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Autore: theuncommonreader    10/09/2015    3 recensioni
[Isabella d'Este; Lucrezia Borgia/Francesco Gonzaga]
Mantova, 1505. Isabella tiene la lettera contro la fiammella della candela affinché il fuoco possa consumarla senza lasciarne traccia. Quasi vorrebbe che, assieme all’inchiostro, le righe dell'informatore le venissero cancellate dalla mente, ma in quella stanza nulla viene dimenticato.
Scritta per l'evento "Winter Is Coming Week" indetto dal gruppo FB "We are out for prompt".
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789), Rinascimento
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nec spec nec metu

WE ARE OUT FOR PROMPT - WINTER IS COMING WEEK 31 AGOSTO - 6 SETTEMBRE

Titolo: nec spec, nec metu

Personaggi: Isabella d'Este; Lucrezia Borgia [menzionata]; Francesco Gonzaga [menzionato]; Cesare Borgia [menzionato]. Lucrezia Borgia/Francesco Gonzaga [menzionati].

Prompt © Ornella Della Rovere: Isabella e Lucrezia, ambientazione originale (a tua scelta se far l'angst al loro primo incontro, o anni dopo): la diffidenza, l'invidia, l'odio (?). Insomma, la rivalità con la cognata Borgia.

Note:  Il titolo è il motto latino di origini stoiche di Isabella. Letteralmente significa "né con speranza, né con timore". L'episodio è ambientato a Borgoforte, in provincia di Mantova, a fine ottobre dell'anno 1505.

[Per correttezza, scrivo che è un poco riveduta dall'originale, nonostante sia rimasta perlopiù identica. Ho solo cambiato qualche parola e l'ordine di un passaggio o due, per rendere il tutto più scorrevole.]


OoOoOoOoOoO

Nell’intimità della Grotta[1], Isabella tiene la lettera contro la fiammella della candela affinché il fuoco possa consumarla senza lasciarne traccia. Quasi vorrebbe che, assieme all’inchiostro, le righe dell'informatore le venissero cancellate dalla mente, ma in quella stanza nulla viene dimenticato.

Isabella spazia con l'occhio sui cimeli dell’antichità che la circondano, che solitamente ammira ogni volta con lo sguardo innamorato, affamato della prima; ora quasi non li vede, scivolando sui marmi, sui bronzi, persino oltre il muro celato dagli arazzi - protezione dal freddo umido che già si insinua dalle fessure nelle pareti.

Il fodero[2] pesante tiene un piacevole tepore addosso, ma nulla può contro l’infuriare, sotto la pelle, di un’ira che la lambisce come una fiamma gelida.

Giochi, sollazzi e risi, a Borgoforte[3]: suo marito si diverte a fare il gran signore sotto gli occhi bianchi[4] di sua cognata.

Lui, lo può perdonare. 

Deve, poiché assieme sono la macchina che infonde la vita a quell’antica terra sul fiume, divisa tra loro quanto il letto matrimoniale; dei rancori coniugali, Isabella non è abbastanza sciocca da non costringersi a mandar giù il boccone amaro. Però, si riserva il diritto di pungolare le amorose ferite che Francesco ostenta, quando dopo l'ennesima avventuretta torna da lei, in cerca di un perdono che non chiede.

Ma lei, la Borgia che profana le ombre[5] belligere di Borgoforte, lei, nessuna legge la costringe a farsela piacere.

Non ha mai provato alcun trasporto per la moglie di suo fratello - la duchessa giovane, che ostenta i gioielli della sua santa madre, siede sul palchetto ducale, convinta, col sangue privato[6] elevatosi solo grazie ai soprusi di quel suo selvatico Valentino, di esserne degna.

Le dita grassocce di Isabella si stringono sulla carta, sbavando l’inchiostro e creando rughe sottili sulla superficie liscia e giallastra.

La immagina, agghindata in quel piatto color morello che tanto pare apprezzare (e il ricordo di uno scherzo crudo della sua Emilia quasi le piega le labbra in un sorriso di disprezzo. Quasi); la vede al braccio del Marchese, le sembianze di un angelo biondo sceso a confortare[7] che a malapena celano la tentatrice inconsapevole al disotto.

Oh, non che la ritenga capace di sedurre il suo Signor Marito. Non di proposito. 

Francesco mal sopporta una femmina il cui ingegno cammina davanti al suo; la malsopporta, ma gli occorre, quanto in passato gli occorreva un grembo fertile che generasse i suoi figli.

Ma per il sollazzo, è una caccia riposante cercare la donna remissiva, l’agnella che si fa condurre nel letto su un sentiero lastricato di letterine leggiadre. Una creatura che, non priva di cervello, manca di volontà: che nulla di più concreto sia riuscita a combinare, per quel fratello imprigionato per cui pare portare tanto amore, che sprecar parole vuote con sognatori più sognatori di lei, a cui piace giocare il ruolo del Salvatore, ne è chiaro indizio.

Isabella continua quell’immaginazione, li disegna sui prati verdi sulle rive del Po, come una pittrice: i veli bianchi sul capo di lei a nascondere la bella chioma, il passo lieve sull’erba in dolce contrasto con quello pesante da soldato del suo Gonzaga.

Che bella scenetta bucolica, degna di un pastorale: una coppia bella, immersa nella natura, scintillante di ori e avvolta da quell’aura vaga del principio dell’amore. Due ragazzini che danzano in un miraggio in cui quell’innamoramento è destino, la primavera al principio dell’inverno[8].

La lettera brucia, brucia e Isabella brucia con lei di quel fuoco freddo e pallido, giallo come i suoi occhi, catturati dalla luce. La sua mente lavora.

Non li disturberà: che si godano il loro idillio campagnolo lontano dagli occhi gelosi della Marchesana. Che sbocci il loro fiore, che motti vengano sussurrati e biglietti scambiati; che si chiamino tra loro con nomi diversi dai propri, e immaginino di indossare altri volti, come maschere.

La realtà li raggiungerò e ghermirà, avvizzendo i loro petali tra le dita; e Francesco si riscuoterà dall’instupidimento, tornando al letto matrimoniale –magari sognando quello che aveva perduto, ma non è il solo ad aver perso e non è l’unico a sognare.

E che Lucrezia si cullasse di portar sola quel sicuro dolore.

Isabella osserverà da lontano con mille occhi, e sarà segreto, il gusto della rivalsa.

E dolce. 

OoOoOoOoOoO

GLOSSARIO:

[1]: Un appartamento di Isabella, dove la Marchesana conservava la sua collezione di oggenti antichi (o presunti tali).

[2]: Il fodero è una veste semplice, invernale.

[3]:  Allora, un comune in provincia di Mantova che fungeva da difesa militare.

[4]: Così descritti dal contemporaneo Niccolò Cagnolo da Parma. Con "bianco" si intende probabilmente un grigio tendente al celeste, o al verde.

[5]: Una mezza citazione da "Orgoglio e Pregiudizio" di Jane Austen.

[6]: Così definito da un corrispondente coevo.

[7]: Una mezza citazione dalla splendida Maria Bellonci.

[8]: L'episodio è ambientato alla fine di ottobre del 1505.

   
 
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