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Autore: Rosalie97    04/09/2015    2 recensioni
Continuo a camminare, senza fermarmi. Nemmeno il gelo mi impedirà di arrivare a ciò che ogni particella del mio corpo desidera ardentemente.
Dico spesso che voglio essere sano, che voglio guarire, ma non faccio altro che alzare il rumore bianco che mi occupa il cervello, dando voce a questa… cosa.
Credo semplicemente di amare la sensazione delle mie ossa che si rompono e di sentirle guarire grazie alle medicine che mi danno. Ogni volta tento di trovare scuse plausibili, per le fratture e le ferite che riporto, quando vado all’ospedale, oppure tento di cambiare istituzione, di trasferirmi in un'altra città. Dopo aver fatto il pieno, ovviamente. Altre volte, invece, mi drogo soltanto.
“Folle” credo che sia il termine medico per la mia situazione mentale, quando ci si fa curare per guarire ma puntualmente si ripete tutto daccapo, facendosi del male per avere delle medicine che ci fanno sentire bene… ma che ovviamente non fanno che peggiorare le cose.
Genere: Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Scott
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale
- Questa storia fa parte della serie 'A life's tale - Icon for Hire's tale.'
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Drugs.Madness.



 
'"Crazy" is, I believe, the medical term.
I don't like pain, but I bring it to life.
I don't like scars but I'm good with a knife.
I don't like tears but I'm starting to cry,
and then I realize I'm destroying my life."
- Icon for Hire, Iodine. -

 
 


Cammino a passo svelto, nel freddo congelante di una giornata di fine novembre.
L’aria ghiacciata si insinua ovunque, poco importa che io indossi il mio cappotto, l’unico che ancora possiedo – gli altri me li sono giocati nel tentativo di racimolare qualche soldo.
Non mi sento più il viso, e mi pare di avere le mani piene di aghi. Gli occhi mi bruciano, e sento le labbra e la gola secche, oltre alla bocca, nella quale la saliva sembra scomparsa.
Continuo ad avanzare, su questo marciapiede.
C’è puzza di pesce, l’inconfondibile odore della zona costiera della mia città. Non ricordo nemmeno il nome della città in cui vivo, immagino di essere arrivato a un punto ormai critico.
Ci sono pozzanghere di acqua – o almeno credo sia acqua – in alcuni punti del marciapiede, formato da blocchi di pietra… o si chiamano piastrelle? Beh, poco importa quale sia il loro nome, che mi frega. Sono sassi.
Continuo a camminare, senza fermarmi. Nemmeno il gelo mi impedirà di arrivare a ciò che ogni particella del mio corpo desidera ardentemente.
Dico spesso che voglio essere sano, che voglio guarire, ma non faccio altro che alzare il rumore bianco che mi occupa il cervello, dando voce a questa… cosa.
Credo semplicemente di amare la sensazione delle mie ossa che si rompono e di sentirle guarire grazie alle medicine che mi danno. Ogni volta tento di trovare scuse plausibili, per le fratture e le ferite che riporto, quando vado all’ospedale, oppure tento di cambiare istituzione, di trasferirmi in un'altra città. Dopo aver fatto il pieno, ovviamente. Altre volte, invece, mi drogo soltanto.
“Folle” credo che sia il termine medico per la mia situazione mentale, quando ci si fa curare per guarire ma puntualmente si ripete tutto daccapo, facendosi del male per avere delle medicine che ci fanno sentire bene… ma che ovviamente non fanno che peggiorare le cose.
Forse dovrei farmi curare sul serio, in un centro specializzato… ma chi se ne frega.
Spesso mi ritrovo, dopo essermi drogato, in luoghi che non riconosco minimamente, oppure vago senza una meta vedendo strane cose psichedeliche attorno a me.
È questo il mio problema: riesco a connettere la realtà con la mia mente sempre più difficilmente, e ci riesco solo se faccio uso di quelle droghe che non fanno altro che indurre la mia mente ad estraniarsi sempre di più.
È come se corressi in circolo, come un cane che tenta di addentarsi la coda – che stupidi, i cani, così si farebbe solo male! So che, in questo inseguimento senza fine, prima o poi mi stancherò, e completamente in mano a quella stanchezza, vacillerò e andrò a sbattere contro qualcosa.
So che uno di questi giorni sarà l’ultimo che vivrò su questa Terra, che morirò.
A diciotto anni.
Quando mi guardo allo specchio, spesso, non mi riconosco nemmeno, le occhiaie, la pelle costantemente sudata, i tremori… Dico a me stesso che la smetterò, che andrò a farmi curare e inizierò una nuova vita, per essere felice, finalmente… Ma poi, puntualmente, non lo faccio, e saboto tutto.
Mi tremano le mani, mentre continuo a camminare, diretto al vicolo dove mi incontro con il mio venditore di fiducia.
Sono in astinenza, ma è incredibile come riesca a pensare lucidamente per via della mancanza di sostanze nel mio organismo, ma da come fuori sembri altamente malato.
Sono depresso.
Ne soffro da un po’, immagino sia stato questo a spingermi su questa strada, dopo l’incidente in moto… Ah, la moto, non la vedo da un anno, l’ho mandata a farsi benedire per avere dei soldi per la droga.
La depressione era ed è come un cappotto di pelliccia: fatta di cose morte, che però mi tengono al caldo. Proprio come le mie “medicine”.
Svolto a destra, sapendo già dove devo andare.
Entro nel vicolo.
Qui c’è una puzza ancora più intensa, come se i cassonetti accostati alle pareti degli edifici di mattoni ai miei lati fossero pieni di carcasse di pesci.
A terra ci sono mille volantini caduti dai muri o portati qui dal vento, poster del circo, di concerti, di pubblicità… ce n’è pure uno con la propaganda di un night-club a luci rosse.
Alzo gli occhi e lo vedo davanti a me.
Se ne sta lì in piedi a guardarmi, con i suoi occhi profondi che sembrano poterti leggere nell’anima. Chissà cosa ci ha visto nella mia… sempre se ne possiedo una.
Ho varie dipendenze da varie sostanze, ma la più grande… è forse quella dallo iodio. Lo so, lo iodio, incredibile, eh? A quanto pare però ho contratto questa assuefazione totale.
Io odio il dolore, o almeno l’ho sempre odiato… dall’incidente, però, ora non faccio altro che accumularlo nella mia vita come una vecchietta con la sindrome che si vede in quei programmi televisivi per casalinghe stressate, quelli in cui la gente accumula robaccia perché non può farne a meno. Sì, è un po’ così.
Eh, oh, Dio quanto odio le cicatrici, ma sono parecchio bravo con i coltelli e le cose affilate… sono pieno di segni, sul mio corpo, che nascondo con i vestiti. Non esco con una ragazza da due anni. Beh, comunque loro si tengono alla larga da me…
E poi, oh, non sono mai stato un frignone… ma spesso piango, scoppio in crisi che riesco a fermare solo dopo ore… ormai piangere sembra l’unica cosa buona che io sia in grado di fare… E piango, perché ho realizzato che sto distruggendo la mia stessa vita, lo sto facendo da molto tempo, ma non faccio nulla per mettere fine a questo supplizio interiore.
Dovrei solo farmi curare.
Ma no, sono troppo debole.
Non vorrei andare avanti così.
Mi avvicino al mio spacciatore. Non ho nemmeno idea di quale sia il suo vero nome, si fa chiamare La Vipera per via del tatuaggio che ha sul collo taurino dalla pelle color caffelatte. È alto, è un armadio. È molto pericoloso, so che ha ucciso anche qualche persona. Però come spacciatore è fidato, mi da sempre roba buona.
Ma dentro di me so che è anche colpa sua se sono ridotto in queste condizioni.
Ormai non ce la faccio più ad andare avanti, e secondo i calcoli che ho fatto… mi resta solo un’ultima dose, prima della mia morte. Il mio organismo è gravemente danneggiato, non so come, ma lo sento. Riesco a pensare lucidamente, quindi in qualche modo il cervello non è danneggiato… quindi il problema sta in un altro posto.
Ma poco importa, ormai.
<< Scott >> mi saluta La Vipera.
<< Vipera >> sono ingobbito, tengo le mani in tasca, tremano sempre più. Un rivolo di sudore mi cola lungo la tempia destra. Ho i capelli rossicci fradici nonostante il freddo. Sono messo molto male, me ne rendo ben conto. Ma sono un menefreghista vigliacco, e magari così mi aiuterò una volta per tutte, senza l’aiuto di quei falsi dottori.
<< Sei ridotto uno schifo. >>
<< Lo so >> annuisco, e la cosa mi risulta faticosa. Mi fa male il collo, oltre che la gola.
Reprimo un attacco di tosse.
Mi sto forse ammalando?
Ma cosa dico, io sono già malato.
<< Forse… Dovremmo rimandare l’acquisto. >> Ma cosa… La Vipera che rifiuta di vendere della roba a un suo cliente?... Oh, ma certo, si rende conto che probabilmente non sopravvivrei, ma non gli importa di me, a lui importa di non perdere una fonte di guadagno come me.
Io sono in una dannata crisi d’astinenza.
Non ce la faccio.
Mi sento morire dall’interno.
“Idiota, così morirai davvero” mi dice una vocina nella mia mente. È insidiosa, non so da dove arrivi.
Ma chi se ne frega, devo avere ciò che mi spetta. Devo!
Ci penso su.
<< No, Vipera, dammi quel dannato iodio. >>



 
Angolo autrice:
Okay, se devo essere sincera, non so come sia nata questa... cosa.
Credo che faccia altamente schifo, tanto da far vomitare pure qualche cammello, ma a quanto pare il mio coraggio è direttamente proporzionale al mio amore per la torta alle fragole = it's infinity, baby.
Questa One Shot, su Scott - che mi ispirava la parte del drogato - sarà solo una tra le tante altre OS che pubblicherò e che insieme a Drugs.Madness. e A past to forget, faranno parte di una serie di fan fiction a un solo capitolo di varia lunghezza ispirate alle canzoni degli Icon for Hire. Le One Shot con varie canzoni che ora non sto a elencare, rappresenteranno tutte diversi personaggi, scelti dalla mia mente bacata, yep yep.
Ringrazio tutti coloro che sono giunti fino a questo punto resistendo all'impulso di lanciare telefono, computer o qualsiasi cosa su cui stiate leggendo queste righe, e chiedo di lasciare una piccola recensione, per farmi sapere che ne pensate *prega*.
Ho messo l'avvertimento OOC perchè credo che Scott sia un po' fuori personaggio, in questa One Shot, ma giudicate voi ^^
Un saluto, 
Rosalie.

P.s.: sinceramente non credo che lo iodio dia dipendenza, ho fatto delle ricerche ma non ho trovato niente... quindi, viva la fantasia.
  
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