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Autore: Curiosity    06/09/2015    3 recensioni
Lui incrocia i tuoi occhi e sai che può leggervi la fame che provi per lui, e come ogni volta pur distogliendo lo sguardo non fa nulla per farti smettere. Non è crudele con nessuno quanto lo è con te, e tu sei senza fiato.
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AU Reincarnazione. Will e Hannibal continuano ad incontrarsi vita dopo vita fin da quando i loro nomi erano Galahad e Tristan, ma solo Hannibal sembra ricordarsene. Le loro esistenze sono intrecciate, ma la felicità non sembra essere il loro destino. Hannibal POV.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa volta è tutta colpa di Mads e Hugh e di quella volta che hanno girato insieme King Arthur. Mads era una bomba sexy e Hugh girava in gonnella, e pur avendo la barba era carino quanto una principessa Disney. L'idea è nata da un prompt su hannibalkink che chiedeva un Reincarnation AU. Mi è sembrata la cosa più naturale partire da Tristan e Galahad e finire con Hannibal e Will. Ho preso spunto dal film Maurice e da Lolita per un paio di ambientazioni. Hannibal POV.

“Not in the Stars” = Qualcosa che non è scritto nelle stelle per cui non è destino che accada.

 

Not In The Stars

di Curiosity

 

La prima volta che lo vedi è poco più che un ragazzino tutto gomiti e ginocchia. Non è che uno dei tanti bambini sarmati strappati alle loro famiglie per servire Roma, eppure tu non riesci a distogliere lo sguardo. I suoi ricci sono scomposti, i suoi lineamenti dolci, il suo sguardo freddo come un mattino d’inverno in Britannia. Nessuno di voi ha scelto di stare lì, ma lui più di tutti lo detesta.

Hai dieci anni più di lui, ma anche tu sei arrivato da poco. Il luogo che chiamavi casa non esiste più, calpestato dal marciare inesorabile delle legioni romane sempre pronte ad annettere nuove province. Altri al posto tuo piangerebbero disperati, ma a te il passato non importa e vuoi solo andare avanti. Hai in te una ferocia controllata che ti permette di farti velocemente un nome tra i tuoi compagni, ma sai di non essere come loro. Dormi poco, parli ancora meno, ridi quando per la prima volta ti mandano in missione e affondi la lama nel petto di un uomo.

Inizi ad allenare i più giovani, mostri loro i movimenti e gli affondi con la grazia da predatore che ti contraddistingue. I loro occhi ti guardano con ammirazione e timore, tutti tranne i suoi. Lui ti fissa senza batter ciglio, come se stesse valutando i tuoi punti deboli per attaccarti. È più piccolo degli altri, ma di certo è il più cattivo. È sempre coperto di lividi per le risse in cui si caccia, ma gli avversari sono sempre messi peggio di lui. Lo scaraventi a terra più volte di quante ne puoi contare in allenamento e lui ogni volta si rialza anche se è solo la cocciutaggine a tenerlo in piedi.

Gli anni passano, i vostri ranghi si assottigliano, lui piange ogni compagno perduto digrignando i denti e serrando le mani come se potesse da solo abbattere Roma a suon di pugni. Il suo corpo cambia, si trasforma in un’aggraziata macchina da guerra, e man mano che la fame lo asciuga e l’allenamento gli definisce i muscoli è come se l’acciaio che ha sempre avuto dentro diventasse visibile all’esterno. Gli insegni a tirare con l’arco, a seguire le tracce nei boschi. Tu non gli piaci, ma è disposto ad imparare.

Vi allenate insieme quasi ogni giorno, e ogni volta che lo atterri fissi il sangue che gli esce dal naso e gli macchia i denti di rosso come un lupo dopo la caccia. Lui ti guarda con odio, tu sei sicuro di non aver mai visto nulla di più bello in vita tua. Di notte pensi a come sarebbe infilare una mano sotto alla tunica che si ostina a indossare nonostante professi di non essere romano per accarezzargli l’interno coscia fino al punto in cui la gamba si unisce all’inguine. Sai che lo morderesti a sangue lì dove nessuno può vedere, perché lui è libero come l’aria e tu vuoi marchiarlo come tuo per sempre.

La guerra non gli piace, ma lui sembra non essere nato per fare altro. Sul campo di battaglia è una furia priva di freni, e guardandolo combattere per la prima volta credi agli dei. Non agli dei romani, pigri e insignificanti, non al dio di Artù col suo figlio mortale crocifisso per colpe non sue, ma a quelli della tua gente, a Crom Crùach coi suoi sacrifici umani e alla Mòrrìgan che danza sui cadaveri mutilati in uno stormo di corvi. Lui incrocia i tuoi occhi e sai che può leggervi la fame che provi per lui, e come ogni volta pur distogliendo lo sguardo non fa nulla per farti smettere. Ogni sera balla e ride con le ragazze del villaggio, sempre dove puoi vederlo, e tu sei sicuro che lo faccia apposta solo per osservare la tua frustrazione. Non è crudele con nessuno quanto lo è con te, e tu sei senza fiato.

I vostri giorni insieme volgono al termine, i quindici anni di servizio obbligatorio sotto le insegne di Roma sono quasi finiti e vorresti che ci fosse un modo per tenerlo lì con te. Tu hai solo sete di sangue, ma lui vuole tornare a casa. Il pensiero che si faccia una famiglia e vada avanti con la sua vita come se nulla fosse ti è intollerabile, e quando uscite per la vostra ultima missione hai già deciso che piuttosto che lasciarlo andare gli taglierai la gola con le tue mani.

Alla fine non ha alcuna importanza perché sei tu a morire, gli occhi rivolti al cielo verso la sagoma del tuo falco che volteggia tra le nuvole. Il tuo ultimo pensiero va a lui, ma lui questo non lo saprà mai.

*

Quando lo rivedi è un’altra vita, un’altra epoca, ma nel momento in cui posi gli occhi su di lui è come se un fulmine ti attraversasse il cervello. Ha un altro viso, un’altra voce, come te del resto, ma tu potresti distinguerlo ovunque solo dal modo in cui respira. Ti chiedi come hai fatto a dimenticarti di lui fino a quel momento e non sai darti una risposta.

Tu sei un cavaliere e lui è il figlio del re, appena tornato dai suoi studi in Francia. Il sole della Spagna brilla su di lui circondandolo di luce, e sai che se te lo chiedesse lo venereresti come un dio. Chiedi di poter entrare al suo servizio e vieni accolto, diventando la sua guardia personale. Lo segui in tutti i suoi viaggi, in tutte le riunioni, sei accanto a lui quando viene incoronato e quando prende moglie, accontentandoti dei suoi distratti ringraziamenti quando nota realmente la tua presenza.

Invecchi al suo fianco, restando con lui finché sei troppo anziano per reggerti in piedi e devono relegarti in un letto. Hai dentro un male che ti uccide lentamente, e anche se sai che non verrà a farti visita sul tuo letto di morte non puoi fare a meno di sperare invece che lo faccia. Quando infine esali il tuo ultimo respiro ti consoli pensando che il dolore che ti squassa le viscere non è minimamente paragonabile a quello che hai provato quando hai realizzato che lui non ha alcun ricordo di te.

*

Un’altra vita, e questa volta sei dovuto arrivare a un passo dalla morte per trovarlo. Sei seduto agonizzante contro le mura sporche di sangue di Gerusalemme e sai che la tua ora è quasi giunta. Se non sarà la freccia che ti ha trafitto il petto a ucciderti lo faranno i crociati quando manderanno i loro uomini a recuperare i corpi dei compagni morti e a finire i Mori moribondi come te.

Trovi ironico dover morire per un dio in cui non credi, ma in fondo supponi che sia un motivo buono come un altro. Chiudi gli occhi di fronte alla sensazione di quanto poco valga la tua vita nel grande schema delle cose, cadendo in una sorta di dormiveglia dal quale è una mano gentile sulla spalla a strapparti. Apri le palpebre e lui è lì, la tonaca dei sacerdoti cristiani addosso e una di quelle catenine di legno per le preghiere tra le mani. Lo riconosci subito e di nuovo sai che lui non ha idea di chi tu sia. Ti chiede qualcosa nella sua lingua e sei piuttosto sicuro che voglia sapere se hai intenzione di convertirti prima di morire. Non hai abbastanza fiato in corpo per ridergli in faccia.

Gli prendi la mano tra le tue e la stringi. Ti chiedi se ci siano state altre vite tra l’ultima in cui l’hai incontrato e questa, vite che non ricordi perché non sei riuscito a trovarlo. Ti rendi conto che in entrambi i casi tu esisti solamente quando il destino vi porta ad incontrarvi.

Muori guardandolo negli occhi, ascoltando la litania gentile delle sue preghiere.

*

Di nuovo lo dimentichi e di nuovo lo incontri, ma questa volta lui non ti vede. È legato a un palo in mezzo alla pubblica piazza, e ai suoi piedi la gente ammassa fasci di arbusti secchi, urlando scongiuri. Un prete è in piedi accanto alla pira e a voce alta recita con fervore una preghiera nella lingua del clero che tu non comprendi.

Nella tua vita ne hai visti mille e più di roghi e ogni volta la trafila è sempre la stessa. Non c’è stato un processo e anche se ci fosse stato sarebbe stato una farsa, perché alla gente non importa provare l’innocenza dei sospettati ma la loro colpevolezza. È il sangue che la massa vuole vedere, e questo lo hai capito molte vite fa e non te ne stupisci affatto. È un intrattenimento come un altro, in fondo, e la Chiesa non fa altro che fornire al popolo ciò che vuole, facendolo contento e nel mentre ricordandogli che le loro vite le appartengono.

Ci sono altri prigionieri legati con lui ai pali. Alcuni piangono, altri pregano, lui ringhia maledizioni con tutto il fiato che ha in corpo, dimenandosi inutilmente contro le spesse corde che lo tengono imprigionato. La casacca lacera che indossa lascia intravedere i marchi impressi a fuoco dagli inquisitori per farlo pentire, per farlo redimere, e tu se potessi li uccideresti dal primo all’ultimo perché tu sei l’unico ad avere il diritto di toccarlo. Non puoi, però, perché lavori per loro e sai che tagliar loro le gole adesso non lo salverebbe.

La folla è infervorata, chiede che i servi del Demonio vengano estirpati dalla loro comunità. Ti viene passata una fiaccola e tu ti avvicini alla pira, e nonostante il vociare e il caos intorno a te tu hai occhi solo per lui. Lui non può vedere il tuo viso per via del cappuccio nero che ti copre le fattezze, ma ti sputa comunque in faccia, calciando l’aria come se potesse raggiungerti. Lo osservi in silenzio mentre ti augura di morire e bruciare all’Inferno e dentro di te pensi che forse stai già vivendo l’eterna dannazione ed è per questo che continui ad incontrarlo vita dopo vita senza poterlo mai avere. Nonostante tutto sei curioso di vedere come morirà, perché c’è un motivo se hai scelto di fare il boia e sai già che la sua sofferenza sarà meravigliosa quanto il resto di lui.

Il prete ti fa cenno e tu appicchi il fuoco, osservando le fiamme espandersi lentamente e farsi sempre più alte. Lo senti tossire, lo senti gridare, e quando le lingue incandescenti gli lambiscono le carni come avresti sempre voluto fare tu distogli lo sguardo. Ci sono lacrime nei tuoi occhi, e ti convinci che a causarle è il fumo bollente. In silenzio gli prometti che nella vostra prossima vita farai in modo che abbiate il tempo che in questa non vi è stato concesso, ma sai che è una promessa vana perché evidentemente è scritto nelle stelle che non dobbiate stare insieme. Sai anche che non per questo smetterai mai di cercarlo.

*

Sei ancora un bambino in questa vita, e avanzi con qualche difficoltà su per la salita che ti divide dal cimitero dove siete diretti. La mano di tuo zio è grande e calda nella tua e ti aiuta in quella piccola scalata. Nell’altra stringi un mazzolino di primule che tua zia ha voluto che cogliessi, perché sarete anche poveri ma non esiste presentarsi di fronte ai morti senza qualcosa da lasciare.

La cerimonia è estremamente semplice, e appena una decina di persone è raccolta intorno alle tre fosse scavate per ciò che resta della tua famiglia. In silenzio osservi la bara di tua sorella – piccola, spoglia – che viene calata nel terreno, e ripensi alle parole ragionevoli di tuo zio quando nel mezzo di una crisi isterica volevi impedire che la seppellissero perché sai che ha sempre avuto paura del buio e che non sopporterebbe di trovarsi sotto terra. Ti trattieni dal dire agli adulti di fermarsi, ti trattieni dal chiedere di poterti infilare nella bara insieme a lei per tenerle compagnia. Di lacrime da trattenere non ne hai più, le hai già piante tutte.

La cerimonia finisce, i tuoi zii scambiano parole a bassa voce coi presenti e tu ti ritrovi a camminare tra le file di tombe per far passare il tempo. La difterite ha mietuto vittime su vittime nell’ultimo anno e in molti punti la terra è stata mossa da poco e le croci sono nuove di zecca. Di fronte a una di queste ti blocchi e i tuoi occhi cadono sul nome intagliato nel legno. Non lo riconosci ma all’improvviso ti ricordi di lui, e non sai come, non sai perché, ma sai che ciò che resta di colui che ti perseguita da secoli giace sotto i tuoi piedi.

Le date segnano che aveva la tua età quando è morto, sei mesi prima. Tu ti inginocchi, togli le erbacce come meglio puoi e dici una preghiera come ti ha insegnato tua zia. Vorresti non aver buttato tutto il mazzolino di fiori nella fossa di tua madre, ma ti ritrovi a ovviare andando a prendere qualche papavero selvatico e lasciandoglielo sotto la croce. Resti lì finché tuo zio non ti allunga di nuovo la mano, e insieme vi allontanate verso casa.

*

In quella vita cresci con lui, e non ricordi un momento in cui non sapevi che lui è il centro del tuo universo. Ti crogioli nella possibilità di vederlo crescere che così spesso ti è stata negata, ti aggrappi a ogni piccolo contatto fisico che riesci ad ottenere come un assetato a una goccia di pioggia. Lui è splendido, brillante, e tu speri con tutto il cuore che almeno in questa vita tu possa restare al suo fianco.

Diventate maggiorenni e lasciate le rispettive case per andare al college. Quando cammina per Cambridge tutti gli sguardi sono su di lui, perché è elegante e carismatico e tutti cercano di carpire anche solo un minimo della sua attenzione. Sai benissimo cosa provano, ne hai raccolto le briciole per secoli.

Una sera siete ubriachi nella stanza che condividete, stravaccati sul letto al buio con la finestra aperta a respirare la brezza d’inizio estate. Lui ti dice che ti ama e che non vuole mai lasciarti, tu credi sia possibile che il tuo cuore si sia appena fermato. Ti prende la mano e ti chiede che le cose tra voi restino platoniche perché qualcosa di più sminuirebbe entrambi, e tu accetti perché sinceramente a quel punto ti caveresti il cuore dal petto se solo te lo chiedesse.

I mesi che seguono li passi in una sorta di incredulo stordimento, cogliendo ogni occasione che hai per spingerlo dove gli sguardi altrui non arrivano e stringerlo tra le tue braccia. Lo trascini con te per la campagna inglese con la scusa di fare passeggiate, quando tutto ciò che fai è stendere una coperta sul prato e sdraiarti accanto a lui per specchiarti nei suoi occhi. Passeresti anni interi a fissare il suo viso, e sai che comunque non sarebbero abbastanza per placare la sete che hai di lui. Glielo dici, gli dici che ti sembra di non aver mai vissuto fino a quel momento. Con la fronte appoggiata contro la sua gli sussurri tutto ciò che non gli hai mai detto nelle vostre vite precedenti, che lui è la fine e l’inizio del tuo mondo e che se fosse necessario passeresti l’eternità a cercarlo, vita dopo vita. Lui ride e tu fai fatica a respirare da quanto ti fa male il petto per la felicità.

Tutto cambia quando uno dei vostri amici viene arrestato per omosessualità. Lui si fa guardingo, sul chi vive, e smette di intrecciare le dita alle tue quando non siete nella vostra stanza. La paranoia raffredda il suo sguardo e allontana il suo cuore da te, e tu non sai come impedirlo. Dopo la fine del college ti dice che non potete più continuare, che lui è un nobile e non può permettersi uno scandalo. Lui parte per il Grand Tour, tu resti in Inghilterra e smetti di parlare, di pensare, di vivere. All’improvviso è come se tutta la bellezza che vedevi nel mondo fosse scomparsa, come se avessero spento le stelle nel cielo. Pensi che il destino sarebbe stato più misericordioso se non ti avesse fatto mai conoscere la felicità.

Quando torna scopri che nel frattempo si è fidanzato con la figlia di un Lord, e ti metteresti a ridere se solo il cuore non ti facesse così male. Cerchi di parlargli, ma lui non ne vuole sapere. Dice che tutto ciò che c’è stato tra voi era solo il capriccio di due giovani annoiati, che ora siete cresciuti e dovete prendere il vostro posto nella società, che dovete essere normali. Gli ricordi di tutte le volte che vi siete promessi di non lasciarvi mai, e lui ti guarda con malcelata pietà.

Poco dopo smette di rispondere alle tue lettere e tu smetti di mangiare. La polmonite ti porta via prima che la notizia del suo matrimonio possa raggiungerti.

*

Un’altra volta lo scorgi tra la folla, per puro caso, ma non puoi raggiungerlo perché lui guida una Cadillac e tu sei solo uno dei facchini incaricati di sistemare i bagagli sulla nave. Lo vedi imbarcarsi sottobraccio a una donna e sparire oltre l’entrata di prima classe. Il nome della nave è RMS Titanic.

*

Quando lo incontri nuovamente sei in ginocchio, il volto tumefatto dalle botte che hai preso, il corpo indebolito dalla fame e dalla prigionia. Non sei stato abbastanza attento e ti hanno scoperto a fare il doppiogioco. Sapevi che sarebbe stata solo questione di tempo, che prima o poi si sarebbero accorti che i tuoi documenti erano falsi, ma hai sempre pensato che ne sarebbe valsa la pena. Se avessi saputo che lavorare per la resistenza ti avrebbe portato ad incontrarlo l’avresti fatto molto prima.

Il crimine di spionaggio è punito con la morte, ma prima il regime ha pensato bene di spremere da te tutte le informazioni che la tortura fosse riuscita a procurare. Alcune gliele hai date, altre, le più importanti, no, e loro lo sanno. Non sono riusciti a piegarti e quindi non sanno cosa farsene di te. Senti gli ufficiali parlare tra loro sottovoce nella loro lingua aspra fuori dalla porta della tua cella, e quando questa si spalanca lui entra e tu non sai se ringraziare Dio o maledirlo per la sua crudele ironia.

Lui è magnifico e terrificante nella sua uniforme grigio scuro, e i tacchi dei suoi stivali tirati a lucido rimbombano tra le pareti mentre con passo deciso si porta davanti a te. Con l’aria sbrigativa di qualcuno che ha di meglio da fare estrae la pistola dalla fondina, e il suo dito guantato si posiziona sul grilletto, puntandoti la pistola alla fronte. Tu ringrazi di essere in ginocchio perché sai che se non lo fossi le gambe ti cederebbero di fronte alla sua splendida, distratta crudeltà. I suoi occhi azzurri ti trafiggono come hanno sempre fatto, e col tuo ultimo pensiero ti auguri che gli schizzi di sangue che gli lascerai sulla divisa siano indelebili quanto l’impronta che lui ha lasciato su ogni tua esistenza.

*

Posi gli occhi su di lui e tutto ricomincia, eccetto che questa volta lui è poco più che un bambino e tu sei un adulto e non sai come avvicinarlo. Lo osservi danzare spensierato di fronte a un jukebox e ti ritrovi ipnotizzato dal movimento dei suoi fianchi. Inizi a corteggiare sua madre ma in realtà hai occhi solo per lui, infischiandotene del decoro. Lui questa volta è un essere egoista e capriccioso, e una rabbia ingiustificata gli brucia dentro e piega le sue labbra in un sorriso ogni volta che sa di aver fatto del male.

Sposi sua madre pur di poterlo vedere tutti i giorni, la sopporti nonostante la maggior parte del tempo vorresti solo soffocarla con un cuscino. Lui ti chiama padre, con lo sguardo beffardo di chi affonda una lama e gioisce dell’agonia altrui. Il suo corpo è quello di un adolescente, i suoi occhi quelli di una meretrice. Sa l’effetto che ti fa e se ne approfitta, così come fa con tutti. È un attore consumato, dolce e attento quando gli conviene, semplicemente pestifero quando l’umore glielo detta. Si sdraia sul prato ai tuoi piedi con addosso nient’altro che un paio di pantaloncini corti, crogiolandosi al sole come un gatto, e tu sei costretto a conficcarti le unghie nei palmi pur di non allungare la mano e toccarlo.

È viziato, è cattivo, lo adori senza riserve. Disdegna tutto e tutti e sembra non trovare piacere in nulla. Vedi la voglia di distruzione nei suoi occhi e per un attimo ti ricordi di lui quando si ergeva sul campo di battaglia, coperto del sangue dei suoi avversari come una divinità vendicatrice. Gli chiedi perché sembri sempre tremare di rabbia e di insoddisfazione, e lui ti risponde che vivere è talmente facile che gli dà il voltastomaco.

Gli dici che se vuole lo porterai via, lontano, dove il mondo che conosce sarà solo un ricordo. Gli dici che potete cambiare vita, insieme, e lui – perfida, magnifica creatura – finge di pensarci.

È sua madre a trovarlo appeso al ventilatore un mattino, e il suo grido ti strazia le orecchie mentre tu resti a guardarlo dondolare nel vuoto.

*

Non sai perché succede. Hai avuto secoli per pensarci e ancora non sei riuscito a darti una risposta. Forse quando il tuo nome era Tristano hai fatto infuriare qualche dio della vendetta e sei condannato a rincorrere ciò che non puoi avere per l’eternità. Sinceramente hai smesso di chiedertelo e nemmeno ti importa più.

Quando lo rivedi tu sei un serial killer e lui è l’uomo incaricato di catturarti. Gli diresti che l’ha già fatto molto tempo fa se solo si degnasse di guardarti negli occhi. I suoi movimenti sono nervosi, chiusi, come se cercasse costantemente di tenersi insieme per non cadere a pezzi. Le menti degli assassini in cui si immedesima lo erodono pian piano, dice lui, ma tu sai che non è così. Non è qualcosa che lo attacca dall’esterno ad aprire crepe nella sua corazza, è qualcosa che dall’interno tenta di uscire.

Il mostro dentro di te percepisce il mostro dentro di lui, atterrito ma letale, e provi il desiderio di aprirlo in due per potergli guardare dentro. Magari lo farai, ma per ora ti limiti a giocare con lui. Gli lasci dei doni, composizioni insanguinate, magnifiche nella loro macabra eleganza, come un gatto che porta al padrone i cadaveri delle proprie prede in omaggio. Lui trema, soffoca, i suoi incubi lo perseguitano anche da sveglio. Sai che ha l’encefalite, la respiri nell’aria intorno a lui, ma non hai intenzione di dirglielo. Sei curioso di vedere fino a che punto la sua mente può piegarsi senza spezzarsi, e sai che quando lo farà sarai in prima fila e ti alzerai in piedi ad applaudirne la bellezza.

Quando finalmente si rende conto di con chi ha a che fare è troppo tardi, la trappola si chiude intorno a lui e tutti i tuoi omicidi ricadono sulle sue spalle. La cecità delle pecore che vi circondano impedisce loro di comprendere la verità, ma lui sa ed è questo l’importante. Ciò che non ti aspetti è che la sua assenza ti pesi così tanto. Lui manda qualcuno ad ucciderti e quasi ci riesce, e le cicatrici che ti porterai tutta la vita sui polsi ti riempiono di un divertito orgoglio.

Di nuovo prendi a tessere la tela della realtà perché mostri ciò che tu vuoi far trapelare, e lui viene scarcerato. La sua prima azione è puntarti una pistola alla tempia, come aveva fatto in una delle ultime vite in cui sei riuscito a trovarlo, ma nel suo sguardo c’è più paura che determinazione. Non ti spara, alla fine, e anzi torna ad essere un tuo paziente, ma questa volta è diverso. C’è una luce nei suoi occhi che prima non c’era e sai che sei stato tu a tirarla fuori. Il suo modo di parlare, di camminare cambia, e i finti occhiali dietro ai quali prima si nascondeva giacciono dimenticati in un cassetto. Hai assistito alla nascita di un predatore e sai che non potresti mai amarlo più di così.

Alla fine è proprio quello ad accecarti. Lui fa il doppiogioco e tu quasi ci cadi. Il dolore che provi nel sapere che ti ha tradito, che per l’ennesima volta non ti vuole quanto tu vuoi lui è così grande che per un attimo non sai cosa fare. Sai che dovresti eliminarlo, invece gli dai un’ultima possibilità. Gli chiedi di venire via con te prima della resa dei conti con Jack, prima del momento in cui sai che ti tradirà, ma lui rifiuta, ignaro del fatto che tu conosci la verità. Quando il momento viene, recidi il vostro legame con una lama, piantandogliela nel ventre.

Ti piacerebbe pensare che l’hai lasciato a morire dissanguato, ma sai benissimo che la tua mano si è rifiutata di infliggere un colpo mortale. Dentro di te speri ancora che lo rivedrai in questa vita, perché sei un essere patetico e non riusciresti a staccarti da lui nemmeno se lo volessi.

Parti per l’Europa insieme alla tua psichiatra. È brillante, è perfetta, ma non è lui e per questo motivo prima o poi la ucciderai. Prima Parigi, poi Firenze, ovunque vai lasci dietro di te una scia di corpi nella speranza che lui ti insegua. Lo fa, e quando lo senti dire che ti perdona sai che se fosse chiunque altro gli sbricioleresti la trachea con una mano sola per aver insinuato che tu possa volere il suo perdono, ma non lui. Lui è l’eccezione a ogni singola regola che tu abbia mai avuto.

Quando finalmente vi ritrovate faccia a faccia è davanti a un capolavoro intramontabile dell’arte, ma i tuoi sguardi sono tutti per lui. Sei senza speranza, e sarebbe anche l’ora che lo accettassi. Lui di nuovo tenta di ucciderti ma una pallottola glielo impedisce. Tu decidi di aprirgli il cranio con una sega circolare, ma fallisci, e non è forse una danza macabra quella tra voi, degna dei migliori poeti tragici? In fondo sai di dover ringraziare Mason Verger e i suoi scagnozzi per non averla interrotta, per averti fermato. Sei tu a salvare entrambi dalla morte che il miliardario aveva in serbo per voi, e arrancando nella neve lo riporti a casa.

Resti accanto al suo letto a guardarlo dormire, scribacchiando su un quaderno equazioni che gli scienziati dicono potrebbero invertire il tempo se mai fossero risolte. Lui apre gli occhi e come ha già fatto in passato ti rifiuta, pensando che questo basti a liberarsi di te. Tu non glielo permetti e ti fai arrestare. I tre anni seguenti li passi in attesa, con la pazienza di un giaguaro appostato nell’ombra della giungla. Quando lui torna a cercarti respirare si fa più facile, e tu ti rendi conto di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.

Si è fatto una famiglia e nei suoi occhi vedi una gentilezza che non aveva l’ultima volta che l’hai visto. Sai che è ciò che sua moglie ha tirato fuori in lui, e le taglieresti la gola solo per quello. Mandi il Drago ad ucciderla ma fallisce, e tu devi restare a guardare lui, l’unica ragione che rende sopportabile questa infinita catena di reincarnazioni, mentre ti ringhia contro oltre il vetro della tua cella per aver cercato di privarlo di qualcuno che ama più di te.

L’FBI e la loro impazienza di catturare il Drago è ciò che infine ti dona nuovamente la libertà. Quello, e lui. Non sei sicuro del gioco a cui sta giocando o da che lato stia la sua lealtà, e c’è una buona possibilità che non lo sappia nemmeno lui. È un essere di puro istinto in questa vita, perennemente diviso fra luce e ombra, tra ciò che vuole e ciò che sa che dovrebbe volere. Quando infine ti liberi della camicia di forza lo porti con te verso qualcosa a cui non sei del tutto sicuro di sopravvivere, ma ti basta sapere che sarete insieme.

Lo porti in uno dei tuoi nascondigli sconosciuti all’FBI, un angolo di mondo dimenticato a picco sul mare. Gli chiedi se davvero lascerà che il Drago ti uccida e lui, spietato come sempre, risponde di sì, ma sai che non ci crede nemmeno lui. Prima che tu possa farglielo notare una pallottola ti colpisce al fianco, e tu non hai più tempo per pensare.

Combattere insieme a lui, fianco a fianco come quasi duemila anni fa, ti riempie di euforia. L’intesa che avete sempre avuto vi rende una squadra perfetta, e quando finalmente il Drago giace morto a terra siete feriti, stanchi, coperti di sangue e tu non ti sei mai sentito così vivo.

Lo aiuti ad alzarsi, e lui si regge a te come aveva fatto la notte che l’hai accoltellato. Gli sussurri ciò che hai sempre voluto per voi, ma in realtà gli stai dicendo ciò che provi. Lui ti sorride, e tu pensi che anche se doveste morire in quell’istante sarebbe comunque la morte migliore che tu abbia mai avuto. Lui nasconde il viso contro il tuo petto e prende la decisione per entrambi - come ha sempre fatto, inguaribile egoista -, spingendovi nel vuoto.

Chiudi le braccia intorno a lui e ti abbandoni alla caduta. Mentre precipiti nel vuoto pensi che forse per tutto quel tempo ti sei ingannato. Forse il fatto di non riuscire a stare con lui in vita non è una punizione. Forse il tuo destino è proprio quello di perderlo e ritrovarlo ogni volta, perché le storie d’amore migliori, quelle che vengono ricordate, sono quelle che finiscono male.

Chiudi gli occhi e ti lasci andare. Il tuo ultimo pensiero prima di impattare con l’acqua è che non sai se sopravvivrete, ma in ogni caso non ha alcuna importanza. Morirete, rinascerete, e tu lo ritroverai. Quello, almeno, è scritto nelle stelle.

 

Fine.

  
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