Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: ermete    05/09/2015    2 recensioni
Questa sarà una raccolta di diversi tipi di flash fic: le prime 3 sono reaction-fic alla terza stagione, mentre le altre saranno storielle scemine ispiratemi da gif e fanart varie. Sarà spessissimo presente il tema degli animali (Sherlock gatto per la maggiore XD). Accetto eventuali prompt! Nel capitolo 1 sposterò l'indice :3
Note: johnlock e tomcroft forever
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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***Ciao bimbe! Non scrivo da molto tempo, mi scuso, ma sono molto impegnata con le battute finale dell'università tra esami, tirocinio e tesi :3 Ma ci tenevo a rompere il digiuno con questa shottina a dir poco stupidina nata dalla mia temporanea fissa per Adam Levine e le sue canzoni (vi chiedo scusa in anticipo per l'eccessivo uso della parola "zuccherino" XD ), per la mia fissa per i tatuaggi e bon, ho usato questa cosina scema per stemperare un po' di tensione, ecco. Si tratta di una AU con different first meeting, OOC, diversi mestieri per entrambi, non c'è il PTSD per John e Sherlock non è nemmeno un detective, figuriamoci! Una cavolatina, come ho già detto! Bonci, un bacione! BACIO!!! Ps: ringrazio HotaruTomoe per il betaggio <3***




 

Sugar



 

La tua presunta abilità è richiesta. Venerdì pomeriggio alle 15 nel tuo appartamento. Se puoi bene, se non puoi liberati. SH

Questo è l’SMS che John si ritrova nel cellulare, mercoledì mattina, appena alzato dal letto. Il numero è sconosciuto, la sigla non gli fa suonare alcun campanello d’allarme e, ancor peggio, non è specificata la presunta abilità di cui sarebbe dotato. Che il simpaticone dall’altra parte del telefono abbia sbagliato numero?

Comunque John non è tipo da prendersela per così poco, quindi decide di giocare con questo sconosciuto mentre fa colazione: almeno non si annoierà.

Se l’abilità di cui parli è solo presunta, allora non si tratta del sesso. JW

John sa che il tempo delle battutine sul sesso dovrebbe essere già finito da una decina d’anni, da quando è uscito dall’adolescenza, ma chissà cosa potrebbe uscire fuori da quello strano SMS.

Non stavo parlando di sesso. Tuttavia, se la presunta abilità che cerco in te è veramente ragguardevole, potrebbe portare anche a quella piacevole conseguenza. SH

John quasi si strozza col caffè: ecco, lo sapeva, quel gioco gli si era ritorto contro e ora era lui quello in imbarazzo. Si decide quindi a chiedere spiegazioni.

Perfetto. Chi sei? Da hai avuto il mio numero e, per l’amor del cielo, di quale presunta abilità stai parlando? JW

Sherlock Holmes. Mike Stamford. Tatuaggi. SH

“Che razza di nome è Sherlock…” si domanda John mentre si ricorda del momento in cui aveva incontrato Mike e, raccontandogli della sua nuova attività da tatuatore, gli aveva chiesto se, per l’appunto, potesse consigliarlo ai suoi amici in caso fossero interessati a quel genere di prestazioni.

Capisco. Dunque sei amico di Mike? Sei un medico anche tu? Al Bart’s? Devo darti una brutta notizia, comunque. JW

Amico è una parola grossa. Frequento il Bart’s, ma non sono un medico. Quale brutta notizia? SH

A giudicare dall’insistenza circa l’abilità richiesta, ritengo di non essere il tatuatore che fa per te: tatuo solo da un anno e non ho nemmeno uno studio mio. Probabilmente dovresti affidarti ad un professionista più esperto. JW

Rifiuti un lavoro di cui hai bisogno senza neanche incontrare la tua tela e sentire la sua richiesta? Potrei essere il tatuaggio della tua vita. SH

John sbuffa l’aroma della sua seconda tazza di caffè e risponde nuovamente.

Hai letto cosa ti ho appena scritto? Non andavi cercando una particolare abilità ed esperienza? JW

E tu non sei curioso di vedere la tua tela? SH

Allegata all’ultimo SMS vi è la foto di un torace pallido e asciutto, addirittura tonico: l’ideale per un tatuatore. John deglutisce perché quel torace non è solamente ideale per un lavoro ad ago e inchiostro, ma è anche molto sensuale: inoltre, si intravede anche una porzione di viso che arriva appena sotto il naso.

“Dio. Mio. Quelle labbra.” Sillaba John, intento a studiare a fondo il torace di Sherlock sul quale spiccano già alcuni tatuaggi: si impone di concentrarsi su quelli, ma la verità è che quel corpo perfetto l’ha rapito. E non solo a livello professionale.

Un altro SMS da parte di Sherlock.

Dunque, la tela è di tuo gradimento? SH

Molto. JW

Allora accetti il lavoro? SH

In realtà proprio perché la tela è davvero molto bella non sono sicuro di voler rischiare di rovinarla. JW

Quello non dovrebbe essere il primo ostacolo psicologico che un tatuatore dovrebbe superare? SH

Questa tela è particolarmente bella. JW

Allora sono sicuro che ne avrai particolare cura mentre la tatuerai. SH

“Ma cosa diavolo…” mugugna John che, tuttavia, tutto s’aspettava tranne che avrebbe flirtato con uno sconosciuto. Uno sconosciuto apparentemente molto bello, ma pur sempre sconosciuto.

Perché io? JW

Perché ho visto i tuoi lavori sulla tuo sito online. E perché ho visto te. SH

Dove? JW

Al Bart’s. SH

Stai dicendo che ti piaccio? JW

Vediamoci oggi allo Starbuck’s di Camden Town. Ore 18. Parleremo del soggetto del tatuaggio. SH

Chi ti dice che io sia libero a quell’ora? JW

Liberati per me. A dopo. SH

John rimane a bocca aperta, stupido sia dalla propria incapacità a dire di no a quella stupenda tela, che per l’improvviso verificarsi di quell’occasione imperdibile. Mal che vada conoscerà un gran bel ragazzo, no?

Dopo aver finito di fare colazione, impacchetta album ed astuccio e va al lavoro.

***

John è seduto in uno dei tavolini interni dello Starbuck’s e sta scarabocchiando sul proprio album da disegno quando Sherlock gli si para di fronte allungando verso di lui un altro bicchiere di Earl Grey.

“Scusa per il ritardo,” sorride Sherlock, offrendo la bevanda in segno di scuse.

Il tatuatore esita qualche istante di troppo sul volto di Sherlock scoprendo che anche l’altra metà mancante del viso è a dir poco stupenda. Sorride rapito, a labbra aperte, e fa cenno allo splendore che ha di fronte di sedersi.

Anche Sherlock si prende qualche istante per poter rimirare John da più vicino e il sorriso che gli dona lo spinge a ricambiare, riempiendo le guance che si colorano appena appena di rosa.

“Cosa stavi disegnando? Hai qualche lavoro in sospeso?” Chiede il giovane che lascia scorrere lo sguardo sulla poca pelle che John mette in mostra -oh come vorrebbe vedere quei tatuaggi per intero- e non può fare a meno di chiedersi chi sia la fortunata persona a cui è stato permesso toccarlo.

John torna alla realtà scuotendo leggermente il capo “No, solo qualche schizzo a mano libera.” tossicchia, ma non fa nulla per nascondere il proprio sguardo curioso “Beh devo dire che ad una prima occhiata i tuoi tatuaggi non sono affatto male. Perché vuoi cambiare tatuatore?”

“Ho cambiato molti tatuatori,” inizia Sherlock che vede John annuire: quello era palese, d’altronde gli stili sono molto diversi l’uno dall’altro “ma nessuno di loro mi ha più dato l’emozione che ho provato la prima volta. Quindi l’ho cambiato ad ogni nuovo tatuaggio, ma la magia non è più successa.”

Il sorriso che nasce sulle labbra di John è spontaneo: può capire bene cosa Sherlock possa intendere con le sue parole. Un tatuaggio non dovrebbe essere solo un mero disegno indelebile sulla pelle, bensì dovrebbe significare qualcosa di importante. Un tatuaggio può essere stilisticamente bello, ma se fatto senza cuore non varrà comunque nulla ai suoi occhi. E a quanto pare anche Sherlock la pensa in quel modo.

“Capisco cosa intendi. Deve esserci un rapporto di fiducia tra tela e tatuatore, ma…”

“...chi mi dice che tu sia la persona giusta?” Lo interrompe Sherlock, intuendo il flusso dei pensieri di John.

“Esatto.”

“Io voglio te, John.”

Non che John non sia deliziato dal sentire quelle parole, ma non può fare a meno di chiedere “Perché?”

“Perché mi piaci.”

Sherlock deglutisce dopo aver confessato quella piccola, grande verità e John rimane a bocca aperta. Lusingato, certo, ma anche confuso.

“L’hai detto a tutti i tuoi precedenti tatuatori?”

“Non essere geloso,” dice Sherlock, provando a nascondere l’imbarazzo dietro quella battuta. Poi torna serio “No, non essere ridicolo.”

John ride e scuote leggermente il capo “Non capisco, ci conosciamo? Non direi, però. Me lo ricorderei uno come te.”

Sherlock arrossisce appena e si alza porgendogli la mano “Vieni, facciamo un giro: ti racconterò tutto.”

***

Mentre camminano nel mercato sotterraneo di Camden Town, Sherlock confessa a John di averlo notato mentre studiavano al college, ma non aveva mai trovato il coraggio di parlargli, lasciandosi scappare l’occasione anche solo di parlargli. E così, quando aveva saputo da Mike Stamford che John era tornato in città ed era niente meno che un tatuatore, aveva deciso di prendere la palla al balzo e di contattarlo il più presto possibile.

“Non ci posso credere,” è il commento divertito di John.

“A quale parte della storia?” chiede Sherlock con un sorriso.

“Che dopo tutti questi anni io ti piaccia ancora al punto di chiedermi di tatuarti,” John fa spallucce e scrolla il capo “Insomma, non faresti prima a chiedermi di uscire? E, in secondo luogo...”

Sherlock si ferma quando si accorge che anche John ha arrestato i propri passi “Sì?”

John allarga le braccia in un gesto di resa “Insomma, sei magnifico, potresti avere chiunque…”

Ma Sherlock lo interrompe prontamente “Questo è assurdo, dato che per me sei tu quello magnifico.”

Il sorriso di John si apre sinceramente e fa un passo in avanti per annullare la distanza che li divide: alza la mancina per seguire coi polpastrelli la struttura chimica di una stringa di DNA tatuata sul braccio di Sherlock.

Sherlock trattiene il respiro fino a quando le dita di John gli si fermano sullo zigomo destro “Mi tatuerai, dunque?”

John, che pensa di aver intuito perché Sherlock tenga così tanto a farsi tatuare da una persona da cui è attratto, annuisce leggermente “Sì.”

Sherlock rilascia il respiro che stava nuovamente trattenendo e appoggia la guancia sulla mano con cui John lo sta ancora accarezzando “Grazie.”

Escono dal mercato e camminano in giù, verso la fermata metropolitana di Camden Town sfiorandosi le mani, tenendosi a tratti per i mignoli, parlando di cosa hanno fatto in quegli anni. John scopre che Sherlock è diventato un chimico e lavora per una struttura governativa dell’MI6. Sherlock scopre che John, dopo il congedo militare, lavora come fisioterapista in una struttura militare in cui si aiutano i veterani di guerra alla riabilitazione fisica per i traumi più o meno gravi subiti in guerra.

Si salutano con due baci sulla guance e la promessa di scambiarsi SMS con le foto delle bozze del tatuaggio che John avrebbe iniziato ad incidere venerdì.

“A presto, zucchero.” scappa a John.

“Zucchero?” ride Sherlock, fermandosi al bivio della Nothern Line tra Morden e Edgware.

John ride, rendendosi conto di quanto ha appena detto solo nel momento in cui Sherlock gliel’ha fatto notare “Scusa, ho in testa questa canzone che si chiama Sugar, per l’appunto,” ride ancora “Te la faccio ascoltare venerdì.”

“I Maroon 5, John? Davvero?” Sherlock inarca un sopracciglio per poi esser colto dall’illuminazione “Non dirmi che è per Adam Levine.”

John ammicca e prima di scendere le scale confessa “Dovresti averlo capito, ormai, che mi piacciono alti, belli e tatuati.”

Sherlock ride e si avvia dalla scalinata opposta, correndo per riuscire a prendere la metro in arrivo.

***

Sei sicuro, Sherlock? Un tatuaggio così grande? JW

Sì, tutto il braccio sinistro, spalla, parte del collo e del fianco. SH

Sarà impegnativo, potrebbe volerci più di una seduta. JW

È un problema? SH

Metterti le mani addosso per più di un giorno? Assolutamente no. JW

Mi auguro che tu non stia parlando esclusivamente del tatuaggio. SH

Oddio, no. JW

***

È venerdì e quando Sherlock arriva all’appartamento di John gli chiede di potersi cambiare ed indossare dei pantaloni più comodi dato che la seduta sarà alquanto lunga. Così, quando Sherlock esce dal bagno indossando esclusivamente un paio di pantaloni della tuta, John deve raccogliere la propria mascella dal pavimento per riuscire a parlare di nuovo.

“Mio dio. E io che stavo per rinunciare a questo lavoro.”

Sherlock decide di rompere gli indugi, perché di titubanze ne ha già avute fin troppe e non può fare a meno di chiedersi se sarebbero potuti diventare qualcosa di più già dai tempi del college se non fosse stato così timido. Cammina, dunque, e una volta arrivatogli di fronte si abbassa e appoggia le labbra su quelle di John: non è neanche un bacio, è un desiderio di toccarlo a livello più intimo che si porta dietro da almeno cinque anni.

È John a farlo diventare un bacio, approfondendo quel tocco, ma tirandosi indietro in tempo per evitare di arrivare già a quel punto: è già chiaro che succederà, quindi vuole godersela appieno, frenando per rendere l’attesa più dolce. Una promessa che verrà mantenuta e maggiormente apprezzata perché ancora più attesa. E poi John vuole scoprire se la sua teoria è giusta.

“Vai, zucchero, sdraiati,” lo invita John accompagnandolo al lettino per massaggi che è solito usare per il suo lavoro da tatuatore, “avremo tempo anche per quello, dopo.”

Sherlock mugola in assenso e si sdraia: deglutisce mentre osserva i movimenti di John e sente il cuore accelerare. Cerca di controllarsi, ma la verità è che anche il suo respiro aumenta mentre aspetta che John, il ragazzo che ha aspettato per cinque anni, operi la magia su di lui.

Dopo aver selezionato la playlist dei Maroon 5, John sorride a Sherlock ed inizia a prepararsi. Sistema parte dell’occorrente nel tavolo vicino al lettino e, sotto lo sguardo vigile dell’altro, si infila i guanti di lattice: lo schiocco dell’elastico sul suo polso fa rabbrividire la sua tela.

“Rilassati,” suggerisce John, ma la verità è che Sherlock sta vivendo quella preparazione come una sorta di preliminare amoroso: trattiene il respiro quando il tatuatore riveste il tubo della macchinetta con la protezione di plastica e fatica a deglutire quando lo sente provare il funzionamento della stessa.

“J-John…” mugola poi, quando John gli applica lo stencil sulla pelle “...sta per succedere. Stai per tatuarmi, tu” sottolinea “stai per tatuarmi.”

“Calmati, lo sai, dovrai stare fermo una volta che avrò iniziato.” John si china e gli bacia la guancia “Raccontami cosa provi mentre lo faccio.”

Sherlock annuisce vigorosamente e tiene gli occhi chiusi finché non sente il rumore della pistola inquinare la musica che proviene dal laptop di John: vede il suo tatuatore baciargli la spalla in un punto in cui l’inchiostro dello stencil non lo ha sporcato e poi succede. Ed è una benedizione.

John traccia i contorni del primo esagono tutto in una volta: sa che all’inizio un tatuaggio può essere doloroso, ma sa anche che il cervello umano in questi casi interviene liberando più endorfine che aiutano a sopportarlo. Ogni persona, poi, è diversa: ognuno percepisce e sopporta ogni tipo di dolore in modo diverso. Gli sono capitati omoni più grandi di lui che chiedevano continue pause a causa del dolore, e ragazzine più esili di lui capaci di sopportare due ore e mezzo di incisioni senza patire la benché minima pena. Poi ci sono le persone come Sherlock.

Sherlock, che non solo sopporta stoicamente le ferite portate dall’incisione, ma che prova anche un leggero piacere per quel tipo di dolore.

“J-John… oh la tua mano è perfetta, la pressione sublime…”

“Raccontami, zuccherino, dimmi perché ti piace tanto,” sussurra John, concentrato nel proprio lavoro, ma estremamente ricettivo ai mugolii di Sherlock.

“È stupendo, John, è stupendo,” insiste Sherlock, mordendosi appena le labbra.

“Lo so, ma voglio sentirlo da te,” si ferma per pulirgli i punti già incisi e ne approfitta per guardarlo negli occhi. “Dimmelo, zuccherino, ti prego.”

Sherlock inspira a lungo e cerca di calmarsi un poco: d’altronde ne avranno per ore e ha tutto il tempo di godersi quel tatuaggio.

“Il mio primo tatuaggio risale al mio ultimo anno di college: tu non c’eri già più e mi annoiavo così tanto…” arriccia alcune delle vocali finali delle parole, preso da quella leggera ma costante eccitazione “...e stavo con uno, si chiamava Victor. Buono a nulla, tranne che per i tatuaggi e, beh, era un bel vedere, come diresti tu.”

John ridacchia e lo esorta a continuare.

“Ebbene, Victor ha insistito col volermi tatuare e io ho accettato perché, come ho già detto, ero molto annoiato e il disegno che mi aveva proposto era molto bello. Ed è successo che…” Sherlock fa una pausa durante la quale ne approfitta per osservare il viso concentrato di John che trova ancor più bello del solito “...che una volta sparito il dolore iniziale trovassi quel dolore piacevole.”

John alza un angolo della bocca in un sorriso: aveva ragione, dunque. “Vai avanti. Descrivilo.”

“Non è solo il piacere fisico. È la consapevolezza di avere completo potere sul tuo corpo.” Sherlock si morde il labbro inferiore quando John arriva al gomito: quel punto è molto più sensibile degli altri. “Tu hai deciso di tatuarti qualcosa di indelebile sul tuo corpo e hai deciso che a farlo sarà qualcun altro di cui devi fidarti. Quindi non è solo viaggiare su quel sottile confine tra dolore e piacere, ma è anche…”

“...controllo.” John finisce la sua frase e interrompe il proprio lavoro per cambiare aghi alla pistola “Userei quelli più grossi per riempire gli spazi neri più grandi. Pensi di farcela?”

Sherlock sospira “John…”

“Pensi di farcela senza muoverti, Sherlock?” ripete John e quando l’altro annuisce si allunga per disinfettare quanto ha già fatto “Bravo il mio zuccherino.”

Per le successive due ore, Sherlock mugola e si sforza di rimanere immobile sotto la macchinetta di John che continua a tatuarlo con maestria.

A due ore e mezza dall’inizio del lavoro, John ha quasi finito tutto il braccio sul quale ha tatuato tante piccole cellette, alcune delle quali colorate di nero, e al centro dell’avambraccio, poco sopra il polso, un’ape grande almeno 5 centimetri.

“Devo finire i dettagli, poi decidiamo se fare il costato o se rimandare…” John non riesce a finire la frase che la playlist fa partire Sugar, la canzone che è rimasta nella sua testa e che non vuole andarsene per nulla al mondo “Oh, eccola…” inizia a mugolarla.

Sherlock intanto è giunto al limite: è eccitato per il tatuaggio e, ancor di più, perché è proprio John ad inciderglielo: i respiri si trasformano, diventando sempre più simili a piccoli ansiti “John…”

Suuugar… yes please…” canticchia John provando invano ad imitare la voce in falsetto di Adam Levine, mentre preme sul braccio di Sherlock per farlo voltare verso di sé “...won’t you come and put it down on me…” ridacchia per quel particolare passaggio “...right here… ‘cause I need… little of love and little sympathy…

“John,” quello di Sherlock è un vero e proprio gemito ora “ti prego, tatuami pure Sugar nell’interno coscia se vuoi, sarò il tuo zuccherino, ma ora ho bisogno di te.”

John alza le mani e allontana la pistola dalla pelle di Sherlock e gli occhi dal suo braccio: può così notare la sagoma dell’erezione della sua bisognosa tela sotto i pantaloni comodi della tuta “Va bene, direi che abbiamo aspettato anche troppo,” spegne la macchinetta in tempo per subire l’assalto di Sherlock che gli si siede sulle gambe senza alcun riguardo.

“Sherlock,” ride John, nonostante tutto “aspetta, dai, devo disinfettarti il braccio.”

“Dopo,” ruggisce Sherlock e la sua voce parte da dentro il suo torace ed è un concentrato di eccitazione e fame.

“No, zucchero, ora.”

“No!” ringhia Sherlock strusciandogli addosso tutta la propria eccitazione: il vago sentore del dolore al braccio non è nemmeno paragonabile al suo desiderio per John.

John sospira e riesce a malapena ad appoggiare la macchinetta al tavolo e a recuperare i disinfettante “Dai, Sherlock, hai aspettato due ore e mezza, puoi anche allungare per altri…”

“Due ore e mezza?” è il ruggito sarcastico di Sherlock “Sono cinque anni che aspetto questo momento, sono cinque anni che aspetto te, John.”

John si ferma, allora, ed annuisce appena. Bacia le labbra di Sherlock e lo stringe, per poi liberarlo ed indicargli la camera da letto “Vai di là e finisci di spogliarti per me, zucchero. Io ti raggiungo subito. Giuro.”

Sherlock segue le istruzioni di John quando lo sente promettere più volte che lo avrebbe raggiunto subito. Raggiunge il letto e disfa le coperte, spogliandosi completamente prima di sdraiarvisi sopra. E non fa in tempo ad urlare a John di sbrigarsi quando lo vede arrivare in camera, nudo anch’egli, con in mano un panno imbevuto di disinfettante. Perde subito interesse per il panno -onestamente, può fargli ciò che vuole, ora- e si inginocchia sul letto accogliendolo a braccia aperte.

John non può che offrirglisi, approfittando delle attenzioni che Sherlock sta dando al suo corpo per disinfettargli braccio, spalla e collo: lo fascerà più tardi, ci sono questioni più urgenti da risolvere.

“John,” mugola infatti Sherlock, afferrandogli l’erezione per attirare la sua attenzione “John,” ripete e quando vede che l’altro molla tutto ciò che aveva in mano per potersi dedicare a lui, lo spinge sul letto, lo fa sdraiare, e gli si sistema tra le gambe studiandogli il pene da più vicino “l’ho immaginato tante volte.”

“Cosa, zuccherino? Il mio pene?” ridacchia John, ma è costretto a smettere quando sente Sherlock prenderglielo in bocca senza tanti complimenti, senza neanche assaggiarlo prima. Si inarca appena per osservare la propria erezione sparire nella bocca di Sherlock più volte e non riesce ad evitare di prendergli il viso tra le mani ed accarezzarglielo, spostandogli i ricci dalla fronte, massaggiandogli lo scalpo.

Sherlock mugola e smonta dalla propria posizione per salire sul corpo di John ed iniziare a leccare ogni lembo di pelle a cui riesce ad arrivare che sia coperta da tatuaggi “Sei magnifico e hai un sapore eccezionale…” gli prende in bocca un capezzolo e alterna leccate a morsi neanche troppo leggeri “...ma ho bisogno che tu faccia qualcosa per me.”

John stacca il viso di Sherlock dal proprio corpo solo per guidarlo verso la propria bocca ed assaggiarlo. Assaggiarlo ed assaggiare il proprio stesso sapore sulle labbra carnose di Sherlock “Dimmi.”

Ricambiando il bacio, Sherlock tasta a tentoni il comodino fino a trovare un cassetto che apre, totalmente alla cieca, ma alla precisa ricerca di qualcosa di specifico “Ho bisogno che tu mi prenda. Poi parleremo, poi faremo tutto quello che vuoi, ma ora ne ho bisogno.”

“Mmh, il mio zuccherino è così bisognoso di cure,” sussurra John che, dopo aver recuperato il necessario, fa valere la propria forza fisica costringendo Sherlock a sdraiarsi sotto di sé e divaricandogli le gambe senza pudore “improvvisamente sono molto geloso di chi si è preso cura di te fino a questo momento.”

“Ho sempre pensato a te, ho sempre voluto te,” dice Sherlock così velocemente che quasi si mangia le parole “John, il mio John…” mugola roco quando sente la lingua dell’altro insinuarsi nella sua apertura e, sebbene la reazione principale sia quella di irrigidirsi, si lascia andare in realtà molto in fretta, lasciando che il nodo muscolare inizi a rilassarsi “...ti vedevo giocare a rugby: una visione, John, eri una visione.”

John gli afferra l’erezione mentre continua a prepararlo con le dita dell’altra mano “Tu potevi farti avanti, ma è una vergogna che io non ti abbia notato. Shame on me, Sugar.”

“Mi nascondevo…” mugola Sherlock, afferrando le lenzuola con entrambe le mani “...troppo timido… troppo insicuro…”

“Mi saresti piaciuto subito, zuccherino,” apre le dita come se fossero due forbici, poi le inarca alla ricerca della prostata.

“Nnnnno…” geme Sherlock, sobbalzando appena quando John trova ciò che stava cercando “...meglio ora… dopo… ti spiego… dopo…”

John sa che Sherlock è sufficientemente pronto per accoglierlo ed è una benedizione perché anche lui non riesce più a resistere alla visione che ha sotto di sé. Si allinea, dunque, e inizia a spingere piano, sicuro di essere ben lubrificato a sua volta. Si spinge in Sherlock e via via che tutta la sua lunghezza sparisce in lui si sporge in avanti per afferrargli meglio i fianchi.

“Oddio, sì,” mugola Sherlock allargando ulteriormente le gambe che poi va a stringere attorno ai fianchi dell’altro “spingi, John, spingi, veloce.”

Si china, John, e gli bacia gli labbra prima di tornare in ginocchio ed afferrarlo ancor meglio “Tranquillo, Sherlock, ora ti do tutto ciò di cui hai bisogno.”

John spinge e Sherlock, ormai perduti controllo e inibizione, gli va incontro più che può stringendoglisi attorno per creare maggiore attrito.

John spinge forte e velocemente, perché sa che è ciò di cui Sherlock ha bisogno. E Sherlock porta le braccia sopra la testa e si inarca, mostrandosi in tutta la propria bellezza, perché ha capito che il proprio fisico è un punto debole di John.

Dura tutto pochi minuti, ma non per questo è stato intenso. E si vengono così tanto incontro che quando raggiungono l’orgasmo, Sherlock è praticamente seduto sulle cosce di John che lo tiene a sua volta stretto e nasconde il viso nel collo pallido dell’altro.

Riprendono fiato in silenzio, stretti uno tra le braccia dell’altro e John non può fare a meno di notare quanto Sherlock sia diverso, ora, che finalmente ha liberato tutte le tensioni e i piaceri e, perché no, forse qualche rimpianto per il tempo perduto che avrebbero potuto trascorrere assieme.

Si sdraiano e Sherlock è un budino che fa le fusa tra le braccia di John, impotente e completamente alla sua mercé.

“Cosa intendevi prima, quando hai detto che è stato meglio farlo ora?” domanda poi John, rompendo il pacifico silenzio che si è venuto a creare nella stanza.

Sherlock struscia il profilo del naso sotto il mento di John e sospira beato “Beh, John, pensaci. Tu saresti comunque partito con l’esercito ed io, beh, ero diverso prima. Non ti sarei piaciuto. ora siamo più adulti. Diciamo che ci siamo conosciuti nel momento giusto.”

“Chi ti dice che non mi saresti piaciuto?”

“Io.”

“E tu sai tutto?” ridacchia John.

“Quasi,” ammette Sherlock con falsa modestia.

John ride di nuovo e decide che è il momento per alzarsi e finire di sistemare il braccio di Sherlock: glielo pulisce di nuovo, lo copre col cellophane e lo bacia a fior di labbra.

“Spero vivamente che non baci ogni tatuaggio che fai,” borbotta Sherlock che, una volta finita quell’operazione, cattura nuovamente John tra le braccia trascinandolo a letto con sé “o dovrò avvelenare tutti i tuoi clienti.”

A John piace che Sherlock dia per scontato che tra loro ci sia già un legame che vada al di là del sesso: molto meno complicato, non si perderanno in inutili imbarazzi “No, bacio solo il mio zuccherino, prometto.”

Sherlock mugola soddisfatto per poi aggiungere “Grazie, John.”

“A te, Sherlock. Ma dimmi una cosa,” sorride ancor prima di pronunciare quella domanda “dovrò tatuarti ogni volta che vorrò fare l’amore con te o…?”

“Scemo,” Sherlock gli mordicchia il collo prima di rispondergli “mi eccito anche normalmente. Ma diciamo che potremmo usare i tatuaggi per le occasioni speciali. va bene?”

“Va bene,” acconsente John “ma tu promettimi che non avrai altro tatuatore al di fuori di me.”

“E tu promettimi che sarò la tua tela preferita.”

John lo bacia e lo rassicura “Tranquillo, Sherlock, avevi ragione: sei il tatuaggio della mia vita.”

 

   
 
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