce intensa. Kurt fece un passo indietro per aggrapparsi a Rachel e coprirgli la bocca con la mano.

“Cosa ci fai qui?”, sibillò, sentendo la sua migliore amica tremare tra le sue braccia.

“Volevo rivederti.”, mormorò Blaine. Kurt aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non uscì nulla. Perché anche lui aveva voglia di rivederlo, non aveva fatto altro che pensare a quel momento, ed ora era lì-

“Kurt!”, sentirono chiamare da lontano. Era Sebastian.

“Dobbiamo andarcene da qui.”, sussurrò Kurt, afferrando saldamente una mano di Blaine e lasciando andare Rachel. Le lanciò un'occhiata di supplica. “Ti scongiuro, non dire niente.”

“Kurt-”, soffiò Rachel, enormemente spaventata. “Kurt ti prego, ti metterai nei guai-”

Ma Kurt era già scappato via, in mezzo ai boschi insieme a Blaine, lasciando Rachel da sola. Non meno di qualche secondo dopo, Sebastian arrivò dietro di lei.

“Rachel, dov'è Kurt?”

Rachel si guardò in giro spaesata, sbattendo velocemente le palpebre. “In realtà non è stato con me oggi.”, mentì, sperando di essere sembrata convincente. Sebastian alzò gli occhi al cielo.

“Devi dirle che è pericoloso allontanarsi.”, le disse con fermezza. “Fallo tu – a te dà ascolto.”

 

Kurt portò Blaine nel punto più centrale della foresta, per essere distanti da qualsiasi pericolo potessero incontrare.

Blaine sembrava affascinato da tutte le nuove cose che riusciva a vedere di continuo, e non gli lasciava mai andare la mano. Si sedettero di fronte all'enorme tronco del salice, Blaine disteso a pancia in su e le braccia incrociate sotto la testa, Kurt che lo osservava da seduto.

Non riusciva a smettere di guardare il suo bellissimo viso.

“Stavo pensando-”, soffiò Kurt a un certo punto. “...a cosa farai quando- quando avrai finito qui.”

Blaine aprì gli occhi e li puntò nei suoi. “Cosa intendi?”

“Ripartirete, vero?”, sussurrò Kurt. “Quando anche gli altri si renderanno conto che non c'è oro qui.”

“Molti torneranno a casa, non c'è dubbio.”, disse Blaine scrollando le spalle. Kurt lo guardo a fondo.

“E tu?”

Blaine non sembrò doversi pensare a lungo.

“Non è che abbia una vera e propria casa in cui tornare.”, ammise Blaine, mettendosi a sedere per essere più vicino a Kurt. Si guardarono a lungo, intensamente.

“Potresti restare qui.”, soffiò Kurt, cercando l'ambra dei suoi occhi. “E...trovare una casa qui.”

Blaine sorrise appena. “Tu lo vorresti?”

Kurt fece scivolare il proprio sguardo sulle labbra di Blaine. “C-credo di sì.”, ammise. Ma stava mentendo. Non lo credeva – era praticamente sicuro di volere che Blaine rimanesse. Lo voleva lì con lui, nella stessa terra, vicino.

Gli angoli delle labbra di Blaine si alzarono verso l'alto. Si avvicinò ulteriormente, senza mai smettere di guardare Kurt negli occhi. “Credo di voler fare una cosa.”, disse pianissimo, l'eco di un sussurro. Sollevò le mani, posandole su entrambe le guance di Kurt, trascinando via una  lunga ciocca di capelli. “Fermami se non lo vuoi.”

Ma Kurt non riuscì a fare nulla. Sapeva di doverlo fare, di dover opporsi a tutto quello perché – che diamine stava facendo? Lui era il principe del suo villaggio e quello era uno straniero, e contro ogni logica Kurt lo voleva vicino, lo voleva sentire accanto. Gli aveva mostrato il suo mondo, gli aveva mostrato il suo cuore. E non si stava minimamente pentendo.

Il tempo di un respiro, e un attimo dopo le labbra di Blaine furono sulle sue, dolci e aspettate e gentili, assolutamente gentili, così diverse da quel mondo sempre brusco. Il bacio durò poco, il tempo di un fugace movimento di labbra e una carezza lungo la guancia, ma Kurt si sentì in dovere di aggrapparsi alla tunica di Blaine, poi, respirando a fatica.

Era stato il suo primo bacio.

“Va tutto bene?”, soffiò Blaine, sorridendogli con dolcezza. Kurt strinse più forte la stoffa del suo maglioncino, sbuffando una risata.

“Sì.”, ammise, ridendo ancora più forte. Appoggiò la sua fronte alla spalla di Blaine, continuando a ridere per minuti interi. “Sì, sì, te lo giuro Blaine.”

Blaine gli accarezzò i capelli e gli bacio il centro della testa. “Non so cosa mi succede quando sto con te.”, ammise piano. “Mi sento vulnerabile e invincibile allo stesso tempo, ed è una sensazione così nuova per me.”

Kurt stava per dirgli che sentiva esattamente le stesse cose, quando sentì il corpo di Blaine irrigidirsi vicino al suo. “Cosa c'è?”, chiese piano.

“Qualcosa-”, mormorò velocemente. “Qualcosa si è mosso su quell'albero. In quell'albero – era come se proprio lui si fosse mosso.”

Kurt sorrise e si posizionò dietro il suo corpo, appoggiandogli le mani sulle spalle. “Sicuro di aver visto bene?”

“Io...”, Blaine sembrava davvero spaventato all'idea. “N-non lo so Kurt, te lo giuro.”

Kurt immerse la punta del naso tra i suoi riccioli, ispirandone il profumo. “Guarda meglio, Blaine.”, disse vicino al suo orecchio. E Blaine lo fece, si concentrò, e alla fine la corteccia dell'albero effettivamente si mosse e creò il volto di una persona anziana che apparentemente stava sorridendo.

“Ciao, Blaine Anderson.”, disse lei, la voce roca e che sembrava un'eco lontana.

“M-mi sta parlando.”, borbottò Blaine. “Kurt, l'albero mi sta parlando-”

“Va tutto bene.”, soffiò Kurt, accarezzandogli la schiena. “Non può farti del male. C'è tanta, tanta magia in questo posto Blaine, ma non è nata per fare del male.”

Blaine si mise più dritto, per fronteggiare meglio l'albero di fronte a lui. “Cosa...cosa si dice a un albero?”

“Qualsiasi cosa tu voglia.”, mormorò Kurt in risposta, incoraggiandolo a non fermarsi. Blaine così si alzò, per potersi mettere di fronte a quel volto intagliato nel legno. Alcuni rami spinsero la sua schiena, e Blaine si ritrovò a qualche centimetro dal tronco.

“E' buono d'animo.”, disse Nonna Salice. “Ed è anche bello.”

Blaine sbuffò una risata, la tensione che piano piano andava via. “Mi è simpatica.”

Kurt, da dietro, gli baciò leggermente una spalla. “E credo che tu sia simpatico a lei.”

Pochi secondi dopo, dei forti rumori provenienti dall'estremità della radura li fecero sobbalzare.

“Sono due dei miei uomini.”, disse piano Blaine, riconoscendo le loro voci. “Sono venuti a cercarmi.”

“Nascondetevi qui dietro.”, si affrettò a dire loro Nonna Salice. Blaine prese Kurt per mano e lo portò dietro l'enorme tronco, prendendolo tra le braccia.

I borbottii dei due uomini si fecero sempre più vicini, finchè ormai la loro conversazione divenne sempre più chiara. Parlavano di come evitare i selvaggi semmai gli avessero incontrati. Blaine strinse più forte a sé Kurt, proprio quando Nonna Salice colpì i due intrusi con i rami dei suoi alberi, e questi scapparono via a gambe levate.

Blaine e Kurt ridacchiarono.

“Beh, direi che sei dalla nostra parte.”, borbottò Blaine, dando qualche pacca al suo tronco. Nonna Salice lo guardò con un gran sorriso.

“Giovanotto, questi rami sono ancora piuttosto arzilli.”

Kurt si lasciò scappare una risatina, prima che Blaine avvolgesse il suo volto con entrambe le mani. “Devo andare.”, disse piano. “Prima che tutto l'accampamento venga a cercarmi.”

“Ma...”, soffiò Kurt. “Quando- quando posso rivederti?”

“Presto.”, gli promise Blaine. “Vediamoci stanotte, d'accordo? Qui.”, sussurrò, prima di baciargli il centro della fronte a lungo, indugiando sulla sua pelle. Poi si abbassò, lasciandogli baci impercettibili sulla guancia, lo zigomo, l'angolo della bocca.

“Saranno ore interminabili.”, confessò Kurt, sorridendo appena. Blaine lo lasciò andare.

“A più tardi.”, gli promise, correndo lontano dal salice.

Kurt praticamente crollò sulle radici dell'albero. “Non so cosa sto facendo, Nonna Salice.”

“Qualsiasi cosa tu stia facendo, è quella giusta.”, disse lei. “Non provavo un'emozione così forte da duecento anni.”

“Ma io...”, cominciò Kurt, portandosi una mano sulla collana della madre. “Sono il principe di quel villaggio. E mi sto...mi sto innamorando di lui. Di un ragazzo che non è come me.”

“Oh, bambino mio.”, mormorò Nonna Salice. “Ricordi il sogno che hai fatto? Magari la freccia ti stava indicando lui.”

“lo credi davvero?”, chiese Kurt, respirando piano. “Io so solo che lo voglio rivedere. Cioè – so che non dovrei. Ma lo voglio rivedere.”

Certo che lo vuoi rivedere. E chi non lo vuole rivedere? Andiamo ragazzo, è così bello.”

Kurt si ritrovò a ridacchiare, prima di lasciarsi cadere nello stesso punto in cui prima Blaine era disteso.

 

***

 

All'accampamento, gli uomini di Radcliffe erano in subbuglio.

Blaine trovò Sam in un angolo e lo fermò, portandogli una mano sulla spalla.

“Che succede, Sam?”

“Si tratta degli Indiani.”, mormorò lui. “Radcliffe crede che ci tengano nascosto l'oro. Quindi sta...sta organizzando una battaglia.”

“Che cosa?”, soffiò Blaine, facendo un passo indietro. “Si...si sbaglia, Sam. Loro non hanno nessun oro. Non c'è nessun oro.”

“Di che cosa state parlando, Capitano Anderson?”, sbottò Radcliffe, avvicinandosi a loro. Inevitabilmente, anche gli altri membri dell'equipaggio si avvicinarono al gruppo di uomini. Blaine si vide costretto a dire la verità.

“Ne ho conosciuto uno.”, soffiò Blaine, sapendo di star sfidando la pazienza del suo equipaggio. Radcliffe sembrava sconvolto.

“Un selvaggio?”, chiese Sam, gli occhi sbarrati.

“Non- non è un selvaggio, Sam. È un ragazzo. Mi ha...mi ha insegnato un sacco di cose, come- come navigare i fiumi, come seguire il vento e accudire gli animali. Sono molto intelligenti, sanno fare un sacco di cose...e non posseggono l'oro.”, ammise. Tirò fuori dalla sua borsa la pannocchia che Kurt gli aveva dato. “Questo è tutto ciò che più ci assomiglia per loro. Ed è cibo.”

“Non c'è nessun oro.”, borbottò Radcliffe divertito. “Certo, e immagino sia stato il vostro amico indiano a dirglielo.”

“Esatto.”, sibilò Blaine. “E io mi fido di lui.”

“Sono menzogne.”, grugnì Radcliffe. “Tutte stupide menzogne, e tu ti sei fatto abbindolare.”

“Lui non sta mentendo-”

“Badate bene, Capitano Anderson.”, lo ammonì Radcliffe. “Ho dato l'ordine di sparare a vista a quegli indiani e Voi non avete alcun diritto di non eseguire i miei ordini. Chiunque non lo farà sarà giustiziato, riportato in patria e successivamente impiccato.”, esclamò. “Sono stato abbastanza chiaro?”

Blaine chiuse le labbra in una linea dura. Si volò e si rifugiò nella sua tenda, sentendo l'imminente bisogno di stringere Kurt tra le sue braccia.

 

***

 

Il villaggio era in continuo movimento per l'arrivo dei soldati degli altri villaggi. Kurt non avrebbe mai creduto che sarebbero potuti arrivare così presto. Si precipitò da suo padre, afferrandogli un braccio.

“Papà-”

“Figliolo, non ora.”, sussurrò suo padre. “Devo parlare con gli altri capi dei villaggi. Combatteremo questo nemico tutti insieme.”

Il cuore di Kurt gli scivolò nella gola. “Padre, ci dev'essere un altro modo.”, soffiò lui. “Mi dici sempre che la violenza non è la via giusta.”

“Bambino mio, a volte sono gli altri a scegliere la nostra via.”

“Padre.”, rantolò Kurt. “Se ci fosse un'altra strada, tu la prenderesti?”

“Non credo ce ne siano altre.”

“Ma se uno di loro volesse parlare lo ascolteresti?”, chiese Kurt alzando la voce. “Lo ascolteresti?”

Gli occhi di suo padre brillavano di ardore e speranza, ma anche di stanchezza. “Certo che lo ascolterei.”, ammise. “Ma non è così semplice.”

E poi suo padre se ne andò, scomparendo nella tenda per parlare agli altri capi.

 

***

 

Blaine spense con cautela la candela che illuminava la sua piccola tenda. Sporse fuori da questa solo il viso, per capire se avesse via libera, e solo quando udì in lontananza la voce degli uomini di guardia discutere di qualcosa, si convinse ad andare. Corse verso il retro, il cuore che batteva come mille cuori per il desiderio di rivedere Kurt.

Non si era minimamente accorto che Sam lo aveva seguito, uno sguardo preoccupato sul volto. Stava quasi per tornare all'accampamento, sicuro che Blaine fosse in grado di cavarsela, quando qualcuno lo spinse in avanti. Era il governatore Radcliffe.

“Voglio che lo segui.”, disse sbrigativamente. “E poi sapere cosa ha fatto.”

“Certo, Governatore.”, obbedì Sam, stringendo più forte il proprio fucile. Fece per voltarsi, ma la voce del governatore lo bloccò di nuovo.

“Oh, e Sam.”, borbottò con noia. “Non deludermi ancora.”

 

***

 

Kurt correva come non aveva mai fatto in tutta la sua vita, la luce pallida della luna che rendeva la sua pelle quasi traslucida, i grandi campi di mais che si estendevano davanti a lui.

Poco prima di allontanarsi, Rachel lo fermò.

“Kurt.”, disse lei, rincorrendolo. “Dove- dove stai andando, adesso?”

“Io...”, soffiò Kurt, incerto se mentire. Sapeva che se anche l'avesse fatto, Rachel avrebbe capito tutto comunque. “Rach, c'è qualcosa che devo fare.”

“Vai da lui, vero?”, borbottò Rachel in un'accusa. “Kurt, ho mentito su di te una volta. Ti prego. Non costringermi a farlo di nuovo.”

“Lui non potrebbe mai farmi del male.”

“Il loro popolo è pericoloso, Kurt!”, sbottò Rachel. “Sono state ferite delle persone, e sembra che tu nemmeno ci pensi!”

Kurt fece un passo indietro. Non poteva negare che Rachel avesse ragione: il popolo di Blaine aveva portato subbuglio nel suo villaggio, esattamente come Blaine aveva  portato subbuglio nella sua vita. Ma non avrebbe rinunciato a lui adesso, non dopo tutto quello che avevano condiviso. Blaine – lui gli stava insegnando ad amare.

“Mi dispiace, Rachel.”, sussurrò Kurt. “Io devo andare.”, disse pianissimo, prima di scomparire tra gli alberi.

Rachel non fece in tempo a dire altro – rimase immobile a fissare il punto in cui Kurt era sparito con gli occhi che pizzicavano, e solo dopo un tempo che le parve infinito tornò al villaggio, dove trovò Sebastian intento a sistemare un'ascia.

“Bas...”, soffiò incerta, attirando la sua attenzione.

“Rachel.”, la chiamò subito lui, visibilmente preoccupato. “E' Kurt? Si è cacciato nei guai?”

“Io...”, mormorò Rachel, sentendo il cuore appesantirsi. “Io credo che lui sia in pericolo.”

 

***

 

Kurt non aveva messo in conto come sarebbe stato rivedere Blaine.

Certo, aveva sopportato l'attesa, ed era stata snervante; ma non si era aspettato che rivederlo avrebbe fatto letteralmente scoppiare il suo cuore. Non appena lo intravide da lontano le sue labbra si piegarono in un sorriso e corse verso di lui, abbracciandolo stretto e respirando la sua pelle e davvero, non avrebbe mai creduto che una persona potesse fare quell'effetto. Una casa, di solito, faceva quell'effetto, di calore e protezione e mille altre cose non dette.

Tra le braccia di Blaine, Kurt si sentì finalmente libero di aver paura.

“Sono arrivati i soldati.”, disse piano, come un segreto. “Sono in tantissimi, e hanno l'unico scopo di fermarvi.”

“Il mio governatore ha dato l'ordine di sparare a vista ad ogni indiano.”, mormorò Blaine, accarezzandogli i capelli. “Siete in pericolo.”

“I-io...”, iniziò Kurt, staccandosi da lui. “N-non lo so, sto cercando di pensare. È come se stesse scoppiando una guerra.”

E' una guerra, Kurt.”, disse di rimando Blaine. “I miei uomini pensano che voi abbiate nascosto l'oro. Non si fermeranno finchè non lo troveranno, e se nel processo qualcuno si farà del male non sarà un problema loro.”

Kurt si guardò attorno disperato, le mani di Blaine che disegnavano cerchi distratti sulla pelle nuda delle sue braccia. “E io- io cosa...cosa dovrei fare?”

“Non c'è niente che un solo uomo possa fare.”, soffiò Blaine. “Quando qualcuno vuole combattere nessuno lo ferma.”

“Ma ci deve essere un modo.”, insistè Kurt. “Tu- tu sei cambiato, Blaine.”

“Perchè ho avuto l'immensa fortuna di conoscerti.”, sussurrò Blaine, sollevando una mano per accarezzargli una guancia. “Di ascoltarti, di vedere il mondo con i tuoi occhi.”

Kurt distolse lo sguardo, puntandolo sul pavimento sotto di loro. Si sentiva devastato. “No. C'è- c'è qualcosa che potresti fare, ma dobbiamo fare in fretta.”

Blaine aggrottò la fronte, e Kurt gli sorrise appena.

“Parla con mio padre.”, soffiò Kurt. “Lui- lui ti ascolterà.”

Blaine si morse il labbro inferiore. “Non sono sicuro che sia una buona idea. Come ti ho detto un uomo – un solo uomo non può fare la differenza.”

“E perché no?”, chiese piano Kurt. “Almeno proviamoci.”

A quel punto, dietro di loro, Nonna Salice prese forma e vita.

“Spesso una rivoluzione parte da una piccola e fugace scintilla.”, disse grave. “Voi potreste essere quella scintilla.”

Blaine respirò a fondo. “Ci ho provato a parlare con i miei uomini, non mi hanno ascoltato. Non si fidano. È...è del tutto inutile, Kurt. Parlare è inutile.”

“E' un punto di partenza.”, spiegò Nonna Salice. Allungò un proprio ramo verso il laghetto, toccandone appena la superficie e creando così dei grossi cerchi concentrici. “Cosa vedete?”

Kurt aggrottò la fronte. “Le increspature.”

Blaine sembrava ancora più perplesso. “Cos'hanno di speciale?”

“Sono così immensamente piccole all'inizio.”, spiegò Nonna Salice. “Ma poi guarda come crescono. Qualcuno però dovrà pur dare loro il via.”

Ed era quello ciò che Nonna Salice intendeva – lui e Kurt potevano essere l'inizio dell'increspatura. La mano di Kurt si fece più reale e presente nella sua, e Blaine a quel punto si voltò, cercando i suoi occhi.

“Va bene.”, disse infine. “Proverò a parlare con tuo padre.”

Un enorme, grato sorriso comparve sul volto di Kurt, che di slancio si gettò su Blaine per abbracciarlo, immergendo il volto nella sua spalla. Nonna Salice dietro di loro sorrideva, e con un movimento fluido spostò tutti i rami per coprire sé stessa e gli altri animaletti, per lasciare Kurt e Blaine soli.

Si staccarono con un movimento lento, poi Blaine posò entrambe le mani sulle sue guance, un sorriso giocoso che gli colorava il volto. Si alzò appena sulle punte, e questa volta baciò Kurt davvero, senza riserve, senza stupide attese, coprendo completamente le sue labbra con le proprie e raccogliendole con possesso. Kurt fece passare le braccia attorno al suo collo per tenerselo più vicino e sospirò contento nel bacio, gli angoli della bocca che andavano inevitabilmente verso l'alto.

Le mani di Blaine scorsero fino ai suoi fianchi, per sentire la presenza solida e calda del corpo di Kurt. Gli morse un pezzetto di labbro inferiore giocherellandoci, mentre Kurt passava continuamente le dita tra i suoi riccioli soffici, sorridendo nel bacio.

E poi lo stupore iniziale li abbandonò, sostituito da una concentrazione tale da spaventarli, e devozione. I loro corpi si pressarono ancora di più l'uno contro l'alto e Kurt gemette appena, passando un singolo dito sulle spalle del capitano e sentendo il proprio cuore esplodere perché quel bacio era vita, era la sua destinazione, era esattamente lì che il suo cuore gli diceva di andare.

Almeno finchè non udirono un urlo disperato provenire dagli angoli del bosco, e Kurt si staccò da Blaine quanto bastava perché Sebastian si gettasse su di lui.

“Bas!”, gridò, nel vedere la sua ascia. Blaine evitò il primo colpo di slancio ma inciampò sul terreno, Bas che si gettò immediatamente su di lui per cercare di colpirlo in continuazione, senza sosta. Blaine evitava i colpi come poteva, senza cercare di ferire quel ragazzo di rimando.

“Bas, ti prego- smettila!”, cercò di fermarlo Kurt, non sapendo come avvicinarsi. Se lo avesse fatto nel momento sbagliato Sebastian avrebbe potuto ferirlo. Lo fece quando vede la sua ascia pronta per colpire Blaine di nuovo, ma Sebastian lo spinse con forza di lato, facendolo cadere.

Dopo un gemito di dolore, Kurt si mise sul fianco per osservare la scena. Sebastian era a cavalcioni su Blaine, che spingeva l'ascia verso il suo viso, mentre con ogni briciola di forza Blaine si stava riparando dal colpo, facendo pressione in modo che la lama non lo colpisse. Kurt si alzò ignorando il dolore al fianco, e afferrò Sebastian per le spalle.

“Ti prego non-”, rantolò, cercando di spingerlo via. “Non fargli del male, non-”

Ci fu uno sparo.

Uno sparo che squarciò l'aria, e improvvisamente il corpo di Sebastian si fece più pesante. Kurt ebbe il tempo di guardarlo un'ultima volta – poi Sebastian allungò le dita verso di lui, aggrappandosi alla collana di sua madre. Quando cadde all'indietro, la collana si ruppe in mille minuscoli pezzi che si sparpagliarono nella radura e nel fiume lì vicino.

Blaine e Kurt si voltarono all'unisono, puntando gli occhi su un ragazzo biondo che in mano aveva un fucile che ancora fumava.

Sam.

“Lo hai ucciso.”, sussurrò Kurt verso quel ragazzo. “Lo hai- lo hai ucciso!”

Blaine lo abbracciò da dietro. “Shhh, Kurt- stava cercando di salvarmi.”, disse soltanto. “Sarei morto io se non lo avesse fatto-”

Lo sparo aveva attirato altri del villaggio, che inevitabilmente stavano correndo verso di loro. Sia Kurt che Blaine riconobbero i loro passi, Sam che guardava con panico nella loro direzione.

“Vattene via, Sam.”, ordinò Blaine al ragazzo. “Torna all'accampamento più in fretta che puoi.”

Sam provò a protestare all'inizio, ma Blaine insistè, e quando gli uomini arrivarono nella radura era rimasto solo Blaine da incolpare. Venne immediatamente preso, i suoi polsi gli vennero legati dietro la schiena, e Kurt non riusciva a dire nulla che potesse avere senso.

Lo guardò solo un'ultima volta, prima che fosse portato via dagli altri. Uno sguardo disperato, e di scuse, e di impotenza.

Poi si chinò verso Sebastian, raccogliendo il suo volto e aiutando gli altri guerrieri a sollevare il suo corpo.

Aveva sbagliato tutto quanto.

 

Kurt non ci provò nemmeno a cercare gli occhi di suo padre quando tornarono al villaggio – intravide da lontano il suo volto straziato quando realizzò che Sebastian era privo di vita, i lineamenti sconvolti dalla rabbia e dall'orrore.

“Chi è stato?”, chiese, un tono tagliente e che non ammetteva regole. Gli rispose un ragazzo del villaggio, quello che stava trattenendo Blaine.

“Kurt era nei boschi e Sebastian era andato a cercarlo per assicurarsi che stesse bene, ma quest'uomo lo ha assalito.”

Il padre di Kurt osservò con disprezzo il volto di Blaine, gli occhi colmi di un sentimento così scuro e radicale che a stento Kurt riusciva ad osservarli. “Portatelo via.”, disse quasi senza forze. “All'alba, lui sarà il primo a morire.”

Ogni piccola briciola di forza abbandonò il cuore e il corpo di Kurt – e ben presto, suo padre gli si fece vicino.

“Ti avevo detto di non addentrarti nei boschi-”

“Padre-”

“Ti avevo detto che era pericoloso, e tu mi hai disonorato!”, quasi gridò Burt, i suoi occhi chiari spalancati. Kurt si sentì costretto ad avvolgersi con entrambe le braccia, lentamente. “Papà.”, soffiò. “Mi dispiace, stavo solo cercando...solo cercando di portare la pace-”

“A causa delle tue sciocchezze, Sebastian è morto.”, disse suo padre, forte, e quelle parole si infransero sulla pelle di Kurt. Suo padre sparì insieme agli altri uomini velocemente, prima che la poca luce dell'accampamento venne coperta dalla figura minuta di Rachel. Kurt non ebbe nemmeno il coraggio di guardarla – si lasciò cadere per terra, in ginocchio.

“E' tutta colpa mia.”, soffiò. “Bas – lui era nel bosco per cercare me.”

“Kurt...”, disse infinitamente piano Rachel. Si inginocchiò di fronte a lui, il volto rigato di lacrime. “Ho mandato io Sebastian a cercarti. Ero preoccupata – ti avevo visto con quello – quello straniero, e avevo paura per te. Ti prego, perdonami.”

Kurt lasciò scivolare via le lacrime, e giocherellò con le dita delle proprie mani. “Ho perso ogni cosa, Rach.”, sussurrò. “La fiducia di mio padre, quella del mio popolo. E non potrò vedere Blaine mai più.”

Rachel spalancò gli occhi a quel punto, stupita di quanto esattamente Kurt fosse dispiaciuto per quello – per Blaine, il ragazzo che veniva da lontano. Se Kurt davvero ci teneva a lui, chi era Rachel per impedire loro di vedersi un'ultima volta? Immerse le dita in quelle di Kurt, facendo un po' di pressione per aiutarlo ad alzarsi.

“Vieni con me.”, disse dolcemente, trascinandolo verso le tende ai confini del villaggio.

 

C'erano due uomini a sorvegliare la prigione improvvisata di Blaine. Rachel si avvicinò senza paure, guardando le due guardie dritte negli occhi e mostrando con fierezza che teneva per mano il loro principe.

“Kurt desidera poter guardare negli occhi l'uomo che ha ucciso Sebastian.”, disse a gran voce. Le due guardie si scambiarono una veloce occhiata.

“In realtà non ci è permesso...”

“Neghereste il desiderio del vostro principe?”, chiese Rachel, senza farsi abbattere. Entrambe le guardie sembrarono cedere.

“Va bene, ma fai in fretta.”

Kurt strinse forte un'ultima volta le dita di Rachel, e poi entrò nella tenda con estrema cautela.

Un lungo brivido percorse la sua spina dorsale, quando si rese conto delle condizioni di Blaine – i suoi polsi erano stretti all'inverosimile a una colonna al centro della tenda ad un palo, il suo corpo rannicchiato contro di esso. Si morse le labbra ma si costrinse di non piangere, continuando a camminare verso di lui e mettendosi in ginocchio proprio di fronte al suo corpo. Blaine aveva gli occhi chiusi, ma al minimo rumore li aprì – il miele al loro interno caldo, ed ora era come se tutto fosse apposto.

“Kurt-”, soffiò Blaine incredulo, e Kurt coprì le sue labbra con un dito e gliele baciò estremamente piano immediatamente dopo, ancorando le dita al suo maglioncino.

“Mi dispiace.”, soffiò delicatamente, la voce che usciva in singhiozzi spezzati e silenziosi. Blaine avvicinò le labbra alle sue e gli portò via un bacio leggero. “Mi dispiace mi dispiace mi dispiace-”

“Non dirlo.”, soffiò pianissimo Blaine, muovendosi per quanto le mani legate potessero concedergli per avvicinarsi a Kurt. “Andrà tutto bene, capito? Mi sono salvato da situazioni molto peggiori di queste.”

Kurt aggrottò la fronte limpida. “Per esempio?”

Blaine ridacchiò. “Ora come ora non me ne rammento, ma...”

Gli occhi di Kurt scivolarono su ogni angolo del suo viso, tristi. “E' stata tutta colpa mia, Blaine.”, disse piano. “E se ti perdessi, se domani- domani-”

“Shhhh.”, soffiò Blaine. Allungò il collo verso Kurt, sperando che capisse di doverlo guardare negli occhi. “Ehy, guardami.”

Kurt lo fece.

“Sei la persona più coraggiosa che abbia mai avuto l'onore di conoscere, Kurt.”, ammise Blaine, gli occhi che brillavano. “Ogni cosa che hai fatto l'hai fatta con il cuore aperto e l'intenzione di fare del bene.”

“Ma ti perderò.”, ansimò Kurt. “Forse sarebbe stato meglio- non incontrarci mai-”

“Non dirlo. Non dirlo mai.”, mormorò Blaine. “Preferisco morire domani, che vivere mille vite senza conoscerti.”

Kurt sospirò, i suoi occhi blu e luminosi che brillavano in contrasto al buio che c'era nella tenda che li inghiottiva.

“Non mi perderai mai.”, sussurrò Blaine, appoggiando la fronte alla sua. Kurt annuì, mentre fuori sentiva la voce delle guardie farsi insistente perché venisse fuori.

“Non- non posso lasciarti.”

“E' tutto okay, vai.”, soffiò Blaine, prima di chiudere le proprie labbra sopra quelle di Kurt un'ultima volta. “Qualunque cosa accada, io sarò sempre con te. Sempre, ricordalo.”

“Sempre.”, mormorò in risposta Kurt, prima di lasciargli un ultimo bacio sull'angolo della bocca. E poi lo lasciò ai piedi della tenda dopo un'ultima, languida carezza sul suo viso perfetto.

 

***

 

Sam tornò all'accampamento con le mani che tremavano e gli occhi che pizzicavano di pianto, al pensiero che l'unica persona in mezzo a tutto quel casino che avesse mai creduto in lui ora fosse stata catturata da quei selvaggi – e gridò più forte che poteva.

“Hanno rapito Blaine!”, disse continuamente, per far sì che tutti si svegliassero. Sapeva che Radcliffe non aspettava altro che un piccolo nonnulla per muoversi contro gli Indiani, e sapeva benissimo, ancora, che quello sarebbe stato il pretesto perfetto.

Erano tutti sconvolti, quando Sam raccontò cos'era appena successo – omise il particolare del bacio, perché non credeva che i suoi compagni avessero bisogno di sapere quello di Blaine. Dubitava che lo avrebbero più rivisto come prima, e forse non avevano una mente abbastanza aperta per capire qualcosa che lui aveva capito fin dai primi momenti.

Radcliffe annunciò che all'alba avrebbero salvato Blaine e attaccato il popolo che lo teneva prigioniero.

Sperò di aver fatto abbastanza da salvare il suo unico amico.

 

***

 

Kurt non riuscì a stare al suo villaggio un secondo di più, e corse da Nonna Salice, nel bel mezzo della notte.

“La terra sta tremando, Kurt.”, disse lei in tono di voce agitato, scorgendo la paura nei suoi occhi.

“Sebastian è morto.”, soffiò Kurt, abbracciandosi come poteva e cercando di prendere profondi respiri. “...Blaine è stato catturato e mio padre intende ucciderlo all'alba, per poi dichiarare guerra ai suoi uomini.”

Nonna Salice sembrava sconvolta come non mai. “Ma bambino mio, ci dev'essere qualcosa che puoi fare per impedire tutto questo.”

Il cuore di Kurt quasi esplose. “E cosa? Cosa, Nonna Salice – non ho fatto altro che sbagliare dal primo momento! Mi sono innamorato di Blaine, gli ho dato ogni briciola del mio cuore e l'ho reso vulnerabile e guarda adesso.”, sussurrò. “E' colpa mia se lo hanno catturato. Ed è colpa mia se Sebastian è morto. Mi sento come se – se l'avessi cominciata io, questa guerra.”

Nonna Salice sembrava triste, ma non completamente abbattuta. “Ti ho sempre detto di seguire il tuo cuore.”, mormorò, la corteccia delle sue labbra che si increspava in un sorriso confortante. “Non si sbaglia mai così.”

Kurt si coprì entrambi gli occhi con le dita, impedendo ad altre piccole lacrime di nascere. Fu solo dopo, a qualche centimetro dai propri piedi, che notò qualcosa che non aveva mai visto prima. C'era – una bussola, era quasi certo si chiamasse così perché Blaine gliene aveva parlato il primissimo giorno che si erano conosciuti. La raccolse.

“Dev'essere caduta a Blaine quando siamo stati qui, prima.”, soffiò debolmente, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Non aveva mai osservato davvero quel piccolo oggetto. C'erano delle lettere sopra, scritte in grande e di precisione, e una freccia in centro che continuava a ruotare verso la stessa direzione, indicando lo stesso punto.

Una freccia che ruota...

“Nonna.”, soffiò Kurt. “Credo- questa è la freccia del mio sogno!”, disse più forte, sentendo il cuore battere veloce. Nonna Salice sorrise più completamente.

“Che strada ti sta indicando, Kurt?”, chiese lei.

E la freccia ruotò continuò a ruotare seguendo il vento esattamente come nel sogno, quasi come se fosse impazzita – e a un certo punto si fermò puntando l'orizzonte, proprio mentre i primi raggi di sole stavano nascendo.

Kurt sapeva perfettamente quale fosse la sua strada – là, dove portava il vento.

“Sai che strada la freccia sta puntando, Kurt.”, mormorò Nonna Salice. “Ora seguila.”

 

C'era fumo e qualche residuo di lacrime che oscuravano la vista di Kurt, quando finalmente abbandonò il bosco a est e iniziò a correre nelle radure secche per il caldo di quei giorni. Davanti a sé il sole stava tramontando, raggi leggeri che inondavano il mondo attorno a lui e sfioravano la sua pelle.

Non aveva idea di come avrebbe fatto – sapeva solo che doveva trovare il modo di fermare quella inutile battaglia, e salvare la vita dell'uomo che amava. Non ne era in grado. Non aveva abbastanza coraggio, e lo sapeva. Ma doveva almeno provarci, no?

Raggiunse i promontori delle esecuzioni. Gli era stato proibito andarci quando era bambino, e da adolescente non aveva mai voluto partecipare alle esecuzioni pubbliche perché decisamente troppo cruente. Ma ora era lì, il cuore che batteva come mille cuori e il bisogno di fermare tutto quello.

Ebbe a malapena il tempo di scorgere suo padre che arrivava sul promontorio con i suoi uomini che lo seguivano, Blaine che veniva portato davanti a tutti per l'esecuzione. Le guardie lo costrinsero a piegarsi e a inginocchiarsi davanti al grande capo del villaggio, proprio quando l'esercito inglese arrivò di fronte a quello spettacolo a passo di marcia.

Kurt non ci pensò nemmeno, a dire la verità. Non gli stato concesso combattere per tutta la vita, ma ora più che mai sapeva di doverlo fare. Corse, corse e corse ancora più veloce, scavalcando corpi e spingendo soldati – corse verso suo padre e verso Blaine.

E proprio mentre Burt alzava il braccio con un'enorme bastone di legno in mano, Kurt si gettò sul corpo di Blaine, coprendolo completamente.

“No.”, disse semplicemente, puntando gli occhi in quelli di suo padre. Sentiva il cuore di Blaine battere freneticamente sotto di lui, la paura mischiata all'adrenalina e tutto quello che provavano, come un fiume in piena. Kurt aspettò il tempo di qualche respiro, strinse le spalle di Blaine e sbattè le palpebre per calmarsi.

“Kurt.”, disse grave suo padre. “Spostati di lì-”

“Se vuoi ucciderlo dovrai uccidere anche me.”, esclamò Kurt senza paure, sentendo Blaine rabbrividire sotto di lui. Suo padre spalancò gli occhi, incredulo, ma un filo di rabbia scivolò via. “Io lo amo, padre.”

Burt schiude le labbra, incredulo ma rapito.

“Non- non capisci dove ci ha portato la rabbia? Dove ci sta portando tutto questo? Ci stiamo – ci stiamo distruggendo, papà. Mi hai sempre detto di ascoltare il mio cuore, di cercare di capire quale fosse la mia strada...”, Kurt sorrise leggermente, accarezzando piano i capelli di Blaine. “E' questa la mia strada papà. È questa la mia decisione. Tu quale decidi di percorrere?”

Burt si ritrovò ad abbassare la mazza che aveva tra le mani, il cuore che tremava leggermente per le parole del figlio. Una folata di vento lo colpì in pieno viso, e gli venne naturale pensare che quella fosse la sua moglie defunta, che cercava di far capire loro che non avrebbero ottenuto niente con una guerra.

“Kurt parla con una saggezza che va al di là dei suoi anni.”, ammise. “Mio figlio è venuto qui con la grazia e la purezza nel cuore, facendoci capire quanto tutto questo sia completamente sbagliato. Lottare non è la strada giusta.”, disse ad alta voce, a tutti i suoi uomini. “Slegate quel ragazzo.”, disse piano, indicando Blaine.

L'ordine venne eseguito, e le corde che fermavano i polsi di Blaine vennero tagliate immediatamente. Kurt gli sorrise appena, prima di allungare le braccia verso di lui e stringerlo forte, mentre Blaine immergeva la punta del naso tra i suoi capelli e gli accarezzava la schiena.

Nessuno si accorse di Radcliffe, che era a dir poco inferocito.

“E' il momento di sparare.”, disse ai suoi uomini.

Sam fece un passo avanti, abbassando il suo fucile. “Si sono arresi, signore. Non c'è niente per cui combattere.”

“Siete così sciocchi-”, borbottò Radcliffe, stringendo forte l'impugnatura della sua spada. Approfittò della distrazione del soldato che aveva vicino e afferrò saldamente il suo fucile, puntandolo contro il capo del villaggio.

Blaine alzò gli occhi per un secondo dalla spalla di Kurt, e vide tutto quello.

“No!”, gridò, lasciando andare il corpo di Kurt e precipitandosi verso suo padre. Uno sparo squarciò l'aria attorno a loro infrangendo il silenzio, e un secondo dopo Blaine cadde per terra, una ferita sanguinante al livello del fianco.

“Blaine.”, soffiò Kurt spalancando gli occhi. “Blaine!”

“Ha colpito il capitano.”, ringhiò Sam, avanzando verso Radcliffe. “Come avete potuto-”

“Cosa?”, chiese Radcliffe nel panico. “E'- è lui che si è messo in mezzo, io ho solo-”

“Catturatelo.”, borbottò velocemente Sam. Gli uomini fecero quanto stava dicendo, e ben presto Radcliffe si trovò con mani e piedi legati, mentre continuava a lamentarsi ad alta voce. Con un ultimo sospiro, Sam disse: “E imbavagliatelo, per carità.”

Sulla rupe, Kurt stringeva spasmodicamente le dita di Blaine.

“Ti- ti prego.”, soffiò, piangendo forte. “Ti prego rimani con me.”

“Sono con te.”, disse debolmente Blaine, prendendo respiri profondi. “Rimango proprio qui, capito?”

Kurt singhiozzò, posando le proprie labbra sulla sua fronte sudata. “Combatti questa battaglia per me, capitano.”

Una mano di Blaine si intrufolò debolmente tra i capelli di Kurt. “Vinceremo insieme.”

 

***

 

Blaine si sentiva estremamente debole, e c'era un dolore lancinante che pulsava al livello del suo fianco, costringendolo a stringere spesso le palpebre e sibilare.

Vide il volto di Sam entrare nel suo campo visivo, un leggero sorriso a increspargli le labbra.

“Non possiamo più aspettare, Blaine.”, mormorò. “Se tardiamo ancora perderemo la marea e...”

“Ha- ha promesso di venire, Sam.”, soffiò debolmente Blaine. “S-so che è difficile da capire, s-so che penserai che sia un abominio...”

“Non lo penso.”, borbottò Sam. “Hai sempre creduto in me, anche se ero un disastro. Non mi hai mai giudicato. Ho intenzione di fare lo stesso con te.”

Sullo sfumare delle parole di Sam, molte persone comparirono dietro di loro, al confine dei boschi. Portavano tutte in mano cesti pieni di doni, e in mezzo, meraviglioso come sempre, Kurt. Poco più a sinistra suo padre.

Kurt corse verso Blaine, raccogliendo le sue dita e sorridendogli con gentilezza.

“Non può restare qui.”, disse piano Sam, togliendosi il cappello dalla testa e abbassando lo sguardo. “Se rimane, non ce la farà.”

“Lo so.”, soffiò Kurt, senza staccare gli occhi dal volto di Blaine. Aveva la sensazione che doveva usare ogni secondo che gli rimaneva per immagazzinare tutti i dettagli del suo volto.

Blaine sollevò a fatica una mano, posandola sulla guancia di Kurt. Gli sorrise.

“Lo sai che mi sono innamorato di te, vero?”, gli disse dolcemente, prendendo un profondo respiro subito dopo. “Ed è stato come- come imparare a vivere davvero.”

Kurt pianse una lacrima. “Ti amo anch'io.”, disse semplicemente, chiudendo gli occhi e beandosi del tocco.

Blaine ruotò più completamente il corpo verso di lui, gemendo di dolore, e Kurt appoggiò le dita al suo collo mormorando un dolce “Shhh.”

Sembrava che Blaine non potesse mai stancarsi di guardarlo.

“Vieni con me.”, disse debolmente, leccandosi le labbra.

Kurt guardò il suo viso, i suoi occhi che erano un oceano di miele. Guardò quello vero, d'oceano, di fronte a sé, la nave che avrebbe dovuto portarlo nel nuovo mondo. Provò a immaginare la sua vita nei villaggi che Blaine gli aveva accuratamente descritto, ci provò davvero, con tutte le sue forze. Poi ruotò il capo e cercò gli occhi di suo padre.

“Solo tu puoi scegliere qual'è la tua strada, figliolo.”, gli disse con dolcezza.

E Kurt pensò che aveva ragione, anche se a volte desiderava che non fosse così, che in qualche modo ci fosse qualcuno ad aiutarci a scegliere perché a volte farlo da soli era impossibile e uccideva. Tornò a guardare gli occhi di Blaine.

“Io servo qui.”, disse tutto d'un fiato, cercando di non piangere. “Lo sai che ti amo, ma servo qui.”

Blaine strinse forte le palpebre. “Allora rimango io.”

“Non puoi.”, disse debolmente Kurt. “Moriresti. Devi – devi lasciarmi andare, Blaine.”

“Mai.”, soffiò Blaine, riaprendo gli occhi e sorridendogli dolcemente. “Non ti lascerò mai andare.”

Kurt sorrise, un sorriso pieno di sospiri. E poi cedette, coprendo le labbra di Blaine con le proprie e baciandolo con estrema calma e lentezza, perdendosi in quel bacio per ricordarne ogni aspetto in futuro, quando le labbra di Blaine non ci sarebbero state più.

“Grazie per avere sconvolto la mia vita, Blaine.”, soffiò vicino alle sue labbra, a bacio finito. Blaine sorrise debolmente.

“Grazie a te per aver dato un significato alla mia.”, mormorò. “Qualunque cosa accada, io sarò sempre con te. Sempre.”

Le loro mani si staccarono debolmente, lasciando in mezzo un grande vuoto. Kurt si concentrò nel fare respiri profondi mentre la piccola scialuppa di Blaine veniva allontanata verso la nave, e quando vide che questa era in partenza, corse via, lontano.

Raggiunse lo stesso promontorio sul quale avevano fatto volare le aquile, giorni prima. Lì aveva quasi la sensazione che potesse vederlo, un minuscolo puntino su quel gigante di legno, e con il cuore pieno di speranza e nuova vita Kurt diede a Blaine il suo ultimo addio.

Kurt non poteva vederlo da così lontano, ma anche Blaine sollevava il braccio a fatica, un piccolo “A'hana”, sulle labbra, che giovava insieme a un sorriso, verso l'uomo che gli aveva praticamente dato la vita.

 

***

 

Kurt rimase ad ascoltare il vento per il tempo successivo alla partenza di Blaine, facendo finta di essere in grado di essere forte abbastanza – per il suo popolo, per suo padre, per sé stesso.

Non ricevette notizie di Blaine, non gli dissero se fosse sopravvissuto al viaggio. E non osava pensare che non ce l'avesse fatta.

Il vento soffiava verso est, lo stesso punto in cui la nave di Blaine era sparita quel lontano giorno e Kurt l'aveva vista l'ultima volta.

Ogni giorno fissava la freccia che ruota con la speranza nel cuore di essere forte abbastanza da riuscire ad aprire gli occhi il giorno dopo, e quello dopo ancora, fino alla fine dei tempi, in una vita in cui l'unico sprazzo d'amore che aveva avuto l'aveva anche abbandonato.

Kurt odiò quell'inverno. Odiò la primavera immediatamente dopo, ed odiò vedere suo padre perdere le forze; odiò portare fiori alla sua tenda, odiò rimanere da solo ad affrontare tutto quello.

Gli spiriti della natura non erano ancora pronti ad accogliere suo padre, che si riprese durante la primavera. Kurt no, il suo cuore sembrava perennemente spezzato.

(Preferisco morire domani, che vivere cento vite senza conoscerti.)

Finchè un giorno il vento smise di soffiare a est, e gli indicò un punto nuovo.

Kurt credette di stare impazzendo quando vide una nuova nave all'orizzonte. Credette di aver bisogno di chiudere gli occhi e smettere di pensare, credere, vivere.

Lui chiuse gli occhi, ma quando li riaprì la nave era di nuovo lì. E con lei, i suoi passeggeri.

Kurt credeva di non essere più in grado di ascoltare il vento. Poi, quel giorno di inizio estate, Blaine era sceso da quella nave, ed era vivo, vivo e reale e insieme a lui, tornato da due lunghi viaggi, e bellissimo, con gli occhi del colore dei prati.

Il vento gli aveva sempre indicato lui.

E quando Kurt si lasciò andare tra le sue braccia, Blaine lo raccolse, spingendo i palmi delle mani sulla sua schiena per sentirlo vicino, sempre più vicino, un sorriso enorme sul volto che era semplicemente da Blaine.

E poi un sussurro, vicino all'orecchio: “Sono a casa.”

   
 
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