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Autore: lagunablu    08/09/2015    5 recensioni
Unima. Sono passati tre anni da quando il team Plasma è stato battuto, ma ora una grave minaccia incombe sulla regione e rischia di sconvolgere da vicino la vita di una nuova Touko. La ragazza questa volta non è sicura di potercela fare, o per lo meno non da sola.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Touko, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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          Crepe

Quando Camilla aprì gli occhi realizzò di essere diventata cieca. Era come se di fronte a lei si ergesse una patina nera contro la quale i suoi occhi si andavano a scontrare senza sosta, tentano inutilmente di scavalcarla. I primi momenti furono di puro panico, la sua mente impazzì e concepì addirittura il pensiero di una sua presunta morte. Questo però era impossibile, sentiva uno strano tepore affianco a lei che le scaldava le membra irrigidite e percepiva il crepitio di un fuoco non molto lontano, poteva dunque essere gravemente malconcia ma la morte avrebbe dovuto aspettare. Tuttavia riuscì a tranquillizzarsi per davvero solo quando il nero che vedeva attorno a se iniziò a sbiadire, donandole una sufficiente visuale dell’ambiente nel quale si trovava. A quanto stava dalle sue prime percezioni visive non si era mossa di molto, le pareti putride delle fogne la accolsero risparmiandole il tanfo che aveva accompagnato il suo precedente itinerario, mentre con stupore si accorgeva di essere contornata da ben quattro piccoli falò appiccati su dei vecchi cenci. “Forse qualcuno vuole cuocermi per poi mangiarmi” si ritrovò stupidamente a pensare la bionda, poggiando le mani sul lurido pavimento e provando a tirarsi su. Ogni muscolo, osso e articolazione del suo corpo stridette e dolette per quel gesto arrischiato, ma lei se ne curò poco. La preoccupava di più l’enorme spossatezza che si era impadronita della sua persona e il terribile cerchio alla testa che pareva non darle pace. Strabuzzò gli occhi alla vista di Charizard appoggiato alla parete mentre i ricordi riaffioravano repentini alla sua mente, confondendola ancor più.
Aveva assistito di persona all’attacco di quelle reclute, Touko doveva essere stata annientata sotto la potenza di ben quattro Iper Raggio e lei d’altro canto avrebbe dovuto trovarsi in quel momento al cospetto di Ghecis o almeno in qualche prigione dei Plasma. Invece era ancora lì, stanca nonostante si fosse appena svegliata e… infreddolita. Si porto lentamente le mani attorno al busto e si accorse di indossare un giaccone nero sopra il suo solito, somigliava in modo particolare a quello di Touko ma la coincidenza si prospettava impossibile e perciò decise di accantonare il problema. Avrebbe voluto camminare ed andarsene da lì, capire che giorno fosse e cosa fosse successo ma sentiva gran parte dei muscoli rigidi e dolenti quindi, in un misto di delusione e preoccupazione, decise di rinunciare. Eppure in tutto quello c’era qualcosa che stonava. Si guardò bene intorno, sondando il territorio con innaturale attenzione, fino a notare un dettaglio che tra tutti la colpì maggiormente: il canale fognario, con quel suo scrosciare che le aveva tenuto compagnia durante la camminata, era per gran parte ghiacciato. Acuì la vista constatando che solo qualche metro più in là l’acqua riprendeva il suo corso erodendo la fredda lastra e tornando a muoversi libera.
«Ehi! Bentornata tra noi!» per poco il suo cuore non cessò di battere.
Non c’erano giustificazioni, quella voce leggermente roca poteva appartenere soltanto ad una persona che visti i recenti fatti era considerata morta: Touko.
Camilla si voltò lentamente, quasi spaventata, e osservò l’esile figura della brunetta svoltare da un canale poco più avanti ed avvicinarsi saltellando. Sembrava felice e la ragazza non seppe dirsi da quanto non la vedeva così ed anzi semmai l’avesse vista. Il suo sorriso, quello vero, non lo aveva mai scorto tra il cipiglio malinconico e crucciato che sempre aveva deformato il suo giovane viso. Ora invece la Campionessa sembrava letteralmente emanare gioia e la bionda si ritrovò a chiedersi quale grande avvenimento potesse averla resa così felice.
«Ho capito, sono morta e come punizione dovrò passare l’eternità in questo posto maleodorante…» le sue riflessioni le avevano fatto affiorare alla bocca queste insolite parole.
«Le considerazioni che ti portano a ciò?» chiese per nulla impressionata la brunetta inginocchiandosi accanto alla ragazza.
«Tu stai sorridendo e questo va dritto nella categoria “miracoli”» mentre Camilla parlava l’altra scoppiò in un’insolita quanto fragorosa risata che rimbombò sulle pareti del canale fino a disperdersi, «scusa, ma credo di averti visto morire con i miei occhi…».
«Appunto credi! Guarda invece cosa ho trovato!» continuò a sorridere Touko porgendole due piccole piastrine fredde che per l’altra non avevano alcun significato.
Poi, spiazzando la bionda, le mise una mano in fronte con un’attenzione quasi materna per poi passare a controllarle il battito. Sembrava in attento esame ed un’espressione apprensiva le velava il volto.
«Devo preoccuparmi…?» mormorò Camilla titubante.
«A quanto sembra no! Però quando ti ho portata qui…».
«Cos’avevo?».
«Mettiamola così: se ti avessi versato sopra dello sciroppo alla frutta saresti stata uno dei più grandi ghiaccioli della regione!» finì la brunetta come se la conclusione del suo pensiero potesse suscitare una qualche ilarità. Cosa che però non accadde.
«Mi stupisce “l’uno dei”, qui ad Unima create spesso ghiaccioli giganti?».
«No, ma sarebbe una buona idea per sfruttare i tipi Ghiaccio!».
«Ti… ti rendi conto di cosa stiamo parlando?» alla domanda della bionda seguì qualche istante di silenzio.
Poi entrambe scoppiarono a ridere come bambine e Camilla sentì per qualche momento sciogliersi tutte le preoccupazioni che le si erano annidate nel cuore. Necessitava di spiegazioni ma si concesse quel momento di svago, sicura che non ce ne sarebbero stati molti altri da lì a poco. Poteva ammettere, con allarmante serenità, che la persona che aveva di fronte non era male, spensierata, gioiosa e leale era l’esatto prototipo della perfetta compagnia in una situazione tesa come quella. Fu quasi tentata di immortalare quel momento, il preciso attimo in cui la risata era esplosa sul viso di Touko facendolo risplendere di pura luce. L’avrebbe conservata, quell’istantanea, perché la dura realtà era ben diversa. Non poteva certo abboccare come una stupida al tranello della “nuova Touko” che in verità si era rivelato come l’ennesima facciata che la brunetta esibiva al suo pubblico. Fin dalla prima occhiata aveva capito che quella che aveva davanti era solo una debole figura di cartapesta, una maschera ben fatta e sfavillante che però non poteva ingannare il suo allenato acume. Lo stesso valeva per il siparietto appena architettato, aveva facilmente compreso che la ragazza aveva voluto alleggerirle il peso della situazione e in qualche modo distrarla. Ciò, da qualsiasi prospettiva la si vedeva, non prometteva nulla di buono. Dopo questo doveva dunque aspettarsi qualcosa di sconvolgente ed era meglio preparare la sua mente al peggio, rimanevano infatti molti punti oscuri riguardo la vicenda.
«Innanzitutto ringrazia Charizard, se non fosse stato per lui ora tu saresti morta…» sospirò la brunetta rialzandosi «se ti interessa sapere ciò che è successo seguimi in fretta. Oh se non ti interessa è lo stesso perché tanto quella è l’unica via di uscita da questo “posto maleodorante”!» finì imitando la sua voce.
Camilla ignorò la presa in giro e si fece forza, diede un buffetto a quello che doveva essere stato il suo salvatore e porse il giaccone nero all’altra che le prese dalle mani pure quelle piastrine ghiacciate datele in precedenza.
«Qui bello, occhio a non bruciarle!» stava esclamando la Campionessa a Charizard che, solo con l’ausilio della fiamma sulla coda, sciolse il ghiaccio che ricopriva quelle che ora sembravano due tessere.
«Che piacere conoscerla, Karen Johonson!» continuò tranquilla Touko porgendole la tessere che doveva essere appartenuta all’unica recluta femmina che avevano incontrato.
«Ammetto sia una buona idea infiltrarci come reclute ma tu? Ti ricordo che erano tutti uomini…» obbiettò la nuova Karen intuendo il piano dell’altra.
«Già… Morgan Rothstein… era del ragazzo castano che è sempre stato in disparte durante lo scontro. Immagino che dovrò adottare un travestimento…» sembrava parlare più a sé stessa che ad altri «intanto seguimi!».
Camilla ne fu felice, a quanto detto a momenti sarebbero state fuori e, anche se l’idea di essere esposta a potenziali pericoli mortali non era delle più allettanti, preferiva di gran lunga quello all’ambiente soffocante nel quale stava marcendo, seppur da poco. Più i metri passavano però, più il pavimento andava ricoprendosi di un’insolita patina ghiacciata e la temperatura era in rapida discesa. Quando svoltarono l’angolo alla bionda si mozzò il fiato in gola e per qualche secondo non fu in grado di articolare una qualche parola di senso compiuto. Tutto ciò che i suoi occhi potevano vedere era del lucido e gelido ghiaccio. Sui muri, ai loro piedi, sulla botola che avrebbero dovuto attraversare e, orrore maggiore, sulle reclute che le avevano attaccate. Queste stavano impalate come delle belle statuine in pose scomposte e innaturali; sembrava ironicamente una fotografia, ma i volti non erano sorridenti, bensì contratti in smorfie di dolore miste a stupore che fecero rabbrividire Camilla più del freddo.
«Che hai fatto?» forse il suo tono stava risultando troppo alto, ma quello spettacolo le dava il voltastomaco.
Quello che ottenne fu solo un sorrisetto sbieco da parte della brunetta che inclinò la testa a lato incurvando le sopracciglia.
«Rispondimi!».
Il tono imperativo e lo sguardo della bionda suscitarono non poca irritazione nell’altra che scrollò le spalle in modo infantile, non aveva una gran voglia di mettersi a discutere ma la ragazza sembrava voler attaccare briga.
«Touko, cos’è questo orrore?» persino la Campionessa dall’alto della sua latente indifferenza poteva percepire il tono inorridito.
«Ho semplicemente salvato la vita a te e… ah si nel caso non lo ricordassi io ci stavo per rimettere la pelle!» decise di controbattere infastidita.
«Certo, quindi creare un surrogato de “la regina delle nevi” ti è sembrata l’idea migliore?».
«Vista la situazione… d’altro canto avresti potuto aiutarmi anche tu se non fossi stata così fessa da credere alle parole di...» cercò di ripescare dalla memoria il nome «Kate!».
«Karen…» sospirò la bionda mollando stancamente le braccia sui fianchi, se quella era la copertura che avevano allora avrebbero fatto prima ad andare per le strade di Luminopoli con un grosso cartellone con su scritto “infiltrate e nemiche dei Plasma”.
«Sì, sì è lo stesso… ora ti sei calmata?».
Calmata? Come faceva ad essersi calmata? Quel luogo era diventato una mortale prigione di ghiaccio per quelle quattro povere anime che in tutta probabilità non sarebbero durate fino a sera. Camilla sapeva bene che non si poteva guadare in faccia al nemico, ma quello era troppo, era un omicidio volontario, un’azione brutale e mostruosa. Se solo per un istante avesse sentito Touko canticchiare “le belle statuine d’oro e d’argento” non avrebbe aspettato un attimo a fiondarsi verso la strada del ritorno.
«Si può sapere come hai fatto…» sospirò non dandosi ancora per vinta.
«Quando i loro attacchi si sono diretti verso di me ho semplicemente messo a frutto il duro lavoro fatto a Mogania. Ho allenato molto Samurott in diversi potenziamenti di mosse, quello che ha colpito il quartetto…» spiegò allargando il braccio per indicare le quattro reclute, «era una Geloraggio davvero soddisfacente. Certo, il risultato è stato un po’ azzardato ed era un salto nel vuoto visto che mai era riuscito in così vasta scala, ma posso affermare il successo!».
Alcune nuvolette di condensa uscivano dalla bocca della brunetta mentre parlava, affannandosi a spiegarle tutto nel minor tempo possibile. Era ironico come quella sembrasse in qualche modo dolce e ingenua mentre l’ambiente intorno a lei stonava per crudeltà.
«Spiegati meglio!» si innervosì l’altra, osava solo immaginare la forza che avevano raggiunto i Pokémon di Touko durante quei mesi.
«Beh, Samurott ha puntato verso il basso ed il ghiaccio ha iniziato a coprire qualsiasi superfice ad una velocità sbalorditiva, così Charizard ti ha letteralmente strappata dalle grinfie di quell’energumeno che però ha opposto resistenza. Ha addirittura ordinato un Palla Ombra al suo Liepard prima di finire congelato, ahimè sei stata colpita anche se di striscio ed eri già svenuta di tuo. Capisci quindi che trovare un modo per scongelare questi qui era l’ultimo dei miei problemi?».
«In effetti…» biascicò incredula la ragazza.
Doveva esserle grata in fondo, aveva dato il meglio di sé per salvarla e forse era davvero cambiata. Magari si stava sbagliando, Touko non stava fingendo e si stava impegnando per diventare la Campionessa che non era mai stata, probabilmente la regione le stava davvero a cuore. No, non era il momento adatto per rimuginarci su, ci avrebbe pensato in seguito se fosse sopravvissuta, ora le attendeva la parte più difficile e dovevano sbrigarsi.
«Ci conviene stare molto attente. D’ora in poi non sarà facile…» Touko era diventata improvvisamente seria e la bionda si arrese di fronte alla complessità di un simile comportamento.
Questa era intenta a farsi una strana acconciatura, simile ad una crocchia ed, una volta terminato il suo lavoro, prese da terra un cappello da recluta. L’altra sorrise, era quello che aveva fatto cadere a Karen durante il suo disperato attacco ed era ben contenta di vedere che ora poteva tornare utile alla causa.
«Non sembro un ragazzo perfetto?» la brunetta si era ficcata con poca grazia il cappello e la pettinatura di prima faceva sembrare i capelli molto più corti. Dalla sua aveva anche il giaccone, capo per nulla femminile, che non mancò di chiudere fino all’ultimo bottone per ottenere una maggior copertura. Ora erano visibili solo naso e occhi e se avessero camminato nelle retrovie, tra la sicurezza che davano le tessere e il suo vestirsi in nero, forse non l’avrebbero riconosciuta.
«Tu vai anche bene, ma io? Non mi risulta che Karen fosse bionda…» obbiettò Camilla.
«Non essere troppo fiscale… nel caso prepara qualche buon manrovescio» sghignazzò l’altra mentre prendeva uno sciarpone dalla borsa e glielo legava per coprirle la faccia.
«Questo piano fa acqua da tutte le parti!» sbottò questa rifiutando l’aiuto.
«Potremmo tagliarti i capelli, Cami…».
«Stai passando troppo tempo con Red… e no, vanno bene così!».
Tutto sommato la bionda era felice di averla al suo fianco, poteva contare sulla sua forza e il che non era poco. Forse era meglio ringraziarla per averle salvato la vita prima di rischiarla nuovamente, ma poi il suo pensiero si rivolse a quelle vite intrappolate nel ghiaccio e decise di fare la sua mossa.
«Touko, è meglio aiutare queste persone… dopotutto il nemico principale è Ghecis e…».
«Ehi ehi, ho capito tranquilla anima buona!» sorrise la Campionessa con tutta la gentilezza possibile «non sono ancora diventata un mostro quindi sappi che prima ho inviato un segnale con una delle loro ricetrasmittenti e quindi verranno soccorsi, noi intanto saremo al sicuro e con la coscienza pulita».
Aveva spiegato tutto con innato candore e un’espressione talmente ingenua e comprensiva che per Camilla fu impossibile non crederle. Trovare il lato buono in qualsiasi persona era la sua inclinazione e tutto ciò che era successo finora la portava a fidarsi della compagna, in fondo l’aveva salvata e se ora il piano stava procedendo era solo grazie a lei. Con il cuore più leggero annuì soddisfatta, prese saldamente la Ball di Charizard e si preparò mentalmente a ciò che stavano per affrontare. Eppure se solo ci avesse pensato qualche secondo in più avrebbe capito che Touko non avrebbe potuto usare nessuna ricetrasmittente visto che il ghiaccio aveva sicuramente mandato in tilt i sistemi. E poi, se non fosse stata abbagliata dalla gioia nel essere fuori da quella fogna si sarebbe accorta di Samurott che, con un veloce Geloraggio, aveva nuovamente bloccato la botola dalla quale erano uscite, rendendo così ogni tentativo di aprirla molto più complesso del dovuto. Ci sarebbe dunque dovuto molto più tempo del previsto per dare ai corpi lì dentro una degna sepoltura, sempre che li avessero trovati.
Era così piccolo il confine tra un essere umano e un mostro?

 

Se un tempo il nome del Campione di Kanto fosse venuto fuori in una qualche discussione in molti lo avrebbero definito come un’anima solitaria, uno spirito libero, una persona menefreghista e salda sui propri principi. Agli anziani che tessevano lodi sulla leggenda di quel personaggio si sarebbe contrapposto chi vedeva in lui solo un egoista. A Red tutto ciò non aveva mai dato un gran fastidio, le opinioni altrui gli scivolavano via velocemente, non si faceva mai problemi riguardo a ciò che altri dicevano, dicerie che il più delle volte non lo raggiungevano nemmeno. Il problema era che ora per lui era assolutamente impossibile non immaginare la faccia di quei fatidici “altri” nel vederlo lì seduto al caffè di Levantopoli, per conto di una ragazza, ad aspettare per ore quello che veniva spacciato per il Campione della regione, per cercare di contrattare una sottospecie di accordo. Un anno prima questo per lui sarebbe stato completamente anomalo e il ragazzo non riusciva a dar torto alla parte di sé che rideva di fronte alla sua recente disponibilità. Atteggiamento che lo avrebbe portato a parlare anche con una persona che tra tutte avrebbe voluto evitare e che anzi sperava non si presentasse all’incontro. Non che lui avesse mai sentito grandi obblighi verso Unima, ma era pur vero che scomparire nel nulla senza dare spiegazioni non era esattamente il gesto più elegante che si potesse fare e da un lato poteva immaginare come quella persona l’avesse presa. Anche qualche mese prima lui aveva agito, abbandonando la regione in balia di molte difficoltà, dettato da un in reversibile “qualcosa” che sentiva nei confronti di quella stessa ragazza che gli aveva chiesto di mettersi in contatto con la Lega. Red non avrebbe mai pensato di avere un “tipo”, anche perché Touko non poteva essere catalogata in simili sottocategorie, troppo complessa era la sua natura. Sapeva però di essere nato con un carattere difficile, viveva protetto e al contempo separato dal mondo da quella scorza che lui stesso aveva creato, era sempre per le sue e sicuramente la permanenza sul Monte Argento non lo aveva aiutato.  Eppure da quando aveva conosciuto Touko un’altra parte di sé, quella che credeva di non possedere, aveva iniziato a lottare per emergere. Ai suoi occhi sovente riusciva a far vedere il ragazzo determinato ma gentile che era pronto a tutto pur di aiutarla e proteggerla. Era a volte frustrante, ma si sentiva quasi in debito con lei per avergli fatto vedere che in lui albergava un altro Red. Touko sicuramente, tra tutte le ragazze che aveva conosciuto, era quella su cui avrebbe scommesso di meno. Non sembrava per nulla adatta a lui, forse troppo simile e con quel comportamento inavvicinabile che avrebbe fatto desistere chiunque. La loro partenza poi non era stata delle migliori ed anzi aveva rischiato di sfociare in odio e disprezzo sin dal primo secondo. Lui aveva creduto di aver davanti una bimbetta talentuosa ma spocchiosa, debole e inerme e lei probabilmente per un po’ lo era stata, non aveva scusanti. Con attenzione e pazienza però, incuriosito dalla sua persona, in lei aveva scorto anche un’anima testarda, orgogliosa e tremendamente instabile. Nonostante le ci volesse tempo alla fine trovava il modo di alzarsi, anche se non ammetteva le cose e faceva la complicata tenendosele per sé lui riusciva a capire ogni pensiero che le passava per la testa. Diceva di fregarsene di Unima però ora era lì per dare una mano, sosteneva di volersi isolare da tutto ma gli aveva chiesto di starle vicino. Era un continuo controsenso, ma la cosa che più aveva infastidito il ragazzo era il suo essere così apparentemente volubile e superficiale, la vedeva ridere e parlare con allegria e un momento dopo chiudersi in religioso silenzio; mesi prima l’aveva assistita quando aveva abbandonato tutto e ora era stato presente ai suoi sensi di colpa.
Doveva ammettere a malincuore che aveva avuto bisogno di molto tempo prima di capire il suo principale tratto e, una volta compreso, la sola presenza della ragazza aveva abbattuto tutte le sue barriere: Touko era prima di tutto una grande bugiarda. Ed era prerogativa di un’attrice così capace il non mentire agli altri, cosa troppo semplice e noiosa, ma bensì a sé stessa, certamente una sfida più ardua e interessante. Red l’aveva vista in ogni minima sfumatura, aveva analizzato ogni sfaccettatura ed era rimasto inerme di fronte alla tale serenità che ostentava quando mentiva. Il ragazzo aveva potuto così comprendere quanto tempo e fatica era costato alla ragazza costruirsi tutto quel personaggio, convincersi di essere debole, sbagliata e di non andar bene. Essere quella Touko, quella Campionessa dei disastri, era stato per lei la più ardua delle parti da recitare ma anche la più logorante. Come effetto aveva ottenuto una autoconvinzione ferrea e un odio spropositato verso la sua persona, Touko si era annientata da sola. Per queste eccezionali varianti del suo carattere il corvino le si era avvicinato ammaliato, anche se amaramente sapeva bene di non poter essere d’aiuto in alcun modo. Lui poteva solo essere presente, sorreggerla e spronarla, ma al resto avrebbe dovuto pensarci da sola. E non sembrava prospettarsi semplice.
Il campanello vicino alla porta tintinnò, svegliando Red da quel vortice di riflessioni. La cioccolata calda che aveva preso doveva essersi raffreddata perciò si preparò a chiederne un’altra alla cameriera quando si accorse che l’attenzione di tutti era concentrata altrove. Proprio all’entrata stava un ragazzo, gli occhiali appannati dalla condensa e le mani ancorate incerte al braccio dell’accompagnatrice, una donna la cui sciarpa nascondeva il volto. I due sgusciarono veloci tra gli sguardi sprezzanti degli avventori, fino ad arrivare al tavolino di Red.
«Il ritardo è una delle cose che più mal sopporto…» mormorò sommessamente, ora più che mai il vecchio sé stesso gli avrebbe fatto comodo, doveva farcela per lei.
«Red, i convenevoli non sono il tuo forte» sospirò Aralia prendendo posto.
Non sembrava arrabbiata né in vena di attaccarlo, dava più un’impressione stanca e tremendamente colpevole. Il corvino portò alla memoria ciò che gli aveva raccontato Touko riguardo al macchinario rubato dai Plasma e il suo atteggiamento gli fu più chiaro.
«Soprattutto in situazioni di emergenza come questa…» ribatté svogliato il corvino, «siediti anche tu Campione!» al suono di quella parola ci fu qualche verso di disapprovazione da parte dei clienti, mentre il ragazzo prendeva immediatamente posto.
«Non credo sia il posto migliore per parlarci…» tentò di farsi valere questo.
«Il nostro eroe è in difficoltà fuori dalla Lega, qui nel “mondo esterno” la gente può attaccarlo» lo derise Aralia che rivolgeva il suo sguardo solamente a Red, come a voler ignorare Komor.
«Se tu non avessi litigato con Bellocchio, ora avrei la mia scorta…!».
«Sono d’accordo. La prossima volta cercheremo di ricordare a Bellocchio che rovistare tra gli appunti di una scienziata è perseguibile penalmente…».
«Ma certo, continuate pure a parlare di cose che io non so…» si sovrappose il Campione di Biancavilla.
«Quel dannato ha iniziato ad indagare su di me come se fossi una criminale! Ha cercato informazioni su quello schifoso prototipo e, non avendole trovate, aveva intenzione di interrogarmi…!» la Professoressa sembrava inviperita ma ebbe il tatto di mantenere un tono di voce accettabile.
«Così i due hanno litigato e ora la polizia non collabora con la Lega, mentre il Team Plasma la fa da padrone… siamo divisi in un momento così delicato…» finì il ragazzo.
«Così a volte dici cose intelligenti, sono colpito!».
Gli occhi di Komor ebbero un tremito mentre abbassava il capo pronto a sorbirsi un’intera ramanzina, che sorprendentemente non arrivò.
«Dovrebbe fare qualcosa di utile ma come vedi il malcontento si propaga a macchia d’olio…» Aralia continuava ad ignorarlo beatamente.
«Immagino sia così, è per questo ch-».
«La gente preferirebbe addirittura il ritorno di Touko… se solo no fosse morta… capisci, mi comparano a quella codarda?!» Red venne bruscamente interrotto dal ragazzo che ora si agitava sul posto, «forse se lei avesse fatto qualcosa in più ora non saremmo messi così male!».
Il corvino non era un tipo che credeva nella violenza fisica eppure in quel momento nulla al mondo lo avrebbe fatto più contento della sensazione del suo pungo sulla guancia di Komor. Una breve occhiata all’ambiente gli suggerì però che non appena lui e Aralia se ne fossero andati ci avrebbero pensato gli avventori a realizzare il suo desiderio. Il ragazzo a quanto sembrava aveva attratto su di sé tanti pareri negativi, la gente aveva iniziato ad azzardare che forse il carattere chiuso di Touko compensava con la sua forza e in fondo avrebbe potuto affrontare una minaccia come quella dei Plasma.
«Compiangono il morto di un omicidio che hanno compiuto loro…» mormorò Red ricordando il panico negli occhi della brunetta, la costante paura di quei giudizi sconsiderati che l’avevano dilaniata negli anni.
Il tocco della fredda mano di Aralia lo mise in allerta. La donna gli indicò due uomini che si stavano avvicinando dal bancone dove erano siti mentre con le labbra mimava un fugace “meglio andare”. Il ragazzo pose la sua attenzione alle due figure che sempre più minacciose avanzavano e scorse l’inconfondibile segno dei plasma cucito sopra la stoffa dei giacconi. Forse a Komor spettava più di un pungo.
«Via, veloci» ordinò a voce bassa con il tono più fermo possibile.
Non era una bella situazione, il locale era grande ma una lotta là dentro sarebbe stata catastrofica. Si voltò mentre raggiungeva l’uscio e vide che i due avevano accelerato il passo, nessuno tentava di fermarli.
«Come hanno fatto?» domandò ad Aralia.
«Levantopoli è neutrale, i tre Capopalestra a quanto pare non prendono difese e i Plasma ne approfittano» rispose prontamente questa, intuendo il fine della domanda.
«Sembra sospetto…».
«Chi quel trio? Non sei il primo a metterlo in dubbio» la donna glissò sul resto, ma il ragazzo intuì che giravano storie a riguardo. E quello non era il momento adatto per farsi dire vita, morte e miracoli del trio multicolore.
Il freddo lo investì all’improvviso e si ringraziò mentalmente per aver avuto l’accortezza di tirarsi dietro il giubbotto in pelle.
«Immagino siate entrambi equipaggiati di Pokéball…».
«Mi pare ovvio, questa non è esattamente la parte più pacifica di Unima!» ribatté stizzito Komor.
Red non aveva intenzione di ammettere, da buon pivello quale poteva sembrare, di aver scelto quella città proprio per la vicinanza con Luminopoli. Lo faceva stupidamente stare più tranquillo, ma si sarebbe buttato giù da un ponte piuttosto che ammetterlo. “Gli svantaggi di dover badare ad una persona così sconsiderata” pensò tra sé, immaginando che Touko doveva avere le sue buone rogne vista la situazione in cui si era cacciata. Meglio quindi non far precipitare le cose. Svelto prese la Ball di Gyarados e fece segno all’esemplare di Komor-lagna di nascondersi dietro un edificio.
«Divertiti Aralia, non capita tutti i giorni di vedere il grande Red all’opera…».
«Oh, e il grande Red cosa vuole in cambio di questo onore?».
In quel preciso istante le due reclute si catapultarono all’aperto e, con una spaventosa sincronia, Krookodile e due Amoonguss uscirono dalle rispettive sfere, pronti alla lotta. Un folgorante Idropompa colpì immediatamente il primo Amoonguss che sbatté violentemente contro un malcapitato palo lì vicino, piegandolo inesorabilmente. Il corvino non aveva perso molto tempo, voleva finire subito lo scontro per poi tornare alle sue trattative. La risposta del Krookodile fu repentina, Fossa lo fece scomparire in un batter d’occhio, ma la cosa non scompose minimamente il Campione che ordinò Rimbalzo al suo compagno. Il Pokémon Fungo già attaccato in precedenza ebbe vita breve, colpito fatalmente non oppose resistenza. Le reclute parlottarono tra di loro a denti stretti e Red non ebbe nemmeno il tempo decifrare un qualche loro messaggio, che un Paralizzante da dietro intaccò il perfetto stato di Gyarados. Era ben chiaro che l’altro Amoonguss avrebbe vendicato il KO del suo simile e, vista l’insolita agilità del Pokémon Atroce, anche il Campione dovette ammettere che era una strategia ben pensata. “Non abbastanza sufficiente però” sorrise internamente.
«Viscidi» mormorò a denti stretti Aralia, facendo un passo avanti e schierando in campo Watchong.
Questi frappose immediatamente la barriera di Protezione tra il Pokémon alleato e lo Sgranocchio di Krookodile, per poi stordirlo con Iperzanna. Nella mente di Red si figuravano più ingloriose fini da poter propinare a quelle reclute così stolte da averlo sfidato e, dopo tanto tempo, si ritrovò a sorridere freddo di fronte alla prossima schiacciante vittoria. Non era un problema la paralisi del compagno, bastava solo sveltire i tempi e non ci sarebbero state pesanti ripercussioni.
«Annientali…» sibilò mentre Gyarados scaraventava con la coda Ammonguss lontano dall’ipotetico campo lotta.
Senza nemmeno un momento di tregua un secondo Idropompa, che agli occhi delle reclute apparve più potente del primo, mise fuori gioco Krookodile. La Professoressa fece per impartire un ordine a Watchong quando venne fermata dalla mano tesa a mezz’aria del ragazzo. L’espressione che aveva in volto era indecifrabile eppure la donna si ritrovò ad averne timore; era lampante quanto la sua forza fosse sconvolgente, non temeva rivali in quel campo. Dire che fosse il numero uno era un eufemismo. Come per rimarcare i suoi pensieri Ira di Drago si abbatté impietosa sull’ultimo avversario rimasto che tentò di opporre una strenua resistenza. A nulla valsero gli sforzi, Gyarados gli fu addosso e con un ultimo attacco, un banale Gelodenti, lo rispedì nella sua Ball. Le reclute si fissarono per qualche fugace momento, indecise sul da farsi, poi valutarono più sicuro il darsela a gambe levate e in pochi secondi scomparirono dalla loro vista. Red fu tentato di bloccarli, ma poi realizzò che, seppur piccola, anche lui aveva una missione da compiere. Quelle reclute non avrebbero poi causato grandi problemi e quindi non erano di nessun ostacolo.
«Per rispondere alla tua domanda: in cambio, Aralia, voglio la promessa che tu non possa mai compiere un omicidio…» sorrise furbescamente il corvino, di fronte ad una donna allibita.
Aralia non capì molto ma preferì annuire e stringersi nel suo cappotto di lana, cercando di pescare dalla sua memoria l’ultima volta che aveva assistito ad una vittoria così fulminante.
«Ah tu!» continuò il ragazzo rivolto a Komor, che prudentemente usciva dal suo “nascondiglio”, «avrai degli illustri ospiti alla Lega!».
Il ragazzo si sistemò nervosamente gli occhiali, confuso. Non aveva idea a cosa si stesse riferendo Red, ma non aveva intenzione di fare lo zerbino della situazione perciò si preparò a controbattere malamente. Si impettì prendendo fiato, ma venne fermato da un’insolita allegra Aralia che esplose in una vivace risata. Ora la situazione le era improvvisamente più chiara eppure, nonostante tutto, non poteva fare a meno di sentirsi contenta, piena di una inaspettata e alquanto inarrestabile felicità.
«Non credo rifiuterà un favore a chi gli ha appena salvato la vita!» esclamò ridendo senza ritengo, poi con pochi passi si avvicinò al corvino per non farsi sentire e mormorò «e suppongo a chi ce la salverà…» finì strizzando in modo complice l’occhio.

 

 
Non c’era nessuna melodia nell’aria, né il benché minimo suono che potesse fari intendere la presenza di una qualche vita umana. Solo il sobrio e cadenzato ticchettio dell’orologio da parete, appoggiato proprio a metà corridoio, faceva da contorno alla sua andatura spedita. Aveva sempre pensato che quel mobile avesse una posizione stupida e parecchio azzardata, ma d’altro canto non aveva mai reputato i superficiali abitanti di Luminopoli come gente provvista di neuroni. Arrivò di fronte alla fatidica porta, da un lato contenta di non essersi persa e dall’altro preoccupata per ciò che la poteva aspettare. Entrò senza tanti complimenti, sorprendendo non di poco la figura che si stagliava dall’altro lato della stanza, proprio di fronte all’immensa finestra di vetro infrangibile. La sua mente, in ansia per la piega che poteva prendere la situazione, si ritrovò a pensare che se avesse scagliato il suo micidiale Pokémon contro di essa anche quella speciale vetrata si sarebbe rotta senza tante cerimonie.
Rise, ma senza gusto. Poi si bloccò non appena scorse una solitaria bottiglia di vino appoggiata al tavolo dove erano presenti vassoi di biscotti rimasti però intoccati. Il fiasco era ormai vuoto e non era difficile capire che gli ultimi rimasugli della bevanda si trovavano proprio dentro il bicchiere che l’ospite teneva a mezz’aria. I capelli scompigliati gli conferivano un’aria stanca, tutto in lui era completamente sfatto dalle tremende occhiaie alla camicia semiaperta che metteva in mostra il torace niveo.
«Adelaide…» soffiò dalla bocca screpolata il ragazzo mentre lei rimaneva immobile, a metà tra lui e la porta.
La bionda deglutì, tutto questo non andava bene. N aveva avuto un tracollo, la stessa notte i Plasma avevano fatto irruzione nella Foresta Bianca cercando di fare incetta di più Pokémon possibili. Era un ordine diretto da Ghecis e questo poteva significare solamente che il grande passo era ormai prossimo, ma il problema non sussisteva in ciò. Durante l’operazione, a cui aveva partecipato anche il giovane Principe, c’erano stati degli intoppi. In breve Adelaide non immaginava che gli abitanti di un posto così tranquillo fossero tanto agguerriti, non era stato facile prendere il controllo del luogo e alla fine numeroso vite nemiche erano state letteralmente spezzate. Lo spettacolo si era svolto proprio di fronte agli occhi del ragazzo che non l’aveva presa nel migliore dei modi, complice anche la “deformazione artificiale” della sua personalità. Ed ora eccolo lì, ad annegare nell’alcol come il più tormentato degli eroi. Ed ecco anche lei, il Tenente Adelaide, che come al solito doveva sistemare la situazione.
«Ehi, non ti fa bene bere tutto solo!» si armò di coraggio e iniziò ad avvicinarsi, ripassando mentalmente le mosse da fare. Doveva solo farlo sentire a suo agio, convincerlo che ciò che era successo non era così terribile ma niente di più.
«Sta succedendo qualcosa. Lo sento».
La bionda barcollò di fronte allo sguardo tagliente del ragazzo. Non sembrava aver bisogno d’aiuto, d’altronde gli effetti del dispositivo di Aralia dovevano aumentare intensità e durata sempre più col tempo. Rabbrividì al pensiero che N un giorno sarebbe stato completamente soggiogato dalla personalità che loro avevano costruito.
«Non ti seguo…».
«C’è qualcuno di particolare».
«Continuo a non capire…» ormai Adelaide era abbastanza vicina da sentire l’odore dell’alcol dell’alito del ragazzo.
«Forse Touko. Potrebbe essere. C’è qualcosa qui intorno, capisci?» stava parlando sommessamente, non c’era convinzione nella sua voce.
«Touko…».
No, quel nome no. Tutto tranne quello. La bionda fece una smorfia di disgusto per poi prendere malamente il bicchiere di cristallo, scolandosi poco educatamente il vino all’interno.
«Non riesci proprio a capire che è morta? Nessuno sa nulla da mesi, quella ragazza non esiste più!» finì con astio.
«Sì, va bene» N tornò a volgere lo sguardo alla finestra, deciso a non voltarsi più.
«Scusa solo che… c’è sempre lei in mezzo!».
«Non credo possa fregartene molto…».
La bionda tremò. Che avesse capito il suo ruolo in tutto questo? Non poteva sopportare un trattamento tanto rude ed era meglio proporre a Ghecis una valida alternativa che tenesse suo figlio ancorato ai Plasma.
«Ora non rispondi?» il tono andava a poco a poco ad alzarsi.
«Cosa vuoi che ti dica?» sospirò lei.
Era sempre così, era tutto già preparato in anticipo tra loro due. Lei eseguiva gli ordini mentre lui sembrava recitare un ruolo che però mal gli si addiceva. Era tutto finto, lei aveva un compito da svolgere, ne andava fiera eppure… cos’era quel sapore amaro? Touko era loro nemica eppure, nonostante tutto ciò che era stato immesso nella testa di N, lui continuava a nominarla e lei questo non poteva sopportarlo. Aveva iniziato prendendosi gioco dei sentimenti del ragazzo, che mai però gli erano appartenuti, ed ora si sentiva presa in giro a sua volta. Si era fregata da sola, ma non avrebbe ceduto a nulla.
«Farò venire qualcun altro d’ora in poi…» mormorò dando forma ai suoi pensieri. Lei era una combattente, non la balia di quel problematico ragazzo.
«Patetica».
«Cosa hai detto?».
«Sorda e patetica. Sei davvero una persona debole…» il tono di N non era canzonatorio ma terribilmente tagliente.
«Come ti permetti!?» non voleva ammetterlo ma quelle parole la stavano ferendo più del dovuto e questo era sbagliato.
«Dimostrami il contrario, Ade…» sussurrò girandosi, un’espressione terrificante in volto «…perché tu mi ami no?».
La bionda decise di andarsene, non poteva accettare tutto ciò. Le mani di N però le bloccavano le spalle, tenendola saldamente ed aspettando una qualche risposta. Se avesse avuto il potere di scomparire non ci avrebbe pensato due volte ad usarlo.
«Mollam-».
Adelaide non poté finire la frase poiché la bocca del ragazzo la assalì con un impeto spaventoso, mentre la teneva ancorata a sé in una presa sempre più dolorosa. E in tutta quella violenza e disperazione la bionda ci annegò, si smarrì negli stessi meandri che N aveva solcato finché non sentì una scossa partirle dalla bocca dello stomaco. Fu allora che temette di star andando a fuoco, ma non ebbe la voglia e il tempo di controllare. In pochi secondi si ritrovò con le mani tra i capelli del ragazzo, in un disperato tentativo di aggrapparsi a quei pochi frammenti di realtà che intravedeva, mentre, sentendosi completamente folle, dischiuse le labbra abbandonandosi del tutto.
Ghecis, l’imminente vittoria, il suo ruolo di tenente, in quel momento scomparvero del tutto. L’odio per Touko, i dubbi su sé stessa, i problemi del passato vennero dissipati in pochi attimi, lasciando spazio ad un solo ed unico sentimento. Ma la bionda, troppo presa o troppo persa, non si accorse che dalla tasca dei suoi jeans scuri era sparito qualcos’altro.

 

 
La Cioccolateria di Guna

Ora vi faccio ridere. Esattamente due capitoli fa dicevo  e cito testualmente “Suvvia che con le vacanze spero di sveltirmi” e poi aggiungevo un “pregate per me” ma ciò non conta. Questo capitolo è in iper ritardo e le vacanze sono finite, figo eh? Non vi vedo ridere, molto probabilmente troverete più semplice linciarmi. Bene dopo l’angolo “Guna spara cacchiate in diretta perché le piace  fare la figura da deficiente” direi di passare alle cose un pochino più serie, tipo chiedervi scusa in ginocchio per il grande grande grande ritardo.
Potrei dirvi che in questi ultimi mesi non ho passato dei gran momenti ma non siamo in un blog tumblr e a tutti voi giustamente non fregherebbe granché quindi meglio glissare. Diciamo che poi le vacanze mi hanno rammollito, ho passato le ultime settimane a rotolarmi sul divano mentre guardavo How I Met Your Mother e mi chiedevo perché diamine fosse finito in quel modo così odioso. Si insomma, l’unica cosa che ho prodotto è stata anidride carbonica, ma alla fine eccomi qui!

Come sempre ringrazio i fedelissimi Allys, Rovo e Inkchedisegnatrans (ehehe) per le bellissime parole e anche Vivilove01, adoro i nuovi recensori.
Ho finito di tediarvi, il prossimo capitolo arriverà spero in un mese e come sempre grazie a tutti!

(Nel caso qualcuno si stesse domandando il perchè di quel titolo beh, oltre ad avere delle idee pessime ho pensato che Touko mostra delle "crepe" nel suo ruolo di eroina, pure Levantopoli con il trio dalle capigliature improponibili è una crepa nella societa. E poi gran parte di voi dopo l'ultimo paragrafo vorrebbe  veder Adelaide crepare. Quindi crepe. Si faceva schifo e sono più che pessima lo so)

  
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