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Autore: Siranne    10/09/2015    2 recensioni
"C’era il vino, in abbondanza; ormai le cameriere lo avevano preso in simpatia. Gli altri ragazzi non erano degli stoccafissi incravattati come si era immaginato. Quando non parlavano di leggi e cose varie, era piacevole stare con loro.
E soprattutto c’era la luce. Tanta luce. Lo vedeva bene ora. Vedeva bene i suoi riccioli biondi, i suoi occhi azzurri, il suo volto pulito, etereo, d’altri tempi.
Solo una cosa non riusciva più a vedere, il suo piccolo sorriso, quello che gli rivolse la prima volta che si incontrarono."
Terza classificata al contest "Meno di Mezza Stagione!" indetto da PrettySweetLolita sul forum di efp.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lumière
 


Appoggiato al parapetto del fiume, Grantaire fece scivolare la bottiglia del vino nella Senna. La bottiglia galleggiava leggera e veniva trascinata via dalla corrente verso il mare.
Ogni tanto il riflesso della luna colpiva le increspature dell’acqua, come un velo bianco sottile e soffice, steso da chissà quale mano sul fiume.
Se avesse avuto una tela, dei colori, in quel momento avrebbe probabilmente dipinto. La Senna, il velo steso dalla luna, la bottiglia verde che faceva su e giù tra le onde.
Ma non aveva né la tela, né i colori, né la voglia di dipingere. Per cosa avrebbe dovuto dipingere poi? Non avrebbe mai venduto il quadro, nemmeno lo avrebbe esposto. L’avrebbe visto solo lui. A cosa sarebbe servito, dunque? Quei colori sarebbero rimasti impressi nella sua memoria, e tanto bastava. Sempre che il vino che aveva ingurgitato non gli facesse dimenticare tutto.
Non si poteva mai essere certi di cosa poteva succedere nella vita. La vita faceva sempre il contrario di tutto, era un enorme peso che gravava sull’animo delle persone. Poteva liberarsene e seguire la sua bottiglia verde, dondolarsi piacevolmente in quelle acque candide e raggiungere poi il mare dell’infinito nulla. Poteva farlo, in quel momento, bastava sporgersi un po’, in fondo non sarebbe mancato a molti, o forse sì, non lo sapeva. Ma Grantaire non credeva nemmeno nella morte e se ne restò lì, sul parapetto a fissare il fiume. A questo portava il non credere in nulla, all’inerzia. Se ne era accorto, lo aveva capito.
«Quello si è buttato nel fiume» dicevano quando ritrovavano qualche cadavere sulla riva «probabilmente non credeva di poter migliorare la sua vita» concludevano, alla fine.
Grantaire allora rispondeva: «Almeno credeva nel sollievo della morte», ma nessuno lo prendeva mai troppo sul serio; un ubriaco non si prende mai troppo sul serio perché dice sempre la verità.
Quella era una sua ferma convinzione, anche per morire bisognava credere. E lui non credeva in nulla, se non in una buona fiaschetta di vino, ma non la riteneva una valida motivazione per spingerlo al suicidio. Da morto non avrebbe potuto più bere.
Grantaire diede un’ultima occhiata alla bottiglia che si allontanava, poi decise con un ultimo slancio di responsabilità, che sarebbe stato meglio andare a dormire piuttosto che congelare in compagnia di pensieri lugubri.
Si infilò in uno dei tanti vicoletti scuri di Parigi. Grazie al cielo, c’era la luce della luna piena e riusciva a camminare con passo abbastanza sicuro, aveva inciampato solo tre volte.
Ogni tanto incontrava qualche passante, barcollante come lui, con una bottiglia in mano. Uno addirittura stava cantando, urlando, una canzonetta oscena. Passò anche un tizio che notò solo perché camminava a passo spedito, quasi marziale. Aveva qualcosa in una mano, un sacco o forse una borsa e con l’altra cacciava fuori quelle che sembravano delle cartacce e le gettava per terra.
Il suo atteggiamento lo incuriosì, soprattutto perché non gli dava l’idea di una persona ubriaca. Almeno durante la sua esperienza, che era davvero tanta, non aveva mai visto nessun’ubriaco comportarsi in quel modo.
«Scusa signore, credi forse che le strade parigine siano la tua pattumiera personale?» richiamò la sua attenzione, simulando un finto tono cortese e abbozzando un inchino ironico.
Lo sconosciuto bloccò per un attimo il suo movimento e gli si avvicinò.
«No signore» rispose usando la sua stessa cortesia, senza il tono canzonatorio però «questi sono volantini. È propaganda.»
Aveva una voce giovane, ma forte e decisa. Non era autoritaria, ma la voce di chi era convinto di ciò che diceva.
«Propaganda?» chiese, poco interessato.
Di propagande ne facevano parecchie in quel periodo. A quanto ne sapeva Grantaire, a dire il vero erano Joly e Bousset a tenerlo informato, c’erano diversi gruppi contrari alla monarchia e pareva che fossero anche disposti a passare dai volantini alle baionette. Gli stessi Joly e Bousset facevano parte di uno di questi gruppi. Spesso gli avevano chiesto di partecipare, che non si sarebbe annoiato, che era vero che si parlava di politica, ma c’era anche tanto vino.
Quest’ultimo dettaglio per poco non lo convinse, ma poi pensò che lì in mezzo, lui il cinico per eccellenza, sarebbe stato fuori luogo. Avrebbe sicuramente finito per litigare con qualcuno di loro e presto sarebbe stato sbattuto fuori. Tanto valeva non prendersi quel fastidio ed evitare di andarci.
Grantaire diede un’occhiata veloce al volantino. Come si aspettava, era uno dei soliti pezzi di carta inneggianti alla repubblica. Nemmeno si era accorto che lo sconosciuto aveva ripreso a parlare.
Aveva una bella voce, si convinse. Non capì nemmeno una parola di quello che diceva, non gli interessava, ma lo ascoltava come si ascolta una melodia. Se fosse stato più ubriaco gli avrebbe chiesto di accompagnarlo a casa e di continuare a parlargli finché non si fosse addormentato.
«E ci incontriamo in un locale qui vicino...» continuò lui. Grantaire avrebbe chiuso gli occhi per lasciarsi cullare dalla musica che usciva dalle sue labbra, se non avesse sentito tra le vare parole il Musain.
Si voltò a guardarlo, notando il viso piuttosto regolare con dei folti capelli, forse ricci. Non riusciva a capirlo con quel buio. Quanto avrebbe voluto che fosse mezzogiorno!
«Davvero?» gli chiese, come se si fosse risvegliato da un lungo sonno.
«Sì, lo conosci?»
«Certo che lo conosco, ho due amici che lo frequentano.»
E gli parlò di Joly e Bousset, il medico e lo sfortunato.
«Non ti hanno mai invitato a venire?»
«Me lo hanno chiesto spesso invece, ma temo di non essere molto portato per la politica» ammise, grattandosi la nuca.
«Ma qui non si parla di politica, non abbiamo bisogno di politici, abbiamo bisogno di gente appassionata, persone arrabbiate che rivendicano i loro diritti.»
«Ecco, appunto...» avrebbe voluto dirgli che proprio per quello lui non ci sarebbe venuto, che non voleva rivendicare diritti e che non era arrabbiato con nessuno, ma l’altro non lo fece finire.
«Devi venire» disse più infervorato di prima, con lo stesso tono di un generale che chiedeva ai propri soldati di morire per la patria, poi parve ripensarci e corresse il tiro stemperando il tono «almeno provaci. Passa una volta, scommetto che non potrai più allontanarti da noi e dalla causa» fece un sorriso piccolo, che gli illuminò gli occhi chiari,- in quel momento avrebbe ucciso per avere un minimo di luce in più e vedere il colore dei suoi occhi.
Lo sconosciuto tese una mano, bianca, sottile e delicata.
«Sono Enjolras.»
«Grantaire» rispose, stringendogliela con la sua sgraziata e callosa.
E quelle furono le ultime parole che si scambiarono. Enjolras continuò a spargere i volantini per la via, Grantaire rimase fermo, finché la sua figura non sparì nell’oscurità.
Qualche giorno dopo si presentò al Musain, con grande stupore di Joly e Bousset.
Avevano ragione quei due. Si parlava di politica, ma non erano quei discorsi vuoti e soporiferi, che lo avrebbero lasciato indifferente.
Erano caldi, vivi, pieni di speranze e idealismo e questo stuzzicava la sua vena polemica.
C’era il vino, in abbondanza; ormai le cameriere lo avevano preso in simpatia. Gli altri ragazzi non erano degli stoccafissi incravattati come si era immaginato. Quando non parlavano di leggi e cose varie, era piacevole stare con loro.
E soprattutto c’era la luce. Tanta luce. Lo vedeva bene ora. Vedeva bene i suoi riccioli biondi, i suoi occhi azzurri, il suo volto pulito, etereo, d’altri tempi.
Solo una cosa non riusciva più a vedere, il suo piccolo sorriso, quello che gli rivolse la prima volta che si incontrarono.
Ora c’erano solo sguardi infuocati, di disprezzo, di sfida. Litigavano ogni giorno, ma quello che ogni volta si aspettava di sentirsi dire alla fine di ogni discussione non veniva mai.
“Grantaire vai via, non ci servi, smaltisci la tua sbronza altrove...”
Lui aspettava pazientemente quella frase.
Se glielo avesse detto, non avrebbe saputo di preciso cosa fare. In cuor suo quel giovane sdegnoso era diventato un appiglio per reggere la sua pesante vita. Un appiglio solido tanto quanto la sua fiaschetta di vino, se non di più. Fino a quel momento, il vino era l’unica cosa in cui credeva e non ne faceva mistero, godendosi lo sguardo esasperato di Enjolras e i sorrisi degli Amis quando diceva quelle cose assurde. Poi un giorno capì che cosa gli avrebbe risposto, cosa gli avrebbe detto per convincerlo a farlo rimanere. Gli avrebbe detto la verità, avrebbe aperto il suo cuore per una volta, avrebbe parlato senza la sua solita patina di sarcasmo, deciso e sicuro, senza biascicare le parole.
“Lo sai che io credo in te.”
Forse, dicendogli questo, gli avrebbe permesso di stargli accanto. Forse finalmente, aveva trovato una ragione buona per vivere e morire.


 
Note dell’autrice:
Era da parecchio che non scrivevo su un fandom ed era da parecchio che volevo scrivere qualcosa su Les Mis. Avevo un po’ di soggezione perché, cavolo, un conto è scrivere su un anime, un altro è scrivere sui Miserabili di Hugo, un super mega classico della letteratura mondiale XD
Spero di non aver fatto sciocchezze, di non essere caduta nell’ooc, che non vi abbia fatto schifo e spero che la storia mi porti bene per il test a lingue...
Prima di dimenticarmene, ci tenevo a specificare che non ho messo l’avvertimento “slash” perché in pratica non faccio alcun riferimento esplicito a sentimenti romantici (ma sappiate che nella testa dell’autrice i sentimenti romantici ci sono eccome!).
Se volete tenervi informati sulle mie storie, visitate la mia pagina facebook
Detto questo, fuggo via
Un bacio :3
   
 
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