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Autore: imallaboutcalumsbass    08/09/2015    2 recensioni
Isabelle è la figlia del ricco e famoso imprenditore Edward Waldner. Fin dalla sua nascita, è abituata a vivere serenamente nella sua enorme reggia, circondata da maggiordomi, governanti e camerieri, che strisciano ai suoi piedi, ad ogni suo schiocco di dita. Crescendo, si rende conto che la vita che conduce è ricca di piaceri, quanto di oppressioni. Si sente schiacciata ed intrappolata in quel mondo che predilige la perfezione, sente come se stesse sprecando la sua vita, non stesse vivendo tutte le esperienze che una ragazza della sua età dovrebbe e non ne avesse il controllo, a causa delle imposizioni che deve eseguire alla lettera per integrarsi in quella società. Quando incontrerà Calum Hood, un modesto venditore di strumenti musicali, la sua vita di accenderà e si incasinerà.
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Tratto dal primo capitolo:
"Perché hai continuato a mostrarmi le chitarre?" Chiese Isabelle, curiosa. Il ragazzo piegò la testa, elaborando la domanda. "Se sapevi che non mi interessava." Spiegò la giovane. Lui alzò le spalle.
"Perché mi piaceva il modo in cui mi guardavi, mentre lo facevo." Le sorrise, facendo colorare le guance pallide della ragazza in un tenue scarlatto.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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An uncommon waiter.

"Signorina Isabelle, c'è un problema con i tavoli." Un cameriere si rivolse alla ragazza, esausta ancor prima che la serata cominciasse. Eric la affiancò, guardando con aria di sufficienza il giovane.
"Beh? Risolvilo, cameriere." Pronunciò con scherno a quest'ultimo, che si strinse nella spalle dalla vergogna. "Vi paghiamo per questo." Concluse, sventolando la mano per mandarlo via. Il cameriere rivolse lo sguardo ad Isabelle, aspettando il suo consenso.
"Arrivo fra qualche minuto." Annuì la ragazza, tranquillizzandolo e facendogli un cenno con la testa, per fargli intendere che potesse andare. Eric sbuffò infantilmente, ma lei non ci badò, troppo impegnata a dare direttive agli altri collaboratori nella sala. "Qual è il problema Eric?" Chiese la giovane, accorgendosi della sua costante presenza al suo fianco.
"Dovresti semplicemente lasciare fare a loro e rilassarti." Affermò il ragazzo, con una calma che gli apparteneva fin troppo. Come biasimarlo, d'altronde: il suo più grande problema era la scelta giornaliera dei mocassini più appropriati.
"Non voglio sembrare scortese, ma se tu non vuoi fare niente, non significa che non debba farlo anch'io." Gli fece notare lsabelle, cercando di essere ragionevole. Sperava ancora di poterlo essere con lui, di poter fare una conversazione con la testa, ma ogni qualvolta che lui apriva bocca le sembrava di sentire parlare un bambino, con la voce di un uomo. Eric non si smentì neppure quella volta, sbuffando alla frase della ragazza. Non faceva altro che sbuffare, pensò lei.
"Insomma, perché ti importa tanto?" Quasi la rimproverò il giovane, seccato. Forse per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Eric le aveva posto una domanda intelligente. Ad Isabelle non era mai importato di quegli eventi, qualche settimana prima non avrebbe mai giurato di ritrovarsi ad organizzarne a migliaia nelle ultime tre settimane. Il trucco era che la tenevano occupata, la stressavano la maggior parte delle volte, la pressione che tutto dovesse essere perfetto era rovesciata sulle sue spalle, ma la sua testa riusciva a focalizzarsi solo ed esclusivamente sull'impeccabile organizzazione. Era la sua distrazione, le bastava guardare quanto lavoro avesse da fare ogni volta che la sua mente vagava su pensieri sui quali non avrebbe dovuto. E si sentiva un po' vuota a volte, un guscio vuoto, perché era triste pensare che non avesse nulla oltre quello, quello che si poteva chiamare lavoro. Lo ammetteva, lei aveva voluto impegnarsi al massimo su quel progetto, lei era andata da suo padre e, con il sommo piacere di lui, gli aveva proposto quell'accordo, ma le serviva qualcosa, qualunque cosa che riuscisse ad allontanare da lei il pensiero di Calum, di far tacere le voci nella sua testa che la torturavano con le frasi che lui le aveva gridato quel giorno. Quell'organizzazione frenetica la aiutava, la aiutava a respingere i pensieri del ragazzo, la aiutava a respingere i pensieri delle giornate passate insieme e delle parole pronunciate, ma a volte, quando trovava qualche minuto per riflettere, si rendeva conto che quel continuo respingere e non voler ricordare i bei momenti, l'aveva portata a quel punto in cui stesse dimenticando, dimenticando quegli attimi spensierati, dimenticando i piccoli dettagli di lui. Aveva letto da qualche parte che la prima cosa che si dimenticava di qualcuno era la voce ed Isabelle lo odiava, lei amava ascoltare le persone parlare, cantare, specialmente nel caso di Calum, perché la sua era quella voce che le cantava qualcosa al telefono per farla addormentare, che la calmava, la rilassava e le sussurrava parole dolci. Riconosceva che fosse stata bene con Calum, che le mancasse quella sensazione di libertà che provava quando stava con lui, perché lei voleva farlo, le mancasse provare quelle sensazioni che lui era in grado di scatenare in lei, ma non per questo avrebbe lasciato che qualcuno le mancasse di rispetto, specialmente che la prendesse in giro, mostrandosi per quello che non era. Forse era quello che l'aveva ferita di più: il suo mondo era un cumulo di falsità, nascosto dietro un velo di perfezione, lei pensava di aver trovato qualcuno di sincero e speciale, ma il ragazzo si era rivelato proprio come tutti gli altri che popolavano quel mondo che lui diceva di disprezzare. Era questo che non la faceva pentire di starsi quasi imponendo di dimenticare: Calum non era il ragazzo che lei aveva conosciuto, Calum era il ragazzo che le aveva urlato contro quelle cose che non aveva nemmeno il coraggio di far tornare equivocabilmente nella sua testa.
"Mi piace." Rispose Isabelle semplicemente, facendo sfumare via quel fiume di parole che invece avrebbe voluto sputare fuori. "Ed ora, se vuoi scusarmi, devo andare ad occuparmi del problema con i tavoli." Riprese a parlare nuovamente e prima che l'altro potesse aprire bocca, lasciò la sua postazione per raggiungere il cameriere che poco prima le aveva parlato. Non appena lo individuò fra il via vai di gente, si avvicinò a lui, chiedendogli spiegazioni.
"Ho risolto, c'era stata solo confusione nella lettura dei comandi." Le disse il cameriere, annuendo quasi freneticamente. 
"Bene, grazie." Sorrise la ragazza, riconoscente, ma si rese conto che lui fosse letteralmente pietrificato dalla sua presenza. Doveva apparire un mostro ai suoi occhi, pensò. 
"Mi dispiace di averla disturbata per nulla, signorina Isabelle." Aggiunse il giovane, abbassando la testa rispettosamente e aspettando il consenso per ritornare al suo lavoro. Lei studiò il suo viso, le sue mani che si incrociavano nervosamente fra loro, così a lungo che il cameriere alzò nuovamente lo sguardo su di lei, confuso.
"Come ti chiami?" Esordì Isabelle, sorprendendo il ragazzo.
"Nathan." Rispose velocemente l'altro. Isabelle gli sorrise, provando ad incutergli sicurezza. Nathan fissò lo sguardo negli occhi di lei, senza distoglierlo, per la prima volta da quando si erano parlati.
"Nathan, mi sento in dovere di scusarmi per conto di Eric per prima, per essersi rivolto in quel modo verso di te, ma voglio dirti anche che io e lui siamo persone distinte, quindi se c'è qualche problema, anche insignificante, tu vieni, me lo dici ed io vi aiuto a risolverlo, perché io ed Eric non abbiamo lo stesso modo di pensare ed io non ho intenzione di urlarti contro." Chiarì la ragazza, stupendo il cameriere che non si aspettava quel genere di discorso da una come lei. Isabelle avrebbe voluto aggiungere che non aveva manie di protagonismo e di grandezza come le aveva Eric, che non li considerava schiavi come faceva Eric, ma non voleva di certo mostrare il suo disgusto nei confronti di quest'ultimo o abbassarsi ai suoi livelli.
"Questa è la prima volta, in due anni che lavoro per voi, in cui qualcuno mi parla rispettosamente, ne sono grato." Ammise Nathan, portando una mano al petto sinceramente riconoscente. Isabelle sorrise, felice che, forse per quella volta, fosse riuscita a non apparire come la ricca spietata che sapeva di non essere. Riprese presto il comando della situazione, prima di lanciare uno sguardo all'orologio e rendersi conto che gli ospiti sarebbero arrivati di lì a poco. E come aveva infatti previsto, i ricconi in giacca e cravatta fecero il loro ingresso nella sala di quell'enorme reggia, solo qualche minuto dopo. 
Isabelle decise di meritarsi un drink, di quelli analcolici, quando notò che la serata stesse passando liscia ed ormai il suo aiuto fosse superfluo. Quando il primo cameriere si avvicinò alla sua postazione, che aveva comunque deciso di non abbandonare per tenere tutto sotto controllo, lei afferrò un bicchiere dal suo vassoio, poi gli fece un cenno come consenso per poter passare agli altri ospiti, ma quello rimase immobile, al suo fianco. La ragazza riusciva a sentire la sua presenza imponente ed alzò sbadatamente lo sguardo su di lui, per sapere se ci fossero problemi. Ma ciò che trovo la spiazzò, facendola strozzare con la stessa bibita che stava sorseggiando.
"Cosa ci fai tu qui?" Tentò di tenere un tono di voce basso lei, rivolgendosi minacciosamente al giovane, che stava in piedi immobile, nei panni di un finto cameriere, provando a non attirare l'attenzione. Isabelle aveva messo in conto gli imprevisti che sarebbero potuti incorrere nel corso della serata ed era pronta a gestirli, ma trovare Calum in un posto in cui non avrebbe mai pensato di vederlo, in un ambiente che non era il suo, quello non se lo sarebbe mai aspettato. Non si sarebbe aspettata di dover affrontare Calum, a prescindere.











Ciao...
Come potete ben notare, oggi sono particolarmente felice *insert irony here*, domani è il mio primo giorno di scuola ed io potrei giurare che era giugno solo qualche giorno fa. La cosa positiva è che fra 108 giorni è Natale, yeaaaaah...si, faccio schifo in questa cosa del pensare positivo. Chiudendo lo spazio non inerente al capitolo e di cui non frega a nessuno, ammetto che ho inserito Nathan nel capitolo per portarvi fuori strada leggendo il titolo, anche se l'apparizione di Calum era alquanto ovvia, c'ho provato. Se rivedremo o non rivedremo Nathan? Chi lo sa...no seriamente, non vi sto prendendo in giro, non so cosa farmene di lui, non ho ancora deciso, in realtà lui non è così rilevante...oh, despicable me. Completamente random ho ricordato il fatto che Elena aka wild_nirvana aveva l'esame oggi, quindi spero che ti sia andato bene. Non so cosa c'entri, ma è il mio spazio autrice e ci scrivo ciò che mi pare...oh, despicable me. Mi scuso per il mio atteggiamento, ma è colpa dell'incombente rinizio della scuola e anche un po' del ciclo, o forse sono solo un'acida di merda...ow, whatever. Ora vado a fare finta di coricarmi presto, quando invece mi crogiolerò nel mio dolore ripetendomi che sono una guerriera ed abbatterò la scuola. A presto! (...se non ci muoio lì dentro)
   
 
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