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Autore: BBola    09/09/2015    4 recensioni
Piccolo scorcio sulla coppia Stein/Marie, quella volta che dovettero lasciare Death City per cercare l'assassino di un loro amico...
Avvertimenti: SPOILER dal manga... ovviamente!!!
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franken Stein, Marie Mjolnir
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Soul Eater Maybe - Love Me NOW!'
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Actio libera in causa*
 
*Per “actio libera in causa” si intende l’azione compiuta da chi si sia messo volontariamente in stato di incapacità di intendere e volere, allo scopo di commettere un reato che in condizioni normali non avrebbe avuto il coraggio di compiere, o di prepararsi una scusa.
 

Stein e Marie sono fuggiti da Death City. Sul capo di lui pende l’accusa di omicidio del loro compagno e amico, Buttataki Joe.
L’uomo non ha mezzi per dimostrare la propria innocenza. L’unica speranza che gli resta è di trovare il vero autore del delitto, e di consegnarlo alla giustizia del Sommo Shinigami.
Non hanno indizi, solo una debole traccia da seguire. Dal momento dell’omicidio si sono perse tracce anche di una Falce della Morte, Justin Law. Forse, quando l’avranno trovato, riusciranno ad avere risposte alle loro domande. Per il momento, non possono fare altro che attendere.
Ora sono in un motel, sul limitare del deserto. Uno squallido motel.
Fa caldo, e ovviamente non c’è aria condizionata. Marie decide di alleggerirsi, e abbandona i suoi abiti per indossare un pinocchietto e una canotta neri. Si siede pesantemente su una sedia, e lega i capelli in due pratiche trecce.
Stein era entrato in bagno per rinfrescarsi. Quando ne riesce, è vestito solo fino alla cinta.
Marie lo vede, e sussulta leggermente.
Abbassa il capo, infastidita. L’uomo che è appena morto le voleva bene, e forse, se fosse vissuto più a lungo, sarebbe diventato il suo compagno. Marie vuole essere triste per lui, concentrarsi sul suo ricordo. E invece, adesso non riesce a trattenersi dal levare lo sguardo sull’uomo che tanti anni prima le ha spezzato il cuore. Sta frugando nella busta degli alimentari sul tavolo, e ne ha estratto una bottiglia di whisky. Whisky. Col caldo che faceva.
Ora che Marie ha espulso il serpente di Medusa che le avvelenava l’anima, la Follia di Stein sembra essersi leggermente attenuata, e la vicinanza della sua arma riesce davvero a contribuire a mantenerlo piuttosto lucido. Ma lui continua ad avere un’aria sofferente.
Lei vorrebbe aiutarlo, anche se, in effetti, non lo meriterebbe. Tanti anni prima lo aveva allontanato perché aveva visto il vero volto della sua vena sadica, e ne aveva avuto paura. Alla prima occasione, aveva lasciato Death City per prendere un volo di sola andata per Melbourne. Lui l’aveva lasciata fare. Semplicemente. E la sua indifferenza l’aveva ferita più di quanto l’incisione di un bisturi sulla pelle, da cosciente, avrebbe mai potuto fare.
Marie vuole concentrarsi su questo. Vuole pensare a Buttataki Joe. Vuole focalizzarsi sulle cicatrici che percorrono il corpo di Stein e ricordare perché l’ha allontanato. Ma per quanti sforzi faccia, riesce a vedere solo l’uomo sotto di esse. Decide che l’alcol serviva più a lei, quel giorno.
Si alza dalla sedia e strappa il bicchiere di mano a Stein. Si rimette a sedere, bruscamente, e inizia a sorseggiare il whisky al suo interno. Un sapore aspro di legno bruciato le resta in gola. Marie dovette ammettere che sapeva di lui.
«Fa un effetto strano vederti bere» scherza lui, mentre si siede a cavalcioni su una sedia vicino a Marie, una gamba piegata sotto il mento. «Sei una ragazza così tranquilla che riesce difficile immaginarti perdere il controllo.»
«Con la Follia che avanza, credo che tra poco non potrai che vedermi in quello stato.»
Lui sorride, e le stuzzica con un dito la saetta ricamata sulla benda che porta sull’occhio. Lei si sposta, lievemente infastidita.
«Stein, che cosa si prova esattamente?»
«A fare cosa?»
«Ad essere immersi nella Follia.»
«Bah, tutto sommato» riflette lui grattandosi la fronte «credo di aver desiderato tutta la vita di sentirmi in questo modo.»
«A guardarti non si direbbe.»
«Beh, ma perché cerco ancora di resistere alla Follia, per quanto possibile. Ma non credo che ci riuscirò ancora a lungo.»
«Perché, Stein? Che cosa ti attira di lei, esattamente?»
«Se continui a bere, tra un po’ lo saprai. Marie, io credo di essere stato un tipo sempre un po’ troppo riflessivo, dopo tutto. Ho una particolare inclinazione a voler dissezionare le persone che mi sono accanto, penso che lo sai questo, e l’unico modo che ho di difenderle da me è quello di allontanarle, prima di ridurle a un colabrodo, come ho fatto con me. Ma se avessi riflettuto di meno e fossi stato più egoista in passato» le tira un elastico, sciogliendole una delle trecce «beh, credo proprio che non ti avrei mai lasciato prendere quell’aereo per Melbourne.»
«Ma piantala.»
Non vuole ascoltarlo, e si alza in piedi, dandogli le spalle. Si scioglie anche l’altra treccia, si sente ridicola a portarne una sola.
«Marie, perché sei qui adesso?» le chiede, terribilmente serio.
«Di che parli?»
«Se credi che non possa essere stato io a uccidere BJ perché non avevo un motivo per farlo, allora ti sbagli.»
Si alza anche lui, le si avvicina.
«Sei scappata da me per molto meno in passato. Che cosa è cambiato adesso?»
«Forse non me ne sono accorta e la Follia ha già preso la mia mente» risponde lei, senza guardarlo in volto.
«Marie, te lo richiedo, perché sei qui adesso?»
«Smettila!» cerca di rispondergli decisa, ma sente già che un nodo alla gola le strozza le parole.
Stein cerca di voltarla verso di lui, ma Marie si ribella, lo respinge con forza.
«Non farlo, ti prego.» gli supplica. «Non di nuovo.»
«Che cosa non devo fare, Marie?»
Lei si porta le mani agli occhi, ormai umidi. E inizia a piangere. «Non farmi credere in cose che non sono vere.»
Stein le afferra i polsi, cerca di toglierle le mani dal viso. Lei si oppone, si ritrae. Stringe i pugni e cerca di colpirlo. Lui resiste, si fa più vicino. Si protende su di lei. La bacia.
Lei piange, si lamenta. Cerca di divincolarsi. Lui la bacia con più forza. E lei cede, si abbandona. Le sue mani cercano la sua nuca, si artigliano disperatamente ai suoi capelli.
E lo ama, disperatamente.
 
  
Ma sono un albero colpito dal fulmine; la saetta è entrata nel mio cuore.
(da Frankestein, di Mary Shelley)

 
 
Angolo di BBola!
O voi, che siete riusciti a leggere questa storia fino alla fine, salve!
Non deve essere stata un’impresa facile e il risultato finale deve essermi venuto un po’ pesante, ma sono in fase di sperimentazione e ho voluto provare qualcosa di diverso (narrazione al presente, tante proposizioni principali… una cosa alla Giulio Cesare insomma, spero che il titolo in latino abbia aiutato a rendere l’idea!)
Ammetto di non essermi sentita molto a mio agio a usare questo stile perché fa molto “guardami, sono una donna vissuta, ho il male di vivere addossoh!”, PERO’ mi serviva per le battute finali, e così… vi siete beccati questo!
Una one shot che ai più potrà sembrare inutile, ma che per me era indispensabile, visto che quel dannato di Okhubo, che sono convinta non sia in grado di disegnare due labbra che si baciano, ci ha voluto negare il momento in cui questi due sono tornati insieme. Ignaro del fatto, però, che io li amo!
Vabbe, mi sono presa questo spazio senza niente di veramente importante da dire, ma giusto perché di solito trovo divertente leggere i vostri saluti finali! Vi saluto prima che diventi una one shot a sé!
Ciao a tutti!!!
  
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