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Autore: _rei_chan_11_    06/09/2015    2 recensioni
-Aaaah, la mia testa...- gemo tenendomela con entrambe le mani. Mi sembra di avere una biglia che rotola da una parte all'altra, al posto del cervello. Riesco ad arrivare fino alla stanza da bagno sano e salvo. Uscendo e tornando in sala sul mio amato divano, passo innavvertitamente davanti ad uno dei tanti specchi disseminati per casa e qualcosa attira la mia attenzione. Mi fermo ad osservarmi, ancora senza maglia, non notando nulla di strano. Aspetta un attimo...la mia pancia ha qualcosa che non va. Mi giro di lato per potermi guardare meglio. No, è piatta come al solito...ma...
La accarezzo distrattamente e una strana sensazione mi pervade, mai provata prima. È...bello?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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~-Akiraaa! Dove hai messo i miei occhiali?- strillo lanciando qualsiasi cosa mi capiti sottomano nella speranza di trovarli più in fretta. Sono già in ritardo, non ho tempo da perdere.
-Uh? Cosa c'è amore?- chiede raggiungendomi con tutta la calma di cui è capace in salotto, ancora in pigiama, i capelli arruffati dal cuscino e una tazza di caffè in mano. Certe volte è così lento....mi fa salire il nervoso!
-Hai visto i miei occhiali da vista? Veloce, devo uscire.- ripeto battendo un piede a terra con le braccia conserte.
-Dove vai?- ignora completamente la mia domanda.
-Ho un appuntamento dall'altra parte della città per vedere un appartamento e ho il treno fra dieci minuti....oh, eccoli qua!- rispondo continuando a cercare, trovandoli poi dietro al divano. Chissà come ci sono finiti lì...
-Tieni.- dice lanciandomi una chiave.
-Ma cosa..? Akira lo sai che non ho la patente, non posso andare in macchina.-
Lui ridacchia scuotendo la testa:
-Guarda meglio...-
Me la rigiro fra le dita: non è la chiave della sua macchina, e nemmeno quella della moto, è diversa. Non sono neanche certo di averla mai vista...
-Che cosa dovrebbe aprire?-
-La nostra nuova casa.- dice con naturalezza prendendo un'altro sorso di caffè. Gli salto al collo, spandendo caffelatte per tutto il pavimento, ma non mi interessa.
-Devi smetterla di fare tutto di nascosto!- dico affetuosamente baciandogli la guancia ruvida.
-Sorpresa!- ride scompigliandomi i capelli appena messi in piega.
-Quando possiamo vederla?- chiedo con gli occhi che brillano.
-Anche subito! È nostra ormai.- esclama, per poi aggiungere: -Magari non proprio "ora", lasciami il tempo di vestirmi e finire la mia colazione.-
Disdico l'appuntamento preso in precedenza, anche se mi piange un po' il cuore. Quell'appartamento era davvero bello, che peccato. Speriamo che quello scelto da Akira sia allo stesso livello...
Finiamo con l'uscire alle tre di pomeriggio, perdendoci via a parlare del matrimonio, del bambino e di tante altre cose all'apparenza inutili.
Mi siedo in macchina giochicchiando con il portachiavi a forma di cagnolino per tutto il tragitto e attendo pazientemente che Akira mi porti...dove deve portarmi. Usciamo dal centro, prendendo la strada che porta in periferia...non è una delle zone migliori ma potrei quasi abituarmici, anche se per andare al lavoro dovrò cambiare un sacco di treni. Ma superiamo anche quella fascia di case per dirigerci ancora più fuori città. Ok, mi accompagnerà in macchina Aki al lavoro, mi rifiuto di farmi ore e ore di treno. Imbocca un paio di stradine in sasso per poi frenare in un piccolo piazzale circondato da case, tre per essere precisi, rispettivamente di quattro, due e tre piani.
-Eccoci arrivati!- sorride guardando orgoglioso la casa centrale, quella di due piani.
Mi apre la portiera, aiutandomi a scendere e va ad aprire la porta principale con le chiavi. Io nel frattempo mi guardo in giro diffidente, valutando il posto: sembra un paesino abbastanza piccolo, ci sono davvero pochissimi palazzi moderni e molti angoli verdi. Non è così male fondamentalmente,
anche se continuo a preferire Tokyo. Il piazzale nel quale abbiamo parcheggiato è tutto ricoperto di ghiaia, eccezion fatta per due quadrati di erba, che dividono la casa da un'altra abitazione.
-Hai intenzione di rimanere lì impalato per sempre o vuoi entrare a vedere l'interno?- ride Akira fermo sulla soglia. Lo raggiungo, entrando incuriosito.
-È una vecchia casa che è stata ristruttrata e divisa in due appartamenti. Questo è il piano terra in comune.- spiega. Sembra tutto molto vecchio, ci sono un tavolo rotondo in legno scuro, una vespa azzurra (che Aki ha già addocchiato), un televisore antico, anch'esso in legno con le manopoline dorate e un tappeto spesso all'apparenza persiano.
-Mhm carina...- mormoro non molto convinto. Voglio vedere l'appartamento, non me ne frega niente dell'atrio. Ma Akira è talmente entusiasta che lo assecondo, lasciando che mi mostri anche la lavanderia, la cantina e che mi spieghi come funzionano bollette e altre questioni amministrative di cui, in ogni caso, si occuperà lui. Finalmente si decide a salire le scale, di un colore terracotta molto caldo.
-Ecco, qua abitano i vicini. Sono una coppia molto giovane, hanno la nostra età. Non ci daranno problemi.- sorride fermandosi per un secondo sul primo pianerottolo. Saliamo un'altra rampa, trovandoci finalmente davanti alla porta, in legno scuro anche lei.
-Pronto?- chiede Aki esaltatissimo, aprendola lentamente. Faccio un passo oltre l'uscio. La prima cosa che mi colpisce è la luminosità, sebbene per ora non veda finestre, e ciò mi piace alquanto. Si apre con un piccolo atrio, alla mia sinistra ciò che dovrebbe essere il salotto (l'unica stanza senza una porta a chiuderla), alla mia destra un corridoio che si snoda seguendo uno strano disegno, aggirando un piccolo bagno con doccia nella parte interna più stretta e aprendosi su tre stanze molto grandi sul lato esterno, per portarti in una cucina completamente in legno di ciliegio scuro, anch'essa spaziosa, comunicante con il salotto tramite una finestra nella parete. Attraversandola si arriva al bagno più grande, luminosissimo grazie ad un finestrone lungo, con vasca da bagno e toeletta di legno, più chiaro però rispetto a quello della cucina. Mi fermo proprio lì, con un sorrisino ebete stampato in faccia. È bellissima.
-Allora? Ti piace?- mi domanda Akira appoggiando le mani sulle mie spalle. Annuisco frenetico. Ora capisco tutta quell'emozione!
-E bravo Suzuki! Complimenti, ottima scelta!- ridacchio scompigliandogli i capelli. Gongola con quella sua aria compiaciuta di superiorità che assume ogni volta che fa qualcosa di giusto (ovvero non molto spesso...).
-È soddisfatto, signorino Matsumoto?- mi prende in giro.
-Idiota, non riesci nemmeno a ricordarti il mio cognome.- dico agitandogli davanti al viso la mano inanellata.
-Oh, giusto!- ride facendo finta di darsi una botta in testa.
-Suppongo di non dovermi aspettare nemmeno gli auguri all'anniversario, conoscendoti...riuscirai a dimenticarti la data pur avendola sotto il naso tutti i giorni.- lo rimbecco con una gomitata leggera nelle costole.
-Pf, aspetta e vedrai!- sbuffa, spingendomi verso l'uscita.
Rimontiamo in macchina, organizzando circa quando e come fare il trasloco.
-Uhm..quindi che facciamo ora?- chiede Akira tamburellando sul volante e riprendendo la strada verso il centro città. Non l'avesse mai fatto...
-Sei sicuro di volerlo sapere?- ridacchio infilandogli la mano nella tasca dei pantaloni.
-T-taka...-
Tiro fuori la sua carta di credito e gliela sventolo davanti al naso.
-Sai, il bambino avrà bisogno di tutine, biberon e vestitini...-
Lo vedo sospirare rassegnato.
-A cosa stavi pensando maniaco?- rido dandogli l'ennesimo scappellotto.
Andiamo al centro commerciale, girando un sacco di negozi alla ricerca dei completini perfetti.
-Tesoro, possiamo andare a casa ora?- sbuffa dopo un paio d'ore carico di buste.
-No, ho appena cominciato.- sorrido angelicamente. Sono il ritratto della felicità, non può dirmi di no. Infatti si arrende, trascinandosi per altri mille negozi a comprare anche il passeggino, la culla, il fasciatoio,...
-Su, resisti ancora un po'...se farai il bravo stasera potrei quasi ricompensarti...- sussurro leccandomi le labbra.
-Takaaa! Non dire queste cose!- mi zittisce arrossendo.
Scoppio a ridere proseguendo i miei acquisti. Ci fermiamo a bere un espresso al bar e torniamo a casa zeppi di scatole e sacchetti.
-Non verrò mai più a fare le grandi spese con te....- borbotta Akira buttandosi di faccia sul divano senza togliersi nè la giacca nè le scarpe. Me ne sto zitto, ben conscio di averlo distrutto. Gli levo il cappotto, lo appendo all'entrata e mi siedo accanto a lui, togliendogli anche gli stivali e massaggiandogli delicatamente i piedi.
-Va meglio?- chiedo flautato, vedendolo stirarsi con un sorriso ed emettere un miagolio di assenso.

Non appena Yutaka acconsente a darci qualche giorno libero ci rimbocchiamo le maniche e inscatoliamo tutte le nostre cose per portarle nella nuova casa. Una volta svuotati tutti gli armadi e tutti i cassetti smontiamo i mobili e li carichiamo in un furgoncino, precedentemente noleggiato.
-Ti avevo detto di chiamare una ditta di traslochi! Ma tu no, ovvio, devi fare tutto da solo!- esclamo portando l'ennesimo scatolone di abiti, quelli più leggeri, nella camera da letto, dove Akira, seduto in un angolo, sta tentando di montare l'armadio. L'ennesima vite vola per terra, seguita dal pannello che gli finisce dritto in testa.
-Poi stare zitto due minuti? Mi sconcentri!- dice infastidito massaggiandosi il punto colpito. Poso la scatola in un angolo e mi avvicino a lui. Mi accomodo a gambe larghe, appoggiandomi con il petto contro la sua schiena, in una posizione a dire il vero un po' scomoda per via della pancia ormai gonfia e rotonda.
-Scemo...perchè ti ostini a non chiedere aiuto quando ne hai bisogno?- sussurro baciandogli il bernoccolo fra i capelli.
-Ho detto che ce la faccio...- ripete ancora compunto, la lingua fra i denti e gli occhi stretti mentre cerca di fissare quel dannato pannello di compensato alla base. Mi allontano, andando a recuperare qualche altra scatola. Quando torno l'armadio è bello che montato e Akira, in piedi a pochi passi da esso, lo guarda tutto orgoglioso.
-Bravissimo amore ce l'hai fatta!- sorrido correndo ad abbracciarlo.
-Te l'avevo detto! Akira-sensei colpisce ancora!- esulta felice. Finiamo di mettere a posto la casa, io che cerco in qualche modo di dargli una mano per quanto mi sia possibile, fermandoci giusto per un pranzo al volo e continuando fino a tarda sera.
-Abbiamo finito?- chiedo esausto, arenato sul pavimento della cucina contro una scatola vuota.
-Abbiamo finito.- ripete Aki guardandosi intorno. Si siede accanto a me, un sorriso stanco ma soddisfatto sul volto.
-D'ora in poi sarà tutto magnifico. La nostra vita sarà perfetta.- sospiro sereno cingendogli un fianco.
-La mia lo è diventata nell'esatto momento in cui ti ho incontrato.- mormora arrossendo leggermente. Distoglie i suoi occhi dai miei, mordendosi il labbro imbarazzato, preoccupandosi di seguire con essi i movimenti della propria mano. Mi accarezza distrattamente il pancione ben evidente sotto alla canottiera stretta, continuando a mormorare:
-Sta crescendo davvero in fretta...oh! Ho sentito un calcetto!-
Poso entrambe le mie mani sulla sua sorridendo emozionato. Ciò che mi porto in grembo da ormai mesi è il nostro bambino, il frutto del nostro amore: fatico ancora a crederci...
-Mi piace quando non ti nascondi dietro felpe di sette taglie più grandi...-
-Lo sai che sono obbligato.-
-Sì, lo so.- sospira.
-Che ne dici di andare fuori a cena? Sai, per festeggiare...- chiede cambiando argomento.
-Bella idea!-
Ci prepariamo in tutta fretta, sperando di trovare un ristorante aperto a quest'ora. Decidiamo di andare a mangiare in un ristorantino abbastanza modesto a soli cinque minuti dalla nostra nuova casa. Solo pochi tavoli, personale familiare ma gentilissimo, menù mirato e carta dei vini molto vasta.
-Sai, forse non è così male questo paesino...- commento con un sorriso sedendomi.
Comandiamo due piatti completamente diversi, uno di pesce e uno di verdure, per poter assaggiare varie cose.
-Alla nuova casa Suzuki!- dice Akira alzando il suo bicchiere di vino.
-Kampai!- esclamo brindando con l'acqua gasata.
Ceniamo con calma, chiacchierando con i proprietari e facendo quasi subito amicizia.
-Speriamo di vedervi tornare presto, siete una coppietta davvero simpatica!- ci salutano i due quarantenni a fine cena. Lasciamo loro i nostri numeri di telefono, promettendoci di chiamarci per andare a bere qualcosa tutti insieme. Torniamo a casa, non senza prima fare una passeggiatina nei dintorni per conoscere le varie stradine che si snodano per tutto il paese per poi ricongiungersi tutte in una piazzetta dalla quale parte un'altra strada, percorribile in macchina, che porta alla stazione.
-Uhm, vedi se dovessi andare al lavoro da solo potresti prendere il treno là...- dice Akira indicandola con un dito.
-Mhm certo...ma tanto ci sarai sempre tu pronto per portarmi in macchina o in moto, vero?- mugolo arricciando le labbra e sbattendo le ciglia.
-Sì sì...- ridacchia non molto convinto lisciandomi i capelli sulle spalle.
Akira va dritto a mettersi il pigiama, subito seguito a ruota da me. Mi lancio sul letto, un pacchetto di biscotti in una mano, una bottiglietta di Orangina nell'altra, mettendomi a sgranocchiare felice.
-Guarda qua! Stai sbriciolando ovunque!- esclama Aki, sedendosi a gambe incrociate accanto a me.
Mi limito a spazzolare il copriletto ridacchiando un "Oops!", per poi spostarmi più vicino a lui e mettendogli qualche biscottino in bocca. 
-Ti stai allenando per quando dovrai imboccare il bambino?- ride.
-Devo fare qualche prova, mia piccola cavia.- rispondo passandogli un'altro dolcetto.
-Che brava mammina!- continua a ridacchiare abbracciandomi delicato.
Mi coccolo fra le sue braccia, abbandonando i biscotti. Quelle due forti estremità sono la cosa più goduriosa che io possa desiderare, superano persino il cioccolato.
-Ah!- gemo aggrottando le sopracciglia e portando una mano al ventre gonfio.
-Ti ho fatto male?- chiede Aki allentando la presa.
-No...è solo-...- mi interrompo affannando a metà frase per via di un'altra fitta.
-Taka. Respira. Stai calmo.- mi prende le spalle, massaggiandole piano ed imitando la corretta respirazione. Cerco di imitarlo, calmando il dolore nel giro di qualche minuto. Ormai si è abituato a dover gestire gli attacchi di ansia che qualche volta mi prendono.
-Non è niente...- mormoro, cercando di convincere pu che altro me stesso.
-Mi fai preoccupare, idiota.- sussurra stringendomi.
-Andiamo a dormire, mhm? Un po' di riposo non potrà che farti bene...- aggiunge baciandomi la punta del naso. Annuisco piano, infilandomi sotto alle coperte e spegnendo l'abat-joure sul comodino.
-Buonanotte Aki.-
-Buonanotte amore.-
Solo lo schiocco di un altro paio di baci e il brillio dei nostri occhi spezza quel buio perfetto, quasi opprimente, che riempe la stanza.

 

-A-akira....Akira! AKIRA!- lo chiamo scuotendolo per svegliarlo.
-Mh...Taka-chan?- mugola ancora mezzo addormentato. Tocca le coperte accanto a sè, per coprirsi, e nel sentirle fradice si alza di scatto.
-Chiama l'ospedale...- mormoro in preda al panico.
-Il bambino...- balbetta passandosi entrambe le mani sul viso per svegliarsi.
-...sta nascendo!- completo al posto suo.
Balza in piedi afferrando il cellulare.
-Taka, ce la fai a preparare la borsa o devo aiutarti?-
Provo ad alzarmi e zampetto fino all'armadio.
-P-penso di farcela...- mormoro prendendo qualche vestito e ficcandoli in un vecchio borsone da calcio di Akira. Mi metto una felpa sopra al pigiama e mi infilo le prime scarpe da ginnastica che trovo.
-Ok, andiamo.-
Aki mi prende la sacca di mano e mi fa appoggiare un braccio alle sue spalle per sostenermi. Mi posa sul sedile della macchina, continuando a ripetermi "Respira, respira, respira". Guida a velocità sostenuta fino all'ospedale, buttando un occhio anche a me di tanto in tanto con fare preoccupato.
-Stai tranquillo, siamo arrivati...- cerca di calmarmi riprendendomi a braccetto una volta nel parcheggio.
-Fa malissimo, Akira...- mugolo soffocando i lamenti contro il suo collo.
-Lo so, amore, lo so....resisti, presto passerà...- dice, ma non ne è convinto.
Vengo salvato dagli sguardi indagatori della segretaria dall'amico di Kouyou, il medico che mi aveva aiutato mesi fa, che mi porta nel reparto gravidanze. Akira viene fermato proprio davanti alla porta della stanza.
-È meglio che lei stia fuori. La chiameremo non appena il bambino sarà nato.- dice fermo il dottore.  Gli rivolgo una sguardo disperato, allungando debolemente una mano verso di lui.
-Andrà tutto bene, ci vediamo dopo.- mormora dandomi un bacio sulla fronte.
Mi fanno sdraiare su un lettino e mi fanno quella che credo sia un'anestesia totale. Sapevo di dover fare il parto cesareo e ai tempi l'idea non mi spaventava granchè, ma ora è diverso. Devo aver la preoccupazione dipinta in faccia, infatti il dottore viene ad accarezzarmi i capelli con una mano guantata cercando di farmi rilassare:
-Non si preoccupi, non dovrebbero rimanere cicatrici e la sua pancia, con un po' di esercizio, tornerà come prima. Ora provi a contare fino a cento...e si concentri sui numeri, magari disegnandoli nella sua mente. Sarà tutto finito ancor prima che lei se ne accorga.-
Annuisco piano, cercando di concentrarmi su ciò che mi è stato detto. Intorno al numero tredici comincio a sentirmi intorpidito e le palpebre mi si abbassano da sole, facendomi sprofondare nel buio di un sonno senza sogni.

 


-Amore...sveglia!- sussurra la voce di Akira vicinissima al mio orecchio. So che è lui, anche senza aprire gli occhi, riconosco subito il calore del suo tono un po' roco, il braccio abbastanza muscoloso che mi cinge le spalle e il profumo dolciastro ma mascolino della sua pelle. Mi rotolo su un fianco, sempre con gli occhi chiusi, e raggomitolo le gambe, non trovando impedimenti. E solo in quel momento ricordo. Mi alzo di scatto guardandomi frenetico intorno alla ricerca del mio bambino.
-Dov'è?- chiedo semplicemente aguzzando la vista.
-Stanno per portarcelo, aspettavano che ti svegliassi.- dice dolcemente.
Un'infermiera entra nella stanza, reggendo un biberon più piccolo rispetto al normale.
-Oh, Suzuki-san si è svegliato! Vado subito ad avvertire il dottore!- esclama. Neanche due minuti dopo il medico fa la sua entrata, reggendo un fagottino bianco.
-Congratulazioni, è una bambina.- esclama emozionanto almeno quanto noi due mettendomela fra le braccia.
-U-una bambina?! Intende...una femmina?!- esclama Akira con gli occhi spalancati.
-Akira! Non strillare...sta dormendo.- lo riprendo dandogli una gomitata leggera. Scosto con la punta dell'indice la copertina che la avvolge per poterle vedere meglio il viso piccolino e tondo. Ha le stesse ciglia lunghe e nere di Akira e la sua fossetta sul mento, il mio naso leggermente a patata e le labbra a cuoricino rosa e carnose. È stupenda.
-Tsubaki.- dico dopo qualche secondo di attenta osservazione.
-Cosa?-
-Tsubaki. Sarà il suo nome. Guardala, non ti ricorda una camelia?- spiego, riferendomi alla pelle bianchissima in tutto il corpo, eccezion fatta per le guance di un bel rosa acceso.
-Sì, hai ragione....- mormora Aki osservandola, per poi aggiungere impacciato:
-Fammela tenere in braccio...-
Gliela passo, stando attento a sorreggerle la testa con tutta la delicatezza di cui sono capace.
-Oh, è leggera!- esclama cullandola piano.
-Se volete potete darle da mangiare.- sorride l'infermiera porgendomi il biberon.
-A te l'onore.- ridacchio passandolo ad Aki. Guarda a turno la bimba e il latte, non sapendo bene da che parte cominciare. Mi allungo per dargli una mano, mostrandogli come fare. Quando Tsubaki comincia a succhiare contenta si gira a sorridermi beato, con gli occhi che gli brillano. Mi accoccolo contro la sua spalla.
-Quanto è bella...- sussurro. Lui si limita ad annuire assorto, concentrandosi per non fare troppa pressione con la punta in gomma. Una volta sazia, Aki la appoggia contro il proprio petto dandole due colpetti sulla schiena, per poi riprendere a cullarla fino a quando non si addormenta.
-Che bravo papà!- rido scompigliandogli i capelli.
-Ci so fare con i bambini io, cosa credi!- esclama dandomi un buffetto sulla guancia.

Nei giorni a seguire Kouyou,  Yuu, Yutaka vengono a farci visita in ospedale. Kou si diverte a girellare per tutti i corridoi con Tsubaki in braccio, parlottando sottovoce con lei.
-Ciao Tsubaki, io sono il tuo zietto, Kou-chan.- l'aveva salutata sequestrandomela e accarezzandole il nasino.
-Takashima, hai intenzione di lasciarmi tenere in braccio la mia bambina almeno per qualche secondo o vuoi portartela a casa?- gli chiedo spazientito vedendolo passare per l'ennesima volta davanti alla stanza.
-Ma...tu puoi averla tutti i giorni, lasciamela spupazzare ancora un po'!- dice ferito stringendosela al petto. Lo fulmino, il sopracciglio destro che lentamente comincia ad alzarsi per raggiungere l'attaccatura dei capelli. Mi ridà la bimba spaventato.
-È piccolissima, eh.- mormora Yuu avvicinandosi pian pianino.
-Già...- mormoro tenendola sulle ginocchia. Le carezza una guancia delicato ridacchiando.
-Quando tornerete a casa?- chiede Yutaka sedendosi accanto a me e giochicchiando con le manine di Tsubaki.
-Non lo so di preciso, suppongo tra un paio di giorni.- rispondo carezzando la testa della bambina.
-E...per il lavoro?- tenta.
-Non lo so Yutaka! Fino a quando Tsubaki non andrà all'asilo nido sicuramente non potremo mai esserci entrambi.- sbotto passandomi una mano sul viso.
-D'accordo, d'accordo.- mormora tornando al suo posto, in piedi accanto a Yuu.


Finalmente possiamo tornare nella nostra nuova casetta, io con la bimba nell'ovetto e Akira carico di borse e vestiti.
-Ecco Tsubaki, questa è casa tua.- sussurro camminando per le varie stanze. Mi fermo nella sua cameretta, facendole vedere tutti i giocattoli precedentemente comprati e inventando dei nomi per ognuno di loro.
-Mi sembra un po' stanca, forse è meglio metterla nella culla.- suggerisce Aki raggiungendomi e prendendomela di mano. La posa sul cuscino, allungandosi per baciarle la tempia e si sofferma qualche minuto a canticchiarle una ninna nanna a voce bassa, lasciando che gli stringa il pollice della mano destra, fatta passare attraverso le sbarre.
Rimango a guardarlo intenerito appoggiato allo stipite della porta: ha il senso paterno che gli scorre nelle vene, come si fa a non amarlo. Una volta fatta addormentare, si alza in piedi.
-Ti amo...- sussurra all'immprovviso abbracciandomi forte. Rimango senza fiato, le mani a mezz'aria.
-Anche io ti amo...- soffio socchiudendo gli occhi e stringendolo a mia volta. Si gira a guardare Tsubaki con gli occhi lucidi.
-Io...farò di tutto per lei. Metterò in pericolo la mia stessa vita se dovesse servire. Se qualcuno dovesse mai farle del male penso che sarei capace di ucciderlo con le mie stesse mani. Quella...quella è mia figlia.- mormora senza smettere di fissarla. Mi alzo sulle punte dei piedi per baciargli la mascella ombreggiata di barba scura:
-Questo è l'uomo che amo.-



Note:
Heyyyyy
Eccomi ritornata! In questo periodo sono stata assente (TANTO ASSENTE) per via della scuola, i'm sorry ;-;
Prometto che proverò a tornare a scrivere con più regolarità *inchino*, proverò a buttare giù qualcosa sul treno o durante l'ora di pranzo.
Eniuei (?)...lo so, il capitolo è leggermente più corto degli altri, il prossimo (e ultimo) sarà più corposo. Sarà una sorta di "capitolo bonus", è distaccato dalla storyline di partenza (che di per sè, è finita) ma è un'idea che trovavo carina scrivere e quindi lo faccio u.u.
Ora cercherò di finire "Bloody Desire", poi continuerò "Oh my master" (per la quale, per ora, ho scritto esattamente 8 PAROLE. 8. PAROLE.)...cercherò di essere più veloce *altro inchino*
Sono le 23:30, io domani dovrei svegliarmi alle 05:30, devo ancora fare la doccia, preparare lo zaino e i vestiti e sto ancora cazzeggiando al computer, capitemi, sto per impazzire.
Vado a morire nel mio letto, disperandomi perchè ho fatto i compiti a metà :)))))))))))))

Reichan :*
 

  
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