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Autore: Blacky98    04/09/2015    4 recensioni
Nella verde Scozia, Katie riflette sulla 2 Guerra Magica conclusa qualche anno prima e sulla sua eredità, carica di fantasmi, lacrime e voglia di vivere
[12 classificata al Contest “About Daily Life” indetto da Himeko Kuroba sul forum di Efp]
[11 classificata al Contest "Keep calm e... fatemi amare il vostro personaggio preferito! II edizione" indetto da Elettra.C sul forum di Efp]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katie Bell, Oliver Wood/Baston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Autore: Blacky98
Titolo: Nella buona e nella cattiva sorte
Personaggi: Katie Bell, Oliver Baston
Genere: Romantico, Introspettivo, Slice of Life
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Introduzione: Nella verde Scozia, Katie riflette sulla 2 Guerra Magica conclusa qualche anno prima e sulla sua eredità, carica di fantasmi, lacrime e voglia di vivere
Eventuali note dell’Autore: fondo pagina

Storia partecipante al Contest “About Daily Life” indetto da Himeko Kuroba sul forum di Efp

Nella buona e nella cattiva sorte

Chiudo l'ombrello perché ormai non piove più.

Osservo le ultime gocce di pioggia, rimaste impigliate tra le foglie dei cespugli, cadere lentamente. Amo il verde, i prati, la tranquillità: tutti elementi che qui, in Scozia, sono mescolati ad arte. Un po’ come le case di questo piccolo paesino immerso nella brughiera: grigie mattone decorate da fiori appena sbocciati e piante rampicanti che caratterizzano ognuna di loro, così uguali ma testimoni di vite diversissime tra loro.

Respiro a pieni polmoni e spio curiosa le poche persone camminare in fretta per la stradina senza prestare attenzione al paesaggio.                                                                                                    
Sorrido tristemente, mentre penso che si impara a dare realmente un valore agli affetti, ai piccoli gesti quotidiani quando si rischia di non poter passeggiare liberamente, di non poter più mangiare un gelato in santa pace, di non poter amare più per via del tuo stato di sangue.

La mia unica colpa era quella di essere una Sanguesporco e per non vedere i miei amici e la mia famiglia morire a causa mia, me ne sono andata; sono scappata lontano lasciando tutti… anche lui.    
Quei mesi sono stati i più terribili perché non potevo mettermi in contatto con nessuno rischiando di farmi e farli scoprire. L'unico aspetto positivo è stato quello di trovare questo paesino immerso nella verdissima Scozia dimenticato da Dio e, mescolandomi tra i Babbani, sono riuscita a sopravvivere per mesi. Grazie al cielo a casa, in estate, avevo imparato a non utilizzare la magia e quindi non è stato un problema adattarsi.

Ormai sono davanti alla piccola chiesetta; non ho mai creduto in Dio o in un ente superiore, ma qui, avendo un sacco di tempo libero dopo il lavoro, ho iniziato ad andare a sedermi tra i banchi di legno antico e a pregare qualsiasi Dio per la salvezza dei miei. E ogni volta che vengo qui, mi estraneo dal mondo sentendomi come se fossi a posto. Anche oggi entro e vado al mio angolo preferito, il più scuro rischiarato solo da fioche candele che illuminano il dipinto della Madonna. Ogni volta che l'osservo mi viene in mente mia mamma, di lei ho pochi ricordi anzi quasi nessuno; è morta quando avevo un anno a causa della Prima Guerra Magica. Poi per anni siamo stati soli io e papà fino a quando non si è risposato e ha avuto una figlia. D'allora sono iniziati i problemi: non che non volessi bene alla mia matrigna e alla mia sorellastra, soltanto che mi sentivo tagliata fuori perché ero diversa e facevo parte del passato doloroso.                                 
Dopo un breve cenno indirizzato al pastore esco, inizio a incamminarmi verso casa, è più isolata e ci vuole più o meno una ventina di minuti a piedi da qui; poco male, mi piace passeggiare tra le vie pittoresche di Arbroath*: mi aiuta a rilassarmi. Sussulto quando, attraverso una finestra aperta, vedo una giovane coppia abbracciata sul grande divano bianco. È come guardare un quadro e anche se rimanessi lì ore a guardarlo non riuscirei mai a cogliere tutte le emozioni che le pennellate mi trasmettono.                                                                                    
Come un libro che ami e che, ogni volta che lo rileggi, ti dice sempre qualcosa di nuovo. La scena mi fa piangere e calde lacrime scendono silenziosamente sulle guance rosse per il freddo; sto ripensando a sette anni fa, più precisamente alla notte della Seconda Battaglia di Hogwarts. Inutili sono i tentativi di fermare i pensieri che ora, come un fiume in piena finalmente libero da ogni costrizione, scorrono velocemente come un film. Provo nuovamente l'adrenalina scorrermi nelle vene, la paura di morire, ma soprattutto quella di perdere lui.

È stata la notte più lunga della mia vita e, anche se avevamo vinto, ho sentito il cuore fermarsi alla vista del suo corpo sdraiato inerme per terra. Non ricordo quanto piansi, so soltanto che non mi volevo allontanare da lui per nessun motivo al mondo. Ci provarono in tanti a staccarmi da lui, ma dopo un po’ di tentativi capirono che non ci sarebbero riusciti. Guardavo i suoi lineamenti, sembrava addormentato con le palpebre abbassate sui suoi dolci occhi marroni.                                            
Mi aveva fatto riconciliare con la mia famiglia prima della guerra, perché era l'unica cosa importante che poteva tenerti a galla in quel periodo oscuro. E ora chi ci sarebbe stato a farmi da ancora? Il mio Oliver non c'era più.

Intanto sono arrivata davanti a casa mia e noto un giovane uomo volteggiare per il salotto tenendo in braccio un fagottino. Avanzo entrando nel piccolo giardino e calpesto l'erba bagnata con gli stivali non facendo rumore. Sono così vicina che lo sento parlare.                                                                            
Il giovane si volta e mi vede, poi con passo leggero mi raggiunge e mi invita ad entrare.                                    
«Cosa gli stai raccontando?»                                                                                                                                         
«Della nostra storia e della sua meravigliosa mamma».                                                                                         

Piccole gocce cadono sugli alberi alle nostre spalle, contemporaneamente ci giriamo per guardare il cielo plumbeo riversarsi sul terreno già umido. Mi tolgo il cappotto e mi sporgo per prendere in braccio la bambina che dorme placidamente. Io e lui ci guardiamo, sorridendo per quel contatto, poi lui posa le labbra sulla mia fronte.                                                                                                                                     
Con dolcezza posa le sue mani sopra alle mie; noto le fedi brillare e torno con la mente a quel giorno. Era una giornata di aprile e il tempo era identico a quello di oggi, nonostante ora sia ottobre; ma comunque si respirava felicità. Nel profumo dei fiori appena sbocciati o dell'erba verde di fronte alla chiesetta. Gli invitati, pochi intimi più il celebrante. L'unica cosa che stonava era l'assenza di mia mamma.

Una tenera voce mi riscuote dai miei pensieri: «Katie, a cosa stai pensando?»                                 
«A nulla, soltanto a voi che siete bellissimi e siete la mia vita.»                                                                                 
Ci abbraccia e posa le sue labbra sulle mie, baciandomi leggermente: «Katie, sono qui.»                                    
Sospiro e staccandomi di malavoglia rispondo in un soffio «Lo so, Oliver. È che…»                                     
«Non vado da nessuna parte» mormora, mentre mi accarezza la guancia.

Richiude la porta e nella sicurezza del nostro piccolo mondo personale rimaniamo solo noi, ancora una volta, nella buona e nella cattiva sorte.


NdA

 Ho provato ad immaginare come Katie abbia affrontato il dopoguerra. All'inizio non volevo inserire fisicamente Oliver, ma poi mi è venuto in mente questo dolce quadretto familiare e quindi eccolo a raccontare storie al loro bambino. Ammetto ho lavorato molto di fantasia, soprattutto sulla parte riguardante Dio, perché mi è venuto in mente che comunque vivono nel mondo reale (se si può definire così) e sono a contatto con religioni e culture differenti e quindi un minimo devono conoscerle. Spero non sia inopportuno come inserimento. Non so come mi sia venuta fuori questa storia, sinceramente, cioè credo perché ho sempre amato la Scozia e scorrendo delle foto su dei piccoli paesini in internet mi è venuta l'ispirazione et voilà. (E poi mi immagino Oliver scozzese, non mi sembra che sia specificato da qualche parte).

Arbroath è un paesino realmente esistente in Scozia

  
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