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Autore: Il Maiale    10/09/2015    5 recensioni
"Essere per qualcuno ragione di sofferenza e di gioia, non avendone alcun diritto reale, non è il più dolce alimento della nostra superbia?"
Sia chiaro fin da subito, che Scorrere del Tempo e Morte stavano solo giocando.
È bene precisare che, se Morte non gli fosse entrato in sogno, Scorrere del tempo non sarebbe mai intervenuto.
Poi c’è Ema.
Ema che calcia qualcosa di putrito. Ema che si sta facendo gli affari suoi, con le mani in tasca, i piedi affondati nel fango e gli occhi a guardare l’orizzonte che non esiste.
Ci sono delle ossa, c’è una puzza incredibile.
Ha l’animo triste, l’animo di uno a cui è stata risucchiata via la vita.
Terza classificata al contest - 21 prompt in cerca di autore, indetto sul forum di EFP da Ariscarmen.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Triangolo
- Questa storia fa parte della serie 'DΔZE NOIR'
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Terza classificata al contest - 21 PROMPT IN CERCA DI AUTORE


 
Unerwidert
A Novel By Il Maiale


Sia chiaro fin da subito, che Scorrere del Tempo e Morte stavano solo giocando.
È bene precisare che se Morte non gli fosse entrato in sogno, Scorrere del tempo non sarebbe mai intervenuto.
Poi c’è Ema.
Ema che calcia qualcosa di putrito. Ema che si sta facendo gli affari suoi, con le mani in tasca, i piedi affondati nel fango e gli occhi a guardare l’orizzonte che non esiste.
Ci sono delle ossa, c’è una puzza incredibile.
Ha l’animo triste, l’animo di uno a cui è stata risucchiata via la vita.
Un uomo informe sta attraversando il fiume di fumo davanti a lui. Sta traghettando qualcun altro da qualche altra parte.
Sente le lacrime, Ema. Sente che se ne vanno via.
Le sente scorrere sul viso per poi volare nel vuoto, evaporare all’aria.
Sbuffa, Ema, e calcia il femore di qualcuno.
Calcia il cranio di una donna.
Calcia la tibia di un ciccione, forse.
Era circondato da persone diverse, di età diverse, di razze diverse, che si somigliavano tutte.
Persone differenti che di fronte alla decomposizione diventano simili.
Si siede sul muretto di ossa e fango, poi. 
Con il volto fra le mani e il cuore spezzato.
L’uomo sulla barca ha i capelli bianchi, sporchi, incrostati, e i movimenti che compie sono lenti, immobilizzati nel tempo.
C’è qualcuno, ora, accanto a lui.
Ema lo aveva già visto in sogno, Ema già lo conosce.
Ema ci aveva parlato una volta, quando aveva otto anni, quando era finito sotto quella macchina.
Non ricorda se era stato un sogno, ricorda però di essere morto.
Ema ci aveva parlato quando ne aveva dieci, di anni.
Quando quell’estate, al parco giochi, la sua cintura di sicurezza si è spezzata e i carrelli delle montagne russe sono deragliati.
«Ti è familiare?» gli chiede con l’ombra sul viso. Con solo le labbra rosse come i nontiscordardime.
Ema dice di sì, che qualcosa là sotto l’ha già vista.
«Credo che il traghettatore mi abbia chiesto come me la passavo».
Morte annuisce, nel suo mondo, guardando avanti. Guardando alla fanghiglia, guardando luci di anime ormai spente.
Ema dice: «Sono morto, vero?»
E Morte annuisce ancora, dicendo che non è ancora del tutto suo.
Morte gli dice che lo Scorrere del Tempo lo sta cercando, che lo vuole far invecchiare.
Si alza e si richina per terra, calpestando persone, calpestando i cari che una volta erano di qualcuno.
Calpestando gran parte del mondo, calpestando una parte di tutti.
Ema gli dice: «Perché io? Non è affatto giusto, avevo persone che mi volevano bene, lassù.»
Ema dice: «Saranno dilaniate dal dolore.»
Dice: «I miei genitori mi dovranno seppellire.»
Morte sceglie delle ossa con cura, spezzandone poi una e stringendole nel pugno, mettendole tutte alla stessa altezza.
Ema gli dice: «Facciamo un patto, Morte.» 
E lui si volta, con le ossa strette nella mano, con i piedi che non toccano il fango.
Morte forse sorride, forse no, e dice: «Facciamo un gioco, Ema,» alza il pugno, «scegline uno, in base a ciò, poi, verranno stipulate le condizioni.»
Morte si avvicina e dice: «Se prendi quello giusto avrai una seconda possibilità, con nuove variabili. Nuovi finali.»
«E se prendo quello sbagliato?»
Morte è giovane, dopotutto, ha fermato il suo tempo molti millenni addietro.
Dice: «Rimarrai mio per sempre, e Scorrere del Tempo non ti avrà mai.»
Ema sorride, vorrebbe una sigaretta.
Se ne trova un pacchetto in tasca, lo sente. Quasi gli pesa. 
Si è materializzato dal nulla, lo sa. 
Morte, con uno schiocco di dita, accende una fiammella che danza nella decomposizione. 
Un calore che sa di castigo, lì sotto.
Ema aspira, piano, come se fosse l’ultima sigaretta prima di morire.
Morte stringe le ossa, quasi a sbiancarsi le nocche di una mano ormai defunta.
Ema aspira e pesca.
Ne pesca uno di tanti, uno come gli altri.
Ne pesca uno qualsiasi.
Uno che non decide lui, perché si affida al caso.
E si chiede, quindi, se il caso esista davvero.
Se non ci sia invece un percorso prestabilito, una meta da raggiungere a qualsiasi variabile del percorso.
Un punto di convergenza della vita di ognuno. Una di quelle pare mentali, per intendersi.
Si fa le domande che si facevano i filosofi che studiava a scuola.
Si fa le domande sbagliate per la sua età.
Si fa troppe domande, mentre sfila una delle ossa.
Si pone troppi interrogativi mentre chiede: «Questo è quello buono, vero?»
Morte non risponde, getta le altre ossa nel mucchio e gli volta le spalle.
Comincia a camminare, Morte, mentre Ema gli urla: «È quello buono? Mi sveglierò nel mio letto, quindi? Avrò un’altra possibilità?»
Morte cammina senza toccare terra, Morte fluttua nel’ Oltretomba. Morte avanza nella decomposizione, inspira il putridume.
Poi ad Ema sorge un altro dubbio.
Ema scatta in avanti, con il viso pallido, urlando: «Mi ricorderò, vero?»


Ci sono Ema e Vincent, nel letto di casa loro.
C’è Ema completamente sudato, che ansima.
C’è Vincent che gli tira un calcio, per svegliarlo, per farlo smettere.
Dice: «Dio, perché fai sempre così?»
Dice: «Svegliati, ti prego.»
Dice: «Se hai fatto un altro sogni dove muori ti ammazzo sul serio.»
Ema si è già svegliato, si è già messo a sedere e si sta asciugando il sudore dal collo.
Si alza di scatto, corre in bagno, per poi rimettere nel water, come è già capitato in passato. Come continuerà ad accadere in futuro.
Vincent si poggia sul gomito, voltandosi verso di lui, addolcendo la voce. 
Dice: «Che hai sognato, questa volta?»
Ema si sciacqua il volto, si guarda allo specchio.
«Credo di essermi gettato dal balcone. Poi lo sai… è confuso. Non ricordo mai cosa accade dopo.»
Vincent sorride, dicendo: «Come fai a dire che c’è un dopo se non lo ricordi?»
Ema aggrotta un po’ le sopracciglia, si poggia con il sedere al lavabo, in direzione del letto e risponde che è vero, ma è anche logico che ci sia un dopo. In fondo tutti ci sperano ad un dopo. Un qualcosa dopo la morte.
Uno ci spera che non finisca davvero.
Vincent si sdraia di nuovo dicendo: «Sei un coglione.» 
Ema gli lancia l’asciugamano. Si amano davvero, da quando avevano quindici anni.
Da quando erano migliori amici.
Da quando si erano dati il primo bacio.
Vincent dice: «E come mai ti saresti buttato?»
Ema allora sorride e dice che aveva appena scoperto che lui lo aveva tradito con il nuovo stagista dello studio. Dice che è un cliché da telenovela.
Vincent però non sorride insieme a lui.
Vincent gli dà le spalle e gli dice che è stupido, che deve andare a dormire. 
Dice: «Buonanotte.»
Ma Ema non riesce a prendere sonno.
Sono le quattro del mattino quando Ema si rende conto di non riuscire a dormire a causa di qualcosa che c’è nel suo cuscino.
Sono le quattro del mattino quando infila la mano dentro la fodera, per capire che cosa ci sia di così duro.
Sono le quattro del mattino quando tra le mani si trova un osso spezzato. Un osso umano.


Scorrere del Tempo è in continuo movimento. Scorrere del tempo è il tipo da una tinta alla settimana.
Questa volta ha deciso di farsi i capelli bianchi.
Questa volta indossa un completo nero per l’occasione.
Sia ben chiaro che se Morte non avesse manifestato tutto quel’ interesse per quel singolo bambino, Scorrere del Tempo non se la sarebbe mai presa.
Una volta, lui e Morte, erano amanti.
Si completavano.
Si sommavano.
Si chiudevano.
Il tempo scorre fino a portare alla morte.
Scorrere del Tempo è l’inizio, Morte è la fine.
Lo fanno per ogni anima, da millenni.
Conoscono la storia dell’uomo.
Conoscono i vizi carnali, i difetti di forma.
Conoscono le risposte alle domande esistenziali dell’uomo.
Loro sono l’interrogativo di ognuno.
Poi nacque Ema, che ha quella tonalità di rosso, nei capelli, che fa impazzire Morte.
Scorrere del Tempo si innamora ogni giorno. Di uomini diversi, di donne simili.
Scorrere del Tempo è innamorato dell’umanità.
Morte invece si è invaghito spesso, ma si è innamorato solo una volta.
Morte ama il colore dei suoi capelli che, in tutta la storia del mondo, non ha mai visto.
Morte lo ha guardato, il parto. Morte lo ha visto crescere e la prima volta che decise di portarlo con sé fu quando aveva sei anni.
Scorrere del Tempo sapeva che non era la sua ora, ma aveva capito il perché.
Scorrere del Tempo aveva visto la maniera in cui lo guardava.
Morte si era innamorato, e non lo era più di lui.
Per questo da allora cerca sempre di sottrarglielo. Cerca la tinta perfetta per tornare nel suo spirito, per tornare a completarlo, per tornare all’equilibrio.
È cresciuto, ormai, Ema.
Ed è morto circa un centinaio di volte, ne ha perso il conto.
Lui è il loro gioco, lui è quello senza possibilità di un futuro.
Morte cerca di portarlo al suo fianco tutte le volte, ma Scorrere del Tempo lo getta nel Limbo, dove Morte gli propone di giocare.
Gli dà una seconda possibilità.
Gli dà una scelta.
Gli dà, anzi, l’impressione di aver scelta.
Gli fa credere nel libero arbitrio, gli fa pensare di avere la sua vita sotto controllo.
Ema è tutto ciò che vuole, ma di certo non ha potere sulla sua vita.
Ema poi, passa tutte le sere nel locale di Vincent.
Vincent invece, un pomeriggio alla settimana, si porta a casa il nuovo stagista di Ema.
È Scorrere del Tempo che fa in modo che ricordi qualcosa, ma non essendo completo del tutto, non ha potere su Ema quanto ne ha Morte.
Scorrere del Tempo ha l’obbligo di portare tutti da Morte, ma l’unico che vuole tenere in vita per sempre è Ema.
Vuole fargli raggiungere l’immortalità.
Non lo vuole al fianco di Morte, perché quel posto spetta a lui.
Ne è certo.
Ne vale dell’equilibrio.
È totale natura cosmica.
C’è Scorrere del Tempo nel locale di Vincent, quella sera.
C’è Ema poggiato al bancone, c’è Vince dietro, invece, a pulire uno dei bicchieri.
Si dicono segreti.
Si scambiano sorrisi.
Ema gli fa l’occhiolino, mentre comincia a stare al gioco con una ragazzina che le si è seduta accanto per provarci.
Vincent invece si avvicina a Scorrere del Tempo e gli chiede cosa preferisce bere.
Scorrere del Tempo si lecca le labbra e gli chiede di stupirlo come meglio sa fare.
Quando si allontana poi, per fare forse una sua invenzione, Scorrere del Tempo guarda Ema che si diverte.
Guarda come il suo tempo gli scorra tra le dita.
Fissa la sua pelle e ci vede tutte le sue morti.
Vede i suoi incidenti, vede il suo sangue.
Sulla pelle di Ema vede un film, uno di quelli macabri, che non ti fanno prendere sonno.
Pensa con sé stesso e dice, sottovoce: «Povero stupido.»
Non ha nemmeno la possibilità di scegliere e non lo sa.
«Non chiamarlo stupido, potrei offendermi.»
Morte è già lì.
Morte ha già il suo bicchiere di scotch in mano.
Con le gambe aperte sullo sgabello, i gomiti poggiati sul bancone e una giacca di pelle nera.
Non si chiede come sia arrivato, non si chiede cosa stia bevendo.
Dice: «Quindi è stasera», e Scorrere del tempo si avvicina, con il petto poggiato sulla sua spalla. Con le labbra premute al suo orecchio. «Non lo avrai mai.»
Morte invece guarda Ema da oltre la sua spalla.
Non distoglie lo sguardo, mentre sorseggia il suo scotch.
Lo sguardo di qualcuno che pretende qualcosa.
Lo sguardo di qualcuno che vuole davvero.
Si lecca le labbra, ed è proprio da quel gesto che quella volta Scorrere del Tempo aveva capito che quel bambino non era solo un bambino per Morte.
L’età è relativa, nell’aldilà.
Morte dice, senza distogliere lo sguardo: «Ti intrometterai anche questa volta?»
E Scorrere del Tempo lo afferra per la mascella, sussurrandogli fra le labbra: «Come ogni volta.»
Lo guarda negli occhi.
Sguardi dentro sguardi.
Promesse passate ormai mancate.
Amori spenti e passioni accese.
Morte dice: «Allora vieni fuori con me.»
Si alza, quindi, con le mani in tasca e una sigaretta fra le labbra.
Ema lo guarda andar via, è sicuro di averlo già visto, quel tizio. 
Il locale fuori ha ancora accese le luci di Natale, perché i fari per l’illuminazione si sono fulminati.
È in stile inglese, con tavoli e panche in legno.
Con ottimo alcool e birre artigianali.
Sulla vetrina c’è disegnato un orso ubriaco.
Ci si poggia sopra, Morte, con la schiena, mentre con le dita si accende la sigaretta.
Con uno schiocco. Con un movimento.
Dice: «Perché non me lo lasci prendere e basta? In fondo a te che te ne viene?»
Scorrere del Tempo sorride e dice: «Lo sai che sono io quello che può darti un senso.»
Morte fa un tiro, poi un altro, poi un altro ancora e, per intenderci, la gente muore per molto meno.
«Per quanto ancora lo vuoi tenere in vita? Cominci a darmi fastidio.»
Scorrere del Tempo gli sfila la sigaretta dalle labbra per farne un tiro.
Dice: «Fino a che non sarà così vecchio da non poterti soddisfare. Fino a che non raggiunge l’immortalità spirituale.»
Dice: «Hai visto come sta crescendo?»
Morte rabbrividisce, come una donna di fronte a qualcosa di viscido, e Scorrere del Tempo ripete: «Hai visto come lo abbiamo cresciuto?»
Morte si stacca dal vetro, passandogli dietro, sorridendo: «Ema è più nostro che dei suoi genitori.»
Scorrere del Tempo scoppia a ridere, come la ragazzina che ci sta provando con Ema dentro al locale.
Forse sono le due del mattino, perché una vecchia si è affacciata al balcone ed ha urlato di smetterla di fare tutto quel baccano.
Scorrere del Tempo la ignora e dice: «Hai troppe convinzioni. Sei troppo superbo, Morte.»
E lui sorride, spingendolo contro il vetro, bloccandolo con il suo corpo, sussurrandogli all’orecchio qualcosa che somiglia ad un insulto.
Gli dice che anche lui è la superbia in persona.
Gli dice: «Essere per qualcuno ragione di sofferenza e di gioia, non avendone alcun diritto reale, non è il più dolce alimento della nostra superbia?»
Perché per quanto si sforzi, Scorrere del Tempo gioca con Ema tanto quanto Morte.
Vincent intanto sta pulendo il bancone, perché è quasi orario di chiusura.
Ema, invece, è uscito a fumare una sigaretta. Ema è uscito per spiegare alla ragazza che a lei manca un organo fondamentale, di quanto lei non abbia in realtà speranze. 
Morte fa rabbrividire Scorrere del Tempo, leccandogli il collo, bloccandogli i polsi al vetro, con le sue mani.
Spinge il bacino contro il suo e gli dice di guardare attentamente.
Gli dice di non farsi distrarre.
Gli dice che è il suo momento.
Ma a Scorrere del Tempo importa solo di quell’istante, a lui importa del suo corpo. Del suo respiro sul collo.
Gli importa di averlo così vicino.
Morte, invece, gli dice di aprire gli occhi, di bearsi di lui, e di vedere il suo piano fallire.
Gli dice di vedere oltre la sua spalla, mentre gli bacia il collo, mentre glielo lecca.
Mentre preme le labbra contro il suo orecchio gli dice: «Guarda bene come muore.»
Scorrere del Tempo è in ansia ed in estasi.
Scorrere del Tempo vorrebbe fermare l’attimo, ma Morte glielo impedirebbe.
Si sente una frenata brusca.
Si sente una sbandata.
Si sente una ragazza urlare.
Si sente uno schianto.
Un colpo.
Vincent è corso fuori, perché ha visto tutto, esattamente come Scorrere del Tempo.
Ha visto la ragazzina attraversare. Ha visto Ema che controllava il pacchetto di sigarette.
Ha visto Ema gettarlo a terra, per poi puntare al distributore dall’altra parte della strada.
Ha visto la macchina che prima non c’era.
Ha visto Ema che rompeva il vetro anteriore, che rotolava sull’auto gialla.
Ha sentito le ossa delle gambe rompersi.
Ha sentito il suo cranio sbattere sull’asfalto.
Ha visto il sangue spargersi.
Vincent è su di lui. Il guidatore cerca di liberarsi dall’airbag.
Dice, tremante: «Non so come ho fatto. Vi giuro che non l’ho visto!»
Vincent gli solleva la testa, lo stringe.
Vincent gli piange addosso e dice che gli dispiace.
Vincent urla e dice che gli dispiace.
Ema sputa sangue.
«Vedrai che andrà tutto bene.»
Ema si è rotto la colonna vertebrale.
Dice: «Non è niente di grave, vedrai.»
Ema ha un polmone bucato da una costola.
Dice: «Te la caverai, sai? Non è brutta come sembra.»
Ma piange troppo. 
La ragazza sta chiamando i soccorsi, ma se lo sente che non arriveranno in tempo.
Vincent lo stringe a se e gli dice: «Vedrai che ora riuscirai a prenderti le ferie dallo studio.»
Ci scherza, Vincent, ma solo Ema ride.
Lui gli piange addosso, con i sensi di colpa che lo perseguiteranno a vita.
Ma non glielo vuole dire che lo ha tradito in punto di morte.
È una scena penosa.
È una scena straziante, una di quelle che nei film ti fanno piangere fino a farti venire il mal di testa.
Vincent gli accarezza il volto mentre Ema gli dice: «Quanto sono messo male?»
Ma Vincent non ha le forze di rispondergli e se lo stringe al petto, mentre gli vomita un rivolo di sangue sul grembiule.
Scorrere del Tempo sorride: «Nemmeno questa volta ce la fai. Prendi me e finirà tutto.»
Morte invece è già andato da lui e Vincent non può vederlo, ma Ema lo può sentire.
Morte alza lo sguardo verso Scorrere del Tempo e dice: «Tu cambi troppo spesso, cambi ogni istante, ogni minuto. Io invece, quando mi innamoro, uccido i bambini per farli rimanere tali. Fuori dal tempo.»
Si china verso Ema, gli sussurra ad un orecchio: «Vieni con me.» 
Mentre Vincent gli piange addosso, dicendo che lo ama, Ema si svuota.
Mentre Vincent gli bacia la fronte Ema è già morto, fra le sue braccia.


C’è Ema che calcia qualcosa di putrito.
Ema si sta facendo gli affari suoi, con le mani in tasca e i piedi affondati nel fango.
Ci sono delle ossa, c’è una puzza incredibile.
Aveva l’animo triste, l’animo di uno a cui è stata risucchiata via la vita.
Sente le lacrime, Ema. Sente di essere morto.
Calcia qualcosa per terra. Calcia qualcuno.
Calcia un po’ di tutti.
Si siede sul muretto di ossa e fango, poi. Con il volto fra le mani e il cuore spezzato.
C’è qualcuno, ora, accanto a lui.
Ema lo aveva già visto in sogno, Ema già lo conosce.
«Ti è familiare?» gli chiede.
Ema dice di sì, che qualcosa là sotto l’ha già vista.
Come sempre. Come ogni volta.
Il traghettatore questa volta gli aveva detto che era passato poco tempo, dall’ultima volta, ma Ema non aveva capito a cosa si riferisse. Ema non ricorda mai tutto quanto.
Dice: «Sono morto, vero?»
E Morte annuisce ancora, dicendo che non è ancora del tutto suo.
Morte gli dice che lo Scorrere del Tempo lo sta cercando, che lo vuole far invecchiare.
Morte allora si alza e si richina per terra, calpestando persone, calpestando i cari che una volta erano di qualcuno.
Calpestando gran parte del mondo, calpestando una parte di tutti.
Ema allora gli dice quello che dice ogni volta.
Morte sceglie delle ossa con cura, ne spezza una, come in passato. Come continuerà ad accadere.
Ema gli dice: «Facciamo un patto, Morte.» 
Morte dice: «Facciamo un gioco, Ema.»
Ema pesca l’osso sbagliato per Morte e giusto per Scorrere del Tempo, come ogni volta.
Perché il caso non esiste.
Ema gli chiede se è quello buono, quello che ha pescato, ma Morte se ne sta già andando.
Morte non ci riesce a guardarlo e a dirgli di rimanere con lui per sempre.
Morte non ci riesce a cacciare via Scorrere del Tempo, che è ancora dentro di lui.
Non riesce a strapparglielo via.
Scorrere del Tempo è infondo al suo cammino, lo può vedere da lontano che sorride, mentre Ema gli urla dietro: «Mi ricorderò, vero?»
 
 
 
  
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