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Autore: Victoria93    06/09/2015    5 recensioni
Tratto dalla storia:
-"Stai dicendo che sono io la tua ossessione, signor detective...?" gli sussurrò, di nuovo vicinissima alle sue labbra.
"Non lo so...ma mi stai impedendo di pensare. E nessuno era mai riuscito a ottenere un simile risultato nei miei confronti. Direi che le probabilità che tu sia diventata la mia ossessione sono intorno al 62%".
"Odio le tue stupide percentuali" replicò lei, senza riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
"E io amo te".- Elle è pronto per dedicarsi al caso Kira, e ben presto incontra gli agenti giapponesi e si prepara allo scontro con il colpevole, come da programma, ma stavolta...il coinvolgimento di un nuovo agente dell'FBI nelle indagini lo porterà a cambiare notevolmente le sue prospettive, in un modo che nemmeno la mente più geniale del mondo avrebbe mai potuto calcolare e prevedere. Una storia d'amore, intensa, passionale, contro cui quasi niente sarà in grado di opporsi...
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SUGAR AND PAIN'
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Capitolo 29- Start of something good
 
Quattro mesi dopo…
 
Ruri salì lentamente le scale del Grand Hotel Tokyo Plaza; il peso del pancione non era indifferente, ma aveva insistito perché nessuno l’accompagnasse, malgrado quei maledetti scalini la stessero affaticando più di quanto fosse pronta ad ammettere. Con un sorriso, lanciò uno sguardo ai fiori che decoravano la balaustra e agli infiniti fiocchi color pesca sparsi qua e là per l’atrio dell’albergo, invaso da uomini in smoking e da signore in abito elegante, intente a chiacchierare animatamente fra loro: alzando gli occhi al cielo, riconobbe gran parte delle colleghe del corso di specializzazione di Robin, appena arrivate dagli Stati Uniti.
Con un sorriso mesto, oltrepassò la stanza dove Matsuda, in preda a frenetici balbettii e a scoppi di risatine, si stava facendo sistemare la cravatta da un irritato Aizawa, che continuava a ripetergli di stare fermo, e si diresse all’altro capo del corridoio, fino a giungere all’ultima porta che si trovò di fronte; sospirando leggermente e gemendo appena, a causa di un colpo appena ricevuto nel basso ventre, bussò appena, attendendo una risposta.
“Ruri, sei tu?”.
La voce di Robin era velata di ansia e di felicità.
“Certo. Posso entrare?” replicò la ragazza.
“Vieni subito! Ho bisogno di te!”.
Alzando gli occhi al cielo, Ruri abbassò la maniglia e si fece largo nella stanza, chiudendosi subito la porta alle spalle: non appena si rese conto della sua presenza, la rossina si voltò di scatto.
Indossava già il suo abito da sposa, che le scorreva gentilmente lungo i fianchi e le belle gambe, mettendo in mostra la sua figura snella e il suo bel punto di vita e valorizzandole anche le spalle, che il vestito lasciava del tutto scoperte, così come faceva con le braccia per intero. Il volto della giovane dottoressa, pervaso da un rossore d’emozione e di pura gioia, era decorato da un trucco leggero ed elegante, e i suoi capelli rosso fiamma erano già stati raccolti in una crocchia decorata da qualche fiore di stagione, vista la primavera ormai inoltrata, per poi essere sistemati sotto un velo dall’aspetto quasi etereo.
Osservandola, Ruri continuò a ripetersi che non riusciva a credere che quel giorno fosse veramente arrivato.
“Accidenti…” mormorò appena, incrociando le braccia “Siamo proprio al punto di non ritorno, eh?”.
“Non mettertici anche tu!” esclamò Robin, voltandosi di nuovo verso lo specchio e sistemandosi nervosamente i fiori posti vicino alla crocchia “Sono già sufficientemente nervosa! E i miei capelli sono un disastro!”.
“Non sono un disastro: sono perfetti. Tu sei perfetta, Robin” la contraddisse Ruri, avvicinandosi a lei e posandole le mani sulle spalle, con un gran sorriso.
“Oh, Ruri…” sospirò Robin, reprimendo un singhiozzo.
“Lo sai? Nessuno ha più smesso di chiamarmi così, dopo la fine del caso Kira. Ho paura che il mio vecchio soprannome d’infanzia sia diventato in tutto e per tutto il mio nome”.
“Beh, in fondo abbiamo passato venticinque anni a credere che ‘Natsumi Williams’ fosse il tuo vero nome, per poi scoprire che ci eravamo sbagliate fin dall’inizio. La vita è assurda, non ti pare?” ribatté Robin.
Con un sospiro, Ruri si andò a sedere sul letto della stanza, lo sguardo al suolo e il volto composto in un’espressione assorta e un po’ malinconica: notando il modo in cui si stavano muovendo inquietamente i suoi occhi, Robin si sedette accanto a lei, prendendole la mano.
Sapeva perfettamente che l’amica non era ancora in grado di credere a tutto quello che aveva scoperto quattro mesi prima, il precedente 31 Dicembre; dopo la telefonata di Ayber, lei ed Elle avevano parlato a lungo, non appena tornati nella loro suite d’albergo.
Con una certa cautela, il detective le aveva confessato d’aver avviato un’indagine sul conto della sua famiglia, quando aveva avuto la conferma della sua parentela con John Williams, ma non aveva mai pensato che fosse opportuno confessarglielo, considerando quanto Ruri era sensibile e irritabile sull’argomento: le scoperte a cui era giunto con l’aiuto di Watari (e in seguito con quello di Ayber e Wedy), si erano rivelate sorprendenti.
“Lo avresti mai detto? Eppure, avremmo dovuto capirlo…doveva esserci una ragione se mi odiava così tanto. In fondo, non potevo essere davvero sua figlia…non somigliavo neanche a mia madre. Non c’entravo davvero nulla con loro…” mormorò Ruri, passandosi una mano dietro il collo.
“Per Daniel ed Eliza sei stata una sorella a tutti gli effetti, proprio come lo sei sempre stata per me” la rassicurò Robin, carezzandole la guancia.
“Lo so…ma pensare che non eravamo realmente parenti…non lo so. È una strana sensazione”.
“Hai mai pensato di…ecco, di provare a cercarli? La tua vera famiglia, intendo…” mormorò Robin.
“Beh, non saprei…immagino che a questo punto siano tutti morti. E anche se non lo fossero, non so quanto potrebbe significare guardarli in faccia, anche soltanto per una volta; suppongo che non otterrei niente di quello che vorrei avere”.
Le indagini di Elle avevano portato alla luce una realtà scioccante: Ruri non era mai stata la figlia di John Steven Williams e di sua moglie.
Poco dopo la sua nascita, suo padre, rimasto vedovo dopo il parto della moglie, aveva deciso di affidarla a un vecchio amico, adducendo problematiche di natura economica come causa della sua decisione, e assicurando che si sarebbe trattato soltanto di un affidamento temporaneo: ma in seguito, senza alcuna spiegazione, le carte dell’affidamento che erano state ritrovate negli archivi di Washington, e che per qualche motivo erano state occultate in modo molto accurato, avevano finito per cedere il posto a un certificato di nascita, affiancato a quelli di paternità e di maternità di Williams e consorte. E per tutti quegli anni, Ruri non aveva mai saputo nulla della sua vera famiglia d’origine.
“Non mi hai mai detto come…” mormorò appena Robin, sfiorandole il braccio.
“Come si chiamavano?” completò Ruri, sorridendole con più tranquillità di quanto si sarebbe aspettata “Pare che il cognome fosse Anderson. Joy e James Anderson; mi avevano chiamata Victoria…”.
“Victoria, eh?” sorrise Robin “Beh, ti sarebbe calzato a pennello. Ma questo significa che il Death Note non avrebbe funzionato comunque, con te?”.
“In effetti, immagino di no” scosse il capo Ruri “A questo punto, sono dell’idea che Victoria Anderson fosse il mio nome reale…”.
“Allora, vuoi che adesso inizi a chiamarti così?” ribatté Robin, con un sorriso radioso.
“’Ruri’ andrà bene” sospirò la profiler, senza cancellare il suo sorriso “In fondo, è un nome in codice che mi ha portato fortuna…”.
“Puoi dirlo forte!” esclamò Robin, balzando di nuovo in piedi e riprendendo a specchiarsi “Ci avresti mai creduto che saremmo finite così?”.
“Con il pancione e l’abito da sposa?” ridacchiò Ruri “Tu e io? Sembra un film di fantascienza”.
“A proposito, come sta la mia piccola nipotina?” domandò Robin, chinandosi all’altezza del suo ventre e facendole il solletico “Dovrebbe mancare poco, ormai, non è vero?”.
“Non me lo ricordare. Elle ha passato gli ultimi tre giorni a studiare di nascosto il modo in cui si pratica un cesareo: credo che non si fidi dei medici. E Watari non fa che ripetermi che non devo affaticarmi e che devo rimanere ferma il più possibile; non riesco a non far nulla tutto il giorno, ti giuro che mi stanno mandando fuori di testa!” brontolò Ruri, alzando gli occhi al cielo.
“Beh, dopo tutte le disavventure che hai fatto vivere alla coccinella, direi che questo è il minimo!” rise Robin “Sono sicura che io e Taro avremo un maschietto! Potremmo combinare un matrimonio, fra qualche anno”.
Ruri scoppiò a ridere, alzandosi in piedi e aiutandola a sistemare definitivamente il velo.
“Già mi manchi, lo sai?” le disse, in tono più dolce.
Robin si volse verso di lei, sorridendole con fare più mesto e abbracciandola, chiudendo lievemente gli occhi.
“Tokyo non è poi così lontana” le mormorò, sforzandosi di non piangere.
“Vuoi scherzare? Stiamo parlando dell’Oceano Pacifico! Un fuso orario dannatamente complicato da gestire” rise Ruri, cercando di smorzare l’atmosfera.
“Quindi, avete deciso? L’Inghilterra?” sospirò tristemente Robin, ma tentando di sorridere.
“Watari ha detto di aver già pensato a tutto. Ha detto che sarà il suo regalo di nozze, anche se continua a bofonchiare su quanto il nostro sia stato tutto fuorché un matrimonio” affermò Ruri, fissando distrattamente la fede che le brillava all’anulare della mano sinistra.
“E ha ragione!” rincarò la dose Robin “Niente abito bianco, niente cerimonia, niente chiesa, niente balli! Solo un funzionario pubblico ingobbito e con il raffreddore che legge il vostro impegno civico e che vi dichiara marito e moglie! A proposito, come avete fatto con i documenti?” domandò poi, colta da un pensiero improvviso.
“Ci ha pensato Ayber. Il signore e la signora Halisham, residenti a Londra e intenzionati a trasferirsi nel Devonshire: devo ammettere che è stato davvero esilarante quando quel tizio ha chiamato Elle ‘Peter’! Ma immagino che Ayber volesse divertirsi un po’. Ad ogni modo, non puoi dire che al pranzo siano mancati i dolci” sorrise Ruri, stringendosi nelle spalle.
“Diciamo pure che tutte le pietanze erano riconducibili alla categoria dei dessert” sospirò Robin, alzando gli occhi al cielo “Ma immagino che ci fosse da aspettarselo, conoscendo Elle”.
Prima che la sua amica potesse replicare, entrambe udirono bussare alla porta della camera.
“Matsuda, non azzardarti a varcare quella soglia!” lo minacciò Ruri “Guarda che la tua fidanzata è piuttosto superstiziosa…”.
“Sono io”.
La voce di Elle la fece sorridere in modo spontaneo e naturale.
“Mi stai pedinando?” lo prese in giro, incrociando le braccia.
Senza aspettare ulteriormente, il detective fece il suo ingresso; contrariamente alle sue abitudini, quel giorno Ruri era riuscita a fargli indossare una camicia, rigorosamente bianca, al posto della consueta maglia a maniche lunghe, e una giacca nera elegante, ma non era riuscita a imporsi sui jeans trasandati e sulle consunte scarpe da ginnastica.
Alle sue spalle, Watari, sfavillante nel suo smoking, sorrideva ad entrambe.
“Miss, dottoressa Starling” le salutò, con un cenno molto caloroso “Robin, lei è veramente una visione celestiale”.
“Grazie, Watari, è davvero gentilissimo” arrossì Robin, abbassando subito lo sguardo.
“Come mai qui?” insisté Ruri, alzando un sopracciglio.
“Beh, io devo compiere il mio dovere di sostituto del padre della sposa” spiegò Watari, con aria solenne.
“Previdente e sospettosa come di consueto” sorrise Elle, affiancandosi a lei “Volevo solo fare le congratulazioni alla sposa”.
“Allora è perfetto” replicò Ruri, sorridendogli.
“E accertarmi che non mettessi di nuovo in pericolo la vita di nostra figlia” completò l’investigatore, carezzandole il pancione.
“Sei incredibile!!” sbottò la profiler, lanciandogli un’occhiataccia.
“Ad ogni modo, sarà meglio scendere di sotto: vengo dalla navata centrale, e Matsuda inizia a dare segni d’impazienza. Per meglio dire, ho paura che gli stia per venire un attacco di panico” le informò Elle, con la massima tranquillità.
“Oh, cielo! Beh, allora dovremmo andare!” esclamò Robin, aggiustandosi il velo per un’ultima volta e poi dando il braccio a Watari, con un gran sorriso “Sicuro che non le dispiaccia accompagnarmi all’altare, Watari?”.
“Dispiacermi? Ne sono onorato, dottoressa Starling” ribatté l’anziano, sorridendole di rimando “D’altro canto, un’occasione del genere non mi capiterà più, e non ho intenzione di lasciarmela sfuggire un’altra volta” concluse, lanciando a Ruri e ad Elle un’occhiata in tralice.
Di rimando, Ruri alzò gli occhi al cielo, andando a stringere la mano di Elle e scuotendo la testa.
“Non avevamo detto che era tardi?” gli ricordò la moretta, ponendosi dietro la sua migliore amica e quello che ormai reputava un padre “Andiamo, prima che Matsuda vada in iperventilazione; i signori Havisham vi seguiranno”.
Mentre scendevano le scale con lentezza solenne, avvertì le dita di Elle, segnate dall’anello che aveva preso a portare anche lui, stringersi contro le sue con più intensità che mai.
 
You never know when you're gonna meet someone
And your whole wide world in a moment comes undone
You're just walking around and suddenly
Everything that you thought that you knew about love is gone

 
La cerimonia fu più breve di quanto Ruri avrebbe mai immaginato, ma fu solo quando Robin e Matsuda uscirono dalla chiesa, sotto una pioggia di riso e confetti, che capì realmente che la sua amica aveva preso un treno su cui non sarebbe salita a sua volta, e che l’avrebbe portata in un posto molto lontano, dove non l’avrebbe seguita, per la prima volta.
Quel pensiero fece comparire un sorriso triste sul suo volto, che Misa, avendo presidiato alla cerimonia per tutto il tempo al suo fianco, non mancò di notare.
“Non dispiacerti troppo” le disse, con tono d’incoraggiamento “Verrai a trovarci in Giappone ogni volta che vorrai! Saremmo così felici di rivederti…in effetti, non te l’ho ancora detto, ma non mi sono ancora abituata al pensiero della tua partenza…”.
Fissando lo sguardo in quegli occhi castani, che non ricordavano più nulla dei tempi di Kira e del suo operato folle, Ruri non poté che lasciarsi andare a un altro sorriso, che la bionda interpretò come una buona occasione per coinvolgerla in un abbraccio, a cui, infine, Ruri rispose con lentezza.
“Mi mancherai, Ruri…” le mormorò, con voce rotta.
“Anche tu mi mancherai, peste” sospirò Ruri, scompigliandole i capelli “Come stai, adesso? Robin dice che ultimamente vi siete viste spesso…ti senti meglio?”.
“Sto bene” replicò Misa, cercando di sorridere, mentre Ruri ed Elle la seguivano in direzione del ricevimento, già affollato “Pensare a Light mi rende triste, ma adesso va molto meglio…dopotutto, è morto per ciò in cui credeva, e io sarò sempre fiera di lui”.
Ruri la fissò a lungo, riflettendo su quelle parole, per poi sorriderle per l’ultima volta.
“Sì…immagino che tu abbia ragione”.
“Mi manca, sai?” sussurrò Misa, lasciandosi sfuggire una lacrima.
Ruri sospirò, sentendo che Elle rafforzava la stretta intorno alla sua mano.
“Manca anche a me…” ammise Ruri.
“Sì…” intervenne il detective, sorprendendo entrambe “Anche a me…”.
Le loro parole vennero interrotte da Matsuda, che si era appena avvicinato al microfono posto di fronte alla pista da ballo, decorata da vistose candele, data la vicinanza al tramonto, e da moltissimi fiori, gli occhi brillanti e il fianco ancora intorno alla vita di Robin, che a sua volta lo fissava raggiante.
“Scusatemi, signori” disse il giovanotto, con espressione raggiante “Vorrei la vostra attenzione solo per qualche altro minuto. A dire la verità…avevo preparato un discorso, dato che non sono molto bravo con le parole, ma…in effetti, credo di aver persino dimenticato dove l’ho messo, quindi ho la sensazione che mi toccherà improvvisare”.
 
You find out it's all been wrong
And all my scars don't seem to matter anymore
Cause they led me here to you

 
Qualche risata divertita seguì le parole del poliziotto, prima che lui riprendesse a parlare.
“Un anno e mezzo fa, ancora non sapevo che la mia vita avrebbe preso una svolta decisiva: o meglio, ero convinto che tutto quello che avrei vissuto avrebbe riguardato la mia carriera e il mio lavoro. Ero pronto ad andare incontro a tutto quello che mi si sarebbe posto di fronte, e una parte di me era disposta anche ad accettare l’idea di non arrivare vivo a questo giorno. Ma incontrare Robin, in una circostanza che non avrei mai potuto concepire, mi ha fatto comprendere che la vita non ci dà mai quello di cui abbiamo bisogno nel modo in cui ce lo aspettiamo…” proseguì, voltandosi verso di lei e baciandola leggermente “Ma quando infine ci fornisce il miracolo per cui eravamo così impazienti, siamo più grati d’essere in vita di quanto non lo saremmo stati nel corso di un’intera esistenza. Credo che ognuno di noi abbia diritto a sentirsi come oggi mi sento io, e come sono certo che mi sentirò fino alla fine dei miei giorni: Robin mi ha insegnato a credere in me stesso e in quello che facevo, ed è stata la fonte di calore che non credevo potesse esistere. E se ho mai avuto l’opportunità di conoscerla e di crescere come individuo, come poliziotto, come essere umano e come combattente…lo devo alle persone più incredibili che abbia mai avuto l’onore e il privilegio di conoscere. Quindi” concluse, accettando un calice di champagne che un cameriere gli stava porgendo “Propongo un brindisi”.
A quel punto, aveva già alzato il bicchiere, e non staccava più gli occhi da Ruri e da Elle.
“A Ruri Dakota e a Ryuzaki, come a noi piace chiamarlo. Grazie per aver reso la mia vita, la vita di mia moglie e quella di tutti noi un autentico miracolo. Siete stati il più grande fuoco d’artificio a cui potessimo assistere e siete stati la nostra ispirazione più grande. Io e Robin non dimenticheremo mai quello che avete fatto per noi; grazie per averci donato il viaggio più bello che potessimo sperare di vivere insieme”.
Il discorso di Matsuda venne seguito da applausi commossi ed entusiasti; lo stesso Aizawa finì per andare ad abbracciare il suo amico, cercando di nascondere le lacrime.
Dal canto proprio, Ruri si voltò verso Elle, che ancora sembrava frastornato dalle parole del poliziotto.
“Ti ha scioccato?” gli domandò, sorridendogli in maniera dolce.
“Matsuda è sempre pieno di sorprese” replicò Elle “Anche se devo riconoscere che questa storia si è rivelata davvero incredibile…così incredibile che a volte ho la sensazione d’aver sognato tutto”.
“Dovrebbero scriverci un libro” suggerì Ruri, scuotendo la testa “Chissà se qualcuno leggerebbe mai di quello che è stato di noi…dopotutto, abbiamo avuto il lieto fine che nessuno si sarebbe mai aspettato. Ho creduto spesso che non avremmo mai visto questo giorno…”.
“Beh, se tu non fossi mai entrata nella mia vita, probabilmente Rem mi avrebbe ucciso; sarei morto quel giorno, e forse Kira avrebbe vinto. O forse i miei eredi lo avrebbero combattuto, e lo avrebbero sconfitto….chi può dirlo. In ogni caso, posso affermare con certezza che la tua presenza ha cambiato tutto”.
“Non esagerare” lo ammonì la profiler “Sei tu che hai sconfitto Kira…”.
“Lo abbiamo sconfitto insieme” la corresse Elle, scuotendo la testa “Non ho mai avuto la capacità empatica di cui ti sei servita per comprendere Rem: senza di questa, avremmo perso. Ma tu hai superato quelle stesse barriere che ci hanno ostacolato fin dall’inizio: hai dato importanza ai sentimenti, all’emotività, al cuore umano…e non solo a quello. Ti sarò sempre debitore, Ruri: oggi posso dire che mi hai salvato in ogni modo possibile”.
Ruri si sedette accanto a lui, posandogli la testa sulla spalla.
“Stai diventando sentimentale, signor detective…” gli fece notare Ruri.
“Dev’essere l’atmosfera di questo matrimonio” replicò Elle, accennando alle campane che riecheggiavano in lontananza “Visto? Era davvero per una cerimonia nuziale, alla fine…”.
“Un segno premonitore” annuì Ruri, con l’aria di chi la sapeva lunga.
Prima che potesse aggiungere una parola, un nuovo gemito la costrinse a portarsi le mani al ventre e a socchiudere leggermente gli occhi.
“Ruri? Stai bene?” le domandò subito Elle, allarmato.
“Ehm, sì. Ma devo dirti una cosa” ribatté Ruri, sorridendogli con circospezione.
“Ti sto ascoltando”.
“Solo…non dare in escandescenze” sospirò la ragazza.
“In escandescenze…?” ripeté Elle, alzando un sopracciglio.
“Beh, avrò bisogno del tuo proverbiale autocontrollo, signor detective: mi si sono appena rotte le acque”.
 
I know that its gonna take some time
I've got to admit that the thought has crossed my mind
This might end up like it should
And I'm gonna say what I need to say
And hope to god that it don't scare you away
Don't wanna be misunderstood
But I'm starting to believe that this could be the start of something good

 
Il travaglio in ospedale non fu lungo come si sarebbe aspettata, ma in seguito dovette ammettere che aveva trovato davvero esilarante rendersi conto che l’intero reparto di neonatologia era stato invaso da una folla in smoking e in abito formale, con tanto di sposa frenetica e di sposo frastornato, ma felice. Dal canto proprio, Ryuzaki aveva preteso di entrare in sala operatoria e di controllare l’operato dei medici, criticando persino l’operato dell’ostetrica e finendo per rischiare di venire cacciato in sala d’aspetto. Alla fine, quando il volto della bambina gli era comparso di fronte alla vista, il suo cuore si era definitivamente aperto a un’emozione che non riusciva a descrivere: notò subito che aveva gli occhi dello stesso colore di quelli di Ruri, ma che da lui ne aveva ereditata la forma caratteristica, e che già accennava a sfoggiare qualche ciuffo corvino ribelle, incredibilmente simile ai suoi.
Non appena gli permisero di prenderla in braccio, impiegò parecchi minuti prima di lasciarla fra le braccia impazienti di Ruri, che a sua volta non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.
“Credo sia la cosa migliore che abbiamo mai fatto insieme…” gli sussurrò la moglie, con un sorriso sfinito.
“Non avrei mai pensato di dirlo di un neonato” ammise Elle, carezzandole distrattamente la testa “È…è bellissima…”.
“È nostra” aggiunse Ruri, posando la fronte contro la sua “Direi che adesso abbiamo il vero miracolo, signor detective”.
 
Everyone knows life has its Ups and downs
One day you're on top of the world and one day you're the clown

Well I've been both enough to know
That you don't wanna get in the way when its working out
The way that it is right now
You see my heart I wear it on my sleeve
Cause I just can't hide it anymore

 
Elle le sorrise di rimando, senza smettere di carezzare la testa della bambina, che continuava a gemere appena, nonostante adesso il suo respiro fosse più flebile, come se stesse per addormentarsi.
“Che cosa succederà, adesso?” le domandò, con un sospiro “Non ho mai pianificato niente del genere…”.
“Immagino che questa sarà la parte migliore” replicò Ruri, baciandolo a fior di labbra “Nessun piano, signor Havisham: le famiglie migliori nascono sempre così”.
“Lo terrò a mente” concluse Elle, baciandola a sua volta.
E mentre i fuochi d’artificio, fuori dalla finestra, annunciavano a tutti l’arrivo della mezzanotte e del primo giorno di Maggio, entrambi non poterono fare a meno di pensare che tutto fosse perfetto.
 
I know that it's gonna take some time
I've got to admit that the thought has crossed my mind
This might end up like it should
And I'm gonna say what I need to say
And hope to god that it don't scare you away
Don't wanna be misunderstood
But I'm starting to believe that this could be the start

 
Otto mesi dopo…
 
Il segnale di chiamata del suo computer portatile le fece alzare gli occhi: con un sorriso, mise da parte gli incartamenti del caso a cui lei ed Elle stavano lavorando, dirigendosi verso l’apparecchio e accettando la telefonata in entrata.
Di fronte ai suoi occhi, apparve subito il volto di Robin, in collegamento tramite video-chat.
“Ciao, straniera inglese! Che cosa diavolo aspettavi a chiamarmi?” l’accolse, con un gran sorriso.
“Ci stavo giusto pensando” sospirò Ruri, alzando gli occhi al cielo “Volevo finire di dare un’occhiata agli ultimi dati che abbiamo raccolto: le nuove indagini si stanno rivelando incredibilmente ricche di avvenimenti”.
“Vuoi scherzare? Non vorrai lavorare anche la notte di Capodanno!” inorridì Robin, scuotendo la testa “Te lo proibisco categoricamente! Dovresti darci un taglio con tutto questo stakanovismo: normalmente, farei intervenire tuo marito, ma visto che hai sposato il maniaco dello stress e delle notti insonni…”.
“A proposito di mariti” la interruppe Ruri “Come procede laggiù? La luna di miele è ancora indisturbata, o devo tornare a Tokyo per dire due paroline a Matsuda?”.
“Va tutto benissimo, Ruri; in effetti, non ti ho ancora detto la notizia più importante…”.
Dopo una breve pausa, gli occhi di Robin brillarono di una luce commossa.
“Forse dovrai venire a trovarci in Giappone prima di quanto pensi…non vuoi che Eliza conosca il suo nuovo compagno di giochi?”.
“Che?!? Sei…?!”.
“Sono incinta!!” esclamò Robin, con un sorriso radioso.
“Robin, è grandioso! Dico sul serio, sono molto felice per te! Non vedo l’ora di conoscere il fagotto” le disse Ruri, sorridendole di rimando “Sei contenta?”.
“Certo!! Anche se l’idea di partorire mi spaventa un po’…” ammise Robin.
“Beh, non è terribile come pensi. O meglio, il dolore passa in fretta: lo sforzo è abbondantemente ripagato, fidati di me”.
“Ne sono sicura” ribatté la rossina, senza smettere di sorriderle “Mi manchi, lo sai?”.
“Mi manchi anche tu” rispose Ruri, con un sorriso malinconico “Ma dovete venire a trovarci per le prossime vacanze estive, d’accordo? Questo posto è incredibilmente grande, in quattro non sappiamo neanche come sfruttarlo in pieno!”.
“Beh, considerando che Watari vi ha comprato un intero castello con tanto di parco naturale, direi che questo è poco ma sicuro! Come l’ha chiamata, alla fine?”.
“Villa Eliza” affermò Ruri, alzando gli occhi al cielo “Qualcosa mi dice che adori la sua nipotina ancor più di quanto non ammetterebbe; sai che passa ore intere a osservarla dormire o a giocare con lei? Elle lo ha persino rimproverato, qualche giorno fa: dice che la bambina lo distrae più di quanto non faccia con noi, ed è tutto dire”.
“La piccola coccinella ha già acquisito lo status di principessa” rise Robin “Non vedo l’ora di riabbracciarla. Cerca di non farla crescere troppo di qui a Giugno, ok? Ho intenzione di tenerla in braccio per tre mesi di fila!”.
“Farò del mio meglio” la rassicurò Ruri, mentre la porta d’ingresso si apriva di colpo, annunciando il ritorno di Watari e di Eliza “Adesso devo andare, Robin: salutami Taro, ok?”.
“D’accordo, e tu salutami Ryuzaki e il resto della famiglia. Buon anno nuovo, tesoro: non dimenticarti di festeggiare!”.
“Non lo farò; buon anno nuovo anche a te, Robin” si congedò Ruri, prima di riattaccare.
In quel preciso istante, Watari fece il suo ingresso nella stanza, il naso ricoperto di neve e le braccia completamente occupate da un fagotto composto da un cappotto di piume d’oca, da un berretto di lana, due sciarpe e due guanti troppo grossi.
“Hai intenzione di soffocarla?” scherzò Robin, prendendo la bambina in braccio e iniziando a liberarla da quello strato di vestiti.
“Fuori ci sono ben cinque gradi sotto lo zero” le ricordò Watari, ravvivando il fuoco nel caminetto e sistemando alcune decorazioni sull’albero di Natale “Non ho intenzione di permettere alla piccola di prendersi un raffreddore”.
“E allora, perché portarla fuori con questo freddo?” replicò Ruri, con un sorriso sghembo.
“Beh, lo sai che adora la neve” borbottò Watari, iniziando a preparare tre tazze di the bollente.
Scuotendo il capo, Ruri lasciò scorrere lo sguardo sul loro salotto elegante e piacevole alla vista, nonostante fosse invaso dai loro appunti e dagli avanzi di cibo che Elle si ostinava a lasciare in giro.
“Quel ragazzo” sospirò Watari, che a sua volta aveva notato il disordine “Mi manderà al manicomio prima che abbia raggiunto gli ottant’anni”.
“Spero proprio che non dovremo arrivarci” rise Ruri, dandogli di gomito “Non combineremmo un bel niente senza di te, Watari”.
 
Cause I don't know where it's going
There's a part of me that loves not knowing
Just don't let it end before we begin

 
Watari le sorrise, abbracciandola leggermente e coinvolgendo nella loro stretta anche la piccola, che protestò appena a causa dell’urto a cui venne sottoposta.
“L’avevo detto che ha il carattere di sua madre” commentò Watari, carezzandole la testolina, già provvista di una chioma identica a quella di Elle.
In quel momento, Eliza lo fissò con curiosità, piegando la testa di lato e spalancando i suoi occhioni, della stessa forma di quelli del detective.
“Nonno!” disse semplicemente, prima di lasciarsi andare di nuovo ai suoi vagheggiamenti da neonata.
Dal canto proprio, Watari fissò Ruri frastornato, quasi incredulo.
“Beh? Che cosa c’è?” ribatté la giovane, sorridendo noncurante “Ha solo detto la verità, dopotutto: è la bambina della giustizia per eccellenza, e ha constatato una realtà oggettiva. Potresti biasimarla?”.
Preso dalla commozione, Watari si affrettò a concentrarsi sul the, mentre anche Elle entrava nella stanza, con il suo consueto passo felpato.
“Non mi sarò perso la prima parola di mia figlia, non è vero?” domandò, prendendola in braccio.
Istantaneamente, la piccola si adagiò contro il suo petto marmoreo, chiudendo gli occhi e ascoltando il battito del suo cuore e odorando il suo respiro: la vicinanza di suo padre la calmava in modo stupefacente.
“Sei giusto in tempo” lo rassicurò Ruri, scompigliandogli i capelli.
La serata trascorse piacevolmente; dopo aver cenato, Ruri trascorse diverso tempo a osservare Watari giocare con Eliza, dato che persino Elle aveva deciso di lasciare da parte il lavoro per quell’occasione: in fondo, era il primo Capodanno della piccola.
Fu solo a poca distanza della mezzanotte che accadde qualcosa di inaspettato: con un cenno eloquente del capo, Elle la convinse a seguirlo nella stanza adiacente, dove non tardarono ad accomodarsi sul divano.
“Va tutto bene?” gli domandò Ruri, carezzandogli appena la mano.
“Ho un regalo per te” le confidò Elle.
“Un altro? La limousine che mi hai fatto avere per Natale non è stata sufficiente? A proposito, non smetterò mai di ripeterti che sei davvero pazzo, signor detective. Mi spieghi cosa diamine ce ne facciamo, di una macchina come quella?”.
“Mi piace vivere la mia eccentricità nel modo che più preferisco” si limitò a risponderle Elle, per poi tirare fuori dalla tasca una piccola audiocassetta.
Ruri le rivolse uno sguardo perplesso.
“Che cos’è?” gli domandò.
 
You never know when you're gonna meet someone
And your whole wide world in a moment comes undone

 
“Una sorpresa” si strinse nelle spalle il ragazzo “A dire il vero, il merito è di Ayber: è riuscito a mettere le mani sopra questo nastro soltanto una settimana fa. A quanto pare, esisteva un vecchio armadietto contenente alcuni effetti personali di Williams, che nessuno ha mai buttato via: sembrava che contenesse solo qualche cianfrusaglia, ma a quanto pare era anche il suo nascondiglio preferito, dove amava occultare cose che non voleva venissero più ritrovate”.
“Non capisco bene dove tu voglia arrivare” ammise Ruri.
“Beh, Ayber ha scavato ancor più a fondo: a quanto pare, c’era un motivo per cui Williams ha falsificato i certificati della tua nascita e ti ha fatto risultare come sua figlia biologica. Sembra che James e Joy Anderson fossero proprietari di un ingente patrimonio…ammontante a circa cento milioni di dollari”.
“Che…che cosa?!?” boccheggiò Ruri.
“È tutto qui” annuì Elle, allungandole alcuni documenti “Basterà una tua firma, e quello che ad oggi rimane dell’eredità sarà tuo: ho già presentato al consolato americano la prova evidente che la figlia degli Anderson è ancora viva, e che è l’unica vera erede vivente e legittima. Ma comunque…non era questa la sorpresa di cui ti parlavo”.
“Davvero?” chiese Ruri, quasi dubbiosa.
Senza aggiungere un’altra parola, Elle infilò l’audiocassetta nel registratore che avevano di fronte, premendo il tasto PLAY con il suo indice lungo ed elegante.
Ben presto, la stanza venne invasa da una voce che Ruri non conosceva, ma che, per qualche ragione, fu in grado di colpirla al cuore in modo decisamente inaspettato: perché, per qualche strano motivo, una parte di lei la stava trovando familiare?
“Non so se qualcuno udirà mai questo messaggio, ma ho deciso di registrarlo ugualmente” disse lo sconosciuto, con una voce calda e gentile, ma triste al tempo stesso “Mi chiamo James Anderson, e ho 35 anni: di qui a un anno, è probabile che sarò morto. Mi è stato diagnosticato il cancro quando ho compiuto ventidue anni, e da allora combatto contro una malattia che so che mi ucciderà; ma credevo che sarei stato in grado di affrontare tutto questo, se Joy fosse rimasta accanto a me. Da quando se n’è andata, io…non lo so. È che non riesco a staccare gli occhi da mia figlia…da Victoria. In effetti, spero con tutto il cuore che un giorno lei possa udire queste parole…o forse non dovrei. Perché, con ogni probabilità, questo vorrebbe dire che sono morto. Comunque, forse a questo punto dovrei parlare direttamente con lei. Victoria” disse a un tratto, mozzando il respiro della ragazza “Sei qualcosa che non sono neanche in grado di descrivere a parole. In effetti, sei la creatura più straordinaria su cui abbia mai posato lo sguardo: sei bellissima, forte, e così straordinaria, nonostante tu sia nata solo da qualche mese. So che sarai incredibile e intelligente, e che sarai una vera forza della natura, come lo era tua madre, e che un giorno sarò ancora più fiero di te. Vorrei solo che potessimo avere più tempo per stare insieme, ma purtroppo non sarà così: devo pensare ad affidarti a qualcuno che spero si prenderà cura di te. Mi hanno parlato tanto di John Williams e della sua famiglia, e sono certo che vivere con loro ti piacerà; tutti dicono che sia una persona rispettabile, e io non voglio mandarti in un orfanotrofio. Perché…perché una parte di me sa che non può finire in questo modo. Sa che non posso semplicemente morire e lasciarti andare. Ma non posso esserne sicuro, e non so se c’incontreremo mai, quindi…se adesso stai ascoltando questo messaggio, vorrei solo dirti che sono fiero di te. Che sei la bambina che ha reso la mia vita un miracolo e che, ovunque andrai, mi avrai sempre accanto a te. In fondo, una parte di me spera che, nel caso in cui tu stia ascoltando questo messaggio, tu lo stia facendo insieme ai tuoi figli e a tuo marito, e che tu sia felice come meriti di essere. Perché, sai…tu sei nata per vincere. Sei sopravvissuta alla morte di tua madre, e sopravvivrai anche alla mia. So che un giorno ci rivedremo…in questo mondo o in un altro, noi due staremo insieme. Fatti forza, tesoro. Il tuo papà ti vuole bene…a presto”.
La fine della registrazione venne seguita da un lunghissimo silenzio; alla fine, Elle si azzardò a sbirciare il volto della donna che amava, consapevole del fatto che le loro mani non avevano smesso di stringersi per tutto il tempo: aveva le guance striate dalle lacrime, ma stava sorridendo.
“Stai bene?” le domandò, circondandole le spalle con un braccio.
Ruri annuì, estendendo il suo sorriso.
“Beh, direi che questo…questo è mille volte meglio della limousine” ridacchiò la ragazza, scuotendo la testa.
“Possiamo sempre rimandarla alla concessionaria” scherzò Elle, fingendo di offendersi.
Dopo un’ulteriore pausa, Ruri rialzò la testa, fissandolo dritto negli occhi.
“Non ti ho mai ringraziato abbastanza per tutto questo…” gli disse, con tono incerto.
“E che mi dici di questa casa, della nostra famiglia, di nostra figlia e della soluzione del caso Kira? Ruri, tu mi hai dato tutto”.
Prima che lei potesse replicare, Elle chiuse gli occhi, poggiando la fronte contro la sua.
“Tuo padre aveva ragione: sei nata per vincere, Ruri. E come vedi, non si è sbagliato neanche in questa circostanza. Hai vinto…ho vinto. Abbiamo vinto”.
Udendo a un tratto l’inizio dei fuochi d’artificio, Elle la trascinò sul balcone, dove Watari li stava già osservando, deliziandosi per le risatine e i battiti di mani in cui si lanciava Eliza, che a sua volta, fra le sue braccia, osservava quello spettacolo incredibile di luci e colori.
 
I know that its gonna take some time
I've got to admit that the thought has crossed my mind
This might end up like it should
And I'm gonna say what I need to say
And hope to god that it don't scare you away
Don't wanna be misunderstood

 
Alla fine, entrambi riuscirono a spostare lo sguardo dal cielo stellato, guardandosi negli occhi e incrociando di nuovo le dita delle mani: sapevano che tutta quella vicenda non aveva avuto senso, fin dall’inizio. Eppure, quella straordinaria irrazionalità si era tramutata in ciò che, inconsapevolmente, avevano atteso per una vita intera.
“…buon anno nuovo” le sussurrò Elle, unendo le labbra alle sue; ancora una volta, sentì quel sapore di fragole e di zucchero che tanto amava.
“Buon anno nuovo, Elle”.
E fu allora che, esattamente due anni dopo il loro primo incontro, capì che non avrebbe mai più avuto bisogno di nient’altro per sentirsi veramente a casa.
 
But I'm starting to believe
Oh I'm starting to believe that this could be the start of something good

 
Continua…
 
Nota dell’Autrice: BENEEEEEEE!!!! Che dire?! Scritto nell’arco di un paio d’ore e chiaramente si vede -.-‘’’ bah, siamo alle solite, non c’è niente da fare, dovete accontentarvi un po’ di quello che passa il convento (scherzo ovviamente *prende l’ombrello per ripararsi dagli sputi*). Ragazzi, ci siamo quasi: il prossimo sarà l’ultimo capitolo. Io non so voi, ma non mi sento affatto pronta, quasi ci sto male (togliete pure il quasi). Mah, meglio non pensarci. Che posso dire? Grazie mille a SeflessGuard, Lilian Potter in Malfoy, MaryYagamy_46, LidjaLoveAvengedSevenFold e a Zakurio per aver commentato il capitolo 28, grazie a Lidja per aver recensito anche il 25, di nuovo grazie a Lidja per aver inserito la storia fra le preferite, e grazie anche a Mary The Shinigami e a bananacambogianachiquita per averla inserita a loro volta fra le preferite, spero che anche voi vorrete commentare!! La canzone di questo capitolo era ‘Start of something good’ dei Daughtry, e voleva essere un po’ la colonna sonora del nostro lieto fine :D Al prossimo ed ultimo capitolo con l’epilogo (mi sto sentendo male veramente!!!). Un bacione, la vostra Victoria <3   
   
 
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