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Autore: Roslynxx    08/09/2015    2 recensioni
Scena alternativa della 3x02.
E se Hannibal avesse deciso di mostrarsi a Will nella Cappella Palatina?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Abigail Hobbs, Hannibal Lecter, Will Graham
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Bonsoir, Fannibals. *sorrisino compiaciuto* Sono tornata a torturarvi con le mie malsane idee, prima con una Destiel e ora con una OS Hannigram. Scusate le imperfezioni o il discorso poco chiaro, ma ormai dovreste essere abituati a leggere tra le righe lol. So che questo non giustifica la mia incapacità, assolutamente. Per questo vorrei sapere che cosa ne pensate se mai la leggerete; vi ringrazio in anticipo e accetto qualsiasi critica purché costruttiva.
Buona lettura e non fatevi devastare troppo da questi due. :3
Mary.




Faith&Fate.

 
 
I suoi pensieri correvano veloci, i ricordi s'insinuavano tra gli angoli più scogniti della sua memoria e la consapevolezza di una mancanza riempiva l'aria che stava respirando, provocandogli un dolore al centro del petto.
Will stava iniziando a dubitare della realtà stessa, a chiedersi come le cose sarebbero andate, dove loro sarebbero andati.
 Era solo una questione di scelte e ora, disteso sulla scalinata dell'atrio appartenente alla Cappella Palatina di Palermo, si domandava se quella intrapresa fosse la strada giusta.
 
La morale, l'eticità, in fondo, sono solo regole radicate nella coscienza umana. Avrebbe potuto disobbedire. Non è proprio l'uomo a stabilire cos'è giusto o sbagliato? Da dove proviene questo diritto?
Una parte di lui avrebbe voluto conoscere il gusto dell'irragionevolezza, sentire quella scarica di potenza nel decidere il destino di qualcun altro. Tuttavia, non era sicuro nemmeno del proprio.
 
«Non è ironico, riflettere sulla morale in una chiesa? » domandò Abigail, accennando un sorriso divertito.
Era seduta accanto a lui con lo sguardo fisso sul teschio impresso sul pavimento, simbolo di precarietà, decadenza e mortalità a cui ogni cosa è soggetta. L'unico simbolo contrapposto a tanta solennità, sontuosità ed eleganza che circondava le sole figure presenti al momento in quel luogo.
 
«E' qui che la gente viene ad esprimere le sue incertezze e cercare una risposta alle proprie domande. Credo non ci sia luogo più appropriato, invece.»
 
Will voltò la testa, in attesa della sua reazione, ma tutto quello che vide fu un freddo scalino di marmo e pietra corroso dal tempo.
 
Era nuovamente solo.
 
Sospirò mestamente. Facendo leva sui gomiti, si alzò lento e si diresse verso una delle panche di legno laterali, stanco di rimanere a fissare quello scheletro. L'aveva ormai scolpito nella sua mente, come se tutto ciò che aveva vissuto non fosse un promemoria abbastanza grande di come la sua vita fosse in bilico, sospesa tra due punti che potevano risultare decisivi.
Il rumore dei suoi passi echeggiava, sottolineando quanto quel posto fosse immenso se paragonato a lui.
 
Infine si lasciò cadere, quasi senza forze, colpito da una stanchezza pesante e indefinita.
 
«Mi rende felice constatare che il mio messaggio è arrivato al destinatario stabilito.»
Una voce profonda e un accento peculiare che non sentiva da mesi era adesso accanto a lui, seduto con una compostezza che era difficile attribuire alla sacralità del luogo o al suo modo di agire in sé.
 
Una parte profonda di Will, una parte nell'oscurità, in quel momento sorrise, rincuorata da quella presenza.
L'aria era tornata a pulire i suoi polmoni, più fresca di prima.
 
«Quindi è questo, il tuo palazzo della memoria. » constatò osservando le mura e gli ornamenti attorno ad entrambi.
Hannibal non rispose, non era una domanda. Attendeva solo di sapere i suoi pensieri in merito.
«Un edificio imponente, austero e raffinato, dedicato a un Dio.»
«Tu credi in Dio, Will?»
 
Impiegò qualche frazione di secondo prima di rispondere, mentre le parole vorticavano freneticamente nella sua testa.
 
«Quello a cui credo è la ferma convinzione che l'uomo abbia bisogno di qualcuno su cui addossare le responsabilità delle proprie scelte o di quello che tende a capitargli.»
Deglutì, scrutandolo attentamente negli occhi. Erano piccoli, ma di una profondità indicibile; brillavano quasi, davanti la luce tenue delle candele.
 
«Dio ha scelto bene per te o sta ancora valutando le opzioni?»
 
Will sentiva di essere ad una delle loro sedute terapeutiche, come in passato, ma la distanza tra i loro corpi era ravvicinata.
 
«Lui mi ha offerto una vita ipotetica e tale è rimasta. Ma una parte di me, adesso, vorrebbe che fosse reale.» abbassò il capo, distogliendo lo sguardo.
 
«Ti mette alla prova, talvolta, eppure sai che ti perdonerà, non importa quale strada sceglierai. »
Si soffermò, passando un dito sul legno della panca davanti a loro. Non c'era polvere sulla sua mano, segno che quella Cappella era mantenuta ancora in ordine. Poi lo guardò, stirando le labbra, con uno sguardo pieno di amore.
«E tu, lo perdonerai se mai dovesse essere troppo egoista?»
 
Si voltò verso di lui e un piccolo sorriso gli sfuggì.
«L'ho già fatto.»
 
Si regalarono entrambi uno sguardo complice e un sorriso leggero, mentre la figura del Cristo Pantocratore li osservava, silenziosa, dall'alto. In quel momento, il tempo si fermò concedendogli un momento isolato dalle loro vite confuse, che a tratti s'intrecciavano pericolosamente.
 
Le loro conversazioni non erano mai state semplici e in qualche modo riflettevano il loro rapporto, quasi offuscato dal gusto del Dr. Lecter, che paradossalmente, trovava affascinante Will Graham, un uomo tanto semplice quanto complesso.
 
Un uomo simile a lui.
 
«Le coincidenze della vita, di tanto in tanto, fanno sì che ti regalino momenti memorabili, resi ancora più perfetti dalle variabili esatte. Questo è uno di quei momenti degni di nota, non credi?»
 
Lui non rispose, non poteva contraddirlo, rovinando un momento di tale bellezza artistica e poetica.
 
Era questo che faceva Hannibal: tramutava in arte ogni cosa che toccava, dipingeva la sua Primavera personale, componeva i suoi inni.
Will tentava di districarne i fili, intessuti così accuratamente da poterne toccare la consistenza. E una volta sciolta la trama, per un istante, gli sembrava quasi impossibile non apprezzarne l'armonia.
 
Un Dio che crea forme perfettamente simmetriche, il cui disprezzo potrebbe considerarsi una blasfemia.
 
Allo stesso modo, aveva toccato l'esistenza di Will, senza modificarne del tutto le sue componenti. Non c'era parte di lui che avesse potuto cambiare o sostituire; tutto quello che cercava era già lì, in attesa di emergere. Lui gli stava solo indicando la strada, mentre la sua interpretazione era lasciata vaga.
 
Gli aveva mostrato un mondo nuovo, dove l'essenza dell'essere che accomunava entrambi non era un peccato da condannare.
 
«Un giorno sarai pronto per vedere la verità. Fino ad allora, io ti aspetterò.»
 
Non aggiunse altro, ma si alzò e si diresse verso l'uscita.
 
Il peso dentro Will si dissolse immediatamente, volò via come cenere esposta al vento, e la cosa lo turbò.
Si voltò velocemente a fissare l'enorme entrata, con il cuore in agitazione, ma questa era chiusa.
 
Adesso era completamente solo e nuovi dubbi si affollarono ulteriormente nella sua testa.
 
Il suo sguardo si posò automaticamente sul Cristo raffigurato davanti a sé.
 
Era crudele, pensò.
 
   
 
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