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Autore: blinka    08/02/2009    6 recensioni
Era da anni che non leggeva le parole al contrario.
Glielo aveva insegnato suo nonno, quando lo accompagnava
a scuola per le strade di Belleville per fargli dimenticare
gli incubi della notte.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: non conosco i My Chemical Romance, tutto ciò che ho scritto è frutto della mia fantasia e non ci guadagno un fico secco.

No More Nightmares.


«Stai bene?»
«Sto esattamente come dovrei stare, Ray. E smettila di farmi questa domanda.»
«Ok, scusa. Volevo sapere solo se c’era qualcosa che avrei potuto fare.»
«Lasciami solo, ti va bene?” sbottò Frank torturando il nodo della cravatta che non voleva venire.
«Senti, non sei l’unico che sta male per questa cosa, quindi fai poco lo stronzo.» uscì dalla stanza sbattendo violentemente la porta.
Sospirò abbassando gli occhi. Doveva smettere di far pesare ai suoi amici il suo stress e il suo dolore.
Tornò alla cravatta senza convinzione, e dopo un altro paio di tentativi ci rinunciò lasciando il nodo stropicciato.
Mise la giacca nera e uscì dalla stanza, dirigendosi verso il salotto.
Ray e Krista erano già usciti, lasciando in silenzio la casa vuota. Frank prese le chiavi di casa e della macchina con un gesto automatico, infilandosele in tasca e sperando con tutto il cuore di svegliarsi improvvisamente da quell’incubo.


Appena chiuse la portiera, l’aria fredda di fine gennaio gli pizzico il volto. Avrebbe preferito vendere la sua anima al diavolo piuttosto di trovarsi lì. Avrebbe voluto che quel giorno non fosse mai arrivato, mai. Il fatto di vivere il resto della vita da solo era già abbastanza deprimente senza aggiungere quella sciocchezza de “l’ultimo addio”. Non ci credeva, punto.
Lentamente si avvicinò alla chiesa, calibrando il minimo spostamento di equilibrio, facendo succedere i piedi uno dopo l’altro alla stessa distanza.
Non appena fece un passo troppo lungo si bloccò, in mezzo al parcheggio, restando immobile guardando davanti a sé. Guardò i negozi nei pressi della chiesa.
aireccitsaP
etnagelE annoD aL
eratnemelE aloucS

Era da anni che non leggeva le parole al contrario. Glielo aveva insegnato suo nonno, quando lo accompagnava a scuola per le strade di Belleville per fargli dimenticare gli incubi della notte.
Una mano gli si appoggiò sulla spalla, e lui si girò. Alicia lo guardava preoccupata: probabilmente aveva un’espressione talmente vuota che sembrava un essere catturato dagli alieni che avevano risucchiato la sua anima.
«Frank, coraggio andiamo dentro. Sta per iniziare.» gli prese la mano con forza e lo trascinò fino al portone della chiesa come solo Alicia poteva fare, e vaffanculo ai passi millimetrati.
Avrebbe immaginato che dentro la chiesa fosse ghermita di giornalisti pronti a sbattere sulle prima pagine dei giornali il loro dolore, invece dentro c’erano stranamente e relativamente poche persone.
«Ali…?» iniziò a chiedere, ma lei lo anticipò bisbigliando ciò che sarebbe dovuta essere la risposta: «Hanno detto una data sbagliata ai giornalisti, oggi non verrà nessuno.»
Frank ringraziò mentalmente il cielo; non avrebbe sopportato altre domande da parte loro.
Ebbero il tempo solo di scorgere gli altri membri del gruppo che il prete salì sull’altare e chiese gentilmente di sedersi per iniziare la cerimonia.
Alicia sfiorò la guancia di Frank in un lunghissimo secondo per poi tornare da suo marito. Mikey aveva in braccio una bambina di 5 anni dai boccoli neri come il petrolio e gli occhi… Gli occhi dannatamente verdi.
Era Cameryn, la figlia di Gerard e Lindsey.
Lyn-Z. Lei e suo marito avevano divorziato quattro anni fa, e da allora non si era fatta più sentire né vedere, neanche per i compleanni della bimba. Gerard aveva cresciuto Cameryn da solo, aiutato a volte dai suoi amici, o dalle mogli dei suoi amici. Da quando Jamia si era risposata anche lui aveva cominciato ad aiutarlo, buttando pannolini sporchi o finendo gli omogeneizzati; cose che non potevano danneggiare la bimba, insomma. Ma con il passare del tempo aveva imparato anche a prenderla in braccio e a darle da mangiare.
E ora, Cameryn lo guardava da lontano con quegli occhioni così simili a quelli del padre, in un vestitino nero troppo scuro per la sua pelle diafana. Abbozzò un sorriso e fece il gesto di mandarle un bacio, e lei sorrise.
La bambina aveva vissuto con Mikey, Alicia e il loro figlio di 2 mesi, Bruce, da quando suo padre era stato ricoverato in ospedale per cancro ai polmoni.
«Come stai, Gee?» gli chiese Frank un giorno mentre il bip dell’elettrocardiogramma risuonava regolare.
«Che giorno è, oggi?» chiese soffiando le parole.
«Lunedì.» rispose stringendogli la mano sopra il lenzuolo bianco.
«Io odio il lunedì.»
Gerard morì un lunedì.


Stava uscendo dal cimitero accanto alla chiesa quando Mikey lo raggiunse fermandolo.
«Dove credi di andare?» quasi gli urlò in faccia.
«A casa. » rispose con la massima calma possibile.
«Tu… Tu sei un idiota!»
«Ah, grazie. Un insulto era proprio quello che mi mancava oggi.»
«Sei l’essere più stupido di tutti i tempi!»
«Ti dispiace finire in fretta, sai ho da fare il bucato. » disse sarcasticamente guardando l’orologio.
«Perché non sei venuto alla lettura del testamento di mio fratello?»
«Avevo il raffreddore.»
«Vai a fare in culo.»
«Certo, appena avrai finito di insultarmi e dopo che avrò fatto il bucato.»
«Non te ne puoi andare così.»
«E come dovrei andarmene, con una musica triste di sottofondo, mente la pioggia inizia a cadere?»
Mikey sospirò. «Cameryn.»
«Cosa le è successo?» domandò subito preoccupato.
«Non le è successo niente, ora è con Ali. Ma deve tornare a casa con te.» disse serio.
«Con… Con me?» balbettò confuso.
«Esatto. Gee sul testamento scrisse che voleva che sua figlia crescesse sotto la tua tutela, come tua figlia.»
Frank rimase in un silenzio attonito, con gli occhi spalancati dalla sorpresa.
Alicia li raggiunse con in braccio la bimba, e la mise in braccio al ragazzo che la accolse un po’ titubante.
Cameryn agganciò le sue piccole braccia morbide al collo di Frank, nascondendo il viso nel suo collo.
In quell’istante il dolore al cuore gli sembrò meno pensante: lui teneva in braccio il frutto di Gerard, la bambina che avrebbe portato per sempre un pezzo di lui dentro sé.
Gerard non era morto. Si era riversato in sua figlia, e finché lei sarebbe stata al sicuro Gee avrebbe continuato a vivere.
Una nuova speranza investì Frank: l’avrebbe tenuta al sicuro dai pericoli, come se fosse davvero sua figlia, senza però farle mai dimenticare il suo vero padre.
Quando uscirono dal cimitero per dirigersi verso la macchina, non c’erano più la aireccitsaP, la etnagelE annoD e la eratnemelE aloucS. C’erano la Pasticceria, la Donna Elegante e la Scuola Elementare.
Gli incubi erano finalmente andati via.




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I'm baaack! <3 *delirio totale mode on*
Mio dio, quanto fa cacare questa shot. :°D
Vaaabbè, spero comunque che non vi faccia andare al cesso a vomitare, perchè io voglio tanto bene alle persone che la leggeranno e non vogliono che stiano male. ç_ç
Ah, apporfitto di questo angolino per ringraziare tutti quelli che hanno recensito l'ultimo capitolo di Your Lucky Day In Hell, vi amo. :*
Che altro dire? Sono rimasta assente (e lo sarò ancora, molto probabilmente) per motivi di scuola, che strapazza il mio povero neurone sotto stress. ç_ç
Me ne torno a studiare i dannati radicali e le perifrastiche. ç_ç
Ringrazio in anticipo chiunque leggerà/recensirà, amo il mondo. :*
Guè.


  
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