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Autore: Dietrich    04/09/2015    2 recensioni
[Wakatoshi Ushijima POV] [UshiOi]
"E allora tutto sarebbe finito, per sempre. [...]
Gli sguardi di Tooru, perché Wakatoshi allora sarebbe stato solo uno dei tanti gradini che l’altro aveva calpestato – scopato – per arrivare in cima, alla luminosa vetta che da sempre era dipinta in fondo ai suoi occhi. Una vittoria che brillava più del sole per i capitano dell’Aobajousai e per la sua squadra, a ripagare gli anni di sforzi, gli allenamenti strenui, il non smettere mai di credere l’uno nell’altro, il lavorare sempre uniti come un perfetto macchinario dove ogni ingranaggio era al suo posto."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Gli schiaffi non facevano più male. Non i suoi.
Come i pugni, o le pallonate date a tradimento, quelle rare volte che Tooru lo sfidava ad allenarsi insieme. Tutte scuse, e lui ne era consapevolissimo. Eppure cedeva, volta dopo volta. Non veniva scalfito da nulla, non dalle sue frecciatine piene di veleno, neanche dagli insulti duri e crudi. Le sue occhiate omicide? Neanche.
Quello che lo uccideva erano le sue mani, quando si posavano sul suo petto, gli tiravano via la maglia, gli si aggrappavano al collo e lo spingevano verso di lui. Come se i loro corpi che aderivano non fossero abbastanza, come se la pelle sudata che fregava, l’una contro l’altra, fosse un fastidio da superare, come i vestiti che volavano via appena un secondo dopo che Tooru si era stufato di giocare e semplicemente voleva sbatterlo a terra e farsi scopare.
Lo uccideva la sua voce, i suoi gemiti, il modo in cui la sua bocca si schiudeva e chiamava il suo nome, senza più insofferenza, senza più astio. Quasi con supplica, con ardore, con quell’abbassamento di ottave che di solito Tooru riservava ai suoi avversari quando voleva minacciarli velatamente, indossando come sempre il suo sorriso falso, la sua faccia da schiaffi da chi sapeva di aver sempre – o quasi – la vittoria in tasca.
Il dolore più straziante arrivava quando Tooru lo baciava.
Si sentiva mancare il fiato, e non solo perché l’altro adorasse baciarlo fino a quando letteralmente entrambi erano a corto di respiro. Si sentiva strozzare, i polmoni schiacciati dal semplice peso di quelle labbra addosso. Ogni volta pensava di non sopravvivere, ma poi riapriva gli occhi, lo vedeva, e si sentiva vivo come mai prima. Tooru Oikawa aveva quasi il potere di vita o di morte su di lui, eppure non se ne rendeva conto.
 
E allora lui, Wakatoshi Ushijima, l’eterno rivale, lo puniva.
Le proprie mani diventavano dei boia su quella pelle, morbida e ruvida allo stesso tempo. Lo accarezzava come se dovesse imprimerselo per sempre nella mente, e addosso. Era così gentile da percepire nettamente l’irritazione altrui – sempre desideroso di violenza, di impetuosità, di qualcosa simile alle schiacciate che tante volte si erano lanciati l’un l’altro durante le partite. E gli piaceva, da morire, sentirlo così.
Wakatoshi aveva imparato a fare l’amore con Tooru come se quel ragazzo fosse la cosa più preziosa del mondo per lui. Era gentile, accorto, dolce, passionale come se ogni volta fosse l’ultima. Lo amava in silenzio, perché sapeva che nel silenzio Tooru era solo suo, che in quei momenti brevi, preziosi, nessuno poteva portarglielo via. E sapeva, a dispetto di tutto, che l’altro lo odiava per questo.
Si sentivano a vicenda, così forte, così dentro la pelle ardente, che Wakatoshi era certo di cosa Tooru provasse per lui, e viceversa. Ma solo quando erano insieme, i corpi ammassati l’uno addosso all’altro, l’uno dentro l’altro. L’aria pesante, i gemiti parlavano per loro. L’odore di sudore, l’odore del sesso erano come grida, come le tante volte in cui l’altro gli aveva urlato contro che un giorno, non molto lontano, lo avrebbe sconfitto in campo.
 
E allora tutto sarebbe finito, per sempre.
La loro rivalità, perché si sarebbero finalmente trovati allo stesso livello, l’ex-campione e il nuovo.
Il sesso e l’amore che facevano di nascosto, ovunque capitasse, ovunque la tensione fosse troppa e sfociasse in quei baci aggressivi, in quelle carezze così dolci da sciogliere anche il più nero dei cuori, in quelle mani che agguantavano cosce e le aprivano, in quel possedersi senza speranza e quel gemere indifeso dentro la bocca altrui.
Gli sguardi di Tooru, perché Wakatoshi allora sarebbe stato solo uno dei tanti gradini che l’altro aveva calpestato – scopato – per arrivare in cima, alla luminosa vetta che da sempre era dipinta in fondo ai suoi occhi. Una vittoria che brillava più del sole per i capitano dell’Aobajousai e per la sua squadra, a ripagare gli anni di sforzi, gli allenamenti strenui, il non smettere mai di credere l’uno nell’altro, il lavorare sempre uniti come un perfetto macchinario dove ogni ingranaggio era al suo posto.
Sarebbe finito tutto e Wakatoshi l’avrebbe osservato scomparire per sempre dentro quella luce, della ribalta forse, della fama. Non lo sapeva neanche lui. Non poteva saperlo, gli aveva detto una volta Tooru, perché ci era sempre stato dentro, fino al collo, da esserne accecato. Non capiva Wakatoshi, e questo non faceva che mandare su tutte le furie l’altro.
Come poteva capire qualcosa con cui era nato, qualcosa che nessuno era riuscito a portargli via? Domande che rimanevano inespresse, come tutto ciò che aveva dentro, quando guardava Tooru.
Quello che capiva, invece, era che tutto ciò non poteva – non doveva – accadere. Tooru Oikawa lo vedeva solo come suo rivale, e lo odiava per questo. Bene, così sarebbe stato, per sempre. Non era disposto a perdere, Wakatoshi Ushijima, né contro di lui, né mai.
E non per qualche stupido orgoglio relativo alla pallavolo, no. Non più.
Semplicemente, perdere contro Tooru  - perdere Tooru – era un’esperienza a cui non era disposto a sottoporsi.
 
Perciò continuava a ricevere i suoi schiaffi, i suoi pugni, le sue pallonate, i suoi insulti, i suoi sguardi al veleno. Replicava, sempre, con forza simile se non maggiore, tenendogli testa senza sforzo, come sul campo.
Continuava a ricevere i suoi baci, il suo tocco lascivo, i suoi gemiti, i suoi sguardi che senza parole lo invitavano a prenderlo lì e ora. Rimaneva in silenzio però, e si lasciava andare, sottomettendosi a lui mentre lo sottometteva con il proprio corpo, perché è così che a Tooru piaceva. Si lasciava cavalcare, o lo piegava sopra qualsiasi superficie piana, e lo faceva suo, un infinito numero di volte, con una dolcezza così straziante da ucciderlo dentro, ogni volta di più.
Nel silenzio, Wakatoshi lo amava. Nel caos, Tooru lo odiava. Un circolo vizioso senza fine che li distruggeva ogni giorno di più e li legava, indivisibili, lungo quella scala per il successo, la vetta dei grandi, dove tutti vogliono salire ma dove si trova un solo trono, una sola corona.
   
 
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