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Autore: RobertaShaira    07/09/2015    1 recensioni
Dean alle prese con gli effetti del marchio e delle perdite subite, subito dopo gli avvenimenti delle ultime puntate della decima stagione, poco prima del finale. Un incontro inaspettato gli darà la forza di andare avanti e reagire al dolore.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ben Breaden, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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Dean stava camminando, o meglio barcollando, lungo la strada con una bottiglia di rum in mano, quando scorse in lontananza una grande piazza da cui provenivano musica e luci a festa. Si avvicinò lentamente e vide un palco, stavano facendo un karaoke e gli venne in mente il periodo in cui la parte demoniaca aveva preso il sopravvento, con tutte quelle serate perse a cantare ubriaco pesto davanti a gente sconosciuta.
Non era stato poi così male no? Non pensare a niente, non curarsi di nessuna emozione, non doversi preoccupare di niente e di nessuno.
Le emozioni erano la cosa peggiore, soprattutto adesso che aveva perso la sua Charlie. Ed era stato anche un po’ per colpa di suo fratello, e del suo angelo. Se c’era una cosa che in tutti quegli anni non avevano ancora imparato, e ci si metteva in mezzo anche lui, era comunicare, parlare, fare le cose importanti insieme. Era appena tornato dalla dimora degli Stein, li aveva massacrati tutti, uno dopo l’altro senza pensarci un attimo. Ed era ancora incazzato, nervoso, agitato, nevrotico, e soprattutto molto ubriaco. Ci mancava il karaoke con la festa in paese. Ma forse era quello che gli serviva per tornare a quei momenti in cui le emozioni erano come un’immagine sfocata su uno specchio lercio.
Si avvicinò alla consolle che stava sotto il palco e diede un occhiata al libro con l’elenco delle canzoni, sfogliandolo come se non ne conoscesse neanche una.
Scelse Back in Black degli AC DC e salì sul palco ancora barcollando. Iniziò a cantare con gli occhi semichiusi, quasi a metà canzone però si trovò a spalancarli, riconoscendo tra la folla quel ragazzino a cui, per un po’ di tempo della sua vita, aveva fatto da padre.
Ben lo fissava con aria incuriosita, come se stesse vedendo una vecchia conoscenza che non riusciva a riconoscere. Dean restò un attimo in silenzio mentre la musica continuava ad andare avanti e le parole scorrevano sullo schermo. Si sentì la testa pesante come un macigno e per un attimo perse totalmente la bussola cadendo sul palco lì davanti a tutti. La gente lo fissava, chi divertito chi preoccupato. L’addetto al karaoke si avvicinò e lo aiutò a rialzarsi. Dean appena in piedi guardò subito nella direzione in cui aveva visto Ben poco prima, ma il ragazzo non c’era più.
Bene, aveva fatto una gran figura di merda davanti a tutti per cosa? Un allucinazione? Se l’era immaginato? Era forse colpa dell’alcol?
Scese dal palco in fretta e furia, con qualche risata di uomini panciuti e ubriachi, a cui Dean rivolse il suo sguardo irritato da omicida. Se fosse stato demone, in quel momento, li avrebbe di certo ammazzati tutti.
Proprio mentre stava per avvicinarsi ad uno di quegli uomini per chiedergli quale fosse il problema, rivide Ben che si era avvicinato al palco, forse per vedere come stava lui? E d’un tratto Dean tornò lucido come se tutto l’alcol gli fosse semplicemente evaporato dal corpo.
“Ehi amico, stai bene?” chiese Ben.
“Ehm, si ragazzo, tranquillo. Troppo alcol, sai?” rispose Dean confuso. Ben era cresciuto tanto dall’ultima volta che l’aveva visto. Era proprio un bel ragazzo, e tra sé e sé pensava a quanto gli fosse mancato e quanto avrebbe voluto, in una vita impossibile, stargli accanto e vederlo crescere in tutti quegli anni.
“Ah, ecco. Beh, capita a tutti prima o poi.” disse Ben con un mezzo sorriso.
“Spero non a te, quanti anni hai ragazzino? E dov’è tua madre?” si ritrovò a dire Dean senza riuscire a frenarsi. Ben per un attimo lo scrutò con attenzione e poi esclamò “Ho 16 anni, non sono un moccioso. E non che siano affari tuoi ma mia madre è morta. Due anni fa.”
Dean sprofondò in un buco nero di pensieri. Lisa, quella che era stata la sua Lisa per un po’, non c’era più. E aveva lasciato Ben da solo a questo mondo. Se solo si fosse interessato di più avrebbe potuto saperlo, ma cosa avrebbe potuto fare, infondo? Non poteva di certo prendersi cura di Ben.. non con la vita che facevano, non pensando a quello che era appena successo a Charlie.
“Ci conosciamo per caso?” Ben lo distolse da quel turbine di pensieri.
Perché gli aveva chiesto una cosa del genere? Era possibile che ricordasse qualcosa dopo tutti quegli anni e l’incantesimo di Cas? Con tutto il casino degli angeli caduti e della grazia perduta e riacquistata non si sarebbe stupito più di tanto. “Non credo ragazzo.”
“Ben, sono Ben.” gli disse porgendogli la mano. Quel gesto così formale ma familiare allo stesso tempo ghiacciò Dean che si affrettò subito a stringergli la mano.
“Dean.” disse quasi sottovoce forse per non farsi sentire, come per paura che quel nome potesse risvegliare qualche ricordo.
“Bene, ci si vede in giro allora, sono contento che tu stia bene.” disse Ben andandosene verso un uomo molto più grande di lui. Chi poteva essere? Uno zio? Un parente? Chissà chi si occupava di lui. Chissà come era morta Lisa. Tutte domande che, pensava Dean, sarebbero rimaste senza risposte.
Il giorno dopo Dean si risvegliò nella stanza del motel in cui aveva deciso di restare per la notte. Non aveva voglia di tornare a casa, non aveva voglia di vedere nessuno, di fare niente. Il pensiero, però, tornò a Ben e a tutto quello che non gli aveva dato, a quello che avrebbe potuto avere, a quello che avrebbe potuto essere. Se fosse rimasto con Lisa e Ben probabilmente Charlie non sarebbe morta, probabilmente ora non si ritroverebbe con quel marchio al braccio. Ma non si scappa dalla propria vita, non si può scappare da sé stessi. Era inutile rimuginarci troppo sopra.
Passarono un paio di giorni in cui Dean non faceva altro che bere e buttare all’aria mobili, tirare pugni alle pareti, rompere gli specchi in cui si rifletteva un immagine nella quale faticava a riconoscersi. Non poteva accettarsi con quel coso al braccio, non poteva accettare la morte di Charlie, non poteva accettare quello che era diventato, quello che la sua vita era diventata, non più.
Andò nel bar del motel per fare rifornimento di qualche pacco di patatine quando vide un giornale sul tavolo, con una foto di Ben e altri due ragazzi, un maschio e una femmina più o meno della sua stessa età, in prima pagina. Erano scomparsi.
“Sul serio?” si ritrovò a ringhiare tra i denti. “Io compaio di nuovo nella vita di questo povero ragazzo e due giorni dopo scompare?” pensò tra sé e sé. Non poteva essere una coincidenza. Sicuramente c’era qualcosa di soprannaturale di mezzo.
Iniziò a fare le sue ricerche e scoprì che c’era un covo di vampiri non poco lontano da lì. Era pur sempre un buon punto dal quale iniziare.
Arrivato al covo, senza troppi scrupoli, entrò e massacrò tutti risparmiando solo quello che sembrava il capo. Gli mostrò la foto del giornale e il vampiro con riluttanza gli rispose che si, l’avevano presi loro, in principio per cibarsene e poi per trasformarli.
“Ora trasformate pure i ragazzini?” urlò schifato Dean.
“E’ una cosa nuova, per attirare prede. Si muore di fame qui ultimamente.” rispose il vampiro infastidito, disperato per il fatto di aver trovato un Winchester sulla sua strada.
“Dove sono? Dove li avete nascosti?” chiese Dean minacciandolo con l’ascia logora del sangue di tutti gli altri vampiri che aveva già trucidato.
“Al piano di sotto, sono in cantina..” rispose il vampiro, pronunciando le sue ultime parole prima che Dean gli mozzasse la testa.
Si precipitò al piano di sotto e trovò sette ragazzi e quattro ragazze tutti legati e visibilmente deboli.
“Ehy amico, sono qui!” gridò Ben appena vide Dean.
Dean si sciolse per un attimo appena vide il sollievo sul volto di Ben. Era riuscito a salvarlo. Almeno questo l’aveva fatto. Almeno lui era riuscito a salvarlo. Portò fuori tutti, che lo ringraziarono ancora impauriti ma finalmente liberi.
“Come ci hai trovati? Come sapevi che ero qui? Sei qui per me, vero?” chiese Ben guardandolo negli occhi. Dean non poteva scappare da quello sguardo.
“Ho visto la foto sul giornale.. questo è più o meno quello che faccio per vivere.” rispose Dean alzando le braccia e facendo cenno all’ ascia ancora grondante di sangue che teneva in mano.
“Credo di saperlo, sai? Credo di aver saputo per tutto il tempo che sono stato chiuso qui in trappola che saresti arrivato. Non so perché.. Forse perché sono un paio di anni che ti sogno.” Dean rimase stordito per un secondo. Non sapeva proprio cosa dirgli, non sapeva come spiegarsi. Era il caso di dirgli la verità?
“Ci conosciamo già, vero? Dean.. erano sogni ma erano così vividi.. sembravano ricordi. Puoi dirmelo, dimmi se è tutto vero, almeno saprò di non essere pazzo, almeno finalmente tutto avrà un senso..” disse Ben tutto d'un fiato, quasi come se si fosse liberato da un peso.
“Non sei pazzo, ragazzino.” replicò Dean mettendogli una mano sulla spalla “Non sei pazzo.”
Dean accompagnò Ben a casa, dove scoprì che quell'uomo più grande era un amico di famiglia. Un uomo vedovo che teneva molto a Ben, che era per lui come il figlio che non aveva mai avuto con la sua defunta moglie. Scoprì anche che Lisa era stata colpita da un tumore. Niente di soprannaturale, eppure uno dei mali peggiori. Si sentì così triste e così in colpa per non esserci stato. Per Lisa. Per Ben.
“Ora devo andare, ho un po’ di cose da sistemare.. sono contento che tu stia bene.” disse Dean per allontanarsi al più presto da Ben, per non incasinargli nuovamente la vita.
“Sto bene grazie a te.” si affrettò a dire Ben abbracciandolo “Stavolta dimmi che non è un addio.” gli disse ancora stretto a lui.
“Non è un addio” rispose Dean socchiudendo gli occhi e dando due pacche sulla schiena a quel ragazzino così minuto ma terribilmente forte. Se la sarebbe cavata, pensò.
Ben si staccò e lo salutò. Dean se ne andò e pensò a quanto volesse effettivamente che quello non fosse un addio.. Doveva trovare un modo per rimuovere quel maledetto marchio dal braccio. E l’avrebbe fatto. Per sé stesso, per Ben, per Sam, per Cas, per Charlie.
   
 
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