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Autore: DianYronwood    09/09/2015    0 recensioni
Quattro anni erano passati da quando le avevano tolto le catene d'oro e l'avevano fatta scendere dal piedistallo, quel trofeo era passato di moda e la plebe era stufa del solito sfarzo con cui la rossa dea gallica veniva esposta ad ogni manifestazione e cerimonia pubblica.
Roma voleva sottolineare che anche le creature più elevate e vicine al cielo potevano soccombere sotto il suo potere, gridava al popolo che poteva schiacciare le ali degli dei più luminosi e abbattere anche i cavalli divini di Apollo. Per loro Roma era tutto: la più potente, la più bella, /la più civile\.
Eppure entro le sue mura c'era avidità, lussuria, ingordigia, indifferenza, crudeltà, egoismo. Roma era un cumulo di merda con le gambe, costruito con sassi e tradimento.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Crixus, Nuovo personaggio, Spartacus
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'I am The Morrigan.'
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[ What if - Se il Morrigan fosse stato catturato nel 75 a.C. ]

Quattro anni erano passati da quando le avevano tolto le catene d'oro e l'avevano fatta scendere dal piedistallo, quel trofeo era passato di moda e la plebe era stufa del solito sfarzo con cui la rossa dea gallica veniva esposta ad ogni manifestazione e cerimonia pubblica.
Roma voleva sottolineare che anche le creature più elevate e vicine al cielo potevano soccombere sotto il suo potere, gridava al popolo che poteva schiacciare le ali degli dei più luminosi e abbattere anche i cavalli divini di Apollo. Per loro Roma era tutto: la più potente, la più bella, /la più civile.
Eppure entro le sue mura c'era avidità, lussuria, ingordigia, indifferenza, crudeltà, egoismo. Roma era un cumolo di merda con le gambe, costruito con sassi e tradimento.

Morrigan era tanto un gioiello, -un'ospite-, quanto una prigioniera.
Poteva muoversi solo se scortata da un numero rigorosamente alto di soldati, nessuno si dimenticava quanto fosse dannatamente pericolosa,e aveva trovato sazietà negli scontri sanguinari a Capua, dove si diceva che un suo connazionale gallo facesse carne da macello ogni bestia che gli si poneva davanti.
Era curiosa di quest'uomo che veniva chiamato Crisso, l'indomito gallo.

Lo guardava combattere accanto a un trace di cui non aveva nemmeno sentito il nome contro una montagna di morte ambulante, il famigerato Teocole.
Per quanto tremenda fosse la sua fama era destinato a cadere per mano del trace, immancabilmente aiutato da Crisso.
Un posto in tribuna era occupato dalla donna, seduta in modo spropositato e sbocconcellando dell'uva da un grappolo, godendosi e criticando nella sua mente il loro modo di combattere brutale e così diverso da quello in battaglia.
"Eppure così simile" le ricordò una voce acuta e acida nella sua mente.

Il famoso gioiello celtico non passava inosservato né alla plebe né ai gladiatori che si azzannavano nell'arena. Dalle tribune si alzavano cori perché la dea della guerra e del sangue intercedesse nel campo, ma lei non ascoltava, osservava con i suoi due occhi il sangue sgorgare dagli uomini dalle ferite inferte non per uccidere ma per dare spettacolo.

"Sono mastini scagliati gli uni contro gli altri per saziare la sete di sangue e la rabbia del popolo. Questi gladiatori sono ciò che seda il popolo di Roma e tiene la Repubblica insieme, eppure sono schiavi, nonostante siano divinizzati a eroi. Sono Dei con le catene, che vengono frustati ed esposti come semplice divertimento per la folla."

Quando finalmente entrarono i due gladiatori, il tale Spartaco e il famoso Crisso, la gente esultò così forte che pure Giove avrebbe sentito il loro grido, e così fece. Non passarono molti minuti che il cielo si oscurò di nubi e il terrore di ogni gladiatore si fece avanti. Acclamato da tutti.

"Cittadini di Capua!" Iniziò il magistrato, a braccia aperte teso verso la folla. Accompagnato da un canto di trombe. "Fratelli di Roma! In nome dei miei avi, io, Tito Calavio, vi annuncio l'evento finale. Lo spettacolo dedicato a Cerere, la somma dea della fertilità, possano le sue lacrime bagnare le nostre terre e donarci fiumi di pioggia! Dalla casa di Quinto Lentulo Batiato , ammirate Spartaco, il trace, unito oggi in combattimento con l'invincibile gallo, il campione di Capua, ammirate Crisso, il mirmillone!"

I combattenti si fecero spazio nella distesa di sabbia, acclamati a gran voce, guardandosi intorno, e facendo levare voci da ogni dove, per poi rivolgersi alla tribuna d'onore, e notare una figura che mai avevano visto, ma che avevano sempre conosciuto, tante erano le voci che giravano su questa, quasi tutte false, tranne la sua sfacciataggine e la sua misteriosità.

"Uniti affronteranno un uomo che non è mai stato vinto, una bestia che non è mai stata domata, una leggenda che non è mai stata offuscata. Grazie alla benevolenza di Marco Decio Solonio, ammirate Teocole!"

Come se quelle parole bastassero a presentare il macigno dalla pelle sfigurata e orripilante che fece il suo ingresso dall'altro lato dell'arena. Ogni persona che era presente in quello spazio martoriato dal sole e dal caldo tese il proprio collo verso di lui, conscia di ammirare una leggenda in carne e ossa, l'uomo ritenuto immortale da ogni cittadino e schiavo Romano, addirittura Morrigan spostò gli occhi dal gallo per vedere con che uomo si doveva confrontare all'ultimo sangue, e fu sorpresa di vedere quello che avanzava verso di loro.

"In nome della divina Morrigan, qui con noi ad assistere a questo spettacolare incontro, io vi invito a pregare per la pioggia, e che il sangue scorra, che gli dei possano accogliervi nell'aldilà come eroi, lei vi accompagnerà nel vostro viaggio, così come i galli credono e come i nostri fratelli romani hanno visto con i loro occhi! Cominciate!"

Quelle mere e vuote parole erano state pronunciate per non adirate gli dei del cielo, soprattutto Marte, ritenuto il padre della giovane, sperando che la sua presenza aiutasse a portare quell'acqua di cui Capua aveva tanto bisogno. Al pronunciare del suo nome Crisso aveva guardato in alto, dritto verso di lei, interrogandosi sulla veridicità di quelle parole, incredulo nel sapere di star per combattere davanti a una dea che era solito invocare prima di entrare nell'arena, forse iniziando a capire che era per merito suo e della sua benevolenza che era diventato campione. Il suo sguardo poi traballò più a sinistra, e Morrigan lo seguì, guardando che incontrava quello della sua padrona, rimanendo stranita dal fatto che si stava sbagliando, guardava qualcosa più indietro, nell'ombra, anzi, qualcuno. Il Morrigan si fece sfuggire un sorrisetto per poi alzare due dita e acconsentire con un gesto disattendo all'inizio del duello mortale.

Subito Teocole lanciò un grido tremendo e si lanciò di corsa con le sue due spade contro i gladiatori, che dopo esserci guardati iniziarono a loro volta una carica contro il gigante schivando un suo primo fendente e attaccando a intermittenza, distraendolo e cercando di aprire la sua guardia per trovare un verso per le loro armi. Crisso riuscì a ferirlo sul retro della gamba , ma ciò non servì a rallentarlo o a diminuire la potenza dei suoi colpi, sotto cui si ritrovò Spartaco, la stessa scena si ripeté varie e varie volte, con il trace e il gallo che tentavano affondi contemporaneamente e subito si ritrovavano a retrocedere per incassare i colpi di Teocole sui loro scudi, sembrava instancabile.

Di nuovo il gladio di Crisso si bagnò del sangue dell'avversario, aprendo un'enorme ferita orizzontale sul suo petto, Spartaco di risposta approfittò di quell'istante per farlo indietreggiare con un calcio, ora l'invincibile guerriero aveva perso un po' del suo vigore e si vide una spada strappata di mano, rimanendo con una sola, e di nuovo Spartaco trovò un varco e lo colpì ancora al petto. Il gigante invincibile era a terra sanguinante, sotto l'incredulità di tutti. Morrigan guardò Solonio, chiedendosi se la fama di Teocole fosse solo una montatura per gonfiare il torneo, e non fu l'unica a farlo, tutti dubitavano della grandezza e delle dicerie sull'Ombra della Morte. Soprattutto quando sembrava non si alzasse mai più e i due lottatori di Batiato si guardarono e scoppiarono in una fragorosa risata. Si levarono gli elmi e mostrarono il loro viso alla tribuna e alla platea, sentendo il loro padrone esultare per la vittoria sul suo rivale.

"Morrigan!" esultò Crisso a gran voce, sapendo nel suo animo che era stata la dea a guidare sicuramente la sua spada alla vittoria. Alzando braccia e scudo verso di lei.


Ma in un solo istante tutta la folla smise applaudire e incitò i due apparenti vincitori a girarsi e rendersi conto che non avevano affatto vinto, perché Teocole si era rialzato e tutti si resero conto che non aveva ancora iniziato a combattere. Riprese con tutta la brutalità che aveva in corpo, - e ce ne stava molta -, a tartassare gli scudi dei suoi avversari, che ben presto iniziarono a urlarsi l'un l'altro di togliersi di mezzo per avere tutta la gloria per se, e così finì il vantaggio che la casa di Batiato aveva sul gladiatore chiamato a Capua da Solonio. Ambedue finirono a terra, si alzarono e Crisso corse di nuovo all'attacco, finendo ferito sul braccio che reggeva lo scudo, e di nuovo fu a terra, coperto dall'attacco di Spartaco che riuscì a colpire l'energumeno in volto, con ricambio preciso come il sole il gallo s'alzò e tornò verso la leggenda, ferendolo apparentemente in modo grave al fianco, addirittura trapassandolo con il gladio, come se fosse solo uno spillo Teocole rispose con una potente testata contro l'avversario, lasciando la sua unica arma bianca dentro Teocole, che la estrasse e la usò contro di lui, parò il primo colpo con lo scudo, ma il secondo finì a segno, squarciando il petto del gallo e poi la sua schiena. Morrigan si raddrizzò sulla sua sedia e guardò la scena colpita, con un istinto che le urlava di scendere dalla tribuna d'onore e farla pagare a chi aveva macellato un suo fratello gallo. Cadde in ginocchio e guardò verso di loro, verso la donna che guardava prima e verso la dea che credeva di aver deluso, fu Spartaco a salvarlo dal colpo di grazia, gettandosi sul nemico e facendolo soffocare sotto una sfuriata di colpi furiosi.

Crisso pareva morto, l'indomito gallo sembrava in procinto di trapassare e alcuni si aspettavano che fosse portato verso il cielo dalla donna che sedeva accanto ai suoi padroni, ma non fu così, perché lo vide allungarsi verso il suo elmo e usarlo per riflettere la luce negli occhi alla montagna per aiutare Spartaco a finirlo definitivamente. Quello bastò per far alzare Morrigan da dov'era e incitarla a scendere per dargli una mano.

"Ora sarò la dea che tutti vogliono che io sia."

Strinse i pugni e con un lungo passo era già in un balzo verso la sabbia dell'arena, che toccò delicatamente, mentre lasciava che le fiamme di cui era fatta prendessero spazio sopra la sua pelle, lentamente quelle dita che aveva diventavano sagome di fuoco, i capelli ardevano sotto il sole e le gambe facevano in modo che il vestito di seta ardesse di fiamme al loro tocco, fino a che la folla non sapeva più se guardare Spartaco finire Teocole o Morrigan avanzare in fiamme verso il gallo.

Quelle urla di stupore erano pane per i denti della Dea, amava dare spettacolo con il suo fuoco, aprì le braccia e un paio di ali infiammate di stagliarono dalla sua schiena, leggera come una piuma si avvicinava a Crisso, che la guardava con occhi persi e quasi vuoti di vita. Si inchinò accanto a lui e sottovoce gli parlò nella sua lingua d'origine.

"Non temere, ora ti cauterizzo le ferite. Gli dei oggi ti sorridono, Crisso, poiché il Morrigan ha deciso di salvare la vita al Celta."

Appoggiò le mani sul suo petto e lasciò che le dita roventi accarezzassero le ferite, chiuse dentro il suo corpo gli intestini, e insieme a loro probabilmente anche la vita, per poi appoggiare le labbra sulla sua fronte e dileguarsi in una nube di fumo verso il cielo, prima che iniziasse a piovere a dirotto, tra le grida di gioia dei cittadini di Capua, per l'acqua tanto pregata, per il combattimento tanto agognato e per la dea tanto non creduta tale.
   
 
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