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Autore: Absynthe_sea    03/09/2015    0 recensioni
Fuori non si vedeva nulla e nulla di nuovo avrebbero visto all'interno di quelle mura nei mesi successivi. Il Castello sarebbe divenuto irraggiungibile e a loro non sarebbe rimasta altra scelta che rimanere impassibili a guardare quella gabbia amorfa che li rinchiudeva, tutti, insieme ai loro incubi. La Stagione delle nebbie era iniziata.
[estratto dal quinto capitolo]
Fionn è un uomo sulla trentina che viene rinchiuso a Aisling, una sorta di castello-carcere costruito su un isolotto al largo della costa, raggiungibile solo tramite un traghetto militare. Aisling è un carcere che non ha assolutamente l'aspetto che dovrebbe avere: superato l'impatto iniziale, si rivela un luogo atipico e capace di concedere diverse libertà ai suoi ospiti. Immerso in un caleidoscopio di curiosi personaggi e situazioni al limite del paradosso, Fionn dovrà cercare la sua verità. Infatti, nessuno dei prigionieri di Aisling conosce il motivo per cui è stato rinchiuso lì. O almeno così pare.
Genere: Drammatico, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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IL NUOVO ARRIVATO

 

Fionn Niwl entrò nei suoi nuovi alloggi, come li aveva graziosamente definiti il governatore, con quel misto di timore reverenziale e diffidenza che contraddistingue chi per la prima volta mette piede in un posto nuovo, con l'aggravante che quel posto era stato preparato per lui a sua insaputa. Non lo aveva scelto, eleggendolo a sua nuova casa. Si era trovato lì, non proprio dove lo avevano messo ma quasi. Una testimonianza vivente che spesso le cose non vanno come programmato e che se ribellarsi ai rovesci della fortuna è un dovere, resta pur vero che spesso si è costretti a combattere contro forze soverchianti e in quei casi la forza bruta non è necessariamente la sola tattica adottabile. 
Quanto a Fionn, lui aveva scelto di accettare quanto sarebbe stato posto sul suo cammino, se non altro per dimostrare a sé stesso che non era ancora morto. Potevano anche seppellirlo in quella prigione perduta in mezzo all'oceano ma non sarebbero mai riusciti a piegarlo. 
Con pazienza, aspettò che la guardia se ne andasse, quindi si dedicò a una superficiale ispezione della camera che gli era stata assegnata. Non si poteva certo dire che gli ospiti di Aisling se la passassero male: l'ambiente era piuttosto spazioso e arredato con un certo gusto, il letto a baldacchino sembrava comodo e le lenzuola profumavano di bucato fresco. C'era anche un mobiletto basso accanto a letto contenente un vaso da notte di bronzo e un paio di pantofole nuove, e poco distante un lavacro di porcellana sostenuto da un'intelaiatura di ferro battuto decorata da foglie d'acanto. Nell'angolo opposto a quello riservato al lavacro, trovavano spazio due poltrone foderate di velluto borgogna -colore che riprendeva il broccato dei tendaggi- in legno laccato d'oro, forse leggermente troppo sfarzose, poste di fronte a un tavolino basso per il tè. Dirimpetto, proprio davanti alla grande vetrata, un piccolo scrittoio della fine del secolo precedente faceva bella mostra di sé, ospitando un candelabro a tre bracci con altrettante candele nuove, una lucerna e una mezza risma di fogli intonsi, una piuma d'oca e un calamaio colmo d'inchiostro. 
Smarritosi in tanto eccesso di comodità per un carcerato, Fionn abbassò lo sguardo, incrociando il tappeto che copriva il pavimento in marmo pario. In preda alla confusione, raggiunge il letto e quasi ci sprofondò dentro da quanto era morbido il materasso. Con lentezza, come se ogni gesto rischiasse di distoglierlo dai suoi pensieri, si tolse gli stivali e riuscì finalmente ad allungarsi sul letto. 
C'era qualcosa che non gli tornava in tutta quella storia. Aveva un bel dire il governatore, ma quella rimaneva una prigione -una prigione di cui nessuno sapeva nulla, che non aveva nemmeno mai sentito nominare, e certamente la più lussuosa che avesse mai visto. Certo, anche alla Bastiglia era possibile ottenere certe comodità, ma tutto dipendeva dal rango del prigioniero e dalla categoria a cui apparteneva. Quelli da 'cinque lire', come lui stesso era stato catalogato dopo l'arresto avvenuto in occasione delle rivolte che avevano preceduto la presa del carcere da parte dei rivoluzionari, non avevano diritto che al vitto e all'alloggio. E il governatore della Bastiglia era assai meno accomodante del signor Finnegan di Aisling. In fin dei conti, quando era stato liberato in seguito alla presa della Bastiglia, aveva creduto di poter tornare alla libertà, rifarsi una vita lontano da Parigi e dall'odioso regno di Francia -ché, lui lo aveva capito, i giacobini non erano certo meglio dei Borboni. Quello che non aveva previsto, invece, era che appena tornato sulla sua isola natia, la verde terra d'Irlanda, avrebbe trovato ad attenderlo un intero manipolo di gendarmi pronti a prenderlo, impacchettarlo, mandarlo nell'Ulster e da lì imbarcarlo per la sua destinazione finale -Aisling, per l'appunto.
Ciò che non gli riusciva proprio di capire era il perché. Insomma, aveva sì partecipato alle sommosse parigine ma senza ricoprire alcun ruolo di primo piano. Dunque era improbabile che in patria fossero a conoscenza delle sue colpe. Ma se così era, perché era stato nuovamente arrestato? Perché era finito ad Aisling? 
Vinto più dalla stanchezza della traversata in mare che dal peso delle domande, a quel punto Fionn abbandonò il filo dei suoi pensieri, scivolando lentamente nel placido oblio di un sonno profondo e senza sogni. 


A svegliarlo di soprassalto fu il suono secco e duro del legno che veniva battuto. 
Si sollevò di scatto sul letto e certamente sarebbe rotolato giù se non avesse avuto i riflessi abbastanza pronti. Ancora intontito si guardò intorno e gli ci vollero alcuni secondi per mettere a fuoco la sua stanza e ricordare dove si trovava. Aisling. La sua nuova casa.
Bussarono ancora e stavolta fu abbastanza pronto da rispondere. 
«Entrate».
SI parò davanti a lui un uomo sulla sessantina che reggeva un vassoio d'argento con sopra un paio di tazze fumanti e qualche piattino coperto da alcuni tovaglioli. 
Fionn scese dal letto adocchiandolo mentre quello richiudeva la porta alle sue spalle e poggiava il vassoio sul tavolinetto di fronte alle poltrone, rivolgendogli poi un largo sorriso. 
«Voi siete il maggiordomo, il signor Duval?» domandò, con qualche esitazione. 
«Buon Dio, spero proprio di no! Brandon McKneel, giovanotto. Ma puoi chiamarmi Bran».
L'uomo gli tese la mano e Fionn riuscì a stento a stringerla, inebetito da tante buone maniere unite a quell'atteggiamento cameratesco. Avrebbe voluto dire qualcosa ma tutto ciò che gli venne alle labbra fu 
«Quanto... quanto ho dormito?»
Bran sorrise, da quel vecchio furbone che era. Si passò una mano sul bel panciotto blu scuro a scacchi verdi -tipico di un certo clan irlandese, se solo Fionn si fosse dato pena di ricordarlo- e dal taschino trasse fuori un orologio a cipolla. 
«Un paio d'ore, almeno. Visto che avevi saltato la colazione, mi sono permesso...»
E accompagnò queste parole scoprendo i piatti che aveva portato su con il vassoio. C'era un assortimento di marmellate, del miele e qualche panino ancora croccante. Il tè, ebbe modo di notare Fionn, era servito all'irlandese, senza latte né zucchero. 
«Vi ringrazio, signor McKneel».
Bran fece un gesto vago con la mano e sorrise di nuovo.
«Bran, solo Bran. Bando alle smancerie. Fra noi ospiti di Aisling non sono necessarie. Serviti pure, ragazzo».
E come a voler dare l'esempio, si sedette a sua volta su una delle due poltrone, prendendo il tè con quelle sue mani agili. 
Fionn lo squadrò con una certa insistenza, mentre a sua volta prendeva posto preparandosi a consumare il suo primo pasto in quel luogo. 
Quel Bran, oltre che un tipo singolare, era anche un bell'uomo -decise- nonostante l'età. Alto, bel portamento. I vestiti erano tutti estremamente puliti, proprio come la sua persona. Oltre al panciotto che aveva già notato, indossava una camicia bianca priva di merletti e altri fastidiosi orpelli, e dei pesanti pantaloni di fustagno dal curioso colore cangiante, dal blu scuro al marrone. 
Senza lasciarsi pregare ulteriormente, sopraffatto dai morsi della fame, Fionn spezzò un panino, fragrante e ancora caldo, e prese a intingerlo nel miele. 
«Fa sempre così?» domandò, guardando fuori dalla finestra e notando che, nonostante fossero appena le undici, il sole sembrava già aver fatto la sua storia in quella giornata. 
Il suo interlocutore scrollò le spalle. 
«E questa è la buona stagione!» rispose, bevendo dalla sua tazza.
«La buona stagione?»
«Certamente, ragazzo. La prassi vuole che Aisling riceva rifornimenti dall'isola ogni due settimane. Beh, hai visto la nave del Capitano Charon -a proposito, lo hai conosciuto? No? Peccato, un tipo singolare.
«Dicevo, la nave del Capitano Charon--»
«Non ha un nome?» domandò ancora Fionn. 
Bran parve accigliarsi. Evidentemente non gli piaceva essere interrotto.
«Lo ha, un nome. Ma noi ospiti non lo pronunciamo mai.»
Fionn annuì e l'altro poté riprendere il suo discorso.
«Quella benedetta nave, insomma, l'hai. Può trasportare provviste per dei mesi, ed è esattamente quello che fa. Il mare qui è quasi sempre navigabile, tranne per alcune tempeste invernali. Purtroppo però, con l'arrivo dell'autunno inizia la stagione delle nebbie, e a quel punto ogni comunicazione con la terra ferma viene sospesa -e così anche i rifornimenti».
Fionn ascoltava rapito, desideroso di apprendere quanto più possibile sul luogo che lo ospitava.
Bran trincò allegramente l'ultimo sorso di tè, quindi posò la tazza sul vassoio e con calma serafica tirò fuori dal panciotto una fiaschetta d'argento. Ne svitò il tappo e con la grazia che sembrava connaturata in ogni suo movimento, si riempì nuovamente la tazza.
«Acquavite, della migliore» mormorò.
«Ne vuoi?»
Fionn rifiutò con un cortese cenno del capo e il buon vecchio Bran, ripresa fra le mani la tazza di porcellana danese, continuò a parlare.
«Dove ero rimasto? Ah, i rifornimenti. Ecco, devi sapere che durante la stagione delle nebbie il castello, come lo chiamiamo noi, non può essere scorto dal mare -né chi è all'interno del castello può vedere oltre un palmo dal naso fuori dalle mura.»
«E quando dovrebbe iniziare?»
Bran si strinse nelle spalle.
«Non ha una data precisa. Inoltre, ti accorgerai che c'è una diversa concezione del tempo, qui».
Il reduce della Bastiglia annuì, tuffando altro pane nel miele e portandoselo alla bocca.
«Ci sono altri ospiti, oltre a noi due?»
Bran annuì con vigore.
«Oh, certamente. Aisling ha sette altri ospiti, esclusi i presenti».
«Vorreste... vorresti parlarmi di loro?»
«Posso fare molto di più, ragazzo. In effetti, non sono venuto solo a portarti la colazione: sono venuto a prenderti. Gli altri ci aspettano nella sala comune del piano inferiore».
Fionn si mostrò subito imbarazzato e Bran, da quella vecchia volpe che era, indagò subito in merito. Gli bastò un'occhiata inquisitrice perché l'altro uomo, più giovane e meno a suo agio in quella situazione, parlasse.
«Non ho abiti puliti. Mi hanno portato qui senza bagaglio e senza effetti personali».
Con un sorrisetto complice, Bran indicò il settimanile e l'armadio che figuravano nell'angolo alla sua destra. Entrando nella stanza, Fionn non li aveva notati, forse perché disposti in un angolo reso cieco dalla porta aperta. In effetti, all'interno dei due mobili c'erano più abiti di quanti Fionn ne avesse mai posseduti, addirittura più di quanto ne avrebbe potuti desiderare. 
Non avendo più scuse e avendo terminato la colazione, si convinse a lavarsi e vestirsi con quegli abiti nuovi. Scelse una casacca acquamarina e un paio di comodi pantaloni di velluto. Niente calze alte, niente parrucconi, niente cipria. Anche perché, a giudicare da Bran, sembrava che quegli ammennicoli non fossero particolarmente in voga, da quelle parti. Non quanto a Parigi, almeno.
Quando Bran rientrò nella stanza, ché era rimasto fuori per concedere al novellino la giusta intimità, Fionn stava sistemandosi i capelli riavviando il poderoso ciuffo. 
Entrambi, in silenzio, si diressero verso la porta.
Prima di uscire, Fionn osò finalmente porre la domanda che lo aveva tormentato per tutto il tempo della vestizione. 
«Bran... tu perché sei qui?»
L'uomo scosse il capo, imperterrito.
«Mai, ragazzo. Mai fare questa domanda a nessuno degli ospiti. Ricordalo».
Sorpreso da quella variazione nel tono di voce di quell'uomo tanto strano e gentile, Fionn si fermò.
«Perché?»
«Nessuno ama parlare del proprio passato, qui. Ad Aisling non ci si vanta».

   
 
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