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Autore: Zomi    10/09/2015    3 recensioni
-Che fai zia?- si avvicinò, arrivando ad abbracciarla per la vita.
-Pensavo…- sorrise, accarezzandole il capo.
Se poteva farlo era solo grazie a lui.
I grandi occhi di Scarlet, incastonati nel viso di Rebecca la studiarono, sorridendole con gote arrossate non appena incrociarono i suoi occhioni di caffé.
-Stavi pensando a lui…-
Non era una domanda, ma una certezza, e il tono sognante ed entusiasta con cui la rosa parlò fece ridere Viola.
-Rebecca!- la richiamò ridacchiando.
-Che male c’è?- rise -È bello che tu e un Nakama di Rufy vi…-
-No- sospirò la mora, rattristando il suo sorriso –Non è bello, è… è…- piegò il capo, riportandolo al cielo velato e confuso -… è triste…-
*Fanfiction partecipante al SaViola Day 2015*
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanji, Violet
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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PROFUMO DI ROSA APPASSITA
 
Lo stupore della notte
spalancata sul mar
ci sorprese che eravamo sconosciuti

io e te.
 
La canzone virava leggera tre le pareti del palazzo reale di Dressrosa, strisciando piano dalla lumacoradio.
Non si era nemmeno accorta di canticchiare le parole a fior di labbra Viola, osservando le nuvole rincorrersi nel cielo terso del suo regno, abbandonandosi con un braccio sulla finestra e con l’altro a reggere il capo.
La parola mar incespicò sulle sue labbra, strascicandosi sulle parole finale della strofa.
Com’era ironica e dolorosa, a volte, la musica.
 
Poi nel buio le tue mani
d'improvviso sulle mie,
è cresciuto troppo in fretta
questo nostro amor
 
-… amor…- sospirò, inclinando il capo e i ricci mori.
Solo una settimana prima non sapeva nemmeno che valore avesse quella parola.
Solo una settimana prima era un’assassina, una sicaria di Doflamigno e una parte attiva e solerte della famiglia Donquixote.
Amore, famiglia e vita, erano parole vuote e prive di vero significato per lei.
Ma poi, era arrivato lui, e l’aveva sorpresa a versare lacrime vere.
Lui, le sue mani attorno al suo viso e lo sguardo determinato e a tratti privo di lucidità.
Lui…
-Zia-
Ruotò il capo verso Rebecca, bardata in un mantello rossastro, che in punta di piedi sporgeva dall’uscio della sua stanza, salutandola in una delle sue visite “segrete” a palazzo.
Ridacchiò, ricordandosi di un temo lontano in cui era lei a nascondersi sotto un mantello per andarla a trovare.
Già, bei tempi… o forse no?
-Che fai zia?- si avvicinò, arrivando ad abbracciarla per la vita.
-Pensavo…- sorrise, accarezzandole il capo.
Se poteva farlo era solo grazie a lui.
I grandi occhi di Scarlet, incastonati nel viso di Rebecca la studiarono, sorridendole con gote arrossate non appena incrociarono i suoi occhioni di caffé.
-Stavi pensando a lui…-
Non era una domanda, ma una certezza, e il tono sognante ed entusiasta con cui la rosa parlò fece ridere Viola.
-Rebecca!- la richiamò ridacchiando.
-Che male c’è?- rise -È bello che tu e un Nakama di Rufy vi…-
-No- sospirò la mora, rattristando il suo sorriso –Non è bello, è… è…- piegò il capo, riportandolo al cielo velato e confuso -… è triste…-
 
Se io rivedendoti
fossi certa che non soffri
ti rivedrei.
Se guardandoti negli occhi
sapessi dirti basta
ti guarderei.
 
L’azzurro del cielo era terso come i pensieri della principessa, e sebbene fosse l’unica in grado di leggere nel pensiero, non era difficile immaginare cosa vedesse in mezzo a quel mare di azzurro e nuvole grigie.
Di sicuro, vedeva occhi cerulei su quel sfondo cobalto, e il profumo di tabacco e mentolo le impregnava le narici, facendole lacrimare le iridi scure per il malinconico fastidio.
Fastidio perché non vi era alcuna sigaretta accesa e nessun occhio azzurro e limpido a fissarla innamorato.
Fastidio perché, nonostante la felicità che correva lungo le strade del suo regno libero, lei invece viveva in una bolla triste, incompatibile con la gioia di quei giorni.
Fastidio, per le lacrime che continuavano a riempirle gli occhi, sebbene le labbra non smettessero di sorridere.
Era tutto così… così triste.
Triste, lo aveva detto lei, tutta quella storia era triste.
Non poteva vedere il  suo Sanji.
Non poteva toccarlo, ridere del suo fare galante, stringergli la mano.
Non poteva perdersi nel suo sguardo ardente di passione, né spostare la sua frangia bionda per scoprire l’iride nascosta.
Non poteva, e faceva male.
Avrebbe volentieri rinunciato a quel dolore martellante che le riempiva il petto, avrebbe rinunciato al ricordo del suo pirata pur di smettere di soffrire…
Ma non sarebbe sopravvissuta senza di lui, lo sapeva.
Il suo Sanji chan.
Lo aveva avuto per così poco, ma intensamente e come mai nessun altra aveva potuto averlo.
Con lui aveva riscoperto la gioia della vita, di essere donna e dell’amore, ma cosa le restava di quel sentimento che li univa?
Abbasso lo sguardo a un’appassita e ormai secca rosa rossa, unico segno tangibile del passaggio nella sua vita del biondo Mugiwara.
Gliel’aveva sfilata dal capo con una dolce carezza, offrendogliela come segno d’amore.
Un amore che appena sbocciato, come quella rosa, era passito in fretta.
Eppure…
 
Ma non so spiegarti
che il nostro amore appena nato
è già finito
 
-… un amore per quanto triste, resta pur sempre amore- le accarezzò la schiena Rebecca, sorridendole –Me lo ha insegnato papà-
Le labbra carnose e scure della principessa tornarono ad incurvarsi verso l’alto, e le lacrime apparse ad infastidirle la vista retrocessero svelte.
Prese tra le mani la rosa secca, portandosela alle labbra e cullandola piano, sulle ultime note della canzone che suonava gentile per lei.
Profumava ancora.
Sapeva ancora di tabacco, sale e parole non dette.
Sapeva ancora di lui.
E lui le aveva promesso il suo ritorno, nuovi sguardi, nuove carezze, nuove rose.
Erano promesse di pirata, lo sapeva bene, ma erano le promesse del suo pirata, dall’animo gentile e un po’ maniacale, ma così galante che avrebbe fatto di tutto per lei.
Anche lasciarsi picchiare e non alzare un dito per difendersi, pur di liberarla dalla sua maschera di finta assassina.
Portò i petali secchi alle labbra, sfiorandole appena in un bacio, socchiudendo gli occhi e sperando che il suo gesto solcasse i mari, volando sulle note della canzone che la culla e raggiungendo una nave pirata colorata e chiassosa.
Che raggiungesse il suo Sanji, ricordandogli che le rose, per quanto appassite e sbiadite potessero diventare, mantenevano il loro profumo per sempre.
Come il loro amore.
-Già…- schioccò le labbra, tornando a fissare il cielo azzurro -…anche se è appassito in fretta e fa male, odora ancora di amore-
Strinse la rosa al petto, all’altezza del cuore, abbandonandosi alla finestra e alle ultime note della canzone, ascoltandola in silenzio e chiudendo gli occhi.
Un delicato e dolce profumo di rosa appassita profumava il vento di Dressrosa.

 
   
 
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