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Autore: harinezumi    09/09/2015    1 recensioni
Varric aveva cominciato a sospettare da qualche anno che qualcuno di molto potente ce l'avesse specificatamente con lui, dal momento che i guai sembravano seguirlo anche quando Hawke non era presente (con suo rammarico, perché lo avrebbe confortato di più poter dare tutta la colpa a lui). Nonostante i suoi numerosi tentativi di tirarsi fuori da ogni impiccio che lo teneva invischiato, ci si trovava in qualche modo sempre in mezzo, e avere un inopportuno senso dell'onore non l'aveva certo mai aiutato finora. [ambientazione Dragon Age: Inquisition]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Anders, Cole, Un po' tutti, Varric Tethras
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti :3
Torno ad infestare questa sezione con una fic che ho scritto tempo fa, per la precisione la prima che io abbia mai scritto su Dragon Age.
Mi interessava soprattutto raccontare alcune parti della storia dal pov di Varric, per via del dolore fisico che mi ha procurato il modo di trattare quanto successo a Kirkwall in Inquisition. Diciamo che volevo rattoppare a modo mio alcune cose; poi ho sperimentato varie interazioni anche tra altri personaggi, ed è diventata una fic molto più leggera (*tossisce* adoribull *tossisce*).
Hawke e Anders, al mio solito, sono una coppia, ma non sono il punto focale della fic.
Fatemi sapere che ne pensate! Grazie per essere passati di qui in ogni caso :D

harinezumi








 

The healer




 


 

Varric aveva cominciato a sospettare da qualche anno che qualcuno di molto potente ce l'avesse specificatamente con lui, dal momento che i guai sembravano seguirlo anche quando Hawke non era presente (con suo rammarico, perché lo avrebbe confortato di più poter dare tutta la colpa a lui). Nonostante i suoi numerosi tentativi di tirarsi fuori da ogni impiccio che lo teneva invischiato, ci si trovava in qualche modo sempre in mezzo, e avere un inopportuno senso dell'onore non l'aveva certo mai aiutato finora. Aveva tirato un sospiro di sollievo quando l'ultima volta l'Inquisitore era partito senza di lui, anche se il cuore gli si era stretto nel petto quando aveva capito che Hawke aveva tutta l'intenzione di seguirlo e aiutarlo a conquistare Adamant. Tutto sommato, però, si era sempre fidato di lui e della sua innata capacità di uscire vivo dalle situazioni peggiori, e aveva sperato che la trasferisse anche all'Inquisitore.

Lo aveva salutato prima della partenza, era rientrato ed aveva aiutato Josephine a sbrigare la corrispondenza, rimanendo relativamente tranquillo per il resto delle settimane che erano seguite: questo finché non era arrivata quella sera, quando aveva finalmente appoggiato la testa sul cuscino, esausto, e nell'istante in cui l'aveva fatto il sonno era scomparso.

Ora, l'intuito di Varric si era affinato negli anni tanto da capire quando qualcosa non andava; si alzò a sedere sul letto dopo una mezz'ora passata a fissare inutilmente il soffitto della propria -piccola, ma confortevole- stanza, e in quell'esatto istante sentì bussare alla finestra.

“Perché mi concedo ancora il beneficio del dubbio?” sospirò tra sé, accendendo la candela sul comodino per illuminare la stanza e raccogliendo la casacca rossa da terra, l'unico indumento che osava togliere per andare a dormire -perché no, quella non era la prima volta che bussavano alla sua finestra a quell'ora; vivendo a Kirkwall con Hawke aveva imparato a premunirsi-.

La debole luce rivelò sulle tende chiuse una sagoma molto familiare, e Varric aprì la finestra senza neppure avere il bisogno di scostarle; accucciato sul davanzale -del secondo piano, quasi senza alcun appiglio- c'era Cole, che fissava un punto in lontananza al di là delle mura di Skyhold. Stava piovendo, fuori, gocce di pioggia miste a neve e ghiaccio, ma il ragazzo non tremava. Varric sospettava che sentisse benissimo il freddo, ma che non fosse qualcosa che riusciva a metabolizzare.

“Gentile da parte tua bussare, stavolta” lo salutò, sorridendogli ampiamente perché l'altro capisse che stava scherzando: non era sicuro che Cole comprendesse quel tipo di linguaggio, anche dopo tanto tempo passato insieme. “A cosa devo il piacere, ragazzo?”

Cole si mosse appena sul davanzale, per poterlo guardare negli occhi distogliendoli dal punto nell'oscurità, interrotta solo in alcuni punti dalle deboli luci ancora accese delle lanterne della taverna. “Ha freddo ed è affamato. Le gambe cedono e non riesce a proseguire... la neve lo copre e il suo compagno lo sta abbandonando. La sua anima è in lacrime e sopraffatta dalla colpa” spiegò Cole, con la sua solita accortezza nel fornire dettagli comprensibili.

“Qualcuno si è perso là fuori?” domandò Varric, che non trovava troppo complicato decifrare Cole, dopotutto. Tra le mura di Skyhold il vento non si faceva sentire, ma mettere piede all'esterno in una notte come quella poteva significare non tornare mai più; non era la prima volta che il ragazzo trovava qualche disperso che cercava di raggiungere la fortezza. “Sono in due? Potrebbe esserci un ferito, quindi?”

“Non nel senso che intendi tu” mormorò Cole, dondolando la testa in quello che poteva essere un cenno di diniego. “È importante che tu lo cerchi”.

“Ci scommetto, ragazzo. Del resto, a chi interessa riposare quando la prospettiva è scarpinare nella neve al buio per chissà quante miglia? Aspettami accanto all'infermiera e sarò da te in un attimo”. Varric chiuse la finestra, e non aveva ancora fatto scattare la serratura che la figura di Cole scomparve dal davanzale.

Il tempo di infilare i pesanti stivali da neve, di indossare un cappotto foderato e di imbracciare Bianca, e Varric era già fuori dalla stanza. Forse la sua buona stella non esisteva affatto, ma si sarebbe accontentato del suo destino, se avesse significato dare una mano al ragazzo (e ai poveri bastardi che si trovavano là fuori).


 

Cole aveva portato una lanterna, osservò Varric, anche se lui sembrava non averne bisogno. Non gli interessava quello che pensava Solas a riguardo: il ragazzo non si comportava affatto come se non fosse umano. La lanterna l'aveva con sé unicamente per Varric, e il nano si fece appunto mentale di informare l'elfo più tardi di quel dettaglio.

“Sono vicini al sentiero ad ovest. Sono caduti in una gola. Non è profonda, ma la loro luce si è spenta” mormorò Cole, la cui voce era quasi indistinguibile dal vento. Non sembrava avere problemi a camminare con quel tempo, ma era lento e continuava a fermarsi per aspettare Varric, lanciandogli occhiate che il nano avrebbe potuto giurare che fossero ansiose. “Ho sbagliato a portarti qui?” domandò, quando Varric cominciò ad avere il fiatone.

Era completamente buio attorno a loro e nessun suono era udibile al di sopra del vento. Varric scosse la testa, concedendosi una pausa e sentendosi sprofondare leggermente nella neve. “No, ragazzo. Ma cerchiamo di fare in fretta, o la Cercatrice penserà che me la sono svignata... posso quasi vedere la sua espressione di trionfo mentre comunica la notizia all'Inquisitore”.

Quelle parole parvero tranquillizzare Cole, che continuò a guidarlo a passo un po' più spedito.

Varric non seppe dire quanto tempo era passato, ma fu quasi un'ora più tardi che sentirono un grido provenire dalla foschia davanti a loro, seguito da una debole scintilla infuocata che schizzò dal basso verso il cielo, spegnendosi quasi all'istante.

“Sembra che abbiamo trovato i nostri dispersi” disse Varric, sistemando comunque Bianca sulla spalla, per essere pronto ad ogni evenienza.

“Vado da loro” sussurrò Cole; nel suo tono di voce c'era uno strano fremito, come se fosse roso dalla curiosità.

Varric non fece a tempo ad esclamare “No!” che la lanterna cadde a terra, per fortuna senza spegnersi, senza più nessuna traccia di Cole a reggerla. Imprecando, il nano la raccolse, cercando di non pensare a cosa sarebbe successo se i profughi infreddoliti e spaventati avessero visto un ragazzino pallido sbucare dal nulla davanti a loro; camminò per qualche metro ancora, prima di bloccarsi quando incontrò il leggero pendio che portava ad una piccola gola sotto di lui. Non era profonda, e si poteva scendere con facilità; poco più in là, i segni evidenti di una scivolata.

La caduta era sufficiente da stordire chiunque, quindi chi si trovava là sotto non si era probabilmente reso conto di essere così vicino alla propria salvezza.

Varric lasciò la lanterna sul ciglio della discesa e cominciò a scendere, cercando di ignorare la voce allarmata che urlò in quel momento sotto di lui; Cole si era presentato, quindi. Poi, udì lo sfrigolio familiare nell'aria che precedeva un incantesimo: a quel punto mandò tutto al diavolo e saltò, senza ammazzarsi per miracolo, rotolando su un fianco e frapponendosi fra Cole e il mago, Bianca alla mano e pronta a sparare.

“Fermo!” gridò, ma le parole gli morirono in gola quando vide il volto sporco e distrutto, contratto dalla paura e dalla rabbia e da familiari venature azzurre, di chi si trovò davanti. “Biondo...” sussurrò, processando la vista di Anders davanti a sé, il cui incantesimo morì in un istante, sostituito da una meraviglia equivalente alla sua. Un bastone magico giaceva spezzato a pochi passi da loro, e anche se Anders era in piedi stava appoggiato pesantemente alla parete di roccia dietro di lui; ancora qualche attimo, e cadde a terra, dove il terreno aveva lasciato gli evidenti segni della sua caduta e dei suoi numerosi tentativi di sollevarsi.

“Non vogliamo farti del male” mormorò Cole dietro alle spalle di Varric: la sua voce gli giunse attutita e distante, ma era chiaro a chi il ragazzo stesse parlando. Le venature sul volto di Anders divennero fioche fino a scomparire, e con esse scomparve anche la poca luce che emanavano riflettendosi sulla neve, lasciandoli al buio e senza la compagnia di Giustizia.

Anders gemette, aggrappandosi alla roccia per potersi rialzare, senza successo; portava pochi bagagli con sé sulla schiena -un segno lampante di una stupidità e mancanza di auto-conservazione che Varric non aveva mai potuto sopportare in Anders- e le sue vesti parevano leggere, sebbene in più strati, probabilmente per passare inosservato; aveva barba e capelli incolti e l'espressione di chi non mangia da giorni, ma la sua debolezza era senza dubbio accentuata dal fatto che pareva non riuscire a posare il piede destro. “Hawke” sussurrò, con voce roca, rinunciando ad alzarsi e guardando Varric con aria supplichevole. “Ti prego... dimmi che è con te”.

“Idiota” sbottò Varric, quando riuscì a ritrovare le parole e quella fu la prima che lasciò le sue labbra prima ancora che l'avesse pensata. Agganciò Bianca alla schiena, avvicinandosi ad Anders e accucciandosi davanti a lui, per osservarlo da vicino. “Sei ferito?”

“Varric, ho bisogno di...”

“Sta zitto. Zitto” lo interruppe Varric, afferrandogli una spalla e stringendola forse un po' troppo per la condizione fisica di Anders, ma questi non sussultò neppure. Lo guardò negli occhi, cercando di imprimergli con lo sguardo la propria fermezza. “L'unica cosa che voglio sentire adesso è la tua risposta. Sei ferito?”

Anders esitò, e a Varric non sfuggì lo sguardo che lanciò alle sue spalle, in direzione di Cole. “No. Sono scivolato e sono caduto sul piede. Ma non è rotto... se il bastone non si fosse spezzato avrei potuto guarirlo” rispose alla fine, la voce ridotta a poco più che un sussurro. Provava vergogna, e Varric sapeva perfettamente che aveva poco a che vedere con la sua caduta.

Tuttavia, quello non era né il momento né il luogo per discutere, e comunque Varric non aveva alcuna intenzione di consolarlo.

“Bene”. Tolse la mano dalla sua spalla, alzandosi e facendo un cenno a Cole. “Vieni, ragazzo. Mi serve una mano, perché non credo di riuscire a farcela da solo, anche se il biondino peserà pressapoco come Bianca, a questo punto”.

“Hawke è distante. Così distante che non riesco a vederlo, in un abisso molto scuro...” mormorò Cole, che stava fissando Anders con quella che ora non si poteva più non definire curiosità. Eppure, sembrava essere incapace di confortarlo riguardo alla sua prima domanda. “Mi dispiace”.

“Che vuol dire?” domandò Varric, ignorando il singhiozzo di Anders.

“Non lo so. Mi dispiace” rispose Cole, abbassando gli occhi. “Mi confonde”.

“È tutta colpa mia... non avrei dovuto lasciarlo andare...” stava dicendo ripetutamente Anders a quel punto; il suo tono disperato scosse Varric, che lo guardò turbato, senza riuscire ancora una volta a trovare le parole per lui, come faceva per tutti gli altri e come aveva fatto per tanto tempo.

Non aveva mai cercato di assimilare i sentimenti che provava ora per il mago; preferiva lasciarli dove stavano. Tutto il senso di tradimento e delusione, la paura e la compassione erano sepolti sotto strati di battute e amarezza, e contava sul fatto che prima o poi sarebbero scomparsi. Eccetto che aveva il sospetto che non l'avrebbero mai fatto -ogni volta lo sperava, e ogni volta non succedeva-, ma nel contempo l'idea che nel suo cuore avesse già perdonato Anders lo mandava su tutte le furie. Dal suo punto di vista, se c'era qualcuno che non lo meritava, era proprio lui, perché Varric lo detestava per averlo messo in quella situazione snervante.

“Torniamo indietro. Ragazzo, prendilo da quella parte” disse infine, scacciando quei pensieri nell'angolo più buio della propria mente, e facendo cenno a Cole di afferrare il braccio di Anders. Lui prese l'altro, sollevandolo come previsto senza fatica.

Il mago non faceva quasi nulla per aiutarli, ma Varric aveva il sospetto che anche se avesse voluto sarebbe servito a ben poco. Quando riuscirono a trasportarlo sulla cima del pendio, era già quasi svenuto nel suo delirio, e il nome di Hawke che continuava ad uscire dalle sue labbra non aiutò Varric a concentrarsi sul loro cammino per tornare. Se Cole non fosse stato con loro, probabilmente non avrebbero mai raggiunto Skyhold.


 

Cole aveva una stanza propria nella fortezza, anche se non la utilizzava per dormire e passava il suo tempo nella soffitta della taverna. L'Inquisitore gli aveva dato quello spazio perché sperava che lo aiutasse a smettere di infilarsi nelle camere altrui per scombinare gli oggetti, e in parte forse era servito; Cole ne era sembrato felice.

Nascosero lì Anders, appoggiandolo sul materasso di paglia che era stato imbastito in un angolo e accedendo un fuoco in un secchio di metallo per poterlo scaldare.

Varric gli tolse la maggior parte dei vestiti, perché erano completamente bagnati, e mandò Cole a prendere diverse coperte, perché Anders aveva tutta l'aria di essere rimasto al freddo per molte ore. Quando il ragazzo tornò, aveva anche un bastone da mago con sé, e Varric non commentò, sperando solo che non l'avesse sottratto a Vivienne o Solas o, il cielo non volesse, Dorian.

“Beh, non credo morirà” affermò alla fine, sedendosi a terra accanto a Cole nella stanza spoglia, dopo essersi assicurato che il respiro di Anders fosse presente per l'ennesima volta. “Grazie, ragazzo”.

“Non sei davvero felice. Perché mi ringrazi? Quello che ho fatto non ti ha... aiutato” mormorò Cole, fissando Anders anche quando Varric si voltò a guardarlo. “Lui mi somiglia”.

“Il biondo è posseduto, ragazzo. Ma non direi che vi assomigliate” rispose Varric, con un sorriso. Cole era... Cole. E di Anders invece non ce n'era uno soltanto; poteva essere il mago che avrebbe dato la vita per gli altri, consumandosi come un martire, o uno spirito di pura e cieca vendetta, o ancora il preferito di Varric, l'uomo che adorava il terreno che Hawke calpestava e sarebbe andato avanti solo per vederlo felice. Forse non era uno dei comportamenti più sani, ma Varric era disposto scendere a compromessi con quell'Anders. “Ti ringrazio perché se Anders fosse morto non mi sarei dato pace. Hai permesso che io lo salvassi... la mia infelicità non riguarda questo”.

“Quindi Anders non ti piace. Ma non vuoi che muoia”. Cole sembrava confuso.

“Il problema è che il biondo mi piace. Anche se mi manda in bestia”. Varric fece una pausa, seguendo lo sguardo di Cole ancora posato sul mago dormiente. Il tremito che aveva scosso Anders fino a quel momento si era affievolito di molto. “È qualcosa con cui ti auguro di non avere mai a che fare, ragazzo. Veder tradita la propria fiducia da qualcuno che si ama... ti lascia stordito. E la cosa peggiore è che so che gli dispiace” continuò, in un mormorio. “E che non voleva. Ma lo rifarebbe”.

“Sta lottando. Per non essere più la persona che prende queste decisioni. Per purificare il suo amico... non voleva corromperlo”.

“Sì, è probabile. Il biondo è testardo fino a quel punto”.

Varric vide con la coda dell'occhio il sorriso di Cole, e non poté fare a meno di imitarlo.

Rimasero in silenzio a guardare Anders dormire; mancavano poche ore all'alba, e il tempo passò così in fretta che quasi non udirono il vento cessare al di sopra del crepitio del fuoco. La quarta volta che Varric uscì a prendere della legna per ravvivarlo, venne investito dall'aria fredda del mattino e dalla luce, e scorse il sole che faceva capolino dalle montagne.

In lontananza, l'esercito dell'Inquisizione stava facendo ritorno.


 

Quando Anders si svegliò, aprì gli occhi per trovare sopra di sé un soffitto di legno di cui non aveva memoria. Era circondato da coperte e sentiva caldo, sebbene tutti i suoi arti gli dolessero e alcuni punti formicolassero come se il gelo delle montagne gli fosse penetrato fin nelle ossa.

Si alzò in piedi lentamente, mentre dei ricordi offuscati della sua caduta e del suo salvataggio gli venivano in mente, assieme ad un mal di testa soffuso. O forse l'aveva soltanto battuta da qualche parte. Si concentrò su un lieve incantesimo che gli desse sollievo, studiando la stanza in cui aveva dormito, con insicurezza; poi, in un angolo, vide Varric che sedeva con la schiena appoggiata alla parete, apparentemente addormentato.

Non c'era traccia del ragazzo pallido che l'aveva trovato, e Anders non poté fare a meno di sentirsene sollevato.

“Non devi portare questo peso da solo”, era stata la prima cosa che gli aveva detto. La gentilezza nella sua voce lo aveva sconvolto, così come la consapevolezza che sapesse esattamente di cosa stava parlando. Non si sentiva pronto a parlare con lui, qualunque cosa ci fosse in quel corpo.

“Varric” chiamò, scoprendo che la propria voce era praticamente andata. Si concentrò, e la seconda volta uscì, bassa e rauca. “Varric”.

Il nano aprì gli occhi un po' troppo in fretta, e lo guardò con un'espressione che parve sollevata, ma solo per un attimo. Si alzò da terra, incrociando le braccia e avvicinandosi a lui. “Ben tornato, biondo. Riposavo gli occhi... questa notte è stata interessante”.

“Mi dispiace. Non devi occuparti di me” gracchiò Anders, abbassando lo sguardo quando vide che Varric lo stava chiaramente scrutando con attenzione per determinare il suo grado di lucidità.

“Oh, certo. Preferiresti che le guardie dell'Inquisizione lo facessero” sbottò il nano, scuotendo la testa e lasciandolo, per andare a raccogliere una borraccia e lanciargliela. “Bevi. Cercherò qualcosa da mangiare appena avrò qualcuno con cui lasciarti”.

“Il ragazzo che era con te?” domandò Anders, bevendo senza fare complimenti: non ricordava qual era stata l'ultima volta. Le labbra gli facevano male, ed erano aride e rotte dal freddo.

“No. Ho chiesto a Cole di lasciarti del tempo per riprenderti... non saresti sopravvissuto alle sue domande. Non mi sento così crudele”. Varric fece una pausa, coprendosi per un attimo il volto con una mano e sospirando, prima di tornare a guardarlo. Anders chiuse gli occhi per un istante, preparandosi, perché sapeva esattamente cosa sarebbe arrivato. “Perché diamine sei venuto qui? Ti è andato di volta il cervello di nuovo?”

“Hawke era in pericolo” sussurrò Anders. “Giustizia... lui, ha sentito un fremito nei sogni. Qualcosa non andava. Garrett era scomparso dal nostro mondo”.

Varric non batté ciglio alla rivelazione, prendendo a girovagare per la stanza e appoggiandosi infine alla porta chiusa. “Già. L'ho immaginato dopo averlo sentito. Sono tornati questa mattina... Hawke si stava separando dall'esercito al bivio, e il ragazzo l'ha bloccato per un soffio. Sempre pronto ad evadere quando c'è bisogno di lui”.

Anders sentì gli occhi riempirsi di lacrime. “Oh mio... sta bene” sussurrò, appoggiando la fronte ad una mano e cominciando a tremare. Di recente aveva imparato che sforzarsi di non piangere avrebbe provocato sfoghi molto peggiori più tardi, e lo schiarirsi di voce di Varric non fermò i singhiozzi.

“Sta bene, ed è pronto a prenderti a calci nel culo”. Anders sollevò lo sguardo, guardando Varric con un'espressione che doveva essere piuttosto smarrita, perché il nano continuò: “Sai, perché sei venuto qui. Da solo. Nella tormenta... senza cibo... il genere di cose che ti mandano sei metri sotto terra, biondo”.

Nonostante tutto, Anders si ritrovò a sorridere; anche se non poteva fare a meno di sentire il tono amaro di quelle parole, era bello vedere che Varric era disposto a scherzare con lui. Gli dava speranza. “Ti devo delle scuse, Varric...”

“Oh, sì. Ma al momento sono più preoccupato che Hawke distrugga i miei sforzi per mantenerti in vita”. Si chinò su di lui, puntandogli il dito contro. “Quindi ecco cosa farai. Starai zitto, lascerai che Hawke stili la sua lista di ragioni per cui sei un idiota, ti scuserai con lui, avrete la decenza di non fare sesso in questa stanza, e poi verrà il mio turno di stilare quella lista. Ti avverto che il mio vocabolario è più vasto di quello di Hawke. Sono uno scrittore, e comunque lui non ha la mia verve”.

Anders rise, cercando di togliere le lacrime dagli occhi senza successo, e rise di nuovo quando vide che l'espressione di Varric era quella di chi si sta sforzando con tutto sé stesso di rimanere serio.

“Mi aspetto che tu sia esauriente, allora” rispose.

Varric, stavolta, senza ombra di dubbio gli sorrise, con quella familiare aria esasperata che riscaldò la stanza molto più del fuoco che ardeva accanto a loro. Anders sentì che avrebbe ascoltato ben poco di quello che avevano da dirgli lui e Hawke, stavolta: per la prima volta dopo tanto tempo, ringraziò di cuore la sua incapacità di avere del buonsenso nel prendere le decisioni.


 

Hawke non aveva sentito una parola di quello che gli aveva detto Varric, anche se aveva accettato di ascoltarlo prima di proseguire. Era rimasto a fissare il muro di pietra come se volesse bucarlo per tutto il tempo che il nano gli aveva parlato, bloccando il suo scoppio d'ira sul nascere, frapponendosi tra lui e la scalinata che portava alle stanze superiori della torre. E non era semplice per un nano bloccare quella montagna di muscoli che era Hawke, anche se si trattava di Varric.

“Ha avuto una notte difficile” gli stava ripetendo, per l'ennesima volta. “Tutto quello che voglio dire è che non ha riposato abbastanza, e di andarci piano”.

“E secondo te la mia notte è stata una passeggiata?” sbottò Hawke, prima di potersi fermare.

“Sono certo che sia stata un vero incubo, letteralmente, ma non è con me che ce l'hai al momento”.

“Scusa” mormorò Hawke. “Anders... è difficile farsi ascoltare da lui. Mi spaventa quando si comporta da incosciente”.

“Già, non ti ricorda nessuno?”

“A me non è mai successo di perdermi da solo tra le montagne. Va bene, una volta. Forse due. Ma non c'era una tormenta di neve! Ad ogni modo, ho il diritto di ucciderlo”.

“Beh, nessuno potrà dirmi di non averci provato. Cerca di non spargere sangue” sospirò Varric, scuotendo la testa, arrendendosi, e si scostò dalle scale.


 

“È sempre la stessa storia! Di nuovo come Kirkwall, ancora e ancora, finché la mia pazienza non si esaurisce e per un po' fingi di ascoltarmi per farmi stare zitto, prima di ricominciare!” stava urlando Hawke, incurante dell'avvertimento di Varric a mantenere i toni bassi, o mezza Skyhold l'avrebbe sentito. “Sono stufo di preoccuparmi, perciò dimmelo subito, e mi tolgo il disturbo! Credi di continuare così per sempre?”

“Per l'ultima volta, Hawke, mi dispiace! Non volevo mancare alla mia parola” sospirò Anders, seduto tra le proprie coperte mentre l'altro gesticolava in piedi davanti a lui, senza stare un attimo fermo e senza guardarlo. Essere ignorato faceva male proprio come si era aspettato, ma Anders provava comunque frustrazione quando Hawke era in quello stato e non riusciva a raggiungerlo con le proprie parole. “Non me ne sarei mai andato se non avessi pensato che eri in serio pericolo! E avevo ragione, lo eri”.

“Mi sento davvero un idiota a darti retta ogni volta, a restarci come un fesso quando decidi di rompere un'altra promessa!” esclamò Hawke, come previsto senza ascoltarlo. “O di mentirmi, o di prendere e andartene senza dire una parola!”

Anders si stava imponendo la calma da quando quella discussione era cominciata, ma sentirsi rinfacciare Kirkwall lo aveva colpito più di quanto volesse ammettere. Il problema era che amava Hawke come nient'altro al mondo, e ovviamente per questo doveva essere lui a sapere con esattezza dove andare a parare quando voleva ferirlo. Nemmeno con tutta la razionalità di cui si era armato poté fermare sé stesso, quando aprì bocca e parlò con un tono decisamente troppo alto: “Saresti potuto essere tu, Hawke! A rimanere intrappolato! Non sei l'unico a preoccuparsi, non sei l'unico che subisce le conseguenze delle tue decisioni del tutto fuori di senno, come ami ripetermi!”

Hawke si bloccò, fulminandolo con lo sguardo, ma Anders si rifiutò di distoglierlo, come aveva fatto finora. La verità era che aveva pensato che scusandosi, mostrandosi pentito, l'altro si sarebbe calmato in fretta, tanto da raggiungere toni ragionevoli con cui avrebbero potuto chiarirsi; dal momento che così non era stato, tanto valeva tirare fuori quello che davvero stava pensando. Per quel che valeva, almeno aveva provato a seguirlo, il consiglio di Varric.

Guardò con astio Hawke mentre si accucciava davanti a lui, posando per un attimo il pugno stretto sulla propria fronte e prendendo un respiro. “Mi hai giurato guardandomi negli occhi che saresti rimasto con Isabela finché non fossi tornato”.

“E non ti ho mentito, era quello che intendevo fare” mormorò Anders, senza riuscire a sentirsi troppo felice anche se quelle erano le prime parole che non gli venivano urlate addosso.

“Davvero?” Hawke sembrava ferito. Quasi quanto lui. “Perché ricordo di essere stato chiaro su cosa avesti dovuto fare se si fosse presentata una situazione come questa”.

Anders abbassò lo sguardo, sentendo le guance arrossire di rabbia, e rifiutandosi di rispondere. Quella era una scorrettezza bella e buona, e fu difficile combattere l'impulso di tirare un pugno in faccia all'altro.

“Ti ho chiesto di scappare, se non avessi avuto più notizie da me” continuò Hawke. “In nome di Andraste, come diamine hai fatto a pensare che fare l'esatto opposto sarebbe stato intelligente?”

Anders decise in quel momento di porre fine al suo tentativo di mediazione.

“Come se avessi potuto fare altrimenti!” gridò, tirandogli un pugno dritto in faccia, soddisfatto quando Hawke cadde a sedere all'indietro, tenendosi di riflesso il naso con le mani. Sperò fosse rotto; poté quasi sentire l'approvazione di Giustizia, dentro di lui. “Come se tu non avresti fatto lo stesso! Scusa se non ho pensato a cosa sarebbe stato intelligente fare, mentre la tua vita era in pericolo! Perché non chiedermi direttamente di guardarti morire senza fare nulla per fermarlo? Come puoi essere così stupido!”

Hawke lo guardò a occhi sgranati, probabilmente sorpreso per quel pugno, e rimase senza parole a sufficienza da poter permettere a Anders di prendere fiato per continuare: “Se credi di proteggermi in questo modo, proteggermi perché sono 'fragile e instabile', ti sbagli di grosso! Credi che rendermi impotente e impedirmi di combattere per te mi farà dimenticare quello che sono diventato? Beh sai che ti dico, mentre tu eri tanto occupato ad assicurarti di avere la mia vita sotto controllo, io ho imparato a non aver più paura del mio passato, Hawke, e forse è arrivata l'ora che anche tu lo faccia! Io so quello che ho fatto, e so anche che l'esatto momento in cui smetterai di rinfacciarmelo sarà quello in cui riuscirò ad accettarlo... forse tra noi due non sono più io quello che è spaventato a morte all'idea di farlo”.

Anders imprecò, fermandosi e guardando altrove, sentendo gli occhi bruciare; avrebbe voluto riversare la sua frustrazione su Hawke ancora a lungo, ma si rese conto che quello sfogo lo aveva lasciato svuotato, incapace di parlare ancora. Nell'istante in cui riprese lucidità, il terrore di aver fatto un errore di troppo lo colse, e si voltò verso Hawke con un'espressione di rimorso, pregando che il suo naso non fosse rotto per davvero.

Hawke tolse le mani dal viso, per rimettersi lentamente in equilibrio sulle punte dei piedi; il suo naso sembrava integro, ma lui pareva scosso. Lasciò che tra loro passasse una lunga pausa, fissando Anders con un'espressione talmente indecifrabile che questi si chiese più di una volta se dovesse aspettarsi un pugno di rimando da un momento all'altro.

Poi, senza preavviso di nessun genere, Hawke gli saltò letteralmente addosso, comprendo l'esclamazione di sorpresa di Anders con un bacio e facendolo scivolare all'indietro, in mezzo alle coperte; Anders squittì quando le loro labbra si separarono, riprendendosi dalla sorpresa e cercando di afferrare il polso di Hawke, dal momento che la mano con cui non si puntellava sopra di lui stava già cercando di spogliarlo dei pochi abiti che gli erano rimasti.

“Hawke! Stupido cretino in calore, levati immediatamente di dosso! Siamo nel bel mezzo di una discussione!” esclamò, quando il suo tentativo fallì in modo misero e si ritrovò spogliato di metà maglione, complice la debolezza fisica che ancora provava.

Hawke non sembrò dargli retta, e posò le mani -calde, osservò Anders con sollievo- sui suoi fianchi nudi, sovrastandolo con tutto il proprio peso e nascondendo il volto nella sua spalla, contro la quale respirò per un po', prima di parlare.

“Io... non voglio perderti, soltanto questo” mormorò piano, con quel tono di voce sconfitto che aveva il potere di sciogliere il cuore di Anders. Era così raro sentirlo. “Non voglio cercare di controllarti. Ma hai... hai ragione, ho paura. Ho paura che un giorno volterò le spalle e lascerò che Giustizia ti consumi di nuovo”.

“Ma tu non sei solo, amore mio. Farò quanto in mio potere per impedire che accada” sussurrò Anders, rinunciando a bloccare le sue mani e abbracciandolo, mordendosi il labbro quando sentì l'altro cominciare a lasciargli dei baci sul collo, gentili, ma sempre più mirati a luoghi specifici. “E puoi credermi, stavolta. Hawke” continuò, sentendo le sue mani spostarsi sulla propria schiena, infilarsi sotto la biancheria, “Hawke...” ripeté, chiudendo gli occhi e cominciando a valutare se la loro vita valesse di più del sollievo dopo sette mesi di astinenza forzata. Probabilmente no; comunque era meglio avvertire. “... Varric ucciderà entrambi se continui”.

“Che lo faccia” rispose Hawke, mugolando e mordendogli il collo quando Anders infilò una mano tra loro e gli afferrò il cavallo, premendo le dita sulla stoffa dei suoi pantaloni abbastanza perché sentisse la frizione.

“Oh sì, credo che lo farò” proruppe la voce di Varric dietro di loro, seguita dal rumore di una familiare sicura che veniva disattivata; Hawke si sollevò a guardarlo di scatto, e Anders, a malincuore, aprì gli occhi per fare lo stesso. Il nano era sulla soglia della porta aperta, e stava puntando Bianca dritta verso di loro, in maniera molto allusiva. “Questa è la stanza del ragazzo. Siete miei... ospiti, clandestini, e mi avete già causato un sacco di guai”.

“Sono sette mesi...” cominciò Hawke senza alcuna vergogna, nell'esatto istante in cui Anders si scusava.

Varric gli lanciò un'occhiata storta. “Per quanto mi riguarda, potrebbe essere anche sette anni. Andiamo, Hawke. Il biondo ha bisogno di riposarsi, o non mi libererò mai di voi. Appena sarete fuori le mura di Skyhold, sarò felice di augurare tutto il bene possibile alla vostra vita sessuale”.

Hawke si voltò verso Anders sotto di sé, guardandolo con un'aria adorante che costituiva un notevole miglioramento rispetto a poco prima; il mago sorrise, sollevandosi sui gomiti per lasciargli un bacio sulle labbra.

“Vai” gli disse, spingendolo via con dolcezza. Hawke obbedì alzandosi, con la faccia di un condannato al patibolo, ma obbedì.

“Mi dispiace di aver urlato” mormorò, andando verso la porta ma camminando all'indietro, senza interrompere il contatto visivo con Anders.

“Vattene” rispose lui, trattenendo una risata. Poté giurare di aver sentito un sospiro sollevato provenire in direzione di Varric.

“Ti amo” continuò Hawke, quando il nano lo prese per la manica e lo tirò fuori dalla porta, non appena fu abbastanza vicino.

“Vai!” esclamò Anders, raccogliendo uno dei suoi stivali nel disastro che era il suo giaciglio e tirandoglielo addosso; raggiunse soltanto il legno della porta ormai chiusa, ma lui scoppiò a ridere comunque, lasciandosi ricadere tra le coperte.


 

Anders venne svegliato più tardi, quella sera, da delle voci nel corridoio fuori dalla stanza. Sembravano molto concitate, e si costrinse ad alzarsi, afferrando il bastone che Cole gli aveva portato e con il quale aveva guarito la gamba non appena si era ripreso.

Era improbabile che l'avessero trovato, con Varric a fare da palo, ma ogni evenienza era possibile e Anders era pronto a difendersi nel caso fossero stati ostili. Fece scattare la serratura della porta senza fare rumore, ancora scalzo perché nemmeno i suoi passi fossero uditi; quando la porta si socchiuse alla sua spinta, però, una scena che non aveva affatto immaginato gli si parò davanti.

C'era un giovane ben vestito e con degli strani baffi che stava bloccando il passaggio per la porta delle scale ad un qunari molto più alto e grosso di lui; la montagna di muscoli in questione grugnì di disappunto, smettendo di massaggiarsi la spalla. Le sue braccia erano coperte di bende e fasciature.

“Ora sei tu che mi hai colpito. Lo vedi? Rimango in piedi. Perfettamente in grado di gestire la situazione”. Il qunari aveva una voce profonda e pacifica, sebbene in quel momento sembrasse seccato.

“Col cavolo! Se vuoi scendere queste scale dovrai passare sul mio cadavere, o sul tuo, che al momento è una prospettiva più che possibile, Bull!” esclamò l'uomo con i baffi. Anders non ci mise molto a capire che proveniva dal Tevinter, e che probabilmente era un mago: quel tono di voce altezzoso era praticamente inconfondibile.

“È la celebrazione per la vittoria! Non si può mancare ad una cosa del genere!”

“Ti hanno quasi aperto in due! Nell'Oblio!” sibilò il mago, puntellando le mani sugli stipiti.

“Potrei rimuoverti dalla mia strada. Come un sassolino”.

“Provaci, e l'ultima cosa che proverai sarà la sensazione di venire impalato con la lava”.

“Mh... eccitante”.

“Bull, non adesso!”

Anders arrossì, rendendosi alla fine conto di ciò a cui stava assistendo. Quei due andavano a letto insieme, poco ma sicuro.

Voleva provare a chiudere la porta, ma in quel momento vi si appoggiò per errore, rilasciando la tensione, e questa si aprì rovinosamente verso l'esterno. Due teste si voltarono verso di lui, allarmate, e Anders imprecò nella sua mente.

Nessuno aprì bocca. Sarebbero rimasti in silenzio a guardarsi per sempre, quando il mago parlò, spostandosi dalla porta e spingendo da una parte il compagno, mostrando interesse poco o nullo per le sue ferite, nonostante tutto. “Quello è il mio bastone” osservò, fissando il bastone nella mano di Anders con sguardo penetrante.

Ovviamente, Varric e Hawke scelsero proprio quel momento per arrivare dalle scale, e nel corridoio vuoto e colmo di un silenzio imbarazzato risuonarono benissimo le parole del nano: “Quasi tutti sono scesi in taverna a festeggiare. Se Anders è in piedi, dovreste uscire adesso”.

Dorian e Bull si voltarono verso i nuovi arrivati, che appena misero piede fuori dalla porta si accorsero della loro presenza. I quattro rimasero a fissarsi imbambolati, tutti consapevoli adesso della presenza di Anders e del fatto che il suo nome fosse stato pronunciato in maniera chiara e udibile.

Dopo qualche attimo, Varric parlò. “Beh. Merda”.


 

Imbucarono Anders alla festa per la vittoria senza troppi problemi, Dorian del tutto dimentico delle ferite di Bull e totalmente preso da una fitta conversazione con Anders, alla quale Cole stava assistendo con attenzione.

Varric, appoggiato ad un barile accanto al bancone dov'era andato a prendere da bere, non poté fare a meno di notare che Bull al tavolo con loro aveva un'espressione buia e poco contenta, e non stava toccando alcol sebbene fosse stato uno dei più entusiasti nell'arrivare alla taverna. Hawke, al bancone accanto a Varric, da parte sua, aveva la stessa identica espressione, e fissava Dorian con lo stesso odio malcelato che Bull riservava per Anders.

La situazione sarebbe stata comica, se non ci fosse stata in ballo l'identità di Anders, che doveva ancora rimanere segreta, in quanto consiglieri e Inquisitore erano solo nella stanza accanto. Quindi, Varric si schiarì la voce, determinato a distrarre Hawke dal potenziale disastro che poteva avvenire; si fidava di gran lunga di più di Bull se si trattava di stare in silenzio.

“Quindi... il ragazzo sembra adorare il biondo. Non mi aspettavo che riuscissero a comunicare tanto facilmente...” affermò, guardando Hawke.

“Anders è diventato bravo con i ragazzini. Ci capita di dover aiutare dei fuggitivi, e spesso sono solo maghi apprendisti...” spiegò Hawke, distraendosi per un attimo e ricambiandolo. “Vedo il disappunto nei suoi occhi quando siamo costretti a lasciarli andare, anche se lui cerca di nasconderlo. Ma sono più al sicuro senza di noi, per dirla tutta. E poi io... non mi vedo come padre”.

“Oh. Questa sì che è un'eventualità alla quale nemmeno io avevo pensato” scherzò Varric, con un sorriso; Hawke proruppe in una risata, ma in quel momento dal tavolo degli altri provenne l'esclamazione di Dorian, e la loro attenzione tornò al piccolo gruppo.

Anders aveva acceso una scintilla tra le dita sotto il tavolo, fortunatamente poco visibile dagli altri lati della taverna, che spense subito con una risata imbarazzata. Varric poté quasi sentire le narici di Hawke dilatarsi, e stava per continuare il discorso quando Dorian parlò.

“Ah! Chi l'avrebbe immaginato che un semplice trucco di elettricità potesse rivelarsi così versatile! Ci vuole un certo talento per pensarci”.

Varric chiuse gli occhi, bevendo un grosso sorso della sua birra; quando li riaprì, Hawke era già scomparso dal suo fianco e si avvicinava a grandi passi al tavolo degli altri. Il nano sospirò, riflettendo che a quel punto era meglio mettersi comodi e guardare il disastro che sarebbe venuto, consapevole che aveva fatto quanto in suo potere per fermarlo.

“Questo è veramente troppo! Ascoltami bene, gonnella del Tevinter, il solo ed esclusivo diritto ad infilarsi nelle mutande di Anders è già stato firmato e non è cedibile, quindi trasferisci i tuoi artigli dalla manicure perfetta su qualcun altro!” gridò Hawke, puntando con un certo fragore uno stivale sulla panca davanti a Dorian e Anders, le braccia incrociate.

“Oh, santissimo...” mormorò Anders, lasciando che le sue parole si spegnessero quando Dorian si alzò, il volto furente quanto quello di Hawke dopo il primo attimo di sorpresa. Bull, da parte sua, ora sembrava sul punto di scoppiare a ridere.

“Che gran signore! Accomodatevi! Dopotutto, chi sono io per privarlo dell'innata fortuna di condividere il letto con un incivile e rozzo cafone?” esclamò Dorian, ad un passo dallo scavalcare il tavolo; Varric, con la coda dell'occhio, vide la gamba di Bull sotto di esso allargarsi, per toccare le ginocchia del mago. Con quel gesto soltanto, il corpo di Dorian smise di vibrare di rabbia.

Non si poteva dire lo stesso di Hawke. “Io almeno ho rispetto per il territorio altrui!”

“Territorio? Hawke, smettila di fare il bambino...” sospirò Anders, troppo piano per interromperli.

“Ah, certo! Come i cani!” ribatté Dorian, allargando le braccia.

“Varric!” gemette Anders, guardando il nano con aria di suppliche e ottenendo soltanto un sorriso di scuse da parte di Varric, che si limitò a fargli scivolare la propria birra davanti.

Prima che potessero continuare, ebbero però tutti modo di capire che il loro casino non era passato inosservato: uno delle Furie, il nano apparentemente, alzò il boccale dall'altra parte della stanza dove si trovava e gridò “sfida! C'è una sfida!” con tono talmente alto che non c'era modo stavolta che l'Inquisitore non l'avesse sentito.

“Non c'è nessuna sfida!” esclamò Dorian, mentre Varric si sistemava accanto a Cole sulla panca, per assistere meglio al crollo di tutte le sue speranze.

“Lo sapevo! Oltre che viscido, anche codardo!” Hawke, alzò la mano per far cenno al barista, che scosse la testa e cominciò a preparare le bottiglie, con un'espressione affranta in cui Varric in quel momento si riconobbe profondamente.

“Questo lo vedremo” sibilò Dorian, arrampicandosi sul tavolo anche quando Bull cercò di tirarlo dolcemente per la tunica; scacciò la mano del qunari con una bassa imprecazione nella sua lingua, e scavalcò panca per seguire Hawke al tavolo al centro della stanza, dove le Furie ormai inneggiavano come se si fosse trattato di un torneo di lotta.

“Oh, beh, almeno nessuno ha capito il tuo nome” osservò Varric, nascondendo sotto i baffi il sorriso che gli salì alle labbra nel vedere l'espressione di Anders.

“È così... immaturo” mugugnò questi, nascondendo il volto con una mano.

“Eppure stavi cercando di impressionare Dorian” mormorò Cole, confuso. “Non era quello che volevi? Perché l'hai fatto allora?” Anders gemette di nuovo, avendo la decenza di non rispondere.

“Non hai intenzione di fare nulla?” domandò Varric, trattenendo una risata e lanciando un'occhiata a Bull.

“E cosa? È un uomo adulto. E poi, quando Dorian beve dorme. E quando dorme non può essere assillante”.

Varric annuì, accettando con un cenno i nuovi boccali di birra che la cameriera aveva portato al tavolo. “Ottima osservazione”.









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