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Autore: Kim_HyunA    02/09/2015    2 recensioni
“Pensaci comunque, non sarebbe male se rimanessi più tempo qui” iniziò, giocherellando con una ciocca di capelli accanto al suo orecchio.
Kibum deglutì a fatica. Aveva le vertigini.
“Potresti anche passare qua la notte, se vuoi”.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Aveva sempre pensato ci fosse qualcosa di magico nell’atmosfera delle sere d’agosto, quando il sole stava per scomparire all’orizzonte tingendo il paesaggio di una calda tonalità arancione.
 
Tutto così calmo, così silenzioso, come se il tempo smettesse di esistere per un po’ e si trovasse catapultato in una sorta di dimensione parallela.
 
Avrebbe voluto che ogni giorno fosse come quel momento, con una luce dorata che rendeva la pelle ambrata, con un leggero venticello che faceva dimenticare l’afa del pomeriggio.
 
O forse era perché era insieme a Jonghyun che tutto assumeva un’aria irreale, come se si trovasse in una fiaba.
 
Erano seduti ad un tavolino all’aperto, due coppette di gelato davanti a loro, gustose e rinfrescanti al tempo stesso.
 
“Te ne rubo un cucchiaio” aveva detto Jonghyun, prendendogli la posata di plastica dalle mani e affondandola nella crema ancora prima di aver ricevuto il permesso.
 
Kibum lo lasciò fare, ormai abituato alla sua personalità. Quando era con lui non c’era una vera distinzione tra “mio” e “tuo”, esisteva solo “nostro”.
 
Lo guardò attento, vedendo come chiudeva gli occhi per assaporare ancora di più il gusto e come stava praticamente succhiando il cucchiaino. Il suo cucchiaino.
 
Quando me lo ridarà sarà come un bacio indiretto, si trovò a pensare rabbrividendo.
 
Scosse la testa come a voler cacciare quel pensiero e tornò a concentrarsi su di lui. Guardava come il sole giocava sulla sua pelle creando mille riflessi e pensava non potesse esistere spettacolo migliore. Avrebbe voluto baciare quelle sfumature sul suo corpo che erano come oro. Non c’era niente che desiderasse baciare di più.
 
Rivolse gli occhi al cielo.
 
Gli faceva quasi mancare il fiato quella vista: solo metà del sole faceva ancora capolino dalle montagne in lontananza e il cielo era invaso da mille striature di colore.
 
Era tutto immobile, tutto così lontano dal rumore e dal fermento che si respiravano durante il giorno che quasi gli sembrò di trovarsi dentro un quadro.
 
Jonghyun alzò lo sguardo verso di lui.
 
“A cosa pensi?”.
 
Kibum ci mise qualche secondo per tornare alla realtà.
 
“A quanto è bella l’estate” rispose, tornando a mangiare il suo gelato e sentendo il cuore battere più forte al pensiero di dove si era trovato quel cucchiaino solo pochi istanti prima.
 
“Preferisco l’inverno” ribatté l’altro, concentrato su quello che restava del suo gelato. Poi lo guardò dritto negli occhi. “Si può stare più vicini”.
 
Kibum non aveva voglia di pensare cosa volesse implicare il suo aver calcato sull’ultima parola. Fissò il fondo della sua coppetta con le guance leggermente più calde.
 
“Andiamo a casa?” domandò Jonghyun poco dopo.
 
Casa. Era buffo. Quella era la casa di Jonghyun, non la sua. Lui viveva ancora con i suoi genitori e frequentava l’università, ma non sarebbe stata una esagerazione dire che trascorreva più tempo nella sua abitazione che nella propria. Non era grande, ma era confortevole e familiare, sicuramente più delle quattro mura anonime della sua camera.
 
Jonghyun era un musicista, o un aspirante tale. Passava il suo tempo a scrivere canzoni e quando era abbastanza soddisfatto del risultato, le sue dita creavano dolci melodie alla chitarra.
 
Kibum rimaneva sempre incantato ad ascoltarlo, ipnotizzato dalle note e dalla sua voce. A giudicare Jonghyun dal suo aspetto — capelli platinati, abiti stretti e neri e spesse catene di metallo al collo — ci si sarebbe aspettati uno stile rock, quasi aggressivo. Ma Kibum ricordava ancora bene lo stupore che aveva provato nel sentirlo cantare per la prima volta. La sua voce non era graffiante, ma dolce e delicata; prendeva le note più basse e l’istante successivo era già in falsetto.
 
Non poteva fare altro che rimanere estasiato ogni volta.
 
Si sentiva sempre la pelle d’oca quando, raggomitolato in un angolo del suo divano di pelle, iniziava la sua speciale esibizione personale seduto per terra.
 
Kibum si trovava bene a casa sua, completamente a suo agio tra i mille fogli sparpagliati e straripanti di scarabocchi, e l’arredamento minimal che dava un tocco di eleganza in più all’insieme.
 
Solitamente si acciambellava sul divano per studiare in tranquillità circondato dai suoi libri, sapendo che Jonghyun non lo avrebbe distratto ma sarebbe rimasto a lavorare alle sue canzoni poco più in là. Ad essere sinceri, Kibum sapeva che, in realtà, quando era impegnato nello studio, Jonghyun teneva gli occhi puntati su di lui, come a non volerlo mai perdere di vista per troppo tempo, come se potesse svanire all’improvviso. Questo ovviamente lo costringeva a tenere lo sguardo incollato alle pagine, incapace di reciprocare quegli sguardi.
 
Non poteva negare che le sue attenzioni lo facessero sentire bene, diffondendogli un piacevole calore all’altezza del petto, ma lo mettevano anche a disagio. C’era così tanto di non detto nella loro amicizia, che doveva ancora davvero capire come interpretare i suoi gesti. Era attento e premuroso con tutti? Probabilmente sì, era inutile illudersi.
 
Presero a camminare l’uno accanto all’altro, Jonghyun con la borsa dei libri di Kibum a tracolla, dopo aver insistito a portarla.
 
“Grazie” gli aveva sorriso timidamente quando gliela aveva fatta scivolare giù dalla spalla.
 
Era confortante camminare mentre il cielo diventata sempre più blu, lasciando intravedere le prime luminose stelle. Era quasi intimo. Come se l’oscurità li separasse da tutto ciò che avevano intorno, racchiudendoli in una bolla. O forse si sentiva più al riparo perché Jonghyun gli aveva avvolto un braccio intorno ad una spalla. Anche questo era un gesto usuale, a volte gli prendeva anche la mano, perché questa volta doveva essere diverso? Perché questa volta doveva sentirsi il petto esplodere e non riusciva a cancellarsi un sorriso dalle labbra? Sentire il suo braccio sulla schiena e le sue dita su una spalla lo faceva sentire protetto. Non sapeva da cosa. Ma era una bella sensazione.
 
Quando arrivarono all’appartamento, Jonghyun gli tenne aperta la porta lasciandolo entrare per primo, per chiuderla poi a chiave una volta entrambi all’interno.
 
Ecco il suo mondo. Non aveva bisogno di altro. Gli bastavano quelle poche stanze, l’elegante acquario con pesci tropicali e quel comodo divano. E ovviamente Jonghyun. Cos’altro poteva desiderare?
 
“Devi studiare anche questa sera?” chiese, pur conoscendo già la risposta. Da una parte Kibum avrebbe voluto non doversi preoccupare più di esami e lezioni, ma dall’altra gli dava una certa sicurezza avere qualcosa da fare quando si trovava lì. Cosa avrebbero fatto altrimenti? Smise di pensarci prima che la sua mente prendesse direzioni che non doveva prendere.
 
“Sì” rispose con un tono sconsolato, non vedendo l’ora di lasciarsi alle spalle l’università e iniziare a fare qualcosa di concreto nella vita. A volte invidiava Jonghyun. Da sempre aveva avuto le idee chiare sul suo futuro. Sapeva cosa voleva diventare e agiva di conseguenza. Ma lui? Lui cosa voleva fare nella sua vita? Non ne aveva idea.
 
Stava recuperando alcuni libri dalla borsa che Jonghyun aveva poggiato su un tavolino tondo, quando Kibum notò la sua improvvisa vicinanza.
 
Non respirava.
 
“Potremmo fare qualcosa di diverso ogni tanto” suggerì con un’espressione che non riusciva a decifrare.
 
Tornò a tuffarsi nella sua borsa, ignorando deliberatamente quelle parole che gli erano sembrate tanto suggestive. Era uno stupido ad agitarsi in quel modo, magari alludeva solo ad un film o a qualcosa di simile.
 
“Lo sai che ho gli esami” rispose semplicemente, passandogli accanto per ristabilire una certa distanza da lui. Si sedette nel suo angolo preferito, le ginocchia al petto e un libro aperto davanti agli occhi.
 
“E io resterò qui a guardarti come sempre” disse con un sorriso, sedendosi a quello che doveva essere il tavolo della cucina ma che in realtà era sempre coperto di fogli e spartiti.
 
Kibum arrossì.
 
Non si sarebbe mai abituato a quelle sue attenzioni, a quel suo flirtare così apertamente. Mai e poi mai.
 
Pochi minuti dopo, incapace di concentrarsi, gli lanciò una veloce occhiata per controllare cosa stesse effettivamente facendo. Era certo che aveva solo cercato di stuzzicarlo come d’abitudine. Lo vide immerso tra i suoi appunti, concentrato sulla nuova canzone che aveva iniziato a scrivere, le dita che giocherellavano distrattamente con una penna. Era il suo modo per mantenere l’attenzione.
 
Quando guardò nella sua direzione, abbassò subito lo sguardo, pur sapendo di essere stato beccato in pieno. Fece finta di niente, gli occhi puntati a quelle pagine che non riusciva nemmeno a mettere a fuoco.
 
 
 
 

Si stava facendo tardi e anche se non aveva delle restrizioni di orario — la sua famiglia gli aveva sempre dato molta libertà, che sfociava a volte nel completo disinteresse — non voleva rientrare a notte fonda.
 
“Vuoi che ti accompagni?” si era offerto, prendendo uno dei suoi libri e passandoglielo in modo che potesse rimetterlo al suo posto nella borsa.
 
Gli sarebbe piaciuto vagare per un po’ insieme a Jonghyun nella notte, con le strade deserte e stelle e lampioni come unica fonte di luce; magari gliela avrebbe presa lui la mano per primo, sentendosi rassicurato e incoraggiato dal buio. Ma non gli sembrò il caso. Quel giorno era stato uno dei peggiori: riusciva a sentire fisicamente la tensione che si era creata tra loro e gli faceva venire le vertigini. Aveva bisogno di respirare un po’ d’aria fresca e riordinare le idee. Gli riusciva sempre un po’ difficile pensare quando lo aveva accanto, come se tutti i suoi neuroni smettessero di funzionare, annebbiandogli la mente.
 
“Non preoccuparti, posso tornare da solo” disse quasi senza fiato, facendo fatica a mantenere il contatto visivo. Aveva paura di perdersi in quegli occhi, aveva paura che guardandoli troppo a lungo non sarebbe riuscito a nascondere quello che provava. E non si sentiva decisamente pronto ad affrontare l’argomento. Almeno per i prossimi dieci anni.
 
Si era appena infilato la tracolla della borsa intorno al collo quando l’altro si avvicinò per salutarlo. Non era sicuro sarebbe riuscito a sopravvivere a quella vicinanza.
 
Stava per porre fine alle sue sofferenze con un semplice “Ciao”, quando l’altro lo precedette.
 
“Hey, hai cambiato piercing!” commentò portando una mano ad un suo orecchio e prendendo tra le dita la barretta di metallo che aveva da poco sostituito un anellino. “Mi piace” continuò entusiasta, senza dare segno di volersi allontanare.
 
Giocherellò con l’orecchino e di tanto in tanto le sue dita gli sfioravano il lobo e i capelli.
 
Gli girava la testa a sentirlo a contatto con la sua pelle. Le sue dita erano delicate e decise allo stesso tempo; dovette resistere alla forte tentazione di chiudere gli occhi e abbandonare la testa contro la sua mano.
 
“Stavo pensando di farmi un piercing al labbro” disse, mordendosi un angolo del labbro inferiore come a voler indicare il punto esatto. “O forse sulla lingua” aggiunse subito, tirandola fuori.
 
Kibum dovette impegnarsi per non fissargli incantato le labbra. O peggio, baciarle.
 
“Vedremo” terminò, quasi come se stesse parlando più con se stesso che con l’altro.
 
Gli fece scivolare le dita sulla nuca, lungo l’attaccatura dei capelli e un piacevole solletico gli si propagò lungo la schiena, facendolo rabbrividire.
 
“Buonanotte allora” concluse, dandogli un bacio sulla fronte.
 
Si accorse che stava trattenendo il fiato.
 
“B-buonanotte” balbettò incerto, colto di sorpresa da quell’innocente bacio inaspettato. Si sentiva la pelle formicolare lì dove aveva poggiato le labbra. Non era il primo, ma quel giorno anche solo vederlo respirare era diventato insostenibile.
 
“Chiamami quando arrivi a casa”.
 
 



Kibum salutò con entusiasmo l’aria della notte. Il frinire dei grilli in lontananza, qualche solitaria macchina, ma soprattutto la libertà del buio. Era il momento della giornata che più preferiva. Provava una certa calma e un senso di completezza quando alzava gli occhi al cielo e lo vedeva cosparso di stelle. Ridimensionava in qualche modo la vita sulla Terra.
 
E mentre camminava verso casa si chiese se mai sarebbe successo qualcosa con Jonghyun o se avrebbero continuato quello sfiancante gioco per sempre. Non sapeva nemmeno lui cosa voleva. Una relazione seria? O un veloce assaggio per mettere a tacere la tentazione? Era talmente perso nei suoi pensieri che non si era nemmeno accorto di come minacciose nuvole grigie si erano velocemente raccolte, tuonando autorevoli.
 
Riuscì a mettere piede in casa poco prima che iniziasse un forte scroscio.
 
Lo rilassavano i temporali estivi. Erano selvaggi, violenti, impetuosi. Gli piaceva mettersi alla finestra e guardare l’acqua nascondere alla vista ciò che aveva intorno. O sdraiarsi sul letto e lasciare che il dolce rumore della pioggia lo facesse addormentare.
 
I suoi stavano già dormendo, chiusi nella loro stanza, e si infilò piano nella propria camera, attento a non fare troppo rumore.
 
Si diede una leggera rinfrescata al viso e si svestì prima di stendersi sul letto, il lenzuolo che gli copriva una gamba. Anche in estate, anche quando il caldo era soffocante, non riusciva a dormire senza protezioni.
 
Recuperò il cellulare e selezionò il nome di Jonghyun dall’elenco degli ultimi contatti.
 
Rispose subito.
 
“Hey”. La sua voce diventava più roca al telefono, o forse lo faceva solo apposta. Kibum doveva ancora capirlo. Ad ogni modo si sentiva già lo stomaco contorcersi.
 
“Visto che diluvio?” avviò la conversazione, cercando di ignorare il battito del suo cuore. “Hai fatto bene a rimanere lì, o ti saresti bagnato tornando a casa”.
 
“Oppure avresti potuto farmi rimanere in camera tua” suggerì e Kibum non poteva nemmeno pensare a come sarebbe stato farlo entrare in quella stanza. Anche se non la sentiva sua, rimaneva pur sempre il luogo in cui dormiva da tutta una vita.
 
“E dove avresti dormito?” chiese, consapevole di starsi avventurando in una direzione pericolosa. Forse era il fatto di sentirsi al sicuro nel proprio letto, di notte, mentre parlava con Jonghyun che l’aveva reso più spontaneo.
 
“Nel tuo letto ovviamente” replicò disinvolto, come se fosse la risposta più naturale che potesse dare e Kibum si immaginò per un attimo sdraiato accanto a lui. Non sarebbe stato un brutto modo per addormentarsi. “E chi ha detto che avremmo dormito comunque?”.
 
Kibum colse l’allusione ed arrossì, ma era certo che potesse aver frainteso anche quella volta. Avrebbero potuto benissimo passare la notte a parlare; perché la sua mente doveva avere tutta quella immaginazione?
 
Non riusciva a pensare ad una risposta adatta e fu grato quando l’altro cambiò discorso.
 
“Cosa ne pensi della mia idea dei piercing?”.
 
Non era più entusiasta del cambio d’argomento. Era un terreno altrettanto scivoloso.
 
Si trovò a pensare a come sarebbe stato baciarlo e sentire una sferetta di metallo sulla sua lingua. Si morsicò un labbro. Sperava con tutto se stesso che non lo facesse. Era una pessima, pessima idea.
 
“È un’ottima idea” si trovò a dire suo malgrado.
 
“Allora se ti piace, me lo faccio di sicuro”.
 
Fantastico. Si era fregato da solo.
 
Cercò di togliersi dalla testa la vivida immagine che si era creata. Non era il momento per avere simili pensieri.
 
Si procurò uno sbadiglio nel tentativo disperato di riempire il pesante silenzio che si era creato.
 
“Sonno? Ti lascio dormire allora… Sei già a letto?”.
 
Era una semplice domanda, perché il suo stomaco doveva coglierla in modo malizioso?
 
“Sì, già pronto per una bella dormita” rispose cercando di mantenere un tono disinvolto che non lasciasse trasparire il suo nervosismo.
 
“Penso andrò anche io tra poco, sono distrutto”. La sua voce si era abbassata di un’ottava.
 
Kibum sentì un suono simile al fruscio di vestiti. Era certo che si stesse spogliando per andare a letto. Anche se non l’aveva mai visto di persona, sapeva che era una sua abitudine dormire solo in boxer in ogni stagione. Decise di non indagare altro e di non pensare a come in quel momento si stessero parlando mentre erano quasi completamente nudi. Era un’idea che gli faceva uno strano effetto.
 
“Buonanotte” cercò di concludere la telefonata.
 
“Notte Bum, fai dei bei sogni”.
 

 
 
 
Kibum non riuscì a chiudere occhio per parecchio tempo dopo quella chiamata. Gli sembrava ancora di poter sentire la voce seducente di Jonghyun nelle orecchie, come se fosse lì a pochi passi da lui. Mai come in quel momento avrebbe desiderato averlo vicino, esageratamente vicino. Avrebbe voluto sdraiarsi sulle sue gambe e avere le sue dita tra i capelli. Non ci sarebbe stato niente di strano, dopotutto era già successo talmente tante volte che ne aveva perso il conto.
 
Strinse le braccia intorno al cuscino, facendo finta di abbracciare Jonghyun disteso accanto a lui.
 
Si addormentò così.
 
 
 


Qualche giorno più tardi, Kibum si trovava per l’ennesima volta a fingere di studiare nell’appartamento di Jonghyun. Preferiva sprecare il suo tempo lì piuttosto che sul proprio letto o in una biblioteca. Anche se la sua presenza non faceva che agitarlo ogni giorno di più, non poteva fare a meno della sua presenza.
 
Aveva trascorso talmente tanto tempo insieme a lui, che gli sembrava strano non averlo sempre accanto. A volte gli capitava di voltarsi e di rimanere stupito nel non ritrovarselo a pochi passi. E forse era per questo che non arrischiava nessuna mossa con Jonghyun. Se avesse ceduto all’irresistibile tentazione di baciarlo, come sarebbero cambiate le cose tra loro? Avrebbero entrambi fatto finta di niente o il loro rapporto d’amicizia sarebbe stato irrimediabilmente compromesso? Non voleva doverci pensare ma erano domande che non poteva fare a meno di porsi.
 
Continuava a lanciare rapide occhiate alla nuca di Jonghyun, seduto per terra ai suoi piedi con la chitarra sulle gambe, strimpellando qualche accordo di tanto in tanto. Non gli dava fastidio che suonasse: un tempo lo aiutava a concentrarsi di più. Ora, però, era tutta un’altra storia.
 
Se avesse voluto, gli sarebbe bastato allungare un braccio per passargli le dita tra i capelli. Si domandò come avrebbe reagito l’altro. Dopotutto, Jonghyun lo faceva sempre con lui, perché non poteva fare altrettanto?
 
Decise di rimandare a quando avrebbe avuto più coraggio.
 
Era intento a fissarlo rapito, quando Jonghyun si girò verso di lui. Colto di sorpresa, aveva la sensazione che l’altro avesse capito di avere i suoi occhi addosso da prima ancora che parlasse. Quel sorrisetto soddisfatto ne era sicuramente la prova.
 
“Dimmi cosa ne pensi” aveva detto semplicemente, ben sapendo che non avrebbe interrotto il suo studio.
 
Prima ancora di ricevere una risposta, le dita di Jonghyun presero a muoversi sulle corde della chitarra e melodiose parole lasciavano le sue labbra. Aveva la straordinaria capacità di trasformare i suoi testi più cupi in dolci melodie.
 
Si sedette più comodamente sul divano, a metà tra lo schienale e il bracciolo e, approfittando che Jonghyun gli stesse dando le spalle, chiuse gli occhi. Lasciò che la sua voce entrasse in lui, scorrendogli sotto la pelle, facendolo rabbrividire nel profondo. Tamburellava piano con le dita su una gamba per tenere il ritmo. Si ritrovò a sorridere suo malgrado.
 
La musica era finita già da qualche secondo quando se ne accorse, e quando guardò l’altro, incrociò i suoi occhi, già puntati su di lui. Un sorriso appagato dimostrava che era ben consapevole dell’effetto che aveva avuto sul suo unico spettatore.
 
“Wow” disse senza fiato, incapace di formulare pensieri più articolati.
 
Jonghyun ridacchiò. “Non mi convince molto la parte centrale, ma ‘wow’ è un ottimo punto di partenza”.
 
“Fammela risentire” propose, cavalcando un’inaspettata ondata di coraggio.
 
Il caloroso sorriso che gli venne rivolto lo fece sciogliere all’istante.
 
 


 
Lavorarono insieme per quasi un’ora: Jonghyun che suggeriva qualche cambiamento nel testo o nella melodia e Kibum che gli diceva cosa ne pensava. Doveva ammettere che non era quello che si definiva un giudice imparziale, ma si impegnò a mantenere una certa oggettività, anche quando sentiva lo stomaco fare mille capriole davanti agli acuti di Jonghyun.
 
“Vuoi fermarti a mangiare con me?” gli chiese verso l’ora di cena, sdraiato sul divano con la testa che quasi toccava le gambe di Kibum. Gli era piuttosto difficile rimanere impassibile a quella vicinanza.
 
Dopo che gli aveva passato la sua chitarra, aveva cercato invano di produrre qualche accordo. E quando l’altro gli aveva promesso che gli avrebbe dato qualche lezione, Kibum non aveva potuto fare a meno di immaginarsi seduto al suo fianco, le ginocchia incollate, mentre gli spiegava come tenere le dita.
 
“Se vuoi davvero mangiare, però, cucino io” si offrì, accettando automaticamente l’invito. “Sei una frana in cucina” scherzò.
 
Jonghyun si girò verso di lui, guardandolo dal basso in alto, ancora sdraiato, sporgendo il labbro inferiore come a voler fingere tristezza. Kibum cercò di ignorare il suo famoso sguardo da cane bastonato.
 
Si alzò ed appoggiò con cura la chitarra nell’angolo del divano.
 
“Non posso mica essere bravo in tutto” gli ammiccò e Kibum resistette alla tentazione di chiedergli in quali campi fosse un fenomeno oltre che in quello musicale.
 
“Davvero, a volte mi chiedo come fai a vivere da solo se non sai prepararti nemmeno i piatti più semplici” continuò, muovendosi a suo agio tra credenze e scaffali.
 
“Vieni a farmi compagni più spesso allora”.
 
Sapeva che era solo un modo per stuzzicarlo e metterlo in imbarazzo. Passava già la maggior parte del suo tempo con lui.
 
Si sentiva il suo sguardo addosso mentre riempiva una pentola d’acqua e la metteva su un fornello. Gli metteva soggezione tutta quella attenzione, come se fosse sotto l’occhio costante di una telecamera.
 
Qualche minuto più tardi, con l’acqua che bolliva, buttò la pasta e saltò sul bancone aspettando che fosse pronta, e con l’intento di tenersi a debita distanza da quella tentazione vivente che era Kim Jonghyun.
 
Quel giorno si era vestito in modo piuttosto elegante: stretti pantaloni bianchi e una camicia nera così attillata che riusciva a intravedere il profilo dei suoi muscoli. Uno spettacolo da mozzare il fiato.
 
Quando lo vide alzarsi e avvicinarsi, stava già iniziando a sudare freddo, ma si tranquillizzò nel vederlo occupato a prendere il necessario per apparecchiare. Sistemò tutto sul tavolo dopo averlo liberato dai suoi fogli.
 
Kibum era così intento a rimestare il contenuto della pentola che si stupì quando se lo ritrovò davanti ad una distanza che giudicava assolutamente pericolosa.
 
Dall’alto del suo bancone, era più alto di lui di parecchi centimetri più del solito, ma nonostante questo si sentiva comunque intimorito.
 
Jonghyun gli si avvicinò e appoggiò le mani appena sopra le sue ginocchia.
 
Come poteva respirare se lo aveva così vicino? Quei suoi enormi occhi che guardavano verso l’alto non lo stavano decisamente aiutando.
 
“Pensaci comunque, non sarebbe male se rimanessi più tempo qui” iniziò, giocherellando con una ciocca di capelli accanto al suo orecchio.
 
Kibum deglutì a fatica. Aveva le vertigini.
 
“Potresti anche passare qua la notte, se vuoi”.
 
A quel punto era certo che non sarebbe sopravvissuto. C’era solo un modo per interpretare quella proposta, soprattutto se considerava che Jonghyun era praticamente attaccato a lui mentre gli accarezza i capelli. Non aveva idea di come rispondere. Arrossì furiosamente.
 
Era talmente perso nella propria disperata frustrazione che fece un salto quando il timer annunciò che la pasta era pronta. Jonghyun si spostò e Kibum poté fare un balzo giù dal bancone per servire la cena.
 
Ringraziò con tutto se stesso qualche divinità che impedì ci fossero altre allusioni per il resto della serata.
 
 
 
 

Solo due giorni separavano Kibum da un importante esame, quello per cui (non) si era preparato durante le sue innumerevoli visite a Jonghyun.
 
“Sicuro di voler venire qui anche in questi giorni?”
 
La voce di Jonghyun suonava forte e chiara nella stanza di Kibum, che aveva attivato il vivavoce per potersi muovere liberamente e preparare la propria borsa.
 
Riemerse da un armadio in cui era certo si trovasse un quaderno con gli appunti e della cui esistenza si era ricordato solo la sera prima.
 
“Sì, perché?” domandò, rivolgendo un’occhiata interrogativa al telefono come se si trattasse di Jonghyun.
 
“Mi sembri un po’ distratto ultimamente…”.
 
Kibum lo conosceva fin troppo bene per sapere che a quel tono si accompagnava sempre un sorrisetto malizioso. Sapeva che gli era sempre più difficile mascherare le proprie emozioni in sua presenza. Si ritrovava a guardarlo rapito quando lo sentiva cantare e, ogni volta che gli parlava, gli occhi gli si incollavano alle sue labbra. Più volte di quanto gli piaceva ammettere, aveva dovuto subire le battutine di Jonghyun quando, talmente rapito dai tratti del suo viso, non riusciva a seguire nessuno dei suoi discorsi per più di qualche minuto.
 
“È solo una tua impressione” liquidò la questione, cercando di suonare convincente. Capì che non aveva abboccato all’amo quando lo sentì ridere. Una risata roca che gli tolse il respiro per qualche secondo.
 
“Lo so che in realtà non puoi resistermi” rise nuovamente e Kibum evitò di trovare scuse o negare; mettersi sulla difensiva sarebbe stato come ammettere che era vero. Era meglio stare al gioco.
 
“Sì certo, continua a sognare” gli rispose, trovando finalmente l’agognato quaderno e buttandolo nella borsa. “Arrivo tra poco”. Si avvicinò al telefono per porre fine alla chiamata, ma prima che potesse farlo, sentì nuovamente la voce di Jonghyun.
 
“Solo se poi li mettiamo in pratica i miei sogni”.
 
Kibum fu grato che in quel momento non potesse vedere il suo viso tingersi di rosso.
 
 
 
 
 
Kibum non sapeva esattamente come fosse finito in quella posizione.
 
Era contro il bancone su cui tanto amava salire mentre cucinava e Jonghyun era davanti a lui.
 
Solo pochi minuti prima stavano parlando tranquillamente, ancora in piedi dopo che Kibum era arrivato e aveva abbandonato la borsa su un tavolo. Jonghyun gli stava raccontando appassionatamente di una nuova canzone che aveva composto, la voce piena di eccitazione e gli occhi luminosi, quando Kibum commise l’imperdonabile errore di abbassare lo sguardo al suo collo. Realizzò solo in quel momento quanto la sua maglietta fosse scollata, lasciandogli scoperte le clavicole e il neo che aveva tra le due.
 
Quando si accorse di dove lo stava fissando, rialzò lo sguardo al suo viso, ben sapendo che questa volta non sarebbe riuscito a passarla liscia. E, nonostante questa consapevolezza, sentì ugualmente lo stomaco ribellarsi quando vide Jonghyun passarsi la lingua sulle labbra, compiaciuto.
 
“Sapevo avresti apprezzato la mia nuova maglietta” gli disse guardandolo sicuro negli occhi e facendosi talmente vicino che Kibum non poté fare altro se non iniziare ad arretrare.
 
Ed era così che si era ritrovato in quella posizione, con Jonghyun così vicino che aveva dimenticato come respirare.
 
Aveva il suo pollice ed indice intorno al mento. Avrebbe potuto contargli le ciglia se non fosse stato così intento ad ammirare le sfumature marroni dei suoi occhi.
 
“Ah Kibum, Kibum”. Poteva sentire il suo respiro contro il suo viso e aveva paura che le gambe gli potessero cedere. “Cosa bisogna fare con te?”.
 
Avrebbe avuto qualche suggerimento, ma si trattenne, sapendo che non era una vera domanda.
 
Sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco e al solo pensiero il cuore aveva iniziato a battergli più forte contro il petto. Aveva già iniziato a chiudere gli occhi, consapevole dell’imminente contatto delle sue labbra con quelle di Jonghyun. La presa sul suo mento si faceva più salda. Poi sentì le sue mani inclinargli il viso da un lato e Jonghyun lo baciò su una guancia con una leggera risata. “È meglio se vai a studiare ora”.
 
Kibum si sentiva terribilmente imbarazzato. Era stato a pochi millimetri dal suo volto, aveva avuto le sue mani sul viso e la sua bocca pericolosamente vicina mentre gli parlava. Era sicuro che si sarebbero baciati, si era già sentito le labbra formicolare, invece, come al solito, Jonghyun aveva alzato lentamente la tensione al massimo, per poi farla cadere a tutta velocità. Sospirò profondamente, frustrato per la sua abilità a quel gioco che lo stava facendo impazzire.
 
 
 


Kibum arrivò correndo alla casa di Jonghyun, bussando con una tale insistenza che attirò l’attenzione di alcuni vicini. Ignorò i loro sguardi di rimprovero.
 
“Jong sono io, apri!” continuò, diventando impaziente. Era ancora mattina ed era sicuro che stesse dormendo, andava sempre a letto troppo tardi.
 
“Cosa succ—?” chiese aprendo la porta, ancora mezzo addormentato e con una mano che si riparava gli occhi, infastiditi dalla luce del giorno.
 
“L’ho passato!” gridò entusiasta, buttandogli le braccia al collo.
 
Jonghyun sembrò svegliarsi immediatamente alla bella notizia. “Lo sapevo che ce l’avresti fatta” disse calmo ma contento, ci metteva sempre un po’ a carburare dopo che era sceso dal letto, soprattutto quando succedeva in modo inaspettato. “Sei stato bravissimo” si congratulò alzandosi sulle punte e dandogli un bacio sulla fronte.
 
Quando sciolsero l’abbracciò, con una punta di terrore Kibum realizzò solo in quel momento che non aveva altro addosso se non un paio di boxer.
 
“Perché mi guardi così? Lo sai che dormo praticamente nudo” si difese dal suo sguardo. “Andiamo a festeggiare dai, cosa vuoi fare?” chiese, cambiando argomento. “Andiamo a fare colazione insieme o vuoi già ubriacarti a quest’ora? Oppure potrem—”.
 
“Zitto”.
 
Jonghyun lo guardò confuso, sorpreso da quel ordine così diretto.
 
Per una volta Kibum aveva mandato al diavolo l’incertezza. Se aveva passato quell’esame, poteva fare qualsiasi cosa.
 
“Baciami”.
 
Il sorriso che comparve sul volto di Jonghyun, a metà tra la malizia e la soddisfazione, gli diede le vertigini. Anche Kibum sorrideva, come a voler dire “Finalmente sta per succedere davvero”.
 
E poi Jonghyun lo baciò ed era come se tutto il resto fosse sparito intorno a lui. Avrebbe dovuto vedere solo il nero dietro le sue palpebre ma in realtà vedeva un’esplosione di colori.
 
Le gambe gli vacillavano molli, le ginocchia quasi incapaci di reggere il suo peso di fronte a quella forte emozione.
 
Teneva le braccia abbandonate intorno al corpo, perché l’alternativa era stringerle intorno al corpo di Jonghyun e non si sentiva ancora pronto a sentire il suo torace nudo sotto le dita.
 
Jonghyun gli aveva avvolto le mani intorno al collo, passandogliele distrattamente tra i capelli di tanto in tanto. I brividi che gli stava provocando gli avevano fatto rizzare tutti i peli delle braccia.
 
Doveva ancora capire cosa stava succedendo. Era tutto vero? O era solo un sogno? Ma le labbra di Jonghyun che avevano catturato le sue sembravano così reali, così concrete. Sentì la sua lingua sfiorargli la bocca e la schiuse. Era come essere attraversati da scosse elettriche, un susseguirsi di tremori in ogni parte del corpo. Si sentiva il viso bollente e le guance infuocate come se fosse sotto il sole dell’estate. E invece era in piedi, nella sua cucina, stretto a Jonghyun come non lo era mai stato nella vita, e quando finalmente si separarono, Kibum ricordò di tornare a respirare. Compito che gli riusciva piuttosto difficile se Jonghyun gli sorrideva in quel modo.
 
Si sentì improvvisamente più timido e si morsicò un labbro, incerto su quello che sarebbe successo. Sarebbe cambiato qualcosa tra loro ora?
 
L’espressione di Jonghyun si trasformò presto in uno dei suoi sorrisetti soddisfatti.
 
“Te l’avevo detto che non potevi resistermi” gli disse morsicandogli un labbro.
 
Kibum alzò gli occhi al cielo.
 
No, non sarebbe cambiato niente.
 
 
 
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A/N: kibum che va in paranoia quando jong lo stuzzica deve essere una delle mie cose preferite in assoluto. qualche settimana fa stavo leggendo un libro e impazzivo perché c’era un sacco di tensione sessuale tra i protagonisti (che è una cosa che adoro) e ho pensato dovessi scrivere anche io qualcosa al riguardo. spero di essere vagamente riuscita a creare l’atmosfera che avevo in mente D:
 
mi sa che non ho altro da aggiungere per questa volta, quindi mi limito a dire che spero vi sia piaciuta almeno un pochino!
 
grazie per aver letto c:
  
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